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Autore: imunfjxable    17/03/2016    1 recensioni
E se ognuno di noi a «come stai?» rispondesse la verità le strade sarebbero invase da fiumi di lacrime.
June, July, April e October; ragazze che stanno per diventare donne e che affrontano le difficoltà della vita a testa alta, perché loro sono ragazze grandi che (non) piangono.
A 5 SECONDS OF SUMMER FANFICTION.
©imunfjxable
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Big girls (don't) cry, boys do (sometimes)'
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XV.Letters

Someone's missing- MGMT.

October si scrolla le coperte da dosso con un calcio. Si aggiusta un poco i dread come meglio può, e si veste.
Infila i pantaloni neri, attillati. Prende la maglia degli Aerosmith e indossa delle scarpe nere, di pelle, alte.
Si trucca, mette l'eyeliner e il mascara, poi prende le sigarette e una banconota da cinquanta dollari e scende in fretta le scale.
La gente le passa accanto e l'ansia inizia a prendere possesso di lei, ma non oggi. Non può permettere che accada oggi.
Si ferma al bar che è a pochi isolati da casa loro e prende una brioche. Mangia mentre cammina tra la folla, deve andare tutto bene.
Sale i primi tre scalini che sono davanti alla biblioteca, da quando è scesa da casa sta provando il suo discorso nella mente, ma non è mai perfetto.
Sale al quarto scalino e ricomincia d'accapo.
"Ho visto l'avviso di lavoro, cercate gente vero?"
No, non va bene.
"Buongiorno sono October e..."
Non va bene, cazzo.
Senza accorgersene è arrivata già al settimo scalino, e si sta facendo tardi.
La suola destra della sua scarpa si poggia delicata sul pavimento in piastrelle bianche, malamente spolverate, della biblioteca. Le sue gambe tremano un po' alla vista di quei volti sconosciuti, giudici impassibili del suo modo di camminare. La guardano, e lei si sente morire dentro.
Poggia la mano destra sulla scrivania dell'ingresso, e afferra un foglio fortemente, come se fosse l'unica cosa a cui può aggrapparsi per tirare il resto del suo corpo a se.
C'è una donna, le sorride. Ha i denti bianchissimi e perfetti, potrebbe portare una dentiera. I suoi capelli rossi cadono ordinati sulle sue spalle, per fermarsi a boccoli sopra il petto.
«Posso aiutarti?» chiede, e continua a sorridere.
«Io sarei qui per il posto di lavoro»
«Siediti pure li» le indica un divanetto accanto alla sezione dei classici «ora vediamo se puoi essere assunta o meno»

Luke è solo in camera, ha appena posato la chitarra. Prima era quella la sua unica droga.
Lo sa che April è morta.
Lo sa che lui potrebbe fare la stesa fine.
Lo sa.
Ma sa anche che non può più farne a meno.
Fissa intensamente la polvere bianca che ha ammucchiato su uno specchietto, poggiato obliquamente sul libro nero di Mr. Hudson, e cerca disperatamente di sottrarsi all'impulso di arrotolare una banconota e aspirare tutto. Resisti.

October corre nelle scale, appena arriva davanti casa dei ragazzi prende a pugni la porta fino a quando Michael non apre. Il ragazzo la guarda con aria interrogativa; nei suoi occhi c'è lo stesso sguardo che aveva il primo giorno in cui si sono incontrati ma no negli occhi di October, no. I suoi occhi brillano un po', come non facevano ormai da tanto tempo, e sorride anche, mostrando i canini perfetti anche se un po' ingialliti.
«Ho trovato lavoro in biblioteca!» urla.
E finalmente c'è qualcosa di bello dopo tutta questa merda. Michael non fa in tempo ad abbracciarla che lei gli salta addosso, precedendolo.
«Luke è in camera?»
E Michael annuisce, accennando un sorriso. Prima di andare via October lo tira a se, e gli bacia la fronte accarezzandogliela leggermente.
«Michael, tu ce la fai»

Si lecca l'indice sinistro e lo poggia sulla punta della montagna innevata. Un brivido d'eccitazione gli percorre il corpo quando sente i fiocchi di neve sul suo polpastrello.
Lo osserva, gli è sempre piaciuta la neve, anche perché in Australia nevicava poco. Ne mette un altro po' sul dito, e poi lo porta in bocca, strofinandolo contro i denti e le gengive  freneticamente.
Sente la lingua bruciare, e il palato intorpidirsi; la neve non se la ricordava così.
Ormai è fatta, estrae il portafoglio che sta a fatica nelle tasche dei suoi skinny neri. Le estremità delle sue dita bianche si intravedono appena dalle maniche del maglione bordeaux che porta, e afferrano una banconota da 10, arrotolandola velocemente, nonostante tremino.
Si piega, la porta al naso.
La porta di spalanca.
«Luke non puoi credere...» ma resta in sospeso.
Luke è sbandato, e ha fatto cadere la cocaina sul suo pantalone nero.
October lo guarda, e non parla.
Si avvicina piano, ma gli resta a pochi metri di distanza.
La luce della lampadario rende la stanza clinica, la finestra è aperta per far passare un po' di aria ma si respira a fatica.
October si sente male, tradita. Non doveva. La rabbia si impossessa del suo corpo, salta su Luke che è in piedi. Cadono. October è a cavalcioni su di lui, con le mani attorno la gola del ragazzo.
«Ti uccido io prima che lo faccia la droga»
Inizia a stringere, Luke si dimena sotto di lei cercando di afferrarle un braccio.
October piange. Anche Luke.
Allenta leggermente la presa ma non gli toglie le mani dal collo.
Si avvicina al viso di Luke e continua a piangere, il suo trucco ormai è sbavato ma non gliene importa più di tanto. Si sente impotente, non sa che fare. È come se qualcuno avesse messo tutte le emozioni negative in una centrifuga e poi gliele avesse restituite.
«Mi avevi detto che ne stavi uscendo»
Luke sta in silenzio. E adesso non può guadare nemmeno il pavimento come fa sempre e guarda October dal basso, e vede che la sua mascella è delineata perfettamente, e che la lacrima nera-per la matita sbavata- che le scende sul viso è appena caduta sulla sua maglia bianca. Vorrebbe solo rimettere le cose a posto, si è lasciato sconfiggere dalla cocaina ancora una volta.
Non era una battaglia, ma una guerra; e lui aveva già perso troppe volte.
Michael corre nella stanza e afferra October da dietro tirandola via con la forza, e Luke si siede appoggiando la schiena sul muro dietro di lui.
Ma non ci vuole molto prima che senta nuovamente qualcuno scagliarsi contro di lui, e ora è Michael che lo afferra per il collo della maglia.
«Che cazzo ti viene Luke? Che problemi hai?»
Non fa in tempo a rispondere che il ragazzo gli da un pugno sullo zigomo destro. Luke alza la mano ma non cerca di difendersi, si massaggia la pelle dove ha appena ricevuto il colpo.
«April è morta e tu che fai Luke eh? Ti droghi?» Michael urla, con le lacrime agli occhi, peggio di October, che si alza e si mette dietro al ragazzo, accarezzandogli la schiena.
«mi fai pietà» sputa fredda. Michael si alza e lo lasciano li, per terra, a morire da solo.

July si fa coraggio, e prende il taglierino; apre la lettera e inizia a leggere.

"July,
se stai leggendo questa lettera evidentemente sono morta.
Mi dispiace non avervi detto del mio problema, ma io non avevo bisogno di aiuto.
L'ho scelto io di affondare.
Potete sopravvivere. E mi rivoglio a te, che sei la più forte tra loro. Ce la puoi fare July.
Voglio che tu mi faccia un ultimo piacere prima che voi vi dimentichiate di me"
July si ferma.
No loro non si scorderanno mai di lei.
Giusto?
Oppure il ricordo di April diventerà sempre più sbiadito, come la vernice sui muri del loro appartamento, che si sgretola ogni giorno di più?
Ora se chiudono gli occhi riescono ancora ad immaginare la sua testa rosa che canta a prima mattina, ma tra un paio di anni sapranno ancora riconoscere il suono della sua voce? Ricorderanno ancora la sfumatura dei suoi occhi o diranno semplicemente che lei li aveva blu?
E July si porta una mano davanti alle labbra per fermare i singhiozzi e continua a leggere, in silenzio.

La lapide grigia spicca rispetto alle altre ammaccate dal peso del tempo.
Non c'è vento, eppure le nuvole bianche scorrono veloci e si uniscono tra di loro. June scatta una foto.
C'è qualcosa di sporco nella fotografia, l'ha sempre pensato. Una sorta di rivolta contro il tempo da parte dell'uomo, come per dire "sono riuscito a fermarti"
Se June avesse potuto fermare un solo attimo nel tempo, avrebbe impedito che April prendesse la sua ultima dose. Accarezza la tomba, e poi si accarezza piano le braccia, esattamente come fece April quando scoprì che cosa si faceva June.
Sta male.
Ma non piange.
No, le ragazze grandi non piangono.
Eppure June si chiede quante lacrime abbia versato in silenzio April, quante volte abbia avuto bisogno di aiuto; e loro non c'erano state.
Come avevano potuto essere così egoiste?
Sarebbe bastata qualche attenzione in più. Magari un «come stai» più sincero.
Qualche abbraccio più stretto.
E invece April era morta.
June si accende una sigaretta.
Guarda la foto che hanno deciso di mettere sulla lapide; è quella che hanno scattato tutti assieme a natale. Un passante probabilmente vedendo la foto non avrebbe mai potuto sapere che tra le quattro ragazze quella morta era quella con il sorriso accesso quanto la sua tinta rosa. Avrebbe potuto pensare che quella morta fosse una qualsiasi di loro; meglio così. Ora che April era morta, anche loro erano morte con lei.
June guarda il mozzicone ormai consumato, e lo spegne sul palmo della mano. Non fa male.
Rigira il filtro ancora caldo nella sua pelle, la cenere la sporca leggermente, brucia.
«June»
E June si gira e vede Ashton, sconsolato dietro di lei.
«Mi dispiace» dice gettando via la sigaretta e nascondendo la mano dietro la schiena.
Ashton la abbraccia, freddo.
È stanco.
Come si fa a far capire a qualcuno che deve amarsi perché ne vale la pena?
«Perché sei qui?» gli chiede.
«Devo dirti una cosa» si morde il labbro inferiore. Come fai a dire a qualcuno a cui tieni che lo devi abbandonare per il suo bene?
«Al museo c'era quella mostra sull'impressionismo, te la ricordi?» chiede. E June annuisce.
«La mostra deve essere trasferita per un paio di mesi, e io essendo il responsabile mi hanno trasferito»
«dove?» June sorride contenta e ad Ashton piange il cuore.
«Parigi»
«E perché quella faccia?» sorride ancora.
Sorride ancora ma dentro si sta spezzando lentamente, l'abbandonano tutti in un modo o nell'altro.
«Perché non voglio andare via da te»
E allora resta.
«Non puoi perdere un'occasione del genere Ash. Devi andare. Quando parti?»
«stasera. Mi hanno informato solo oggi, avrei voluto dirtelo prima...»
June si alza sulle punte dei piedi e stringe nelle sue mani la giacca di pelle nera di Ashton. Sta per baciarlo ma Ashton la ferma.
«Non farlo. Ne vorrei ancora dopo, e non riuscirei a stare senza» e June gli accarezza il viso e gli bacia una guancia. Restano li abbracciati.
«Poi torni?»
«si che torno June. June perché non vieni con me?»
«no»
«perché no?»
«ho detto no»
Ashton prende un foglietto e ci scrive sopra qualcosa con la penna nera che estrae dalla tasca posteriore dei suoi skinny.
«è l'indirizzo dell'appartamento dove starò, nel caso cambiassi idea»
June lo mette in tasca e va via.

Sono tutti all'aeroporto. Ashton cammina impacciato tra tutte quelle valigie. July e Calum sono gli unici che stanno riuscendo a controllare la situazione.
Gli occhi verdi di Ashton scrutano milioni di volti, alla disperata ricerca di quelli di June, prima di partire.
Poi la vede.
È poco distante da October, girata di spalle. Corre verso di lei, ha i capelli neri piastrati perfettamente. Le poggia una mano sulla spalla.
«June ti prego vieni con me»
«Scusami ma chi è June?»
«Io» guarda la ragazza che si è appena girata. Ha gli occhi piccoli, troppo luminosi per essere quello di June, ha le labbra sottili e il naso troppo piccolo. Non era lei «io ho sbagliato persona»
October lo tira via e lo abbraccia fortemente.
«Anche se non è qui, questo era da parte sua. Mi dispiace Ashton»
«Dispiace anche a me Oct. Diglielo» e lei annuisce.
Gli occhi di Luke sono lucidi, non vuole che Ashton parta.
È l'unico con cui avrebbe potuto parlare per risolvere tutto, e sta andando via.
Lo abbraccia goffamente, come fanno i ragazzi, e gli da una pacca sulla schiena.
October li guarda, e più vede Luke, il suo aspetto trasandato e i suoi occhi la rabbia si impossessa di lei. E si ricorda di questa mattina, e ha paura, perché sa che se forse non fosse arrivato Michael probabilmente lei la presa attorno al collo di Luke non l'avrebbe allentata.
Michael gli sorride.
«Ash sei tutti noi, fatti sentire»
Sale sull'aereo.
Li saluta per l'ultima volta.
Il portello si chiude.

June intanto è sul suo letto. La musica alta prova a coprire il rumore dei suoi pensieri. E se Ashton trovasse un'altra a Parigi? E se Ashton trovasse di meglio a Parigi? Ovvio che troverebbe di meglio; non ci vuole tanto a trovare qualcuno meglio di June.
Non sa cosa fare.
E si ricorda della lettera di April e la apre.

"Cara June.
Non sai cosa fare. Giusto?
So che tu hai sempre la soluzione a tutto. Sai sempre come cavartela June, tranne quando si parla di problemi sentimentali. Proverò ad aiutarti come meglio posso; con la scrittura, è una delle poche cose che mi è sempre riuscita bene. Ricordi?

Se domani finisse il mondo da chi correresti? Se davvero fosse l'ultimo giorno della nostra vita, della vita di tutti, con chi lo passeresti? Se non ci fossero più primavere, se non cadesse più la neve, se tutto sparisse, se non potessi più ascoltare canzoni, se non potessi più baciare, se non potessi più parlare, abbracciare. Se non potessi più sorridere, con chi sorrideresti per l'ultima volta?"

AYEEE.
Avete presente l'AYEEE del capitolo 10 quando dissi che non avevo mai fatto così farò ritardo? Beh, evidentemente mi sbagliavo.
Mi dispiace.
Ma non avevo idee.
E la scuola.
E la danza.
E il blocco dello scrittore.
E mi dispiace.
Però mi lasciate una recensione? Perché più recensioni ci sono più sono invogliata a scrivere hahah.
E ora che succede tra June e Ashton? E Luke e October? Poveri. Faccio soffrire troppe persone, forse dovrei darmi all'horror, almeno lo farei senza sensi di colpa haha.
Alla prossima 💙💙

   
 
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