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Autore: Sveck    19/03/2016    27 recensioni
«E come potrei dimenticare l’Innominabile?» domandai in modo retorico, sospirando al ricordo di tutti i peggiori momenti passati a consolare la povera Liv.
«Esattamente. Non è proprio una cosa che amo particolarmente ricordare, ma come tu sai, era sempre lui quello a lasciarmi; dopo la terza o la quarta volta, avevo cominciato a riconoscere i vari sintomi di un’imminente rottura, tant’è che in seguito cercavo di evitare qualsiasi situazione che potesse direzionarmi verso un cattivo presagio. Kris, Elijah sarà pure stato un pazzo che reputava le abitudini come la morte di una relazione, ma i segnali non possono essere tanto diversi da quelli di qualsiasi altra relazione. E lo sai qual era in assoluto il primo indizio? “Cara, stasera salto la cena. Vado a festeggiare la laurea di Gesù. Baci, baci, baci, baci”».
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Erano passati ventidue minuti da quando avevo posteggiato l'auto nel minuscolo parcheggio del Tony's Playland, lamentandomi del caldo e dei numerosi genitori che non avevano niente di meglio da fare che portare i propri figli in un luogo come quello; ne erano passati invece diciotto da quando ero entrata controvoglia nell'edificio, riconoscendo immediatamente il forte odore della quantità industriale di dolci e fritture proveniente dalla cucina del Tony's e cercando di ignorare la presenza di circa un centinaio di bambini urlanti ed iperattivi per via di tutti gli zuccheri ingeriti. Come faceva Olivia a lavorare in un posto del genere?
Quindici minuti prima che venissi obbligata ad “accomodarmi” sul divano verde bottiglia della sala giochi, che durante il giorno diventava il posto in cui gli impiegati si ritrovavano per bere caffè e mangiare qualche dolcetto del buffet di nascosto, Olivia mi era corsa incontro a braccia aperte con uno sguardo fin troppo entusiasta per essere una donna di ventiquattro anni con addosso una brillante maglia verde prato e dei pantaloni scozzesi dello stesso colore. Man mano che si avvicinava, avevo notato alcuni residui di glitter sulla guancia destra e sulle labbra, delle macchie di quello che sembrava cioccolato sul fianco della maglietta e tracce di sudore; ciononostante, non le dissi niente. Aspettai invece che lei cominciasse a parlare, non prima di avermi stritolato in un abbraccio come se non mi vedesse da anni.
«Kris! So che questo è il momento in cui di solito io stacco per un'ora e andiamo ad ingozzarci al Taco Bell più vicino, ma questa volta devo chiederti di aspettare una decina di minuti. Oggi si festeggia il compleanno di Colin.» Olivia indicò con un sorriso smagliante stampato in viso un bambino tarchiato di bassa statura che osservava eccitato un’enorme ciotola di insalata postagli davanti. Mi trattenni dal dirle quanto insignificante fosse la sua scusa.
«Compleanno?» le domandai invece sarcastica, rivolgendo nuovamente lo sguardo nella direzione del festeggiato, che in quel momento stava avendo un po' di fatica ad aprire una bottiglia di tè verde.
«Sì... Il suo colore preferito è il verde e non mangia nessun tipo di dolce. È interessante come cosa, non credi? Nonostante questo, ha deciso di festeggiare ugualmente qui, alle sue condizioni; ovviamente i genitori hanno dovuto pagare un extra perché il Tony's-»
«Tutto molto interessante Liv e ti garantisco che in un'altra vita avrei voluto sapere tutti i dettagli sulla crescita tormentata di quel bambino che ingrassa mangiando aria, ma ora sto morendo di fame, quindi che ne dici se ci vediamo un altro giorno? Magari martedì?»
«No, no, no, no, no! Ti prometto che non dovrai aspettare più di dieci minuti, te lo giuro!»
Senza nemmeno darmi il tempo di risponderle, mi prese per un braccio e mi indicò la sala giochi, lasciandomi sola esattamente un secondo dopo.


Guardai disgustata i numerosi vassoi di brioches alla crema d’albicocca posizionati sul tavolo da biliardo: non mi venne in mente nessun odore che più odiavo di quello presente in quella stanza stretta e sciatta. Pensai invece a tutti i nuovi tipi di Taco che avrei voluto provare, e alle quesadillas di mia madre, cucinate nello stile super piccante dei Kipling.
Il pensiero della donna che mi aveva messo al mondo mi ricordò di una questione di estrema importanza che necessitava di essere conclusa nel minor tempo possibile, ovvero i cinque minuti rimanenti prima della fine del turno di Liv. Tirai fuori dalla borsa il cellulare e cercai tra le chiamate recenti il numero di mia madre; dovetti ascoltare annoiata i primi due squilli affinché si udisse la voce entusiasta di una donna che non era solita ricevere chiamate dalla sua unica figlia. Sfortunatamente, non le diedi nemmeno il tempo di chiedermi come andava che partii in quarta e le annunciai a denti stretti:«Mà, riferisci a quella grandissima testa di ca-»
«Attenta a quello che dici, signorina». Il suo tono di voce era radicalmente cambiato, diventando come un dobermann che protegge i propri cuccioli.
«Voglio che Kendall percepisca forte e chiaro quello che ho intenzione di dirgli»
Riuscii a sentire mia madre esitare per qualche secondo dall'altro capo della linea e poi sospirare. La sua capacità di evidenziare in qualsiasi situazione il suo debole per i figli maschi mi coglieva sempre di sorpresa; non c’era alcuna cosa che Koraline Kipling non avrebbe fatto per Kendall, Kian e Killian, anche se certe volte era costretta ad ignorare il suo ruolo di madre. Era scontato che ormai avrei dovuto farci l’abitudine, com’era successo con la brillante idea di chiamarci tutti con la K, a suo parere un modo originale per sottolineare l’unione della famiglia, arrivando perfino a cambiare legalmente il suo nome, che in origine era semplicemente “Caroline”.
«Ma tesoro, lo sai benissimo che Kendall non è qui. È allo stadio con Kian»
«Non prendermi in giro madre, posso sentirlo masticare come una capra a digiuno da qui. Passamelo»
«Masticare come cosa?!» Lo strillo alquanto effeminato di Kendall mi forzò ad allontanare il cellulare dall'orecchio e nonostante ciò, continuai a sentire lo stesso i mormorii e le lamentele di mio fratello. Aspettai che terminasse con i suoi vani tentativi di controbattere all'offesa ricevuta, prima di dire: «Ascoltami coglio-»
«Sei in vivavoce, Krissy, non ti conviene»
«Non m'interessa! E non chiamarmi Krissy»
«Ne sei proprio sicura? Mamma sta facendo “quello” sguardo, ora» sussurrò l'ultima frase come fosse una vera minaccia. In realtà, in un certo senso lo era; ero una delle poche persone che la passava più o meno liscia quando maltrattavo uno dei miei fratelli, e ciò capitava ogni volta che mettevo piede in casa. Decisi di lasciar perdere i migliaia di nomignoli che nel corso degli anni gli avevo affibbiato, tutti più che meritati.
«So che delle volte sei tardo e stupido - anzi, togli il delle volte - ma quale parte della frase “stai fuori dalla mia stanza” non ti è ben chiara?»
Kendall titubò qualche secondo prima di rispondere con tono nervoso: «Non so di cosa tu stia parlando, Krissy. Forse ti stai confondendo con Killian, lo sai come sono i ragazzini a sette anni, tutti ribelli e delinquenti»
«Ti conviene non saperne niente, testa quadra, perché se scopro che hai fatto della mia piccola stanza il tuo murales personale, ti stacco le dita a morsi». Al sentire quelle parole, Kendall e mia madre cominciarono a borbottare all’unisono ed a conversare come se non ci fossi; continuarono anche quando vidi arrivare correndo Olivia, finalmente senza quella divisa inguardabile, e le dissi a gesti che ero teoricamente al telefono con mio fratello e di aspettare qualche secondo. Liv approfittò di questo momento per estrarre dalla mia borsa la trousse e darsi una ritoccata prima di uscire. Nel momento in cui stavo osservando con attenzione l’ambigua tecnica del mettersi il mascara della mia amica, Kendall diede qualche segno di vita: «Vivi da più di un anno con quel Konrad, non hai più alcun diritto su quella stanza. Posso farci tutto ciò che mi pare, per quanto mi riguarda»
«Prima di tutto, il suo nome è Theodor. T-H-E-O-D-O-R, chiaro? Secondo, non m’importa se non vivo più con voi, camera mia deve rimanere nello stesso stato in cui l’ho lasciata un anno fa, ovvero con l’armadio rosa, i muri neri ed il collage delle foto più belle di Leonardo DiCaprio appeso. Aspetta, mi stanno chiamando… È Theo. La questione non è finita, ne riparliamo la prossima volta che sono a cena. Salutami Killian».
Quando riagganciai, l’altra linea smise di suonare. Aspettai qualche minuto che mi richiamasse, ma questo non avvenne e come sempre, ciò mi buttò un po’ giù di morale. Scossi la testa e rivolsi uno sguardo complice alla mia amica: oggi la dieta poteva anche saltare.


Col traffico e qualche clacson suonato a caso, raggiungemmo Taco Bell in una decina di minuti, con un sorriso a trentadue denti ed una fame da far invidia ai lupi. La giornata non doveva essere una delle migliori, perché dovemmo aspettare un bel po’ prima di trovare un parcheggio decente, senza dover ricorrere ad una doppia fila disperata. Entrati nel fast food, Olivia non poté fare a meno di gridare come al solito:«Ah, il potere del cibo! Cosa non farei per una razione doppia di Nachos…».
Il suo elogio fu interrotto dal suono di un messaggio ricevuto, più precisamente il mio; presi in mano il cellulare ed effettivamente trovai un sms da Theo:

Scusami cara, ma credo che oggi salterò la cena. Jodi Buckster è appena tornato da Rio e dobbiamo festeggiare. A domani x

Non ebbi nemmeno il tempo di riflettere sul messaggio, che Olivia sgranò gli occhi e fece cadere dalle mani la bottiglietta d’acqua che stava portando; nel giro di pochi istanti, Liv mi prese la mia mano libera e cominciò a strillare con tutto il fiato in gola: «Theo ti vuole lasciare, ti vuole lasciare!».
   
 
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