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Autore: Riveraythn    17/03/2016    0 recensioni
Una scelta, una condanna, un sacrificio.
Per sopravvivere alla guerra, alla sorte, sarà necessario ciò che ormai è perduto.
La verità non è mai stata più nascosta, la realtà spietata e le decisioni difficili. La perdizione è facile, la giustizia piena di sfaccettature, la pace delicata e solo un cuore appesantito è capace di resistere a tutto questo. Ma la solitudine è ricca di sofferenza, la magia un nemico interiore e i ricordi, quelli sono l'unica giusta via che può tener ancorato a un futuro migliore. Il Principe delle Serpi, tuttavia, avrà bisogno di crescere per affrontare la vita, per affrontare il fato e per lui il nuovo anno ad Hogwarts sarà completamente rivoluzionato dal passato. La sua furbizia è l'unica compagna di viaggio, l'unica che può aiutarlo e le sue capacità dovranno affinarsi per diventare migliori, come la sua persona.
Il rischio è sempre pronto a soffocarlo, la lucidità vacilla quando gli occhi si appannano, l'arrendersi però non è contemplato.
#Drarry #BlaisexNP (Stephen James) #HermioneRon
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Harry Potter, Il trio protagonista, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
Capitoli:
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Paring: #Drarry #BlaisexNP (Stephen James) #HermioneRon
Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Blaise Zabini, Stephen James (Aleksej Nikolaj Ryurik), Pansy Parkinson, Hermione Grenger, Ronald Wesley.
Tag: Agnst, violenza, tematiche delicate, introspettivo, malinconico, guerra, sentimentale.
Parole: 10.090 – primo capitolo.
Prologo: Una scelta, una condanna, un sacrificio.
Per sopravvivere alla guerra, alla sorte, sarà necessario ciò che ormai è perduto.
La verità non è mai stata più nascosta, la realtà spietata e le decisioni difficili. La perdizione è facile, la giustizia piena di sfaccettature, la pace delicata e solo un cuore appesantito è capace di resistere a tutto questo. Ma la solitudine è ricca di sofferenza, la magia un nemico interiore e i ricordi, quelli sono l'unica giusta via che può tener ancorato a un futuro migliore. Il Principe delle Serpi, tuttavia, avrà bisogno di crescere per affrontare la vita, per affrontare il fato e per lui il nuovo anno ad Hogwarts sarà completamente rivoluzionato dal passato. La sua furbizia è l'unica compagna di viaggio, l'unica che può aiutarlo e le sue capacità dovranno affinarsi per diventare migliori, come la sua persona.
Il rischio è sempre pronto a soffocarlo, la lucidità vacilla quando gli occhi si appannano, l'arrendersi però non è contemplato.
Note: Avevo scritto questa storia già due anni fa, circa, ma adesso ho voluto riprenderla in maniera diversa, forse più matura. I capitoli non sono ancora scritti tutti, ma ho intenzione di finirla e devo solo trovare il tempo tra il lavoro e tutti gli altri impegni, quindi credo che aggiornerò una volta al mese, come minimo, magari farò delle sorprese. Ogni capitolo raggiungerà le 20 pagine. Non sono sicura di niente al momento ed è per questo che ho deciso di pubblicarla, in modo che possiate consigliarmi se è giusto scriverla o meno. Sarà messo molto in risalto Draco, un personaggio che trovo molto interessante, quindi se non vi piace vi consiglio di non perdere tempo a leggere. Sarà una Drarry perché mi piace la complicità che li caratterizza in maniera violenta, eppure trovo che sia Malfoy che Potter siano due giovani molto simili, con due destini opposti. Quindi ringrazio chiunque leggerà e mi accompagnerà in questo viaggio, a breve verrà rimossa Obliviate in quanto l’ho rivoluzionata facendola diventare Unspoken. Spero che vi piacerà e che sia in grado di trasmettere.
Buona lettura.

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 “Ogni scelta della vita,
è un viaggio.
Sii sempre pronto,
determinato,
valuta la meta ed i suoi rischi,
perché fermarsi a metà
è la peggior condanna.”

Monica Castellani_

 
°°°°1997 - presente°°°°
Draco pov.
Oscurità ovunque, paura e frustrazione erano i principali odori presenti in ogni angolo del Manor, per quanto stessi provando a scacciarli e ricordare profumi deliziosi, il marcio e la muffa riuscivano a coprire i miei stessi pensieri prendendo il posto di ogni spiraglio luminoso nella mente. Ancora una volta mi dissi che era normale, che era questa la giusta punizione per le mie scelte o quelle prese dalla mia famiglia, eppure, per quanto mi stessi cercando di convincere, sapevo perfettamente che non era così. Questa era solo un’altra delle decisioni prese quest’estate e ormai non ne riconoscevo più la veridicità o la motivazione, sapevo solo che andava fatto e nonostante stessi provando a schivare o reprimere gli istinti, sentivo che semplicemente non potevo. Però, nonostante il continuo dolore al petto che diveniva ogni giorno più acuto e perforante, stavo continuando a lottare e non perché ne fossi felice, ma per quella fottutissima promessa che mi stava divorando man mano, sempre in maggior profondità. Non avevo motivi per esistere in questa vita, ma avevo una valida ragione per sopravvivere ancora per un po’.  Dovevo andare avanti, tra sofferenza e passato, tra presente immobile e futuro incerto. Tra Voldemort e Harry.  Tra condanna e mancanza.
Sapevo che l’anno prima il moro aveva solo fatto la cosa giusta per il mondo magico, ma era un continuo fastidioso tormento esserne consapevole, dato che si trattava della libertà -non meritata- del mio stesso padre, che per anni mi aveva protetto e istruito per questo giorno. Non che lo giustificassi per tutto ciò che aveva permesso passassi dopo della sua carcerazione, ma prendere possesso delle mie abilità in modo tanto tortuoso non era stata una mia previsione all’inizio dell’estate, dopo la fine del quinto anno. Quest’ultimo era stato decisamente troppo ricco di sorprese e per quanto lo trovassi tutt’ora rivoltante, il solo pensiero di aver dovuto mettere in discussione tutto quello in cui credevo per un semplice ragazzo non mi aveva di certo aiutato. Anzi, per colpa di questa mia rivalutazione avevo subito le peggiori torture, mentali e fisiche, non sempre per mano dell’Oscuro signore, a volte per mia stessa opera. Non che me ne vantassi, avrei fatto decisamente a meno di tutto questo, ma almeno ora ero divenuto cosciente della mia persona e in un mare mosso di situazioni accavallate ero riuscito a trovare un punto focale in cui raccogliere informazioni e crearmi un pensiero autonomo.
Eppure la puzza persistente non mi stava affatto aiutando a trovare conforto in queste credenze. L’odore acre del maledetto sadismo puro diffuso in ogni camera di casa mia la rendeva tenebrosa e inquietante, nulla a che vedere con la splendida dimora di cui un tempo non troppo lontano potevamo vantarci. Essere un Malfoy era sempre stato un pregio, motivo di altezzosità e superbia, di stima di molti e timore di altrettanti, ma ora, vedere la mia famiglia rinchiusa e sottomessa era solo una ragione stomachevole, nonostante ne comprendessi i motivi di autoprotezione, conservazione per i Purosangue e per un futuro senza più interferenze babbane o dei mezzosangue. Rischiare se stessi per una convivenza che non  sempre era possibile, o sicura, di certo non era buon senso, ma sterminare persone ignoranti e senza cattive intenzioni verso i maghi lo biasimavo, fin troppo dopo questi ultimi mesi. Essere diviso tra ciò che per anni mi era stato detto essere il pensiero giusto e una giustizia così diversa, ma al contempo così delicata e certa, sicuramente non dava pace alla mia mente ormai stremata dopo tutti questi giorni di prigionia in quello che doveva essere il mio posto sicuro, ma che ormai non lo era più per ovvie ragioni.
I Mangiamorte oramai residenti del Manor erano una spregevole vista ai miei occhi abituati ad eleganza, prestigio e nobiltà, pensare che persone aristocratiche fossero ridotte a manichi senza dignità era un colpo difficile da incassare, specialmente per me. Ero ancora qui solamente per la sua sicurezza, nonostante nessuno mi avrebbe creduto se lo avessi confessato, ma tenerlo nascosto nei recessi del conscio l’avevo trovata un’ottima idea vista la furia di Voldemort con la quale la sua curiosità si era spesso e volentieri infranta contro il mio muro mentale, non volevo di certo che scoprisse la mia anima. Ma era stato dannatamente difficile reprimere tutto, dimenticare senza farlo davvero, fingere sentimenti contrapposti e ingannare il gusto della sofferenza altrui con un finto sorriso soddisfatto ogni qualvolta che dalla mia bacchetta lampi verdi si infrangevano su innocenti, con la sola colpevolezza di essere finiti sotto mani di pazzi sadici bramosi di potere. Un potere che infondo avevamo già, ma che per desideri sbagliati del cuore e un’incontenibile, malato, orgoglio stava perdendo la sua nobiltà lasciando spazio solo a sporcizia di sentimenti così stolti, così umani.
Al solo pensiero mi formicolarono le dita e dovetti serrare la mascella, chiudendo le palpebre per concentrarmi nel fermare la mia magia tanto selvaggia, ora come ora, indomabile. Ero cosciente della sua pericolosità, ma non ero sicuro di poterla contenere visto il modo in cui spesso esplodeva con tutto il mio permesso. Non era Magia Incontrollata, eppure era così simile ad essa da lasciarmi boccheggiante e privo di forze ogni qualvolta mi sfuggiva qualcosa. Il modo in cui si era mostrata ai miei occhi non era stato dei migliori e per quanto non rimpiangessi la morte di quell’aguzzino che per giorni e giorni mi aveva reso minuti infiniti puro inferno lacerante. La sua Cruciatus era cessata quando aveva osato lanciarla una volta di troppo, anche se vedendomi sfinito, senza bacchetta e pieno di ferite –interiori ed esteriori- doveva averlo reso appagato al solo pensiero di vedermi ancora una volta agonizzante ai suoi piedi, nel pieno di tremori sempre più gravi. Però dovevo ammettere che tutte quelle maledizioni mi avevano reso sempre più tenace, nonostante ne avrei volentieri fatto a meno. Pensare che subito dopo che la mia magia era nata -sfuggendo dai miei polpastrelli in energia color argento, schiantandosi contro il suo corpo tramortito senza aver il tempo neanche di urlare- e che ero svenuto senza possibilità di sapere se mi sarei mai risvegliato, mi aveva terrorizzato. Il volto di mia madre davvero preoccupata al sorgere di una settimana più tardi mi aveva scosso maggiormente. Lei e lo stesso Oscuro signore si erano spiegati l’avvenimento come un’incidente dovuto alla bacchetta dell’uomo trovata completamente ridotta in polvere. Mi avevano raccontato che l’incantesimo doveva essere stato troppo potente per essa frantumandola una volta sfuggita al suo controllo e l’onda d’urto aveva causato la mia perdita di sensi e la sua morte. Ovviamente non ricordavo ciò che mi dissero e anche Voldemort doveva aver pensato lo stesso dato che un momento dopo cercò di scavarmi a fondo nella mente senza troppa riuscita data la mia troppa confusione, questo però aveva procurato una serie di punizioni dirette dalla sua stessa mano. Il fatto che qualcosa dentro di me fosse cambiato, proteggendomi, mi aveva scombussolato ancora una volta, ma le mie grida dovevano avergli fatto credere stessi davvero subendo tutto quel male ingiusto. Beh, questo non aveva alleviato per niente il peso di quell’estate e il solo ricordarla mi causava brividi ghiacciati lungo la schiena scorticata in più punti, sfregiata in altri per via della brutalità carnale alla quale ero stato sottoposto e l’umiliazione verbale che davvero non avevo per nulla digerito. Se non altro il pensiero che tra pochi giorni sarebbe tutto cessato, almeno quotidianamente, mi rallegrava, però, sapere che a momenti la mia pelle lattea sarebbe stata irrimediabilmente marchiata mi schifava in modo vomitevole. Purtroppo non essere d’accordo con la sopravvivenza sottomessa della mia famiglia aveva i suoi svantaggi, soprattutto per ora. Questo non voleva dire che non pensassi ancora all’inferiorità di chi non era un Purosangue o di chi invece aveva questo privilegio e lo rendeva vano con idee bonarie, ricche di dolcezza che a questo mondo tortuoso non poteva resistere. Non ero tanto stupido da buttare al vento il mio nome, ma non ero neanche tanto ignorante dal non riconoscere il rispetto per l’individuo, non potevo permettermelo dopo essermi irrimediabilmente innamorato di quel ragazzo. Avrei dovuto prevenirlo, ma non me ne facevo una colpa dato che non potevo bloccare il flusso della magia inconscia.
 
Sbuffai, chiudendo il pugno e una volta che l’aria gelata sferzò sul mio volto contratto in una smorfia di incontenibile frustrazione ringhiai infastidito catturando l’attenzione di mia madre, avvolta dalle sue vesti prestigiose. Probabilmente quel gesto passò come intolleranza al freddo, quando invece non era per nulla così dato che non volevo assolutamente prendermi la responsabilità del Marchio Nero e se questo mi avesse perlomeno garantito il benessere di Blaise, immischiato in tutto questo come il sottoscritto, sarei stato meno riluttante. Però, effettivamente, il mio primo obbiettivo non era sapere quella serpe al sicuro, quanto essere consapevole che tutte le cose passate fossero state davvero scordate da chiunque.
Deglutii al pensiero e mi sforzai di non pensare realmente all’anno scorso, sbattendo le ciglia in modo da allontanare lacrime di suggellata silenziosa promessa. Mi concentrai invece sulla luce emanata dalle diverse lampade appese in Diagon Alley, sulle tende di diverso colore stese per le vie, in modo da creare spazi esterni ai negozi di diversi assortimenti. I tavoli in legno posti difronte alle vetrine davano un’impressione di familiarità a quell’atmosfera tenue, calda nonostante il rigido clima di fine agosto. Le abitazioni in pietra erano confortevoli alla vista anche se fredde, grigie, in contrasto con i colori caldi dei tendoni. Il mio viso rimase una maschera di studiata indifferenza per quel posto che mi rimembrava diversi episodi e che ora era solo un passaggio per giungere a uno dei più aspettati e ricercati momenti della mia vita, mio padre forse sarebbe stato orgoglioso vedendomi avanzare con passo elegante e altezzoso in mezzo alle vie abitate, piene di persone calme e neutre. Riconobbi immediatamente la traversa che portava al Magie Sinister, così scura e piccola, posta in un posto non troppo visibile. Per anni con superficialità avevo avanzato per quella stretta stradina, dove diversi scalini scendevano verso l’oscurità della cittadina ed ora non mi sentivo più tanto superiore, sapendo cosa mi aspettava in quel negozio di arte oscura. Nonostante ciò le mie labbra rimasero chiuse con estrema attenzione e il mio sguardo non perse un attimo di vista la destinazione resa buia per via del motivo per il quale ora ci trovavamo qui.
Brividi colsero il mio corpo quando fui davanti alla soglia e un’insana voglia di scappare per mio personale guadagno che avrebbe portato a farne le spese la mia stessa madre, mi annebbiò per qualche secondo la mente, ma velocemente lo scacciai mantenendomi distaccato da qualsiasi sentimento. Non era la prima volta in cui incontravo l’Oscuro signore e per mia sfortuna non sarebbe stata l’ultima, nonostante la flebile speranza di questa estate. Risentito mi diressi, impettito, oltre la porta che mi divideva dalle varie esposizioni di materie altamente pericolose. Sentii distrattamente la serratura scattare quando riconobbi il viso ombroso di Greyback e la follia presente negli occhi di Bellatrix, raggelai immediatamente prendendo consapevolezza che nuovamente non avevo scappatoie e che se anche le avessi avute il Manor non sarebbe stato sicuro per via della presenza dei Mangiamorte. L’unico posto sicuro era il mio stesso corpo e la bravura con la quale stavo ingannando tutti quanti, dovevo solo resistere e sapere che alla fine tutto questo avrebbe condotto alla sua sicurezza mi scaldò il cuore, riportando i battiti accelerati alla normalità.
Ciò funzionò finché non sentii il suo sguardo perforarmi la pelle e mi ci volle tutta la mia disciplina per non voltarmi, guardare oltre la finestra sopra le nostre teste -che rendeva la luna unica testimone di questo deplorevole atto- intimandogli di non restare a guardare la mia rovina, quel tradimento effimero. Di non rimanere tanto vicino alla crudeltà con la quale la mia minima libertà sarebbe stata estirpata come le ali di un’aquila strappate per renderla priva del volo. Non volevo che vedesse, avrei sopportato tutto, tranne il peso di quelle giade spalancate dal mio voltargli le spalle tanto meschinamente. La rigidità del mio corpo divertì i presenti che si sbeffeggiarono di me, senza ricevere risposta nonostante la mia conosciuta ironia tagliente che spesso degustavano data la mia lingua affilata come una spada. Mi consideravano un figlio viziato e lo ero, ma non c’era nulla di male visto che già solo per questo valevo più di tutti loro messi assieme. Un bimbo capriccioso mi avevano chiamato, ma ciò non aveva fatto che dilettarmi dato che non lo avevo recepito come un insulto, ma come la semplice verità. Un complimento, in effetti, dato che ciò significava che conoscevo esattamente cosa sapeva soddisfarmi e cosa volevo dal mio futuro, nei minimi dettagli, dalle minime alle più grandi esigenze. Loro erano solo automi che sapevo seguire un pazzo senza avere una propria idea con la quale intavolare un discorso o confutare tesi altrui.
Ghignai ricordando le loro espressioni quando, dopo una punizione carnale, ero stato ancora in grado di rispondere con sarcasmo alle loro prese in giro, alle loro frasi di scherno. Tra loro sicuramente ero quello con più astuzia e intelligenza, non mi limitavo solo a tirar fuori il carattere, ma sapevo perfettamente come farmi valere anche con la dialettica. Loro dovevano averlo dimenticato data le sciocchezze che spesso esibivano aprendo la bocca.
 
La voce dell’Oscuro signore mi arrivò chiara come il sibilare di Nagini al suo seguito, insieme a quello stoccafisso di Codalisca. Sorrise non appena mi studiò e mi venne fin troppo vicino, posando le sue ossute dita sulle mie spalle per coinvolgermi in un abbraccio indelicato, che di rassicurante non aveva nulla e ciò mi agitò sentendo il pizzicare del suo sguardo addosso, che scomparve dopo qualche attimo facendomi trovare sollievo. Non lo diedi comunque a vedere mantenendo la mia aria nobile e sottomessa al primeggiare del pazzo, potente mago. Era davvero una persona egocentrica, ma ciò preferii ancora una volta tenerlo per me.
“Finalmente il gran giorno è arrivato, mio giovane Draco” sillabò con fare colloquiale, lasciandomi il tempo d’inginocchiarmi quando il suo alito sporco mi sfiorò l’orecchio come una freccia scoccatami accanto. Sollevai un ginocchio sul quale posai il gomito e abbassai con riverenza il mento lasciando che il mio volto scomparisse sotto i lisci, fini, capelli biondo platino che spesso in passato aveva accarezzato, solo per allontanarmi e lanciarmi una maledizione poco dopo. Mi morsicai l’interno guancia, esponendo i miei cordali omaggi e non persi tempo ad elogiarlo, dato che non ce n’era molto. Non sembrò apprezzare dato che me lo fece notare con accurata drammaticità e non rimasi stupito quanto la Cruciatus giunse come un turbine a ciel sereno. Ciò nonostante rimasi immobile, sorbendola nel totale silenzio di quegli aghi conficcati nelle tempie, nei nervi saldamente tesi nonostante i muscoli contratti in una ribellione a tale fastidio. Dovetti reprimere lo scudo magico che sentii avvicinarsi all’epidermide e lo sforzo con lo quale lo nascosi mi costò un maggior strazio, gli aghi divennero ardenti nella mia carne diffondendosi con famigerata lentezza vorticante. Il sangue zampillò sulla lingua quando mi resi conto che mi stavo stringendo con forza il labbro inferiore tra gli incisivi affilati, fortunatamente meno di quelli di Grayback. Il calore contro il mio corpo divenne insostenibile, ma cercai di rimanere immobile conscio che se mi fossi steso il dolore sarebbe raddoppiato diventando sempre più pesante, fino a schiacciarmi e lasciarmi privo d’ossigeno. Tremai serrando il pugno e mantenni lo sguardo fermo sulle vesti neri di Voldemort davanti al mio piede, cercai i di disegnarne i contorni, ma presto la bollente maledizione divampò causando la maggior profondità di quegli aghi ormai totalmente conficcati in ogni parte di me e proprio quando pensai di lasciar fuoriuscire il mio scudo, la tortura finì.
“Sorprendente, piccolo Malfoy, le tue doti menzognere stanno fruttando e ciò sarà sicuramente una cosa a mio vantaggio quando inizierai quest’anno scolastico, nonostante la tua assenza causerà molta tristezza in ognuno di noi” mi schernii e se solo avessi potuto dar voce all’onestà della frase che suonò perfetta dentro di me l’avrei fatto. Forse in un’altra vita dove non sarei stato ammazzato solo per aver osato pronunciare tanto.
“Direi proprio che tutti stiamo speriamo tu non deluda le aspettative, dopo questa onoranza che ti offro in onore del tuo povero padre rinchiuso, per il momento. Se mi servai come lui sempre ha fatto, avremo molte informazioni da condividere altrimenti credo che io stesso, insieme ai miei seguaci, gioiremo nel vedere la giusta punizione riversarsi su di te. Comprendi la giustizia delle mie parole, Draco?” Annuii appena senza davvero capire come tutta quella gente potesse credere in frasi dette senza una misera logica e potei recepire lo sguardo ansioso di mia madre sul mio fisico ancora inginocchiato. Beh, ero qui solo per lei quindi come minimo avrebbe dovuto darmi il suo sostegno in tutta questa follia priva di luce. Trattenni l’ennesimo sbuffo e mi provai davvero a concentrare solo sulle parole del Lord, ma ora come ora potei solo sentire come ero cresciuto e maturato dopo mesi in cui ero rimasto nella totale confusione, in balia di me stesso e del mio amore, per la mia famiglia e per lui. Ma quest’ultimo ora non c’era -nonostante la sua comparsa inaspettata poco prima, fuori e la sua scomparsa furtiva, che davvero avevo sperato- erano rimasti solo i suoi incoscienti e smielati ideali al mio fianco, per quanto fossi disgustato dalla cosa, potevo accettarli e capire il loro ragionamento. Nonostante una prima difficoltà nel farlo, ora comprendevo il motivo per cui da sempre lottava, che era decisamente più scrupoloso di quello di questo sadico mago oscuro, però, una parte di me che non sapevo quanto fosse importante, sentiva ancora tanta solidarietà per la causa portata avanti dai Purosangue. Potevo accettarne le spiegazioni, ma non potevo accettare il futile desiderio celato dietro. E sicuramente dopo tutto quello vissuto con …
Trattenni un grido di pura sofferenza, piegando in avanti il busto per sentire lo stomaco chiudersi, i polmoni svuotarsi d’aria pulita e il cuore battere freneticamente. Caddi rovinosamente sul pavimento e mi contorsi, finendo a inarcare la schiena sul freddo legno, la sbattei ripetutamente a terra strisciandoci contro e serrai il pugno abbattendolo contro di essa. Cercai di abbassare lo sguardo sul mio avambraccio ed ebbi la nausea quando vidi la carne lacerarsi, la pelle pallida tingersi di rosso mentre il Marchio prendeva forma e le vene dissanguavano il mio corpo mescolando il mio sangue aristocratico a quel segno scuro, le nocche sbiancarono e le unghie scarnificarono il mio stesso palmo mentre le pupille saettarono in ogni parte della camera. Colpii più volte il gelido legno con il capo quando cercai di scacciare lo sgorgante dolore e non riuscii a distinguere le risate, le parole farneticate da quel folle mago temuto e sbattei le ciglia, iniziando a vedere puntini neri, luci che si spegnevano e accendevano nei miei occhi quando sbattei le palpebre e il suono sottile dell’epidermide aperta -scavata in due da una forza invisibile- mi fece avere i conati finché tutte le sensazioni vomitevoli divennero troppo potenti per essere trattenute, come la mia Magia che nonostante tutto rimase immutata al mio interno subendo quella deturpazione e la gola secca divenne troppo arida per urlare in modo straziante, agghiacciante. E poi non ci fu alcun suono, tutto divenne tacito quando l’oscurità mi avvolse lasciando emergere solo il buio.
 
****
 
Sbattei ripetutamente le palpebre, guardando da sotto le ciglia fini il luogo in cui mi ritrovai, la luce mi stava offuscando la vista e dovetti premermi la mano contro la fronte, ma quel gesto procurò scosse d’agonia, facendomi immediatamente desistere dal farlo. Cercai di accumulare la voce, ma quando essa grattò le corde vocali secche ottenni solo il graffio vocale che mi costrinse a richiudere la bocca. Strinsi quindi il soffice tessuto sotto il quale ero posto e alzai il mento verso la sagoma al mio fianco, che dopo qualche secondo focalizzai come Severus Piton, affiancato da mia madre. Lo guardai sospettoso, ma non diedi voce ai miei quesiti finché non sentii la stretta della donna, che sollevata dalla preoccupazione mi accarezzò una gote pulsante di un leggero dolore. Feci una piccola smorfia e l’occhiata penetrante di Piton divenne più intensa, sbuffò esasperato in modo quasi impercettibile e appoggiò i polpastrelli sulla mia carne fasciata da una sottile garza macchiata di rosso. Spostai le pupille accorgendomi di essere nella mia camera e voltai lo sguardo verso il professore, nonché mio padrino e attesi.
“Hai riposato per due giorni, oggi è il 1 Settembre” mi avvisò, alzandomi per indicarmi il mio baule perfettamente preparato per Hogwarts, feci un piccolo cenno col capo e la sua irritazione divenne velocemente visibile a terzi.
“È mattina, tra poche ore devi prendere l’Espresso. Ti consiglio di preparati e prenderti il giusto tempo per i saluti, non dimenticare i ringraziamenti, non credo tu voglia ricevere l’ennesima punizione” disse saccente, con tono profondo e pericoloso. Scrollai semplicemente le spalle a quel suo consiglio, come se davvero volessi subire un’altra Cruciatus per finire l’estate in bellezza. Alzò gli occhi al cielo e le vesti svolazzanti segnarono la sua uscita di scena.
 
“Sei stato davvero bravo l’altra sera” si congratulò mia mamma, senza ricevere risposta dato che non le sarebbe piaciuta particolarmente. Mi venne accanto per potermi avvolgere tra le sue braccia magre, restò per minuti immobili ponendomi forse le sue scuse per quell’ultima tortura subita e, orgoglioso, rimasi impassibile ai suoi gesti non riuscendo a camuffare la delusione incassata. Non pronunciò altro, accarezzandomi la guancia con grazia e ponendo le sue labbra sulla mia fronte scoperta grazie alle dita che scostarono la frangia bionda. Dopodiché ci furono solo gesti meccanici tra noi: mi aiutò ad alzarmi e mi accompagnò nel bagno dove prima mi sarei tranquillamente rilassato, ma che per troppo tempo era stato usato da quegli stolti. Mi spogliai senza degnarla di uno sguardo e poco dopo mi immersi nella vasca, lavandomi lentamente, in modo estenuante. Sospirai più volte e quando fu passata un’ora dovetti uscire da quel torpore, infilandomi nuovamente la maschera altezzosa che mi contraddistingueva tra la moltitudine di ragazzi.
I Mangiamorte mi schernirono per tutto il tragitto fino al portone di casa e prima di pronunciare quell’arrivederci -che ci avrebbe separato per i prossimi mesi- lanciai uno sguardo di arroganza pura che li fece tacere all’istante. Poterono cogliere la fierezza nella mia postura che non tradiva affatto le aspettative dei miei tutori, nonostante l’estenuante tormento all’avambraccio dove tutt’ora il sangue continuava a colare, sotto quella fasciatura soffice. Voldemort aveva avuto la brillante idea di farmi guarire senza aiuto della magia e a quanto pareva neanche la mia, segreta, aveva deciso di aiutarmi nonostante lo volessi. Era un lamento silenzioso, quel Marchio destinato a restare per tutta la mia esistenza, una vita costretta in un disegno. Era dannatamente squallido e non era la più rosea tra le aspettative. Avevo bisogno di una svolta, una fottutissima cosa imprevista che cambiasse tutte le carte in tavola, ma da quel che stavo comprendendo ero io stesso essa. Nessuno mi prendeva in considerazione come asso, ma lo sarei stato, senza rivelarlo a nessuno. Dovevo solo riuscire a trovare il modo per salvarlo senza che soffrisse ulteriori perdite che lo avrebbero devastato ancora, nei suoi sedici anni ne aveva subite troppe e ora che stava affrontando l’età dei diciassette non doveva ripercorrere le stesse cose, lo avrei di certo impedito dati gli eventi. E davvero, non volevo ricordare com’ero giunto a prendere codeste decisioni che prima del quinto anno scolastico non avrei neanche lontanamente immaginato, ma se fossi riuscito in tutti i miei piani, sarei riuscito a creare un perfetto scacco matto al re. Mi bastava solo muovere le giuste pedine e per farlo necessitavo capacità di astuzia e manipolazione, queste non mi mancavano, specialmente ora che le avevo perfezionate durante questi lunghi momenti di monologhi interiori e solitudine acquistata dopo diversi tormenti.
 
*****
 
“Draco” mi richiamò mia madre, prima di farmi un piccolo sorriso quando giungemmo alla rumorosa stazione di King’s Cross. Davvero troppe persone carismatiche, secondo il mio buon gusto, deglutii disgustato da quella massa in continuo movimento e schivai agilmente dei passanti, evitandoli. Velocemente varcai la soglia del binario 9¾, sentendo subito la leggerezza riempirmi l’olfatto. Respirai aria pulita, priva di sporcizia, accennando un ghigno soddisfatto e quando notai l’Espresso rapidamente lo raggiunsi, inchinandomi con un leggero gesto davanti alla donna che mi aveva messo al mondo, le baciai la mano come se le stessi chiedendo perdono per il tradimento che avrei compiuto alla nostra stessa casa e lei, senza capire, rimase deliziata dall’educazione che le mostrai aver appreso con rispetto. Salii quindi nel vagone dove i Serpeverde si riunivano, presi il posto che di diritto era mio e potei percepire senza troppa attenzione lo sguardo dei ragazzi più adulti e di quelli più piccoli, che tra loro bisbigliavano il mio nome, come se potessero realmente importarmi le loro sentenze.
Sospirai stancamente finché il suo inconfondibile profumo di fresco non richiamò la mia attenzione, voltai il capo e studiai i capelli mori sollevati in modo naturale sul capo, le sopracciglia altrettanto scure in un connubio perfetto con quelle iridi nere petrolio, gli zigomi duri che insieme alle labbra sottili, ma abbastanza carnose e rosee, gli davano un’aria furba e superiore. La carnagione lattea, seppur non chiara quanto la mia, risaltò quando Pansy lo affiancò. Quest’ultima era abbronzata e il nuovo taglio aveva reso più corte le sue ciocche scure, corvine, come le sopracciglia e la bocca carnosa, dove un rossetto scuro padroneggiava il suo volto, le diede un’aria quasi regale.  Era maturata diventando fisicamente una donna, aveva abbondato le vesti da ragazzina ed era pronta per portare avanti con nobiltà il nome della sua famiglia. Blaise, d’altro canto, era rimasto fin troppo simile all’estate prima, era solo cresciuto in altezza rimanendo esile, ma tonico di fisico asciutto, ma muscoloso. Mi guardò divertito mentre prese posto accanto a me, investendomi con quello stesso profumo, la ragazza invece si sedette davanti a noi lanciando immediatamente un incantesimo silenziate in modo che i farfugliamenti non ci dessero fastidio. Chiuse poi le tende isolando il nostro scompartimento e pronunciò qualche altro incanto di sicurezza.
 
“Scommetto che ti sono mancato” sussurrò Zabini, prima di scoccarmi un leggero bacio a stampo che ricambiai con sollievo, sorridendogli di rimando, in modo gelido. Nonostante ciò la sua espressione rimase dilettata e ignorò totalmente la mia occhiataccia, poggiando invece un braccio intorno alle mie spalle con fare apparentemente distratto, ma possessivo.
 
“Immagino che sia successo solo nel caso che abbia passato delle noiose vacanze estive” biascicò la nostra compagna, con sgarbo calcolato. Mi leccai fugacemente le labbra innervosito mentre il moretto al mio fianco premette con stanchezza una tempia sulla mia spalla, sbuffando senza realmente essere offeso.
 
“Sappiamo tutti che non è così” le rispose, guardandomi l’avambraccio con una smorfia infastidita dipinta sul volto. “Non ho ancora capito il motivo, lo sai, ma non credo di volerlo sapere per il momento. Aspetto di essere nella nostra camera” mi avvertì, senza spostarsi e rimasi impassibile finché, con lentezza, appoggiai una mano tra i suoi morbidi capelli lisci, accarezzandogli la nuca con calma.
 
“Dobbiamo discutere molte cose, ma fino ad allora non alludete a Potter –o tutto quello che è successo l’anno scorso- in sua presenza o a quella di altri” suggerii, rendendo le mie parole un ordine senza troppo fervore. Mi lanciarono occhiate confuse, ma annuirono entrambi e Parkinson si allungò sul tavolino in legno tra noi per fissare le sue iridi azzurre nelle mie, grigie e ghiacciate.
 
“Hai fatto una cazzata delle tue” sibilò con evidente rammarico, lasciandoselo sfuggire probabilmente e annuii soltanto, indifferente alle sue emozioni pericolosamente arrabbiate. “Prima che ti faccia un sermone ti darò il tempo di spiegarti, ma non sperare che sia più di miseri secondi” bisbigliò, furiosa per via dei sentimenti tanto forti che provava per me, in amicizia e quasi fratellanza. Così come quelli di Blaise, improvvisamente disinteressato al tutto. Ricercai le sue nere pupille finché, trovandole, non ci lessi un’enorme fastidio all’interno e così premetti brevemente le labbra sulle sue, scostandomi quasi subito. In quel gesto ci impressi tutte le mie possibili scuse che mai avrei ammesso, ma che sapevo perfettamente di dovergli e per quanto non mi abbassassi davanti a nessuno, lui lo consideravo un mio pari e per questo aveva concesso qualche privilegio. Come quei piccoli atti fisici.
 
“Allora, hai già in mente delle nuove conquiste?” chiesi, per spostare l’argomento pesante a uno migliore data la pesantezza che ci aveva avvolto. La serpe rise appena, sollevando un angolo della bocca in un sorriso sghembo e quando quelle pietre oscure come il fondo dell’oceano tornarono a fondersi con le mie ci lessi dentro puro diletto.
 
“Neville Paciock.” Rimasi senza parole, sgranando gli occhi e mi sentii seriamente preso in giro, ma Pansy fu abbastanza eloquente quando incrociò le braccia al petto allibita quanto me. “Non fissarmi così” mi riprese lui sogghignando ancora. “Tu sei stato il primo a star insieme a un Grifondoro e non uno qualsiasi, quindi non hai alcun diritto di fare quella faccia” finì diplomatico, in modo sicuro e tranquillo. Questo mi rammentò cose che avrei preferito decisamente seppellire in una camera del cervello barricata con quadrupla serratura, rotta e senza una possibile chiave.
 
°°°°1996 – un anno prima°°°°
 
Un nuovo anno scolastico stava per giungere nella vita di Harry, colui che da sempre veniva considerato il Sopravvissuto. Il peso del mondo già dalla sua tenera età gli gravava addosso e per quanto cercasse di vivere una normalità non raggiunta, esso si faceva sempre più pesante e ciò il ragazzo non sempre era in grado di sostenerlo.
Seduto sull’altalena non faceva altro che pensare al suo quarto anno, a tutte le vicissitudini affrontante fino alla morte di un suo compagno di scuola, fino al ritorno di Voldemort, mago così oscuro da essere una continua spina nel fianco per il sedicenne che non riusciva più a reggere tutte quelle perdite. Il moretto, dall’aria ferma, non si rese neanche conto delle azioni del cugino, perso nei ricordi della fredda e spietata maledizione lanciata sull’adolescente poco più grande di lui. Come poteva realmente essere accaduto tutto quello? Come poteva un piccolo istante portare via tutto? Il taglio profondo nella carne del braccio faceva ancora male e poteva ancora recepire la lama gelata solcare la sua pelle per creare un bivio rosso intenso. Non riusciva ad accettar alcun fatto accaduto durante l’evento, la Coppa Tremaghi era divenuto un incubo per la famiglia Diggory e per gli stessi alunni delle diverse scuole. La confusione e il terrore dopo che aveva realizzato di aver avuto uno scontro diretto con la nemesi lo aveva lasciato nel panico più totale, il corpo gelido di Cedric insieme a quegli occhi vitrei privi di spirito lo avevano scosso, il turbine di paura lo aveva accolto per ore dopo quel breve duello e dopo tutte quelle chiacchere inopportune. Aveva facilmente evitato ogni sguardo dei compagni e aveva, con molta pazienza, sostenuto lo sforzo di rimanere incrollabile anche davanti a quello spietato ritorno, non poteva mostrarsi debole nonostante fosse solo un’adolescente nel pieno della sua giovinezza. No, lui non poteva permettersi una normalità, lui doveva crescere velocemente e tirare fuori le unghie per assicurarsi la sicurezza di tutto il mondo magico. Era difficile, ma non impossibile e ne era cosciente, doveva solo trovare la giusta forza e raccogliere tutta la sua determinazione per riuscire nell’impresa. La cosa più dolorosa era, forse, che Ron ed Hermione durante le vacanze non si fossero ancora fatti sentire nonostante fossero a conoscenza dell’importanza che aveva per lui quell’interessamento sincero. Si sentiva abbondato, da solo in tutto quello che, ancora una volta, si presentava come una tortura. Non era sicuro di come si sarebbe concluso ciò e stava cercando di lottare con tutte le sue forze affinché la sua maturità diventasse abbastanza adulta per affrontare la cattiveria che libera si muoveva in modo strascicante tra le vie magiche e babbane.
 
Sbatté le palpebre mettendo a fuoco l’immagine del cugino che insieme ai suoi amici derideva un bambino che aveva compiuto i dodici anni, probabilmente e strinse il pugno sentendo il fastidio giornaliero farsi vivo in lui finché con durezza non interruppe quelle risate stolte.
“Ora te la prendi anche con i più piccoli?” chiese, gustandosi senza troppa convinzione il silenzio dopo le sue parole e quando il più grande –circondato gli amici- si avvicinò le nocche gli divennero gravemente bianche e storse il naso irritato.
 
“Mi aveva irritato, se lo meritava dopo tutti quei suoi piagnucoli” affermò con arroganza superficiale, mettendo in mostra la sua ignoranza, il cugino. Harry dovette mordersi le labbra mentre continuò quello sproloquio di insulti fino ad arrivare a deridere lo stesso Potter, ora punto sul vivo e concentrato unicamente sulle frasi di scherno che Dudley gli riservò. “Come i tuoi, d’altronde, quando la notte piangi gridando il nome di un maschio, vederti e sentirti tanto spaventato all’alba per dei semplici incubi è deprimente. Per te dev’esserlo ancor di più dato che nonostante invochi tua madre lei non c’è, la morte te l’ha portata via come ha fatto con tuo padre. Non avere i genitori è schifoso quando i brutti sogni si ripetono, eh?” Il moro sentii il sapore metallico del sangue lungo la gola e, davvero, provò a trattenersi avvertendolo, ma il cugino continuò indenne a quei consigli intelligenti finché la rabbia non divampò nel giovane mago facendolo scattare in piedi. Coprì rapidamente la distanza tra i loro corpi e puntò la bacchetta su quel mento carnoso in cui la punta sprofondò appena. Gridò di smetterla direttamente sul viso del più grande che finalmente tacque nonostante le risate dei compari e finalmente il rumore di quella voce stridula si attenuò fino a far vacillare le intenzioni del Sopravvissuto che alla fine desistette dal vendicarsi di quelle stupide esclamazioni. Ma il cielo non sembrò pensarla allo stesso modo.
Nuvole grigie si mossero velocemente fino a rabbuiare il piccolo parco e presto tutti scapparono davanti all’irrealtà dell’atmosfera supina, misteriosa e ricca di magia. Harry si incupì irrigidendosi sul posto e incitò il famigliare a correre, per andare il più possibile lontano da quell’improvviso mutamento atmosferico, non diede retta alle lamentele di questo e furtivamente lo seguì lungo la strada percorsa a grandi falcate stanche, fin troppo infinite. Non aveva idea di cosa fare, di cosa stava accadendo esattamente e sapeva che doveva prima pensare al babbano, anche non lo meritava secondo il suo parere, ma per la milionesima volta era solo una cosa che andava fatta nonostante i suoi disideri diversi. Fremette quando il gelo lo sfiorò sotto il tunnel che si ghiacciò alle due estremità e così si fermò in mezzo ad esso, stringendo con forza il polso di Dudley che continuò però, imperterrito a fuggire verso quell’apparente via di fuga che presto Harry capì essere una trappola. Ma non poté urlare niente che il primo Dissennatore si mostrò bloccando il maggiore, il secondo invece spinse con furia il moro contro il muro, dove una luce scoppiò lasciandolo al buio.
 
Presto la sensazione di vuoto prese il posto di ogni singola emozione e sentì la piccola quantità di felicità venir risucchiata da quella creatura tenebrosa, provò a resistergli, ma la malinconia e la tristezza degli stessi pensieri che da un po’ lo perseguitavano prese il sopravvento lasciandolo inebetito sotto quella presa rude. Chiuse le palpebre, tentato di cedere a quel richiamo di eterno riposo, ma alla fine il suo stesso corpo scattò e il Patronus sfociò dalla sua bacchetta tramortendo l’aggressore con violenza, quel cervo avvolto da una bianca luce si scagliò contro il secondo cogliendolo alla sprovvista e il tempo sembrò fermarsi per qualche secondo. Avvolto dalla solitudine, Harry si avvicinò al cugino steso e reso privo di intelletto più di quanto non fosse. Non aveva idea di cosa fare, non riusciva neanche a chiedergli qualcosa o ad aiutarlo più di quanto già non avesse fatto e quando la figura magra della vicina di casa si apprestò al suo fianco si riscosse, confuso da quella presenza non calcolata.
“Silente mi aveva detto di tenerti d’occhio” spiegò velocemente la donna minuta e bassa, sorridendogli appena, amorevolmente, ma spaventata per via dell’intera situazione. “Presto, dobbiamo andare via di qui” disse con aria concentrata, aiutando il giovane sedicenne a mettersi in spalla il più grande che al momento era ancora più inefficiente del solito. Non ci furono tante parole dato il pericolo in cui si trovavano e di questo Potter fu grato, di certo non aveva tanta voglia di creare discorsi inutili o richiedere spiegazioni che tanto sarebbero rimaste prive di risposte soddisfacenti. Tenne quindi a bada la sua dannata curiosità e quando la vicina lo salutò, una volta arrivati davanti al vialetto di casa lui ricambiò senza troppa enfasi, stravolto dagli avvenimenti subiti quasi con passività, nonostante l’audacia con la quale ancora una volta ne era uscito. Non era altrettanto convinto di passarla liscia con la famiglia materna. Deglutì sonoramente quando rincasò, superando la soglia e presto i suoi zii furono esterrefatti notando le condizioni del figlio reso privo di logica. Si immobilizzò vicino a un angolo del salotto, in silenzio, pensando e riflettendo sugli ultimi episodi appena vissuti e ignorò per quanto possibile le urla dei due adulti infuriati. Harry non aveva tempo da perdere, nonostante la forte irritazione e quindi si rinchiuse in se stesso, nei suoi pensieri, finché una strillalettera non interruppe il suo monologo interiore. Il Ministero non aveva gradito la sua presa di posizione con la magia e lo aveva sospeso da Hogwarts, a quanto pareva, la rabbia in risposta a tale punizione che rafforzò la presa al suo cuore si fece maggiore quando lo zio sussurrò con cattiveria che giustizia era stata compiuta. Lui, solo grazie a lui quel coglione di Dusdley era ancora vivo e doveva ancora sorbirsi le lamentele di tutti? No, non poteva sopportarlo, specialmente considerato che si trattava di un’ingiustizia ingiustificata dato che era stato costretto a usare quell’incantesimo. Non si divertiva a creare Patronus per hobby. Sbuffò risentito all’indirizzo di Vernon che con crudeltà lo superò per poter pensare a suo cugino, quanto lo detestava non sapeva dirlo con certezza, ma era certo che il sentimento fosse davvero grossolano e potente.
Forse era per questo che in quel periodo si sentiva tanto instabile, forse il pensiero e la voglia di lanciargli una Cruciatus o almeno uno Stupeficium lo rendeva più simile a Voldemort di quanto non volesse ammettere. Trasalì, inorridito a tale pensiero e cerco di scacciare tale opzione in un antro abbondato del suo cervello che a quanto pareva non collaborava troppo quella sera. Rimuginare non lo stava affatto aiutando nonostante le sue buone intenzioni. Il nervoso lo stava invece rendendo iperattivo e la difficoltà sempre maggiore nel restare tranquillo davanti a un richiamo disciplinare stava sovrastando la sua calma apparente, forzata.
 
Un rumore lo fece bloccare col fiato spezzato, la bacchetta stretta nel pugno lo rese teso come una corda di violino, l’attenzione raccolta sulla porta della camera era tale da farlo sudare lievemente mentre passi risuonarono nella casa deserta ed Harry poté recepire i suoi battiti sempre più veloci, ritmati da un’incessante malessere che man mano si diffondeva con ferocia nelle sue carni tanto sensibili al minimo cambiamento. Non era per nulla lucido e quando l’anta si aprì rischiò di lanciare una magia per schiantare i nuovi arrivati, ma si accorse che essi erano membri dell’Ordine e così sul suo volto apparve un gentile sorriso di sorpresa. Moody mosse velocemente gli occhi su di lui per studiarlo e così si strinse nelle spalle indifeso, avvicinandosi per essere accarezzato cordialmente da Tonks, allegra e altri due componenti di quell’organizzazione dove lo zio ne era a capo. Sirius gli mancava terribilmente, doveva ammetterlo, ma in qualche modo la nomina del padrino lo stava aiutando a tenere gli zii lontano, spaventati dalla fama del ex prigioniero scappato da Azkaban. Il Sopravvissuto sorrise ricordando la furba espressione di Black e velocemente raccolse le sue cose per seguire gli altri, che già stavano andando via dalla dimora babbana nella quale viveva con sommo dispiacere.
Una volta fuori ebbe appena il tempo di sentire le parole di Malocchio che dovette salire sulla scopa, per volare via da quel posto che finalmente si poté lasciare alle spalle con gratitudine sincera. O almeno per il resto dell’estate.
 
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Hermione e Ron furono davvero sollevati nel vedere che Harry stava bene, nonostante le voci diffuse sull’attacco dei dissennatori. Potter non era esattamente tranquillo, sentiva i due amici distanti e questo lo innervosiva al punto da renderlo distaccato. Al suo arrivo infatti aveva salutato freddamente Molly, nonostante avesse concesso un sorriso sincero e caloroso a Sirius quando lo aveva intravisto in un’altra camera. A quanto pareva l’Ordine stava portando avanti una riunione e sentirsi escluso lo faceva impazzire dato che era lui quello destinato a scontrarsi con Tom Riddle, nessun altro. Avrebbe volentieri fatto a meno di codesto compito, ma la vita avrebbe volentieri fatto a meno di codesto compito, ma aveva perso il sorteggio con cui la vita lo aveva selezionato per questo coraggioso e difficile atto. Quindi era sicuramente lui quello al centro delle chiacchere degli adulti, tenute segrete e sempre lui era il fulcro di speranza in quel mondo che non sopportava più. Avrebbe solo voluto cambiare per un po’ destino, magari per qualche giorno o magari per sempre. Sbuffò e scacciò dal volto l’espressione nervosa. La Grenger tuttavia quando lo abbracciò captò le sue emozioni, come Wesley, rimasto in piedi a fissarlo. Cosa avrebbe dovuto dire? Avrebbe forse dovuto ridere e scherzare? Loro non gli avevano scritto durante l’estate e sapevano benissimo che lui non poteva neanche immaginare di spedirgli una lettera. Quindi non potevano essere arrabbiati, lui non aveva fatto proprio nulla.
“Vedo con piacere che state bene, le dita le avete integre quindi mi chiedo come mai non vi siate fatti sentire neanche mezza volta. Cos’è, vi siete dimenticati che esisto?” Non voleva fare la vittima, odiava sentirsi tale e in quel momento si sarebbe volentieri tirato un ceffone, ma era da troppo tempo che si teneva tutto dentro fingendo di star bene. Non ce la faceva più a dover essere all’altezza delle aspettative altrui e se neanche i suoi migliori amici sembravano interessarsi a lui, con chi si sarebbe dovuto sfogare? Lupin? Certo, perché non aveva impegni e aveva tutto il tempo per andare a prendere thé e biscotti con lui. Magari il giorno prima che si trasformasse. Stava diventando nevrotico, non andava affatto bene.
 
“Ci dispiace, ci hanno proibito di farlo da quando siamo a Grimmauld Place” spiegò Hermione con evidente dispiacere nel tono usato, si avvicinò con lentezza e gli posò una mano sulla guancia, facendolo scattare indietro come se avesse toccato fuoco. Ciò la ragazza non mancò di annotarlo mentalmente. Harry sembrava stanco, esausto.
 
“Dovrebbe farmi sentire meglio o protetto saperlo? Perché non è così, anzi pensare di essere isolato e privo di importanza per voi è stato un ottimo argomento da discutere con me stesso mentre mi sorbivo Dusdley, Petugna e Vernom. Soprattutto quest’ultimo con il suo senso della giustizia che potrebbe eguagliare quello di Voldermort” disse tutto di un fiato il Sopravvissuto, mordendosi un labbro quando notò i due Grifondoro trattenere per pochi secondi il respiro. Ma davvero? Lui lo aveva fronteggiato, lui lo aveva visto tornare e sempre lui lo aveva visto privare Cedric della sua giovane vita. Scrollò le spalle per togliersi di dosso il doloroso ricordo.
 
“Non era nostra intenzione farti sentire così” si giustificò ancora la sedicenne, cercando di calmarlo senza troppa riuscita. Ron d’altra parte stava cercando di capire i suoi sentimenti, non aveva dubbi sarebbe accaduto.
 
“Lasciamo perdere” sibilò frustrato, strizzando le palpebre con stizza. Dovette metterci tutto il suo impegno per non ridere istericamente dopo quelle parole, però.
“So dell’Ordine perché l’anno scorso Silente ha pensato di mettermene al corrente, non sapevo che il quartiere fosse questo e devo ammettere che sono stati in grado di tenerlo nascosto in maniera impeccabile, ma non capisco perché privarmi di conoscenza visto che si parla di un futuro che riguarda me in prima persona” continuò, esponendo i suoi dubbi agli altri due che annuirono, pensierosi ora che il moro sembrava essersi calmato. Vedere che nemmeno loro aveva risposte lo acquietò in parte, almeno non era l’unico ignorante, ma nonostante ciò continuò a non essere d’accordo con tutta la situazione.
 
“Dovresti pensare all’udienza disciplinare ora, il resto può aspettare che passi questa giornata” consigliò la riccia castana, sedendosi sul letto ed indicandogli di raggiungerla, lo fece con leggerezza e passò il resto della serata a parlare dei fatti accaduti, creando ipotesi e facendo commenti inopportuni, ritrovando un minimo di serenità e allegria perduta.
 
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“Quindi Voi-sapete-chi ha allargato il suo campo d’azione e si sta iniziando a mostrare, il Ministero non dev’essere più un reale problema per lui” constatò Sirius quando l’ebbe finito di ascoltare, dopo vari abbracci e saluti pieni di felicità. La sua assenza era stata un buco nel petto, ora se ne rendeva davvero conto e dovette trattenere l’impulso di riabbracciare lo zio per l’ennesima volta.
 
“Lo è mai stato?” chiese sarcastico, ricevendo occhiate divertite e inorridite da gran parte dei presenti: Tonks, i gemelli, Lupin, Ron ed Hermione, Ginny, Arthur e Molly. Malocchio sbuffò, così si posizionò più comodamente sulla sedia, contemplando il piatto vuoto.
 
“La tua udienza è stata spostata a domani mattina, fai molta attenzione a come rigireranno le cose” lo avvertì Black, ricevendo un cenno in risposta mentre gli altri discussero di quanto nessuno potesse privarlo del suo anno scolastico ad Hogwarts, non che rientrasse nelle sue principali questioni realmente importanti visto il concreto spaventoso ritorno di Voldemort, ma ci teneva e non poteva permettere che questo influisse sulla quotidianità costruita con tanta forza e motivazione. Quindi si, avrebbe fatto di tutto pur di poter rimettere piede a scuola.
“Ora vai a dormire, domani sarà alquanto stancante” finì suo zio, salutandolo con affetto paterno che comportò un battito mancante nel cuore di Harry, fin troppo contento in quegli istanti in cui sentiva di appartenere ad una famiglia. Remus lo salutò con altrettanta attenzione e gliene fu realmente grato, dopodiché salì nella sua camera dando la buonanotte alle ragazze, finalmente avrebbe avuto un posto privato e sicuro dove stare, dove dormire.
 
“Buonanotte Ron” rispose quando l’altro disse la stessa cosa, un attimo prima. Si intrufolò sotto le coperte pesanti e se le portò sopra il capo ricercando calore protettivo. Sentì distrattamente la magia scorrere sul suo corpo, ma non se ne preoccupò più di tanto quando serrò le palpebre, addormentandosi istantaneamente.
 
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Harry pov.
Sbattei le palpebre quando mi guardai intorno, cercando di capire dove mi trovavo e quando riconobbi il Lago Nero un sorriso fece capolinea sul mio volto colpito da una brezza leggera, il vento frusciò con calma tra gli alberi imponenti e la riva risuonò nel suo silenzio naturale. Mi sentii avvolto da un abbraccio confortante e quando voltai il capo riconobbi la figura slanciata di un ragazzo snello, alto quanto me e con lineamenti marcati nella sua grazia angelica. La pelle diafana riluceva sotto i caldi raggi solari e i capelli color platino sembrarono trasparenti a contatto con essa, quando poi le ciglia lunghe vibrarono spalancandosi potei notare due iridi argentee, grigie come il cielo nostalgico di Novembre. Dentro quegli occhi potevo scorgere un inverno infinito di neutralità e staticità, neve acquosa sporcata a contatto col terreno.
Inclinai il volto curioso e quando le sue rosee, carnose, labbra si schiusero per salutarmi placidamente mi avvicinai circospetto, studiando le braccia magre e toniche sotto la tunica nera che portava lo stemma della casata Slytherin, quella in cui anch’io avrei dovuto essere smistato, ma a cui fortunatamente non appartenevo vista la peccaminosità.
 
“Ciao Sfregiato” mi apostrofò con tono strascicato, gustandosi nei minimi dettagli il mio corpo che mi accorsi essere scoperto sul petto. Mi coprii velocemente con le mani, causando un mezzo sorriso malizioso da parte di Draco, che si mostrò sinceramente divertito da quel mio gesto.
“Non sei il primo maschio che vedo nudo, Potter” continuò tranquillamente, muovendo le sopracciglia sotto quella frangia che spesso era portata indietro col gel, ma che oggi era stata lasciata morbida.
 
“Come mai tanto cordiale?” chiesi con educazione, sedendomi con lentezza spasmodica al suo fianco asciutto sotto la camicia aperta sul colletto. Mi lanciò un’occhiata calcolata e sembrò indeciso, ma alla fine fece crollare quella maschera altezzosa mostrando un’espressione pensierosa e onestamente giovanile, non fintamente adulta come suo solito.
 
“Non lo so, sembra tutto diverso qui, anche te” rispose infine, scrollando le spalle confuso e solo allora mi resi conto che effettivamente eravamo da soli in quel posto. Mi guardai intorno cercando di scorgere altro studenti.
“Non c’è nessun’altro, nemmeno dentro il castello. Solo noi due e Hogwarts” mi anticipò, cauto nel parlare anche se un poco preoccupato da quell’inaspettato evento.
 
“Dove siamo?” domandai incapace di trattenermi e mi accorsi dopo quanto potesse apparire stupida come quesito, visto che eravamo a scuola senza alcun dubbio, anche se completamente isolati dal resto del mondo. Cercai quindi di rimangiarmi le parole, aprendo la bocca.
 
“Non saprei, sembra addirittura un’altra realtà. Insomma, se fosse tutto vero ora non staremmo colloquiando, ma litigando selvaggiamente scaricando così la tacita tensione sessuale tra noi” sussurrò serio, fissandomi. Sbiancai, incredulo e sgranai gli occhi ripetendo quella frase. Rise, non riuscendo a trattenersi oltre e risultò strano, ma non mi sentii affatto deriso. Anzi, ammutolii ascoltando quel delizioso suono e rimasi stupito accorgendomi di quanto fosse cristallino, un suono puro e non nascosto sotto veli di stronzaggine, così bello e fonicamente perfetto da non sembrare neanche suo. Una nuova musica per le mie orecchie abituate a note d’amarezza. Draco sembrò tornare serio, quando si asciugò le lunghe ciglia su cui passò una falange liscia. Potei scorgere la mancanza di quella musica appagante propagarsi supina.
“Non saprei davvero, mi sembra solo tutto diverso, una possibilità che ci siamo entrambi lasciati scappare” sibilò abbassando lo sguardo sul terreno fresco che poco dopo grattò con le dita. Malfoy che si sporcava le unghie per scrivere per terra? Non era il principino schizzinoso che ricordavo? Sicuramente si, visto che velocemente si pulì disgustato la pelle sporca sulla mia cravatta, sorridendo malevolo.
“Tanto è schifosamente rosso-oro” ghignò, provocandomi e tornando il solito istigatore, ma il suo polpastrello ancora premuto contro la spalla catturò tutta la mia attenzione e mi ci appoggiai, come se potesse sorreggere i pesi del mio cuore insieme a me, forse addirittura ci sperai.
Il biondo lo capì, dato che lo mosse con cautela, accarezzandomi il bicipite muscoloso che discese fino alla mano aperta sull’erba e infine chiuse il pugno premendoselo al petto, lontano dal mio corpo.
 
“Ovunque siamo, riesco decisamente a sopportarti” sbiascicai non trovando altre parole con cui esprimermi e la sua mano si aprì davanti alla mia. Il cuore velocizzò il ritmo e deglutii vistosamente, spiazzato da quel gesto quando vidi che sul terreno aveva scritto la data di quel giorno, con accanto la parola libertà.
 
“Amici, Harry?”  
****
 
Il Sopravvissutto si svegliò di scatto, cadendo scompostamente dal letto ormai senza coperte, dato che quest’ultime erano state scacciate maldestramente al fondo del materasso. Si guardò intorno e infine poté vedere il suo riflesso nello specchio posto vicino all’armadio, scorgendo un sorriso felice dipinto sul suo viso. Era completamente allibito.
Ron gli tirò un cuscino quando imprecò, ancora dormiente e il moro ridacchiò colpevole, rimettendosi velocemente sotto le lenzuola, troppo stanco per farsi domande.
 
°°°°1997 – presente°°°°
Draco pov.
Mi voltai colto alla sprovvista, guardando Blaise tornare nella nostra cabina e quando cercai Pansy notai la sua assenza, in una muta domanda tornai a studiare il mio amico che scrollò le spalle con disinteresse onesto. Trattenni una risata sfacciata e incrociai le braccia al petto dilettato dal suo atteggiamento simile al mio, per certi versi.
“Hai almeno mangiato decentemente, durante l’estate?” mi chiese, camuffando la preoccupazione con l’esasperazione e annuii incerto, la sua occhiataccia mi fece intuire non mi credesse e non mi importò, passavo ogni singolo istante a fingere quindi per una volta non sarebbe stato un problema essere scoperto. Non me ne occupai, ignorando il suo lamento infastidito e quando mi lanciò addosso qualcosa di commestibile lo guardai scettico.
“Mangia, ora non devi chiedere il permesso” bisbigliò con aria saputa, appoggiandosi pigramente allo schienale e accomodandosi per sonnecchiare come avevo fatto io poco prima.
 
“Sono un Malfoy, non devo chiedere il permesso mai” ribattei stizzito, senza troppo fervore data la sottomissione codarda della mia famiglia e prima che potesse rispondere con sarcasmo mi sollevai per poter uscire dallo scompartimento, ma Zabini mi bloccò il passaggio stringendomi il polso per farmi fermare e una volta bloccato lanciò gli stessi incantesimi che prima la Parkinson aveva pronunciato. Mi abbracciò, sconvolgendomi dato che non era il tipo di persona da mostrare il suo affetto con gesti melensi o parole dolci, restò immobile contro il mio petto e premette la fronte sulla mia spalla, sospirando con pesantezza.
 
“Sarei voluto essere al tuo fianco per sopportarti in tutto questo, ti chiedo perdono per non esserci stato” sibilò contro se stesso, spaventosamente irritato dai suoi stessi pensieri e capendo il perché della sua assenza mi limitai a poggiare le mani sui suoi fianchi con sicurezza. Sua madre era una maga eccezionale e pericolosa, tra le prime schiere dell’Oscuro signore, sicuramente non lo avrebbe lasciato avvicinare ad esso ancora per un po’, evitandosi di fare una brutta figura secondo il suo parere. La signora Zabini non aveva una bella considerazione del figlio e lo usava solamente come testimone durante i suoi, troppi, matrimoni con maghi potenti e con ricchezze alle spalle, che una volta rimasti senza nulla venivano insensibilmente lasciati. Sapevo bene che durante le vacanze era dovuto essere presente agli ultimi due della lista, se suo padre fosse stato ancora vivo come minimo avrebbe maledetto entrambi.
 
“Non avresti comunque potuto fare nulla e sarebbe stato solo tutto molto più complicato per me” rivelai, atono e apatico ai ricordi, scacciai la malinconia e la tristezza, sottolineando le mie parole con una sincerità disarmante che captò, allontanandosi per porre fine agli incanti.
 
“Questo non mi giustifica” mi rimbeccò, uscendo per accompagnarmi nella passeggiata che avevo intenzione di fare e quando due del secondo anni ci intravidero abbassarono con rispetto il mento. Quello stesso gesto avevo dovuto compierlo svariate volte durante l’ultimo periodo e Blaise notò il mio cambiamento, scacciò con un gesto rapido i due giovanotti e borbottò contro di essi, che intralciavano il passaggio. Sorrisi mesto incoraggiandolo e rincarando la dose con frasi ironiche, che fecero arrossire i due piccoli adolescenti che capii essere in territorio Serpeverde solo per recuperare dei dolcetti al carretto che stava passando in quel momento al mio fianco. Molto stupido da parte loro, specialmente perché i colori rosso-oro erano esibiti con orgoglio scoraggiante alla vista. Desolato inorridii, restituendo l’occhiata drammaticamente schifata con la serpe vicino a me, che si appoggiò al muro per non farli scappare come all’inizio aveva pensato di fare.
“Come mai siete giunti fino a qui? Sapevo che i Grifondoro fossero stupidi, ma non immaginavo fino a questo punto” disse, leccandosi languidamente le labbra aperte per gustarsi il timore dei due più piccoli e gli si avvicinò con prudenza, stringendosi tra l’indice e il pollice la bocca umida.
“Fatemi indovinare, dei vostri amici volevano mettere alla prova il vostro coraggio e voi siete stati così ingenui da cascarci” continuò a schernirli finché non si ritrassero una volta che fu troppo vicino.
 
“Avevano fame” parlò uno dei due e mi lasciai sfuggire un sorriso crudele prima di sollevare un sopracciglio, come se stessi decidendo cosa farne di loro e quando finalmente mi decisi ad agire spalleggiato dalla strafottenza di Zabini quella voce mi fece completamente tremare.
 
“Noi Grifondoro non amiamo metterci in difficoltà o venderci al nemico solo per puro egoismo come voi Serpeverde” affermò Potter, dietro i due alunni del secondo anno che scapparono appena ci colsero distratti da lui e mi regalò un cenno arrabbiato con la mano. Mi sentii del tutto impotente e se un tempo a quest’ora avrei già risposto con altrettanta furia, ora non avevo alcuna intenzione di rischiare di ferirlo. Anche se dubitavo fortemente di esserne in grado, specialmente alla vista del Golden Trio al completo.
 
“E questo dovrebbe essere un insulto?” domandò compiaciuto e beffardo Blaise, stringendosi nella camicia in jeans che stava indossando. Si posizionò appena più avanti di me e solo io mi accorsi della sua confusione davanti alla sfrontatezza instabile, alla rabbia di Harry. Fui grato che in qualche modo mi stesse proteggendo.
 
“Solo pura verità, quella che voi non conoscete” gli rispose ancora una volta quest’ultimo e il mio amico sembrò pensarci interessato, finché con divertimento non mi lanciò uno sguardo di traverso.
 
“Si diceva che la verità fosse difficile da accettare, eppure a me sembra facile come qualsiasi altro complimento che mi fanno e sai bene quanti me ne fanno” mi disse, come se gli altri tre non fossero presenti nel corridoio e dovetti controllare la risata spontanea che mi sfociò in gola, in un suono appena accennato, graffiato.
 
“Meno di quanti ne fanno a me, comunque” strascicai altezzoso, concentrandomi su di lui e solo quando la riccia sbuffò inviperita tornai a guardare gli altri.
 
“Distinguere realismo e falsa onestà non dev’essere facile per voi insensibili viziati” sbottò il ragazzo dalle iridi color smeraldo facendomi quasi cadere la facciata che stavo inscenando da fin troppo tempo per potermi permettere di farmela distruggere ora. Blaise, già sul punto di rispondere, venne bloccato dal veleno intriso in ciascuna delle lettere che esclamai con profonda cattiveria.
 
“Distinguere stupidi mezzosangue orfani, che ancora credono in stolte speranze prive di fondamento non lo è,  quando ne si ha solo uno davanti.” La Grenger e Weslery rimasero stupefatti e potei sentire il fremito del mio migliore amico, preso in contropiede dalla mia serietà e del mio essere tanto malefico per una stupida istigazione come quella fatta pochi secondi prima. Non avrei voluto farlo, mi sentii davvero distrutto quando scorsi zampilli di cristalli liquidi negli occhi del Grifone e se avessi avuto un giratempo sarei tornato all’anno prima pur di poter ribaciare quel sorriso. Scacciò le lacrime e trattenni l’impulso di picchiare un pugno contro la parete dalla nauseante sensazione che si propagò a quella vista.
“Ancora meno difficile è scorgere la causa in carne e ossa della morte che si aggira intorno ad essa, infrangendosi però sempre su innocenti al suo fianco” continuai riferendomi ai suoi genitori, Diggory e Sirius Black. Il desiderio di piegarmi in due e vomitare si fece persistente e indomabile, ora che ormai avevo superato il limite. Avrei voluto maledirmi da solo e subire tante Cruciatus insieme piuttosto che vedere quella ferita del suo cuore riprendere a sanguinare per mano mia e quando infatti le sue nocche bianche provarono a colpirmi, venendo anticipate da Zabini e inseguito Ronald, neanche provai a non incassare la bile che sentii contro il palato. Minacciosa di stravolgermi ancora di più.
 
“Sei solo uno stronzo, Malfoy, un vigliacco come tuo padre, ma almeno lui è dove deve stare ora” urlò Potter fuori di sé e se davvero credeva di farmi male con quelle sillabe, avrebbe dovuto ricredersi perché non c’era niente di peggio che vederlo stare così per colpa mia. Sorrisi trionfante nonostante tutto.
 
“Siamo pari, allora, dato che anche tu dovresti essere dove sono i tuoi genitori” risposi a bassa voce e Blaise rimase pietrificato, completamente senza parole, come Pansy sopraggiunta al suo fianco che mi guardò ricercando qualsiasi cosa che indicasse stessi mentendo, ma non trovandola nonostante ci fosse e stesse cercando di lottare pur di uscire.
 
“Fai schifo, mi fai solo tanto schifo” gridò ancora Harry, nel pieno di un pianto nervoso mentre i suoi amici lo allontanarono dal sottoscritto per portarlo in territorio sicuro, lanciandomi sguardi omicidi. Avrei tanto preferito potessero realmente uccidermi. Senza guardare nessun in viso tornai nel mio scompartimento e lanciai un incantesimo silenziante appena dopo che mi raggiunsero i due Serpeverde di cui mi fidavo. E in quel momento non ressi più, scoppiando in un pianto disperato quando fui nascosto dalla visuale di tutti.
 
“L’ho Obliviato” singhiozzai senza fiato, respirando senza riuscire a farlo completamente. Potei recepire i polmoni collassare e continuai sommessamente a tremare, sotto la vista impotente dei miei fidati amici, silenziosi e sotto shock dopo quella confessione non prevista.


Note finali:
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