Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Tony Stark    13/03/2016    1 recensioni
"Per lui, Marco era stato come la luce di una stella nella notte buia. Così bella, così luminosa, così calda e confortante. Pensava che non l'avrebbe mai perso, sembrava come se quella sua luce non si potesse mai spegnere.
Ma, e Jean l'aveva così rapidamente dimenticato, la luce delle stelle prima o poi sparisce... E non può più tornare."
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Like the light of a star

La breccia nel Muro era stata chiusa.

I titani a Trost erano stati tutti abbattuti.

Lì sul muro si trovava Jean Kirschtein, uno dei sopravvissuti del 104°, i suoi occhi nocciola, che ora parevano ambrati alla luce del tramonto, che guardavano il distretto che si estendeva sotto di lui. Sembrava che qualcosa lo tormentasse, che qualcosa lo preoccupasse.

Connie e Sasha risalirono il muro in quell'istante e il castano si voltò di scatto verso di loro.

<< Connie, Sasha... Avete visto Marco? >> chiese. Loro erano stati gli ultimi, gli ultimi che erano tornati nel distretto per liberarlo dai titani rimanenti. Mentre Marco era stato fra i primi assieme a Reiner e a Bertholdt che erano già tornati, gli avevano detto che si erano divisi, che non sapevano dove fosse andato Marco.

Sasha rispose con un no quasi mormorato... Al ragazzo non piaceva quello che implicava quel tono.

<< Non l'abbiamo visto, Jean >> rispose Connie, i suoi occhi ancora pieni della paura causata dai titani << Non l'ha visto nessuno, Jean. Forse... >> stava per dire il ragazzo, ma Jean lo interruppe, la sua voce era chiara quasi arrabbiata in quel momento

<< No! Non provare neanche a dirlo, Springer! ... >> aveva detto prima che il suo tono si abbassasse ad un sussurro quasi imprecettibile, mormorato quasi senza muovere le labbra << Marco è vivo... lui è vivo. Mi ha promesso che sarebbe tornato. >>

Ed ecco che Sasha disse, forse per calmare Jean, forse perché lo credeva davvero: << Probabilmente starà aiutando qualcuno... sappiamo com'è fatto, Marco, no? >>; il suo tono però era quasi troppo incerto.

<< Sì, infatti. >> Concordò il castano, sembrava appena più tranquillo di qualche minuto prima << Credo che lo aspetterò qui... voi potete anche andare >> completò.

E Connie Springer ebbe la netta sensazione che quella notte Jean Kirschtein l'avrebbe passata sul Muro da solo, ad aspettare qualcosa che non sarebbe mai successo.

"No, sto solo esagerando. Jean deve avermi trasmesso un po' della sua negatività" pensò il ragazzo mentre si allontanava con Sasha che non provò a contestare Jean sapendo quanto il ragazzo fosse inamovibile quando si convinceva di qualcosa.

***

Jean Kirschtein attese, attese e attese.

I minuti divennero ore e le ore divennero un giorno. Un intero giorno, lì sul muro ad aspettare di vedere Marco issarsi sopra il Muro grazie al 3DMG.

Non era ancora stato dato il permesso per scendere a Trost, o Jean sarebbe già stato nel suo distretto nativo a cercare quel lentigginoso ragazzo che era il suo migliore amico.

Ma più tempo passava più Jean si rendeva conto che anche se non avessero dato quel permesso, lui sarebbe sceso comunque... l'avrebbe cercato comunque.

E poi finalmente quel permesso venne dato... Per recuperare i corpi, ma Jean ignorò del tutto quell'ultima parte.

Marco era ancora vivo... lui ne era sicuro...?

---

Jean fu uno dei primi del 104° a scendere a Trost, incurante della stanchezza che lo rallentava, incurante di qualunque cosa mentre con la manovra scenteva dal Muro Rose, dritto nelle strade di Trost.

Venne praticamente costretto da uno dei medici che aspettavano i "volontari" ad indossare un paio di guanti, per non toccare i cadaveri direttamente, e un fazzoletto da mettere a mo' di mascherina per evitare di venire contagiato da qualcosa respirando l'aria del distretto.

E dopo, finalmente, cominciò a cercare Marco.

Lo cercò e lo cercò, chiamando il suo nome ad un tono quanto meno contenuto... per quanto potesse, sperando che il suo amico lo sentisse e smettesse di aiutare chiunque stesse aiutando per raggiungerlo.

Ma nessuno rispose, il passo di Jean rallentò mentre il ragazzo sembrava rendersi conto solo ora di tutta la morte che lo circondava... era stato così concentrato a cercare Marco  che non se n'era nemmeno reso conto.

Scendeva lungo la via. Procedendo lentamente, si fermò un attimo.

Il suo sguardo per un momento si spostò sulle sue mani, prima che si spostasse verso destra, lentamente mentre tornava a guardare davanti a sé.

Lo riconobbe immediatamente... ma, ma non voleva crederci.

Rimase immobile.

<< S-Sei tu... Marco? >> sussurrò incredulo, la sua voce che già cominciava ad incrinarsi... Mentre guardava quegli occhi castani sempre così vivi, così calmi... ora vacui e spenti.

Non sentì neanche la donna che si era avvicinata, con in mano una lista su cui scrivere il nome di coloro che erano stati riconosciuti.

<< Cadetto. >> disse richiamando la sua attenzione, anche se solo di poco << Conosci il suo nome? >>; Quel tono così freddo quasi non venne udito da Jean così come quella domanda.

<< N-Non ci credo... Non lui. >> sussurrò invece di rispondere<< C-cos'è successo... Marco? >> disse, prima di spostare lo sguardo e di voltarsi, allontanandosi di solo qualche passo prima di dire << Qualcuno deve aver visto i suoi ultimi momenti >>

<< Chi era? Se lo sai, dimmelo. >> ripeté la donna mantenendo quel suo tono freddo. Jean si voltò fissandola sconvolto, i suoi stessi occhi sembravano urlarle contro quello che Jean stava solo pensando.

" C-Come può essere così insensibile?"

<< Non capisci, cadetto? >> disse la donna << Sono passati due giorni dalla battaglia della breccia e non abbiamo ancora finito di recuperare tutti i cadaveri. Di questo passo rischiamo un epidemia ed ora è l'ultima cosa di cui avremmo bisogno, non abbiamo neanche il tempo di piangere i nostri morti, capisci adesso? >>

Lo sguardo di Jean si spostò nuovamente su Marco. << Apparteneva al centoquattresimo corpo cadetti... e-era il capitano... M-Marco Bodt >> rispose, la sua voce sempre più tremante mentre continuava.

<< Marco Bodt, eh? Almeno sappiamo come si chiamava >> constatò la donna mentre scriveva il suo nome sulla lista.

Jean non disse nulla, rimase semplicemente in silenzio. Mentre dentro di sé urlava per la crudeltà di tutto questo.

Mentre pensava a Marco, ai suoi sorrisi, alla sua solarità, al suo ottimismo.

Non sentì neanche la donna ringraziarlo prima di andarsene, tanto era stato sommerso dai suoi pensieri.

Scivolò in ginocchio, lì in mezzo alla strada lastricata, lì al fianco di Marco. Piangendo.

Ma questa volta, Marco non gli avrebbe chiesto perché stava piangendo, non l'avrebbe calmato con le sue parole e con quel suo bel sorriso tranquillo.

<< M-Marco... >> sussurrò di nuovo con la voce poco chiara, singhiozzante. << M-Marco... >> ripeté ancora una volta... come se volesse dire qualcosa ma non ci riuscisse, come se le parole gli rimanessero bloccate in gola.

"Svegliami ti prego. " pensò disperato " Dev'essere un incubo... ti prego, Marco, svegliami!"

***

Connie Springer non avrebbe mai dimenticato quello che vide quel giorno. Non solo per i corpi dei loro compagni, e amici, caduti.

Ma anche per quello che vide mentre calava la sera.

I corpi venivano accatastati nelle pire, in modo che venissero bruciati. Connie non sapeva esattamente in quale momento aveva smesso di  essere arrabiato con quelli della Guarnigione per la poca delicatezza che mostravano nei confronti dei cadaveri.

La luce del tramonto stava sfumando nel buio della sera, quando vide Jean Kirschtein arrivare. Portando qualcuno fra le braccia.

Quando Jean gli fu più vicino, poté vederlo chiaramente. E si rese conto che no, Jean non stava trasportando un ferito.

Jean camminava con lentezza, il suo sguardo pareva vuoto come quello di un morto, le lacrime ancora gli bagnavano il viso, mentre il sangue, il sangue di Marco, gli macchiava le mani e la divisa.

E con quanta più delicatezza possibile pose il corpo sulla pira.

<< P-Perdonami, Marco.... >> sussurrò << Sarei dovuto essere con te. Non avrei dovuto lasciarti, neanche per un attimo >>



Quando, a notte fonda, le pire vennero accese. Jean Kirschtein era ancora lì, le tracce delle sue lacrime ancora sul viso così come il sangue sui suoi vestiti.

Il suo sguardo sembrava il più tormentato fra quelli dei suoi compagni. Sembrava allo stesso tempo anche il più vuoto.



E Jean pensava, ricordava.

Ricordava i suoi sorrisi, la sua tranquillità, il suo ottimismo.  Ricordava tutte le volte in cui lo aveva calmato dopo i suoi scontri con Eren, ricordava le volte in cui li aveva separati prima che lui e il suicida si prendessero a pugni.

Per lui, Marco era stato come la luce di una stella nella notte buia. Così bella, così luminosa, così calda e confortante.  Pensava che non l'avrebbe mai perso, sembrava come se quella sua luce non si potesse mai spegnere.

Ma, e Jean l'aveva così rapidamente dimenticato, la luce delle stelle prima o poi sparisce... E non può più tornare.








Note dell'Autore

Sono tornato... con un altra storia su Jean e Marco.

Spero vi piaccia.

Ringrazio: Camelie di Carta, Mattalara e Happily ever after per aver recensito la precendente storia.

-Anthony Edward Stark




 
   
 
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