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Autore: rihal    23/03/2016    0 recensioni
Aveva sempre immaginato il momento in cui avrebbe chiesto a Rachele di sposarlo. Spesso sognava ad occhi aperti, cambiando scenario, parole, contesti. A volte la musica di sottofondo della radio o del ristorante lo faceva catapultare in un mondo tutto suo, e in base all’ispirazione che ne traeva domandava alla ragazza di essere sua moglie.
Ed ora, giunto al fatidico e reale istante, era stato colto da mille dubbi.

Alessandro vuole sposare Rachele, la sua fidanzata; ma prima di farlo dovrà confrontarsi con il suo passato. Solo così potrà andare avanti nella sua vita.
Claudia era stata la sua prima fidanzata.
Alle elementari era la sua “sorellina”, e anche alle medie.
Agli ultimi anni del liceo qualcosa si incrinò. Claudia scoprì di essere malata.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Seduto sul bordo del letto, rigirava la scatoletta blu di Tiffany tra le mani. Pensieroso, batteva il piede sinistro sul pavimento, cercando di fare ordine nella sua testa.

La scelta che doveva compiere quel giorno l’aveva programmata da giorni, mesi, anni…

Aveva sempre immaginato il momento in cui avrebbe chiesto a Rachele di sposarlo. Spesso sognava ad occhi aperti, cambiando scenario, parole, contesti. A volte la musica di sottofondo della radio o del ristorante lo faceva catapultare in un mondo tutto suo, e in base all’ispirazione che ne traeva domandava alla ragazza di essere sua moglie.

Ed ora, giunto al fatidico e reale istante, era stato colto da mille dubbi.

Non riusciva a capacitarsi di cosa potesse bloccarlo: la amava e ne era più che certo.

“Dannazione” mugugnava, mettendosi le mani tra i riccioli biondi. Incapace di dare una logica spiegazione, fissava una foto che ritraeva Rachele: bella da mozzare il fiato, lunghi capelli corvini che terminavano in boccoli sinuosi, e occhi grigi che lo scavavano dentro. Le sue iridi erano magnetiche, mai nella vita aveva incrociato uno sguardo così penetrante e sensuale allo stesso tempo.

Adorava il suo carattere schietto e allegro, quella smodata passione per il mondo subacqueo e il cibo messicano; quante volte si era cimentata in sfide piccanti con gli amici, mangiando cibi pieni di habanero e halapeño e sorridendo trionfante quando finiva il piatto senza piangere…

Eppure aveva paura.

Si sentiva codardo; era conscio del fatto che lei non aspettasse altro, gli avrebbe detto sì ancor prima di finire la frase.

“Devo uscire da qui” disse a voce alta. Gettò con fare rabbioso la scatoletta, indossò un maglioncino marrone e uscì di casa.

Alessandro percorse il viale, andando dritto al parco cittadino. Erano le prime ore del pomeriggio, il sole era alto nel cielo, azzurro e senza nessuna nuvola. Una giornata tiepida di metà aprile come tutte le altre.

Arrivò all’entrata del parco, intravedendo alcuni bambini sopra lo scivolo; due donne parlavano tra loro sedute su una panchina, mentre un anziano signore leggeva il giornale e ogni tanto chiamava un bambino e lo abbracciava.

Accolto da quell’atmosfera tranquilla, si diresse verso le due altalene poste vicino all’inizio della pista ciclabile. Si sedette, dondolandosi con i piedi.

Quante volte da piccolo faceva a gara a chi andava più in alto? Rimembrava con nostalgia i giorni caldi ed estivi che trascorreva con la sua migliore amica a giocare fino a sera.

A quel ricordo smise di dondolarsi.

Claudia era stata la sua prima fidanzata.

La conosceva da sempre, una piccola e deliziosa bambina bionda che si era trasferita da poco nel suo quartiere; si avvicinarono quando lei notò la macchinina rossa che aveva, attirata dal quell’aggeggio. I modellini erano la passione che accomunava entrambi; lei non amava affatto le bambole, ma le auto, e così iniziarono a conoscersi e a passare del tempo insieme.

Alle elementari era la sua “sorellina”, e anche alle medie.

Agli ultimi anni del liceo qualcosa si incrinò. Claudia scoprì di essere malata.

Leucemia era il nome dell’inferno.

Alessandro ripercorse con dolore quei momenti trascorsi insieme; Claudia era diventato il suo tutto, il suo mondo. Si era innamorato di lei in quarta superiore, l’aveva vista con un altro ragazzo, e si scoprì essere geloso per le attenzioni che lui riceveva. Non gli andò giù che qualcun altro fosse il suo cavaliere, era lui che doveva starle accanto, proteggerla da quell’abisso che cominciava a delinearsi giorno dopo giorno e di cui pochi erano a conoscenza.

Alla fine, dopo due mesi di serrato corteggiamento, riuscì a conquistarla.

 

“Claudia, devo dirti una cosa.” Il ragazzo abbassò lo sguardo, rigirandosi continuamente le mani.

“Ti ascolto” sorrise lei, facendosi più vicina con il corpo. Erano seduti sulle altalene, lei su quella colorata di giallo e lui su quella blu. Adorava il giallo perché le ricordava il sole.

“Ecco…io…”

Alessandro fece un respiro.

“Vuoi essere la mia ragazza?” pronunciò velocemente. Claudia si morse il labbro.

“Si Ale” rispose, il cuore che batteva a mille. Da quanto aspettava quella domanda? Aveva perso il conto dei giorni.

Lui alzò lo sguardo, incrociando i suoi occhi chiari. Titubante, le prese la mano, inarcando la testa a destra e avvicinandosi con cautela. Claudia socchiuse gli occhi e fece altrettanto, stringendo la sua mano e con l’altra appoggiandosi lievemente alla sua maglietta.

Le loro labbra si toccarono in un casto e dolce bacio; da allora non riuscirono più a separarsi.

 

Alessandro si toccò la bocca: ancora ricordava il loro sapore fresco e fruttato. Aveva appena finito di mangiare il gelato alla fragola, e quell’aroma le era rimasto sulle labbra; lui era rimasto folgorato da quel profumo, e ogni volta che la baciava sentiva la fragola.

Claudia aveva iniziato a peggiorare dopo quattro mesi che stavano insieme; i suoi capelli cominciavano a cadere, e lei piangeva di nascosto dai suoi genitori.

 

“Presto li perderò tutti e non sarò più bella.”

“Ma che dici, Clod? Tu per me sarai sempre bellissima.”

“Lo dici adesso, Ale. Ma dopo?”

“Te lo ripeterò ogni giorno.”

 

Le ciocche cadevano, il suo umore peggiorava e la sua salute anche. Alessandro le stava accanto, portandola nelle giornate di sole al parco, seduti sulle loro altalene. Le aveva regalato la macchinina rossa che custodiva gelosamente, era grazie ad essa se si erano parlati.

Lui si era scoperto diverso dai suoi coetanei; loro parlavano di giocare a calcio, di fidanzarsi con ragazze diverse, di fumare e ubriacarsi. Loro si credevano adulti in un mondo che non li accettava come tali. Si sentivano adulti perché mentivano sulla loro età anagrafica per entrare nelle discoteche, per rimorchiare, per sentirsi dèi.

Sapeva che quello non era essere adulti; erano semplici bambini che rincorrevano un sogno di essere ciò che non erano. Lui era maturato stando con Claudia: gli aveva fatto scoprire cosa volesse dire vivere. Vivere intensamente senza calcolare il domani.

Perché forse il domani lei non lo avrebbe visto.

Alessandro pregava che quel spettro si allontanasse; pregava che ci fosse una cura per la leucemia, che potesse guarire. Voleva che continuasse a vivere, voleva viaggiare in posti esotici, dove le acque erano cristalline e l’estate durava mesi.

Ma più i giorni passavano, più lei era debole; dimagrita, soggetta a ripetuti svenimenti, non andava più a scuola e prendeva lezioni private. Lei stessa voleva continuare a studiare pur essendo quasi senza forze.

Lui adorava quel temperamento forte e indomabile.

 

“Sai cosa mi piacerebbe?” domandò flebilmente, distesa a letto. Alessandro era steso di fianco, le accarezzava dolcemente il braccio.

“Cosa ti piacerebbe?” lui era felice quando poteva esaudire le sue richieste. Il suo sorriso gli dava la forza per andare avanti. Per non pensare alla sua morte, a quando quel sorriso non lo avrebbe più guardato.

“Andare sulla mia altalena. Quella gialla. Era così bello dondolarsi alla luce del sole.”

Il suo sguardo si fece trasognante e malinconico; i suoi occhi scrutavano un orizzonte inesistente, che lei tuttavia vedeva benissimo.

Lui annuì, cercando di contenere le lacrime, ma esse lo vinsero. Si alzò, dicendole che doveva andare in bagno, e uscì dalla stanza.

Subito corse verso il bagno e chiuse la porta. Pianse a lungo, in silenzio.

Anche lui avrebbe voluto sedere sulla sua altalena, lei affianco come sempre, le gare a chi andava più in alto, il suono melodioso delle sue risate, i baci infiniti e le carezze ardite, quelle che infiammano la pelle.

Sentì la porta aprirsi, sua madre che stette in silenzio. Poi, senza alcuna parola, lui le andò incontro, abbracciandola e riprendendo a piangere; la donna fece lo stesso, carezzando i suoi capelli mentre il dolore li univa.

 

Avrebbe voluto essere forte, ma non ci riuscì come desiderava.

E dopo un anno, Claudia morì nel suo letto. I suoi ultimi giorni li aveva passati a casa, lasciandosi morire e rifiutando le cure. Alessandro era lì, le aveva stretto la mano, le aveva baciato le labbra, le aveva sussurrato quanto fosse bella. Perché lei era la creatura più bella in assoluto, e la amava. Eccome.

Stretto nei suoi pensieri, non si accorse di una figura alta e snella che si sedette nell’altalena vicino la sua.

“Ciao Alessandro”

“Ciao Marghe.”

Margherita, la sorella di Claudia. Aveva ventidue anni quando la sorella minore morì; erano passati dieci anni da allora. Alessandro aveva ventisette anni ed era un architetto.

I contatti con la famiglia di Claudia li aveva persi dopo tre anni; i genitori si erano trasferiti altrove, e anche Margherita era fuori di casa.

Era tornata un anno prima, e il biondo la chiamò in mattinata, dopo che un amico la riconobbe mentre passeggiava.

“Come stai?” gli chiese lei.

“Bene. E tu?”

“Sono tornata ora dall’asilo, sono andata a prendere Luca.”

Lui sorrise. “Ho sentito che fa conquiste alla scuola materna” disse, dopo che aveva casualmente parlato con una maestra del piccolo.

“Già” convenne la donna divertita “Le sue iridi verdi sono irresistibili.”

“Come quelle di Claudia…” mormorò Alessandro.

Rimasero in silenzio per pochi istanti. Poi Margherita prese la parola.

“Ale, è bello rivederti. Sono passati anni, ma Clod vive sempre con me. Mi accompagna ovunque, ha pure dato gli occhi al suo nipotino.”

La donna sospirò. “Cosa darei per vederla ancora.”

Il ragazzo le mise una mano sulla spalla. “Vale lo stesso per me. Non ho mai dimenticato chi per prima mi ha fatto scoprire l’amore.”

Alessandro sentì un groppo alla gola e cercò di non piangere.

Il ricordo della sua prima ragazza era tangibile, non passava giorno senza che le dedicasse anche solo qualche secondo della sua giornata.

“Devo molto a Claudia.”

Margherita gli strinse la mano.

“Noi dobbiamo molto a te. Ha affrontato la morte più serenamente perché aveva te accanto. Sei stato forte.”

Il giovane sospirò, serrando le labbra. Doveva dirglielo a Margherita, doveva dirle perché l’aveva chiamata.

Temeva un suo giudizio negativo, temeva di deluderla, ma non poté più trattenere tutto.

“Marghe, c’è una cosa di cui vorrei parlarti. Ho conosciuto una ragazza… Lei è speciale, la amo.” Fece una piccola pausa. Poi riprese: “Vorrei chiederle di sposarmi.”
“Ale, è fantastico!” esultò Margherita, abbracciandolo. Alessandro la strinse forte, annusando il suo profumo fresco e fruttato. Quasi lo stesso che usava Claudia.

“Non so se sto facendo la cosa giusta.”

La donna si legò i capelli castani in una coda. Inclinò la testa, accennando un sorriso.

“Se la ami non è sbagliato.”

Il biondo scosse la testa.

“Io la amo. Ma ho paura. Avevo pensato tante volte a sposare Claudia, non accettavo che dovesse morire da un giorno all’altro.”

“Quindi sposando un’altra è come se tradissi mia sorella?” Il ragionamento di Margherita era azzeccato.

“Esatto.”

La castana gli riprese la mano. Un gesto affettuoso e sincero, come da tanto tempo non ne vedeva Alessandro. Gli occhi cominciarono a ballare e vide che si stava commuovendo.

“Claudia non potrebbe essere più felice di così. Non potrai mai tradirla se lei continuerà a vivere nei tuoi ricordi. È giusto che tu possa avere una vita felice con un’altra donna.”

Margherita iniziò a singhiozzare, riempiendo Alessandro di malinconia. Lui le passò un braccio dietro la spalla, attirandola a sé; anche i suoi occhi cominciarono a tingersi di lacrime.

Lei aveva ragione; lui poteva sposarsi senza sensi di colpa. Doveva continuare, glielo doveva a Claudia.

“Hai il diritto di rifarti una vita” mormorò la donna.

Alessandro la strinse ancor di più, poggiando il capo sulla sua testa.

“Margherita, vorrei che tu sia presente a quel giorno. Vorrei vederti tra la gente, vorrei incontrare lo sguardo del tuo piccolo con le iridi che tanto ricordano quelle di Claudia.”

“Ma certo Ale.”

Poi si sistemò.

“Luca può portarci le fedi se vuoi”

A quella proposta Margherita rise, immaginando il suo bambino che incedeva imbarazzato verso l’altare. “Ne sarà felicissimo.”

*****

Era entrato nella chiesa da solo, la navata procedeva davanti alla sua vista, e già vedeva Rachele nel suo abito camminare entusiasta accanto a suo padre.

Congiunse le mani, rimanendo in silenzio, mentre andava a sedersi in un angolo. Voleva respirare inosservato l’aria dentro quell’edificio di modeste dimensioni.

Più volte aveva accompagnato Claudia lì dentro; era affascinata dall’affresco alla sinistra dell’altare, che ritraeva una scena ben nota del Vangelo. Le piacevano i colori vivaci delle vesti, come avesse dipinto la luce che illuminava i volti espressivi e sofferenti degli uomini; Claudia aveva un debole per l’arte, e col tempo Alessandro aveva associato quel dipinto alla meraviglia e lo scintillio che vedeva nelle iridi della giovane.

La conversazione con Margherita lo aveva aiutato a comprendere ciò che desiderava; amava Rachele come non mai, e sposarla era il suo desiderio più grande.

La sorella di Claudia si era dimostrata comprensiva e amorevole; aveva accettato con gioia il suo invito alle nozze, e le era grato di quella chiacchierata. Poi lei le aveva raccontato qualche aneddoto del piccolo Luca, su come all’asilo avesse avuto tre fidanzate in un giorno solo, lasciandole tutte perché non volevano essere baciate.

“Precoce” fu il commento del ragazzo, seguito da una risata della donna.

“Non so chi gli abbia insegnato quelle cose, le maestre stentavano a crederci a quel racconto; ne ho riso con mio marito, e poi lo abbiamo sgridato” concluse lei, incapace di trattenere le risa.

E allora decise cosa fare.

Uscì dalla chiesa e corse a casa di Rachele, il cuore che batteva per l’emozione e la scatoletta con l’anello nella tasca del giaccone. Trafelato, arrivò sotto il condominio dove abitava la sua ragazza, suonò il citofono e attese con impazienza che gli venisse aperto il cancello.

Tre secondi appena furono gli istanti più lunghi della sua vita.

Non voleva attendere oltre; erano passati due giorni dalla parlata con Margherita, in quelle ore aveva avuto il tempo necessario per riflettere e giungere alle conclusioni.

Salì le sei rampe di scale, e arrivò davanti la porta di casa Mogherini.

La signora Mogherini gli aprì la porta, sorpresa da quella visita inaspettata.

“Alessandro!” salutò la donna abbracciandolo.

“Buongiorno Iris” salutò lui cordialmente “C’è Rachele?”

“Certo!”

Entrò in casa, levandosi la giacca e posandola sulla sedia. Senza che nessuno lo vedesse, estrasse furtivamente l’anello dalla scatoletta, mettendolo nella tasca dei jeans.

La ragazza giunse in salotto, vestita con una maglia e i pantaloni della tuta; il giovane si perse a guardarla, era davvero bellissima. I capelli raccolti in una crocchia disordinata, il suo volto stupito e aveva in bocca il cucchiaino sporco di gelato alla crema, che tolse con gli occhi sgranati.

“Ale! Ma non dovevamo vederci sabato?” domandò lei, inclinando la testa a destra.

“Si scusami, ma dovevo assolutamente vederti e devo parlarti.”

L’espressione di lei si fece più seria; poggiò il cucchiaino in metallo sul tavolo e invitò Alessandro a sedersi. Lui però preferì rimanere in piedi, alimentando ulteriori preoccupazioni.

“Rachele, sei una ragazza fantastica e sai quanto ti amo. Insieme stiamo davvero bene e vederti felice è la cosa più importante.”

La ragazza ascoltava il suo discorso, e attendeva quel “ma” tipico di quel genere di conversazioni, dove non portava mai a nulla di buono.

Però quelle due lettere non le sentì pronunciare. Osservò confusa i genitori, seduti attorno al tavolo, e le loro risposte altrettanto disorientate accrebbero il suo disagio.

Lo vide poi armeggiare con la tasca sinistra dei pantaloni; non capì cosa stesse cercando, e soprattutto perché stesse cercando qualcosa in quel momento.

Lo vide prendere un oggetto piccolo; lo intuì perché la sua mano era chiusa a pugno e il contenuto non le fu chiaro.

“Rachele” continuò lui, come in una lenta, lentissima agonia.

Il biondo si inginocchiò e Iris fece un gemito, alzandosi subitamente in piedi. Rachele portò una mano davanti la bocca… quel gesto era segno di chi… di chi…

Assolutamente stentava a credere che fosse quella l’ipotesi più giusta. Non ne avevano mai discusso chiaramente, lui mai aveva dato cenno di parlare della proposta…

“Ti amo tanto, e c’è una cosa che voglio chiederti…”

La mano si aprì, mostrando un bellissimo anello in oro. La ragazza si sporse col buso in avanti, mormorando un “oh mio Dio” commosso. Stava accadendo davvero.

“Mi vuoi sposare?”

Quella domanda le parve un sogno, un’eco che senti quando stai per svegliarti e torni nel mondo reale.

Solo che lei nel reale c’era già.

“Si!” esclamò Rachele, incapace di trattenere le lacrime, che ormai scivolavano copiose nelle sue guance.

Abbracciò Alessandro, anche lui visibilmente emozionato, e anche i genitori di lei mostrarono la loro gioia.

consapevole che un nuovo capitolo della sua vita stava per iniziare.

Guardò per un attimo oltre la finestra aperta che dava sulla strada, alle spalle della ragazza.

Per un attimo scorse la figura di Claudia, fasciata in un abito bianco estivo, che lo guardava.

Sorrideva raggiante ed annuiva, e Alessandro si trovò a sorriderle di rimando.

Poi quella figura scomparve, lasciando solo la vista del cornicione del palazzo vuoto.

Come un miraggio nel deserto, il biondo la vide per l’ultima volta, consapevole che un nuovo capitolo della sua vita stava per iniziare.

 

 

 

 

 

Allora, questa è la prima volta che mi cimento in un racconto del genere; ammetto che avevo in testa questa OS da tempo e scriverla è risultato molto difficile, proprio perché non sono pratica di questo tipo di racconto.
Spero che nella sua brevità possa esservi piaciuto; io stessa non amo OS troppo lunghe, dopo un po’ perdo il filo del discorso e mi stanco di leggerle. Certo alcune sono belle e sanno coinvolgere il lettore, ma come detto sopra non sono un’esperta, quindi volevo affrontare questa sfida e confidare in un risultato positivo; sta a voi giudicarlo, quindi qualsiasi consiglio abbiate da farmi non esitate!
Volevo solo fare una piccola precisazione: l’ultima scena (quella dove Alessandro vede Claudia) mi è stata ispirata da un telefilm che adoro, Cold Case. Per chi non avesse presente di cosa tratti, alla fine degli episodi si vedono i personaggi di questo poliziesco “vedere” la persona morta, come se essa si mostrasse ai familiari o alle persone più care, per poi sparire.
Ho voluto per Alessandro la medesima scena, come se Claudia volesse dare il suo benestare al suo matrimonio.
Spero che questa breve storia vi sia piaciuta! Ringrazio chiunque sia passato a leggerla!
Anna
   
 
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