Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: LittleGinGin    14/03/2016    2 recensioni
“Da cosa scappi?”
Molti mi hanno fatto questa domanda.
Io li guardo confusa, le labbra schiuse pronte a rispondere, a fugare ogni loro preoccupazione. Eppure tutte le volte ogni tentativo muore sul nascere, con un lamento strozzato e sottile, di quelli che rimangono incastrati tra le corde vocali come macigni.
[One shot di 547 parole]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve a tutti - non so mai come cominciare qui -,
se state leggendo queste parole vuol dire che avete deciso di cliccare su questa storia e provare a vedere com'è, di cosa si tratta.
Beh, ne sono veramente felcie, anche se la felicità non è contemplata neanche lontanamente in questa brevissima storia.
lasciate perdere le mie chicchiere senza senso - devo finirla di parlare a vanvera o scriverò più qui che nella storia stessa - e vi ringrazio veramente di cuore di aver provato a leggere qualche scarabocchio di una vecchia - non sono vecchia! - pazza senza speranze.
Quindi concludo ringraziando - Ancora?! Vuoi piantarla, di grazia, di pigiare quelle tue dita smaltate sulla tastiera? - i lettori silenzosi e quelli che lascerann un loro pensiero.





 
Nella mente di un folle
 
 
 


“Da cosa scappi?”

Molti mi hanno fatto questa domanda.
Io li guardo confusa, le labbra schiuse pronte a rispondere, a fugare ogni loro preoccupazione. Eppure tutte le volte ogni tentativo muore sul nascere, con un lamento strozzato e sottile, di quelli che rimangono incastrati tra le corde vocali come macigni.
Li guardo con occhi sgranati, persi chissà dove, forse in un lontano passato o in un imminente futuro, chi può dirlo.
Non so mai cosa rispondere; per la verità, non riesco a rispondere neanche a me stessa.
Perciò stiro le labbra in un sorriso forzato e scuoto la testa come per dire loro: Che assurdità! mentre in realtà cerco di allontanare quel sentimento che improvvisamente scivola silenzioso sotto le pelle, scorre nelle vene per raggiungere tutto il corpo mentre lentamente ne divora ogni brandello lasciando dietro di sé nient’altro che il nulla.
Alla fine rispondo con un’alzata di spalle e una risposta che può accontentare, rassicurare, almeno in parte, la coscienza di coloro che ancora si ostinano a preoccuparsi per me.

Cosa posso fare altrimenti?
Nemmeno io conosco la risposta a questa domanda.
Mi ritrovo con il fiato corto, affannato, la maglia sudata appiccicata fastidiosamente alla pelle senza che io ne capisca la ragione.
Fisso confusa il mio riflesso allo specchio, interrogandolo su cosa ci sia di così sbagliato, su cosa lo spaventa a tal punto da chiudersi lontano da tutti, perfino da me.
Ma lui non risponde, non risponde quasi mai.
Lascia solo che lo contempli in una muta malinconia mentre osservo le linee violacee marcare due piccoli occhi ceruli e vacui, che fissano disperati d’avanti a me, nella speranza che io capisca, nonostante il suo mutismo, cosa stesse accadendo di tanto devastante da portarlo a tale disperazione – la pelle stinta in un pallido colorito, le labbra, un tempo rosse e piene di sorrisi, ora schermi rotti dal dolore –.
Ma io non capisco, non riesco proprio a capire.
Mi sforzo di renderlo più vitale, allegro, riempiendolo di colori, lasciandolo abbeverarsi della luce tenue e serena dell’alba, cercando di riempirlo di risate e gioia, di ridare a quegli occhi di un azzurro tremolante la loro luce brillante, intensa e dinamica. Provo, pur non conoscendo il problema che lo divora, ad aiutarlo in qualche modo.
E certe volte credo di esserci riuscita, se non per un fugace attimo. Poi arrivava la notte o un momento impreciso della giornata, uno qualsiasi, e quel corpo stanco e provato si macchiava nuovamente di un peso ignoto a me ignoto.
Allora posso sentirlo, posso sentirlo sgretolarsi sotto quel macigno greve, le urla agghiaccianti che lancia disperato mentre le lacrime gli solcavano il volto. Posso sentirlo graffiare le pareti fino a farsi sanguinare le dita e distruggere ogni cosa portandosi le mani alla testa, conficcandosele nella pelle mentre un altro urlo squarcia l’aria disintegrando ogni cosa. Posso sentirlo cadere senza più forze tra le schegge di vetro, le braccia strette attorno al petto, per riscaldarsi dal freddo che lo coglie ogni volta non appena tutto finisce, rimanendo lì, il volto segnato dal dolore, a fissare il vuoto, o qualcosa di lontano, profondo, che si cela agli occhi del mondo.

Riesco a sentirlo, anche quando lui crede di essere solo, mentre pronuncia in un sussurro parole di morte.

 
   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: LittleGinGin