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Autore: Yanez76    16/03/2016    3 recensioni
La vicenda si svolge dopo la conclusione di "Indiana Jones e l'ultima crociata", Elsa sopravvive alla caduta, mentre il cavaliere del Graal, dopo tanti secoli, dovrà affrontare una nuova prova.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il grido di Elsa riecheggiò straziante tra le pareti a picco del crepaccio, perdendosi tra i vapori lattiginosi. La donna sentì, per alcuni lunghissimi istanti, il suo corpo che precipitava nel vuoto mentre le tenebre l’avvolgevano chiudendosi su di lei. Sopraffatta dal terrore, perse conoscenza e non sentì l’impatto. Quando riaprì a fatica le palpebre, la sua vista confusa percepiva solo una debole luce lontana. Era vero dunque quello che si diceva? La luce in fondo al tunnel…era morta? O era solo la sommità del crepaccio che stava fissando? Sentiva dolore in tutto il corpo, tentò di muoversi ma non vi riuscì. Il sapore dolciastro del suo sangue le riempiva la bocca. “Ti prego, fa che finisca presto…” supplicò dentro di sé. Era terrorizzata all’idea di una lunga agonia in fondo a quell’abisso.
Ad un tratto, le parve di sentire in lontananza delle voci familiari provenire dall’alto.
“Junior, dammi l’altra mano! Non riesco a reggerti!!”
“Posso prenderlo…riesco quasi a toccarlo, papà.”
Erano Henry e Indy… Pensò a quegli uomini che, entrambi, l’avevano amata. Stavano venendo a salvarla?
“Indiana… lascialo dove si trova…”.
Le voci cessarono, i due Jones se n’erano andati. Che sciocca era stata: non stavano scendendo a salvarla; nessuno l’avrebbe salvata, era finita…
La terra tremò di nuovo.
La luce sembrò aumentare un poco d'intensità, poi Elsa la vide muoversi lentamente verso di lei…
“Il Graal…”, mormorò.
Le sembrò di vedere la coppa, avvolta da una luminosità soffusa che scendeva dolcemente verso la sua mano, ecco… le sembrava di afferrarlo… era suo, finalmente! Lo aveva desiderato per tutta la vita e ora finalmente lo aveva ottenuto… fino all’ultimo suo anelito di vita Elsa Schneider desiderava il Graal!
Poi tutto si fece buio attorno a lei.
Il cavaliere rimase a guardare la nuvola di polvere fine che si andava posando sulle macerie che ingombravano l’ingresso del tempio del Graal, bloccandone l’accesso.
Il suo corpo aveva perso il vigore della gioventù, da tempo non beveva che raramente l’acqua rigeneratrice del Graal: era sempre immortale nei confini del santuario, ma aveva voluto che il suo corpo si indebolisse, sperando così che un cavaliere nuovo venuto lo vincesse facilmente e prendesse il suo posto di custode del sacro calice. Aveva sperato che un altro prode continuasse la sua missione, permettendogli finalmente di uscire da lì. Una volta fuori dal tempio, il tempo avrebbe ricominciato a scorrere per lui e la morte gli avrebbe presto donato l’agognato riposo.
La terra smise di tremare; l’uomo sospirò, ora che quegli uomini dagli abiti curiosi se ne erano andati, vedeva chiaramente che nessuno di loro avrebbe preso il suo posto: toccava ancora a lui, dopo tanti secoli, compiere nuovamente un’impresa degna di un cavaliere.
L’uomo si avviò più in fretta che poté attraverso un angusto pertugio tra le rocce, verso un passaggio che conduceva alle grotte sotterranee che si aprivano sotto il santuario.
Quando giunse nella vasta cavità che si trovava sotto l’ingresso, rischiarata dalla luce che filtrava dal crepaccio che si era aperto quando il Graal aveva oltrepassato il sigillo, il cavaliere vide giacere in terra il corpo inerte della giovane donna che aveva causato il crollo nel vano tentativo di portare la coppa fuori dal tempio. La giovane stringeva ancora tra le dita il Graal.
Il cavaliere rimase per un attimo stupefatto da quel miracolo: l’ultima scossa del terremoto doveva aver fatto cadere il Graal dallo spuntone di roccia dove si trovava; ma una coppa di terracotta avrebbe dovuto venir polverizzata da quella caduta! Invece era ancora intatto e la donna doveva averlo afferrato un attimo prima di perdere conoscenza.
Il cavaliere si chinò sulla giovane, un rosso filo di sangue le usciva dalle labbra ancora increspate da un debolissimo respiro. L’uomo rivolse gli occhi all’alta volta della grotta a guardare la fenditura del crepaccio da dove Elsa era caduta.
“È incredibile, ma è ancora viva. Oh, signore, ti ringrazio!”
Non c’era tempo da perdere: il cavaliere prese la coppa dalla mano di Elsa e l’accostò alle labbra della giovane, versandovi le poche gocce d’acqua che vi erano rimaste. Le ferite smisero immediatamente di sanguinare, mentre il volto della giovane, prima pallidissimo riprese un poco i suoi colori.
Il cavaliere tentò di sollevarla, ma le forze gli mancarono; allora prese nuovamente la coppa e ritornò nel tempio, attraversò facilmente i trabocchetti, ormai per lui inoffensivi, raggiungendo infine la sala interna dove, accanto ai falsi Graal, sgorgava una piccola fonte.
L'uomo riempì il Sacro Graal alla fonte e bevve, vuotandolo d'un fiato. Subito sentì ritornargli le forze, mentre il suo volto ed il suo corpo venivano scossi da una straordinaria mutazione che in pochi istanti gli rese l'aspetto di un uomo sulla sessantina, l'età che aveva quando per la prima volta aveva bevuto dalla sacra coppa.
Il cavaliere riempì di nuovo il Graal e, pieno di nuova energia, ritornò rapidamente nella grotta accanto ad Elsa, chinandosi per accostarle la coppa alle labbra. Elsa gemette e aprì a fatica un occhio: si sentiva debolissima, aveva perso molto sangue ed era tormentata dalla sete; ma come iniziò a bere quell'acqua si sentì subito prendere da una strana sensazione soffusa di pace e felicità. Non avvertiva più dolore, chiuse gli occhi con un sospiro e si abbandonò pacificamente ad un sonno ristoratore.
Con cautela, l'uomo la sollevò tra le braccia. Con la rinnovata forza datagli dal Graal, stavolta non ebbe difficoltà a portarla nel tempio, fino alla piccola stanza dove viveva, accanto alla sala dei falsi Graal, adagiandola delicatamente, ancora svenuta, sul suo modesto pagliericcio. Elsa, cadendo da quell'altezza, aveva riportato ferite molto gravi e il cavaliere, temendo che quanto aveva fatto non fosse sufficiente a salvarla, riempì ancora una volta il Graal e, chiedendo perdono al Signore della sua audacia, liberò la donna dalle vesti, versando l'acqua miracolosa sulle ferite che ricoprivano il suo corpo che subito si rimarginarono lasciando la sua pelle liscia e intatta come prima.
Elsa Schneider riprese lentamente i sensi; era ancora confusa e spaventata dal terribile ricordo della caduta in quell'abisso che pareva senza fondo. Socchiuse gli occhi, ritrovandosi a giacere stesa su un semplice giaciglio in una modesta stanzetta scavata nella roccia illuminata da una torcia, illesa e completamente nuda. Accorgendosi della presenza del cavaliere, Elsa ebbe un sussulto e gridò, avvampando in volto, portando istintivamente le mani a coprire il petto e l'inguine.
"Perdonatemi, madamigella", disse il cavaliere distogliendo lo sguardo che prima aveva tenuto su quelle membra superbe e candide, "siete caduta in quel crepaccio e sono stato costretto a togliervi quegli strani abiti per poter curare le vostre ferite."
Elsa si morse le labbra, rammaricandosi che quel giorno il caldo l'avesse indotta a non indossare la biancheria intima.
Senza voltarsi, il cavaliere le porse una sua veste di lino che Elsa si affrettò ad indossare sebbene le stesse piuttosto larga.
"Potete voltarvi, cavaliere", disse la donna.
Il cavaliere s'inchinò: " Guglielmo de Bauvis, signore di St. Gobain e Folembray, castellano di Cambrì, Visconte di Savoia... ma sono più conosciuto come Guglielmo il Leone, duca di Bretagna."
"Dottoressa Elsa Schneider, molto onorata.", rispose la donna porgendo la mano che il cavaliere sfiorò galantemente con le labbra.
"Me la sono vista davvero brutta! Vi sono molto grata per avermi salvata: vi devo la vita."
"Un cavaliere non chiede che di poter portare soccorso ad una donzella in pericolo. Ma credo che, in realtà, sia stato il Graal stesso a salvarvi: quella caduta avrebbe ucciso sul colpo chiunque; ma il potere della sacra coppa deve avervi protetto in qualche modo. Quando stavate appesa sull'abisso, aggrappata alla mano di quell'uomo, avete pensato prima al Graal che a salvare la vostra stessa vita: sono sicuro che il Graal ha voluto premiare la vostra grande devozione"
"Ma..." disse Elsa interdetta, "veramente pensavo di essere stata punita per aver cercato di portare la coppa fuori dal tempio..."
"Il Graal è un oggetto estremamente potente, di cui anch'io non conosco del tutto la natura, e non deve essere portato fuori di qui: se venisse spostato, certi arcani equilibri ne verrebbero sconvolti e la terra diverrebbe preda dalle armate delle tenebre. Per questo il suo potere ha fatto crollare la volta del tempio; ma sono certo che il vostro animo non è malvagio: voi, come quell’uomo con quel buffo copricapo, avete riconosciuto il vero Graal, segno che il vostro cuore non era ottenebrato, e quando avete dato il falso Graal a quell'uomo, disse accennando al mucchietto d'ossa che era stato Walter Donovan, avete evitato che la coppa fosse stretta nelle mani di un servitore del Male, il che avrebbe potuto avere conseguenze nefaste inimmaginabili. Forse è proprio per questo merito siete stata risparmiata. Ma chi siete? Dal vostro parlare mi sembrate alemanna."
Elsa conosceva benissimo il latino e l’antico francese in cui si esprimeva il cavaliere, ma la sua intonazione germanica non era sfuggita all’antico paladino.
"Sono austriaca, sono nata a Salisburgo, mio padre era uno studioso di storia medioevale e, fin dalla più tenera età, mi appassionai alle storie che parlavano del Graal. Purtroppo persi i genitori da piccola e allora giurai a me stessa che avrei dedicato la vita a ritrovare la coppa per studiarla e capirne i poteri curativi e benefici: mi dicevo che così avrei potuto curare i mali fisici e spirituali dell'umanità.”
"Un pensiero molto nobile", disse il cavaliere, "ma, come avete visto, il Graal non può lasciare questo luogo...", disse il cavaliere indicando la coppa che aveva posato su uno sgabello accanto al letto.
Fin da quand’era bambina, Elsa era stata sempre molto curiosa e desiderosa di apprendere, e adesso davanti a lei, vedeva finalmente la coppa del Sacro Graal: era arrivata alla fine della sua ricerca. Prese la coppa tra le mani e rimase a guardarla rapita ed eccitata come una scolaretta; il Graal aveva rappresentato finora lo scopo della sua vita, per trovarlo era stata disposta a fare qualsiasi cosa, persino a tradire i propri affetti, pur di averla era giunta ad allearsi con una banda di fanatici sanguinari che in realtà odiava, gente che bruciava i libri quando lei ricercava la conoscenza…
"Ma cos'è veramente il Graal? E' davvero la coppa dell'ultima cena?" chiese la donna al cavaliere.
"Così credevo quando mi misi alla sua ricerca, più di otto secoli fa; ma adesso non sono più certo di nulla: forse la sua vera natura non può essere compresa dalla mente umana. Io ed i miei fratelli trovammo la coppa in questo tempio, quando venimmo in questi luoghi al seguito di Goffredo di Buglione. Un vecchio vestito all'orientale, non ho mai saputo chi fosse, ce lo affidò, e noi lo custodimmo assieme per cento e cinquanta anni. La coppa ci rendeva immortali; ma l'immortalità, che in molti, stoltamente, agognano è molto pesante da portare: la vita è bella e preziosa perché essa è unica e irripetibile, mentre qui ogni giorno è desolatamente uguale a quelli che lo hanno preceduto e che lo seguiranno, come gli infiniti riflessi di due specchi che si fronteggiano.
Io ero il più valoroso e non mi sottrassi all'impegno che avevo preso, giurando di restare a custodire il Graal; ma i miei fratelli, non resistendo oltre, se ne andarono, dicendo che avrebbero mandato qualcuno a prendere il mio posto e a liberarmi dal mio fardello. Quando è arrivato quell'uomo con quella frusta, per un attimo, ho sperato che finalmente avrei potuto essere libero ma, ahimè, mi sbagliavo...
Non ho bevuto che raramente l’acqua del Graal, bramando che le forze mi abbandonassero, sperando che la debolezza mi facesse sentire meno la noia.
Adesso che ho bevuto nuovamente, il mio vigore mi è stato restituito e, con esso, la nostalgia della vita vera è tornata a farsi sentire più tormentosa che mai soprattutto da quando… da quando vi ho vista così bella ed ho sfiorato ehm… le vostre membra…”
“Oh... ma padre, le vostre considerazioni non si direbbero quelle di un santo eremita…”, disse Elsa arrossendo emozionata e lusingata.
“Ah, capisco, il mio abito vi ha tratto in inganno; ma io sono un cavaliere, non un monaco: non ho mai pronunciato i voti ed ho trascorso la mia giovinezza tra le corti, i tornei e le belle dame…”
Elsa lo guardò con sguardo lievemente malizioso. Aveva sempre avuto un debole per gli uomini dal fascino maturo. Sempre desiderosa di apprendere, era attratta da chi aveva più esperienza e più cose da insegnarle. Fin da ragazzina, si innamorava dei professori, ignorando i coetanei. Certo, aveva usato il suo fascino per sedurre Henry Jones al fine di carpirgli i segreti del Graal, ma, nondimeno, era davvero stata attratta da lui. Adesso, quell’uomo, che dimostrava apparentemente più o meno l’età di Henry, ma che avrebbe potuto rivelarle cose che nessun libro riportava, svelarle misteri che nessuna ricerca avrebbe mai potuto chiarire, la faceva fremere di eccitazione. E poi, l’idea di provare a sedurre un incorruttibile cavaliere del Graal era troppo intrigante per resistervi…
“Non abbiate timore madamigella”, si affrettò a dire l’uomo, temendo di averla spaventata, “non mi macchierò mai dell’infamia di disonorare una pulzella!”
“Oh, cavaliere, ma io non sono pulzella, e mi fareste un grande onore se mi permetteste di sdebitarmi con voi per avermi salvata.”, rispose con il suo sguardo più seducente.
“Al…al vostro servizio madamigella”, balbettò il cavaliere interdetto, mentre il suo respiro si faceva più rapido.
Elsa si avvicinò all’uomo; era coperta solo dalla larga veste di lino che lasciava intravedere le sue forme perfette.
“Permettete che vi dimostri la mia gratitudine…”, disse Elsa accostando il suo viso a quello dell’uomo.
“Un vero cavaliere non fugge mai davanti ad una degna impresa!”, rispose l’uomo con un sorriso e, ripresosi dallo stupore; la prese tra le braccia e la baciò appassionatamente.
“Cavaliere! Questa è una sfida a singolar tenzone!”, fece Elsa, riaprendo gli occhi e riscuotendosi. Rimase per qualche momento a fissare l’uomo con uno sguardo fiammeggiante; poi, passandogli le dita tra capelli dietro la nuca dell’uomo, lo attirò a sé, restituendogli un lungo bacio.
Un po’ impacciato, il cavaliere si accinse a liberarsi della cotta di maglia di ferro che lo ricopriva, rivelando un corpo muscoloso e ancora possente a dispetto degli anni.
“Mmmh… però: anche meglio dei due Jones…”, pensò Elsa tra sé, dardeggiando su di lui uno sguardo bramoso ed impaziente.
Elsa si liberò agevolmente della larga veste e rimase meravigliata e compiaciuta nel notare che il corpo, ormai nudo, dell’uomo che le stava davanti, mostrava i segni evidenti del desiderio che la sua vista gli procurava.
“Ohh…Quale potenza! E’ il potere del Graal ad avervi infuso un tale vigore?”
“Ah, ah, no, madamigella”, ridacchiò il cavaliere, “basta la vista del vostro splendore… Spero solo di non deludervi, sono secoli che non provavo nulla del genere e temo di essere fuori esercizio…”
“Uhm…non temete, vi aiuterò a ricordare…”
I due si strinsero e si baciarono ancora, poi caddero entrambi sul pagliericcio.”
I loro gemiti e sospiri affannosi risuonarono a lungo nel tempio del Graal e, se i due forse non ottennero l’illuminazione, certo toccarono più volte l’estasi prima por fine alla tenzone.
“Oh, cavaliere, voi sì che sapete come rendere felice una donna…”, mugolò Elsa soddisfatta quando giacquero finalmente spossati e ansimanti.
“Siete troppo buona, madamigella, avrei voluto incontrarvi qualche secolo fa… A proposito, sapete esattamente in che anno siamo? Io ormai ho perso il conto…”, chiese il cavaliere passandole un braccio attorno alle spalle.
“Nel 1938.”
“Beh, in fondo non ho ancora 900 anni: io sono nato nell’anno di grazia 1066”.
“Uhm, ho sempre avuto la passione delle antichità; ma chi lo avrebbe mai detto che esaminare da vicino un reperto archeologico potesse rivelarsi così divertente…” ridacchiò la ragazza tra sé e sé.
Elsa scivolò placidamente nel sonno, accoccolata accanto al cavaliere, che la stringeva teneramente a sé, cercando di ricordare quanti secoli erano passati da quando aveva sentito per l’ultima volta il calore di un corpo di donna contro il suo.
I giorni successivi furono per Elsa Schneider i più felici che avesse mai vissuto: il tempio del Graal era una miniera di reperti storici e di meravigliose opere d’arte e la giovane studiosa divideva il suo tempo tra i piaceri dell’amore e quelli dell’intelletto.
Era il sogno più grande di ogni storico: tornare nel passato, vedere direttamente con i propri occhi, ascoltare con le proprie orecchie ciò che di solito si poteva solo ricostruire a fatica. Poter parlare direttamente con un cavaliere medioevale, con il custode del Sacro Graal!
Anche il cavaliere ascoltava incuriosito e stupefatto, mentre lei gli raccontava cosa era accaduto nel mondo negli ultimi otto secoli. Da lei l’uomo apprese, con un sospiro rassegnato, che ormai nel mondo non vi erano più dei cavalieri erranti a cui lui potesse un giorno passare la sua missione e comprendeva che sarebbe rimasto in quel tempio fino alla fine dei tempi.
“Guarda!”, gli disse lei un giorno, esaminando emozionata una meravigliosa decorazione ad intaglio, “gli uomini che hanno realizzato queste opere straordinarie dovevano certamente credere che la devozione a Dio e alla Bellezza fossero la stessa cosa!”
“Speriamo sia così…altrimenti sarà dura per me trovare misericordia nel giorno del giudizio…”, mormorò il cavaliere, soffermandosi a contemplarla. Al vederla così entusiasta e raggiante la trovava ancora più bella e irresistibile. Se ne era innamorato? Stava dimenticando la sua sacra missione per un amore terreno? Stava dannando la sua anima? Chi, Dio o il Diavolo, gli aveva inviato quella donna? Non lo sapeva e, in quel momento, neppure gli importava.
Chiusi nel tempio del Graal, era difficile tenere la nozione del tempo, ed Elsa non avrebbe saputo dire quanti giorni passarono in quel modo.
“È strano: di solito sono una golosona, ma da quando sono qui non sento il bisogno né di mangiare né di bere.”, chiese un giorno la donna.
“Il potere del Graal soddisfa tutte ne nostre necessità vitali.”, rispose il cavaliere, “del resto qui non c’è nulla da mangiare o da bere, a parte l’acqua della sacra fonte.”
“Già, che sciocca, non potrebbe essere altrimenti… però… mi mancherà una bella fetta di sacher torte…” disse Elsa, sforzandosi di sorridere; ma, questa volta, la sua voce aveva una leggera sfumatura melanconica, mentre il suo pensiero riandava alla sua patria lontana.
Il cavaliere ormai indovinava cosa passasse nei pensieri di Elsa, quando la vedeva pensierosa o quando, mentre dormiva al suo fianco, pronunciava nel sonno parole per lui incomprensibili, sognando la sua vita passata.
“Sei pensierosa, angelo mio: ti manca forse il tuo mondo, là fuori?”, le chiese un giorno, passandole dolcemente la mano tra i capelli biondi per distoglierla dai suoi pensieri.
“Beh, ecco…”, rispose interdetta, “non lo so… qui mi sembra di vivere in un sogno ma… Ma in fondo a che serve pensarci? Dopo che l’ingresso del tempio è crollato non c’è più modo di uscire, no?”
Il cavaliere sussultò e fremette in preda ad un grande turbamento, sentì forte nel cuore la paura di perderla; ma capì che era quella la prova che doveva superare.
“Non è così.”, rispose gravemente, “sotto il tempio vi sono molte grotte ed in alcune di esse si aprono passaggi verso l’esterno.”
Elsa sussultò: ora anche lei sapeva che avrebbe dovuto scegliere.
Non ne parlarono più per tutto il giorno, e quella notte fecero l’amore a lungo, mettendoci tutta la loro passione, cercando di scordare, nel piacere dei corpi, il turbamento delle loro anime; ma ormai entrambi, dentro di loro, sapevano ciò che sarebbe accaduto.
“Ho preso la mia decisione”, disse infine Elsa qualche giorno dopo, “Qui ho tutto quello che ho sempre sognato: il Graal, l’immortalità, la conoscenza, l’amore eppure… eppure sento che questo non è il mio posto: fuori di qui ci sono talmente tante cose da scoprire. So che dovrò faticare per apprendere il passato, so che fuori di qui invecchierò e morirò; ma so anche che è quello il mio destino.”
L’uomo la guardò e sorrise, triste ma sereno: “Anche se con grande rammarico da parte mia, devo dire che hai scelto con molta saggezza.”
Tornarono ad abbracciarsi, i loro occhi erano lucidi.
“Sai che idea mi sono fatto del Graal?”, le disse infine il cavaliere, “Credo che il Graal esista per essere cercato, non per essere trovato. Se venisse ritrovato, l’umanità smetterebbe di cercare, di sognare, di lottare per raggiungere i propri ideali, di migliorarsi: saremmo forse immortali ma non vivi…”
Elsa annuì tra le lacrime.
“Mi sento così in colpa… avevi trovato la tua pace quando ti ho sedotto ed ora, per colpa mia, soffrirai più di prima…Sono stata senza cuore, ti ho portato a peccare, a scordare la tua fede, la devozione esclusiva al Graal…”
“Non tormentarti, mia dolce Elsa, mi mancherai, questo è certo; ma la mia vita non sarà più vuota: il tuo dolce ricordo la riempirà. Mi hai fatto un dono meraviglioso: mi hai ridato qualcosa da sognare, un ricordo da vagheggiare. Quanto al mio peccato… beh, avrò senz’altro molto tempo per fare penitenza!”, rispose sorridendo il cavaliere.
La luce dell’alba iniziava a rischiarare la gola della luna crescente, Elsa ed il cavaliere se ne stavano, immobili ed abbracciati, accanto ad una delle uscite delle grotte, davanti al sigillo che marcava il confine dello spazio sacro del tempio del Graal.
Poco distante, un cavallo bianco stava tranquillamente attendendo. In qualche modo, il cavaliere doveva essere riuscito ad allertare la Confraternita della spada cruciforme perché appontasse la cavalcatura.
“Farai bene a metterti in viaggio prima che il sole sia troppo alto”, mormorò il cavaliere.
“Addio, mio prode cavaliere”, disse Elsa, “non dimenticherò mai quello che hai fatto per me e questi giorni meravigliosi passati assieme.”
“Addio Elsa, e grazie per aver portato un raggio di vita vera nella mia eternità. Addio e buona fortuna!”
Elsa non rispose; ma gli buttò le braccia al collo e unì le labbra alle sue in un lunghissimo bacio appassionato.
“Così salutiamo in Austria”, disse poi con un sorriso, dolce e triste al tempo stesso.
Infine, la donna uscì nella gola e montò a cavallo con un’agile mossa. Si voltò un’ultima volta verso il cavaliere, che alzò la mano in segno di saluto, e spronò l’animale, partendo al galoppo e sparendo in breve dalla vista dell’uomo che, con un sospiro, fece ritorno al tempio.
Elsa ricacciò a forza le lacrime e si sforzò di concentrarsi sulle prossime mosse: in qualche ora sperava di raggiungere Iskenderun, l’antica Alessandretta, da dove avrebbe potuto proseguire in treno per Istanbul.
Sicuramente ormai a Berlino tutti la credevano morta e quella era proprio l’occasione che aspettava per liberarsi finalmente da quei dannati nazisti e da quegli imbecilli dell’Istituto di Cultura Ariana da cui, peraltro, non poteva più trarre nulla di utile.
La giovane tastò con la mano la sacca che aveva con sé, che conteneva appunti sufficienti a pubblicare due o tre libri di archeologia medievale oltre ad alcuni dei falsi Graal in oro massiccio tra i più tempestati di gemme.
… 
Qualche giorno dopo, Elsa Schneider, comodamente seduta in un elegante vagone di prima classe dell’Orient-Express, lasciava la scalcinata stazione di Istanbul. Non poteva tornare nella sua Austria, ormai occupata dai nazisti, così sarebbe andata a Parigi e poi forse a Londra o in America.
Una lucida targa in ottone riportava le fermate del treno: Istanbul, Belgrado, Trieste, Venezia…
Elsa ripensò a Venezia e a quello che aveva vissuto in quella città: avrebbe scritto a Indy e a suo padre per far sapere che era viva? Stavano piangendo per lei? Mah, ne dubitava molto: probabilmente si erano già scordati di lei. In fondo, anche a lei di loro non importava granché: erano stati semplici strumenti che lei aveva usato per raggiungere i propri scopi. Certo, era stato piacevole, ma, in entrambi i casi, non si era trattato di nulla di più di una fugace avventura nella romantica città lagunare.
“Con il cavaliere invece…”, pensò trasognata, chiudendo gli occhi e rivedendosi tra le braccia dell’uomo che le aveva rubato il cuore.
“Certo che ci sapeva proprio fare”, ricordò, mordicchiandosi voluttuosamente le labbra. “Se non me ne fossi andata, avrebbe finito col ridurmi in polpette con i suoi sette od otto secoli di arretrato da smaltire”, ridacchiò tra sé, tentando di scherzarci sopra.
“Eh, già. Proprio vero che non ci sono più gli uomini di una volta…” sospirò.
 
   
 
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