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Autore: Always_394    16/03/2016    1 recensioni
[...] «Questo è il posto che voi avete creato tutti insieme per potervi ritrovare.» così dicendo, si avvicinò ancora una volta al figlio. «La parte più importante della tua vita è stata quella che hai trascorso con queste persone. Ecco perché vi trovate tutti qui. Nessuno muore da solo Jack. Tu avevi bisogno di loro e loro di te.»
«Per che cosa?»
«Per ricordare.» Christian emise un sospiro di sollievo, poteva finalmente mostrargli quale fosse la realtà. «E farsene una ragione.» [...]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jack
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per ricordare
e
farsene una ragione

   Quella bara. Erano passate decine di settimane da quando Jack Shephard aveva fatto ritorno dall'Australia. L'aveva portato con sé, suo padre -o meglio il corpo-. Christian Shephard era stato un chirurgo, mentre era ancora in vita, proprio come lo era il figlio, ma la sua carriera terminò con la morte di un paziente, quando decise di operarlo pur sotto l'effetto dell'alcool.
   
Sin dall'inizio, non comprese il motivo per cui suo padre si trovasse in quel luogo, sapeva soltanto che aveva alloggiato, per un breve periodo, in una delle suite più costose di un albergo del paese, prima di morire a seguito di un attacco di cuore. Poi tutto si fece più chiaro: aveva una figlia, Claire, in Australia. Jack l'aveva conosciuta durante la lettura del testamento di suo padre, prima di tale data non aveva mai sentito parlare di questa giovane donna.
   
Chiuse la bara, ripensando a quanto tempo era passato dall'ultima volta che la vide. Il volo Oceanic 815, per quanto potesse sembrare assurdo, aveva comunicato lo smarrimento della salma, quando Jack andò per ritirarla. E adesso, quella bara stava di fronte ai suoi occhi.
   
«Ciao figliolo.» quella voce, Jack la conosceva bene. Era impossibile, per lui, non riconoscere quel suono pacato e delicato, ma gli era altrettanto improbabile credere che fosse quell'uomo a parlargli.
   
Per qualche istante rimase immobile, a fissare la parete di fronte a sé. Con cautela, in seguito, prese coraggio e decise di scoprire chi si celasse dietro quella voce alle sue spalle. Voltò lentamente il capo, notando quel viso familiare davanti alla propria persona. «Papà.» sibilò con un filo di voce.
   
L'uomo in giacca e cravatta accentuò un piccolo sorriso fra le labbra. «Ciao Jack.» lo salutò nuovamente.
   
Il giovane entrò in tensione, parando le mani in avanti. Tutto gli parve confuso, nulla aveva senso, per Jack, dopo quello a cui stava assistendo. Desiderò per giorni di poter rivedere il proprio padre, dopo così tanto tempo, ma non riusciva a dare complessivamente una spiegazione logica. «Non capisco...» balbettò, avanzando un paio di passi. «Tu sei morto...»
   
«Già.» la risposta dell'uomo fu del tutto spontanea. «Si, è così.»
   
«Allora come fai a essere qui adesso?» domandò ansimando.
   
Christian l'osservò. Conosceva la verità, sapeva cos'era veramente accaduto, a differenza del figlio, e voleva che quest'ultimo riconoscesse quale fosse la realtà. Era lì per lui, per Jack, per far sì che potesse assolvere i propri peccati. Era lì, principalmente, per chiarire le questioni irrisolte, per dare una giustificazione a tutto quanto. «E tu come fai a essere qui?» chiese, poi, in tono rammarico, contorcendo le sopracciglia.
   
Jack, invece, non capiva, non aveva idea del motivo per cui suo padre si trovasse insieme a lui. Per un attimo, pensò che si trattasse di semplice finzione. Cominciò a credere che, in realtà, suo padre non fosse morto e che, invece, fosse accaduto tutto nella sua testa. Ma come sarebbe potuto accadere? Aveva visto il suo corpo privo di vita in Australia. No, non poteva essere vivo. Fu allora che comprese quale fosse la verità. «Sono morto anche io.» parlò a testa bassa, singhiozzando.
   
L'uomo accentuò un piccolo sorriso, vedendo il proprio figlio in quello stato. Finalmente, poteva stringerlo fra le sue braccia, non succedeva da quando Jack era soltanto un bambino. «Tranquillo, va tutto bene. Va tutto bene, figliolo.» lo tranquillizzò.
   
Jack, per dire il vero, sognava quel momento da anni, precisamente, da quando fu vittima dello schianto aereo. Niente della vita che, sino a quel momento, credeva di aver vissuto era reale, soltanto quell'abbraccio sembrava esserlo. Non era mai atterrato a Los Angeles con il volo Oceanic 815. Durante gli ultimi tre anni, aveva vissuto in una piccola isoletta sperduta, insieme ai suoi compagni di volo. L'unica volta che era realmente tornato a casa, il solo pensiero di aver lasciato parte dei suoi amici su quell'isola lo tormentò, finché non decise di tornarci. Era stato il Destino, secondo John Locke, a condurli in quel posto, per una ragione che neanche lui sapeva trarre. Il Destino aveva fatto di Jack il guardiano dell'isola, per brevi istanti che lo separavano dalla sua morte.
   
Neanche David, suo figlio, era reale, a differenza di Juliet Burke. Lei sì che lo era, ma non era mai stata sua moglie, in verità. Il rapporto con suo figlio -come molti altri-, difatti, era stato creato da Jack stesso e rappresentava la stessa e identica relazione con Christian. «Ti voglio bene papà.» singhiozzò.
   
«Ti voglio bene anche io.»
   
Quando guardò il suo sguardo, una piccola lacrima scivolò sul suo viso asciutto. «Ma tu...» farfugliò. «Tu sei reale.»
   
Christian rise. «Spero proprio di si.» rispose, accarezzandogli la nuca. «Si sono reale. Tu sei reale. Tutto quello che ti è successo è reale. Tutte quelle persone in chiesa, anche loro sono reali.» spiegò.
   
«Sono tutte...» il giovane balbettò ancora, ripercorrendo alcuni secondi della sua vita passata su quell'isola. «Sono tutte morte?» chiese, mostrando gli occhi rossi dal pianto.
   
L'uomo sospirò. «Tutti muoiono prima o poi figliolo, alcuni prima di te, altri molto dopo di te.»
   
«Ma perché sono tutti qui adesso?»
   
«Beh, non c'è un adesso, qui.» confessò.
   
Aspettò un po', prima di raggiungere la porta dietro le sue spalle. «Dove siamo papà?» domandò poi, girandosi nuovamente verso di lui.
   
«Questo è il posto che voi avete creato tutti insieme per potervi ritrovare.» così dicendo, si avvicinò ancora una volta al figlio. «La parte più importante della tua vita è stata quella che hai trascorso con queste persone. Ecco perché vi trovate tutti qui. Nessuno muore da solo Jack. Tu avevi bisogno di loro e loro di te.»
   
«Per che cosa?»
   
«Per ricordare.» Christian emise un sospiro di sollievo, poteva finalmente mostrargli quale fosse la realtà. «E farsene una ragione.»
   
Jack sorrise. «Kate ha detto che dobbiamo andare via.»
   
«Non andare via, no.» notò un'espressione attonita sul viso del figlio. Lui non capiva. «Andare avanti.»
   
Il giovane si guardò intorno. «Andare avanti dove?»
   
Christian sorrise ancora, sembrava felice, nonostante suo figlio stesse per gemere di nuovo. «Scopriamolo, vieni.» disse. Subito dopo, posò una mano sulla spalla di Jack e lo accompagnò fuori da quella camera.

   
I suoi amici, i suoi compagni di viaggio, di vita, stavano tutti aspettando che Christian e suo figlio entrassero in scena. Jack non li aveva mai visti così appagati. La paura, il dolore nel voler rivedere i propri cari, l'istinto di sopravvivenza e di salvezza non stavano più a tormentarli. Si trovavano in pace con loro stessi, adesso, ed erano felici di sapere che sarebbero passati oltre tutti insieme -eccetto qualcuno di loro-. Il giovane, dapprima, accentuò un piccolo risolino fra le labbra che si trasformò, in breve tempo, in un sorriso di sollievo.
   
Locke fu il primo a cui Jack rivolse quel maestoso sorriso. Un abbraccio affettuoso, al contrario, venne rivolto Desmond, il quale, durante quegli anni, aveva dimostrato chiaramente come la fratellanza non dipendesse soltanto dalla consanguineità. I successivi, invece, vennero concessi rispettivamente a Boone, uno dei primi a lasciare l'isola, Hugo, colui che fino alla fine svolse il ruolo di guardiano dell'isola, e Sayar, il buon vecchio Sayar.
   
Persino Kate era felice di sapere che Jack avesse finalmente compreso in che posto si trovassero, tutti insieme.
   
Al fianco della donna, guardando i propri amici, capì che nulla di ciò che avevano vissuto durante il corso di quegli anni era andato perduto, al contrario, avevano guadagnato qualcosa di molto importante, un valore che li avrebbe caratterizzati e distinti per sempre: l'Amore.

 

Namaste' Fratelli!
 

Note autrice: 
Scrivere questa fanfiction è stato un modo per rendere omaggio ad una grande serie tv, ricca di emozioni, sentimenti, valori e chi più ne ha più ne metta. 
Mi ha fatto veramente piacere partecipare a questa iniziativa, veramente! Spero di partecipare ad un secondo concorso, un giorno. :)
Grazie a Le storie vere sembra che parlino di noi.

 
   
 
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