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Autore: MegamindArianna    22/03/2016    2 recensioni
"Perché esisto?
Erano anni ormai che mi ponevo questa domanda. E nessuno che mi avesse risposto.
Infondo non era una domanda facile.
Ma io non volevo una risposta. Non l’ho mai voluta davvero. Volevo qualcuno che, almeno, mi avesse ascoltato."
Lei aveva paura. Lei aveva trovato una speranza. Lei non voleva perdere quella speranza e voleva tenersela stretta a tutti i costi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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ATTENZIONE!
La storia è ispirata ad un video di Youtube.
Story & Art: Mary Katherine Ngai
Music: “Once Upon a December” (Piano Arranged) by Kyle Landry
Link del video: https://www.youtube.com/watch?v=T9Ay8j_fkgk
 
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~ Capitolo 1 ~
 
Mentre mi guardavo i piedi che avanzavano a ritmo del mio passo stanco mi chiesi:

Perché esisto? 

Erano anni ormai che mi ponevo questa domanda. E nessuno che mi avesse risposto.

Infondo non era una domanda facile.

Ma io non volevo una risposta. Non l’ho mai voluta davvero. Volevo qualcuno che, almeno, mi avesse ascoltato.

Era chiedere troppo in quel mondo così ostile e tremendamente triste. Era una lotta continua in cui non vi era alcun vincitore, ma solo vinti inconsci della loro situazione, che con le unghie e con i denti tentavano di raggiungere quel podio immaginario fatto di nuvole cedevoli.

Non riuscivo mai a trovare qualcosa a cui aggrapparmi per sopportare tutto quel dolore.

A cosa serviva lottare? A cosa serviva soffrire per una cosa così stupida e contraffatta chiamata vita?

Niente di tutto ciò è giusto.

Varcai il cancello della scuola per dare il buongiorno ad una nuova e nuvolosa giornata. Lo attraversai tenendo lo sguardo basso per non incrociare quello degli altri.

Ormai ero abituata a quegli occhi che mi fissavano. Ero abituata a quelle voci.

Ehi… C’è la tipa strana.
Che occhi… mette i brividi.
Bleah… dove trova quei vestiti? Nella spazzatura?
Ma hai visto la sua casa? Quella è spazzatura!

Già. La mattina a scuola, per me, era come accendere un vecchio giradischi che si inceppava sulla solita traccia… e da lì non si muoveva.

Perché esisto?

Per vivere questo scempio? Quella non era vita; era respirare per non morire.

Mi trascinai tra il vociare delle persone fino alla classe e fino al mio posto. Mi accasciai sul banco e ci passai tutte e 6 le ore consecutive senza alzarmi mai.

Fino a qualche anno prima non mi sarei mai immaginata in quel modo. Ero così solare, allegra e piena di energia.

Ora sono solo un guscio vuoto.

Non avevo fatto niente di male. Meritavo quella vita?

Il suono della campanella fece irruzione nel mio cervello. Era il segnale che un altro giorno era finito e che uno nuovo sarebbe arrivato l’indomani. E ogni volta che mi alzavo dal banco speravo che l’indomani non arrivasse mai.

Come ogni giorno mi incamminai verso casa.

Cercai di immaginarmi una vita migliore.

Ma era un desidero così lontano, così irraggiungibile che non ci avrei creduto nemmeno se mi si fosse parato davanti.

Mi bloccai di fronte al portone di casa scrostato e rovinato.

Vivevo davvero in una pattumiera. Triste e cupa. Ma che avessi un tetto sopra la testa, forse, era l‘unica cosa positiva della mia vita.

Non feci in tempo ad attraversare la soglia che l’odore di fumo e alcool mi entrò violentemente nelle narici.

Mi affacciai in cucina.

Si brindava sempre in quella stanza. Come ci fosse qualcosa per cui brindare.

Anche io avrei voluto avere l’incoscienza dei miei genitori. Fregarmene di tutto e di tutti e divertirmi alla faccia di tutti i problemi della vita. E tra questi, per loro, vi era quello della figlia, abbandonata a se stessa.

Sentii le guance rigate da lacrime calde e dolorose. Sapevo che prima o poi sarei crollata. Mi sarei spezzata come un ramoscello in una tempesta. Anche quel poco che era rimasto di me sarebbe andato distrutto.

A quel punto non mi sarei più domandata sul perché della mia esistenza. Sarei stata il nulla.

Mi infilai nella stanza e chiusi la porta per non sentire, con scarso successo, le urla e le risate dei miei genitori.

Mi infilai sotto le coperte indossando un vecchio pigiama. Strinsi il cuscino con la federa scolorita e piansi così tanto che mi addormentai poco dopo.

Sarebbe mai arrivato qualcuno a salvarmi?
 
  
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