Disclaimers:
Niente mi appartiene. Queer as Folk è di
proprietà della Cowlip e della
Showtime.
Titolo
della shot: Danni collaterali
Rating:
Giallo
Genere:
Introspettivo, Romantico, Sentimentale
Avvertimenti:
Missing Moments, Slash
Timeline:
Post 5x13
Prompt
utilizzato: 3. Non c’è
nessun posto come
la propria casa.
Eccoci
qui, siamo arrivati all’ultimo capitolo di questa mia
mini-raccolta di one-shots.
Ne approfitto per ringraziare tutti voi che mi avete letta e,
addirittura,
avete speso parte del vostro tempo per lasciarmi le vostre bellissime
recensioni. Quindi, un immenso GRAZIE
a (in ordine alfabetico): cristina qaf,
drytec, Eddygiak97,
FRAMAR,
Friliver, lisitella, Mizar, Nuel,
plaunac, serenoa,
Shizue Asahi ed i love ace 30 – che, rispettivamente, mi hanno
dato la
possibilità di scrivere questa raccolta per poi essere impeccabilmente valutata –, stevan, Summers84 e Wladimir.
Grazie di cuore per avermi sostenuta, supportata e, soprattutto, sopportata in questa breve ma piacevole
avventura! Mi scuso in anticipo con tutti voi se questo ultimo capitolo
non è all'altezza dei precedenti – non che quelli
fossero da mettere su di un piedistallo, sia chiaro –, ma il
tempo stringeva e la scadenza del contest si avvicinava
inesorabilmente. Ed io, si sa, sono la solita idiota che si mette a
scrivere a tre giorni dalla scadenza, quindi mi assumo tutte le colpe
della pessima riuscita di questo capitolo, mi sembra il minimo. Vi auguro comunque buona
lettura ed anche in questo caso, il lancio dei pomodori è
bene accetto e pure meritato! -Martina-.
«Che
ci
fai lì impalato, splendore?», ti chiede Brian,
fermo sui gradini della zona
notte, con un sorriso canzonatore stampato sulla bocca. «Non
vieni a
salutarmi?»
Ridacchi
e, sistemandoti la tracolla – ormai logorata dal tuo uso
assiduo – sulla
spalla, raccogli il bagaglio che avevi appoggiato sul parquet. Cerchi
di non
correre per la felicità come un bambino, evitando
così di renderti ridicolo ai
suoi occhi, benché il tuo volto tradisca
l’emozione. Senti il cuore battere a
mille quando lo raggiungi e, alzandoti in punta di piedi, posi un bacio
sulle
sue labbra.
Lui ti
sorride di nuovo, questa volta con una dolcezza che riesce appena a
celare.
«Bentornato,
splendore», ti dice, sfregando la punta del naso contro il
tuo.
Gli
regali un altro bacio, prima di allontanarti da lui per mettere la
valigia sul
letto e cominciare a disfarla. Le braccia di Brian ti cingono
all’improvviso da
dietro e il suo petto è caldo contro la tua schiena.
«Com’è
andata a Parigi?», ti chiede, il mento appoggiato sulla tua
spalla.
«Ho
venduto quasi tutto ed alcuni critici d’arte hanno voluto
conoscermi di persona
per congratularsi», tagli corto e lo guardi con la coda
dell’occhio, furbo.
«Parigi è stupenda, sai? La prossima volta
dovresti venire anche tu e…»
«No,
grazie», ti liquida subito e tu ridi di gusto,
aspettandoti quella risposta. «Il ricordo del viaggio di
Mikey col dottorino è ancora
vivido nella mia
mente e duro da cancellare», ti rigira nel suo abbraccio per
poterti voltare
verso di lui e guardarti, malizioso. «Anche se, adesso, ho qualcos’altro che mi sta
diventando duro.»
Sbuffi
una risata, alzando gli occhi al soffitto.
«Non
cambierai mai», commenti, fingendoti rassegnato.
«Sei sempre il solito.»
«E
per
fortuna, aggiungerei», esclama, afferrandoti il viso e
baciandoti con foga.
Tu non
obbietti alla sua veemenza e lo segui in quel bacio irruento e bagnato.
Brian
affonda subito le dita nei tuoi capelli biondi, mentre scende con le
labbra sul
tuo collo, lasciandoti una scia di baci umidi. Chiudi gli occhi,
reclinando la
testa all’indietro, e sospiri di piacere. Lo senti risalire e
la sua bocca è di
nuovo sulla tua, affamata e violenta. Vi separate solo quando il
bisogno di
respirare si fa impellente. Ansimate entrambi e lui appoggia la fronte
contro
la tua, le palpebre socchiuse.
«Mi
sei
mancato», ti rivela, in un sussurro.
Non puoi
fare a meno di sorridere a quella dolce ammissione.
«Mi
sei
mancato anche tu.»
Brian si
scosta di qualche centimetro per guardarti ed i suoi occhi verdi
sembrano
preoccupati. Sospiri: sai che è già arrivato quel
dannato momento in cui, ogni
volta che ritorni, siete costretti ad affrontare la realtà.
«Quanto
resterai qui a Pittsburgh?»
«Potrò
rimanere solo per le vacanze di Natale», sospiri, ed il
consueto nodo ti chiude
la gola in una morsa. «Poi dovrò ritornare a New
York e...»
«Quanto
resterai?»,
insiste lui.
«Cinque
giorni.»
Brian
abbassa lo sguardo, sbuffando dal naso una risatina amara.
«Cinque
giorni…», ripete, scuotendo la testa.
«Non è quello che mi avevi detto al
telefono una settimana fa.»
«Lo
so,
Brian, mi dispiace. Ma il mio manager…»
«Il
tuo
manager è un coglione che non ti lascia in pace neanche
durante le vacanze», ti
interrompe, risollevando il viso, e lo sguardo che leggi nei suoi occhi
ti fa
morire.
«Non
era
così che immaginavo sarebbero andate le cose», gli
dici, in tono di scuse.
«Nemmeno
io.»
Rimani a
fissarlo e i sensi di colpa cominciano a gravarti addosso,
schiacciandoti sotto
il loro peso. Perché sì, ti senti in colpa per tutto. Per le promesse
non mantenute, per i rientri sempre più
brevi, per il dolore che gli stai – e vi
state
– causando, per quanto diventi difficile ogni volta andare
via e
lasciarlo solo. Gli accarezzi una guancia con i polpastrelli, cercando
di
mitigare un po’ il suo dispiacere.
«Vorrei
non essere capace di dipingere», sputi fuori, senza quasi
rendertene conto.
«Vorrei che la mia mano smettesse di funzionare per sempre
e…»
«Non
dirlo neanche per scherzo, Justin», ti interrompe, e la sua
voce è seria. «Tu
hai un talento incredibile. E devi sfruttarlo.»
«Anche
se mi allontana continuamente da te?»
Brian
piega le labbra in un sorriso malinconico.
«È
il
prezzo che devi pagare per essere diventato un artista
famoso.»
«È
un
prezzo piuttosto caro», dichiari, cercando di sdrammatizzare.
«L’avevamo
messo in preventivo, splendore», ti dice lui, semplicemente,
e fa per
allontanarsi, ma tu lo blocchi subito per un polso.
«Io
ritornerò sempre qui da te», lo rassicuri,
prendendogli il volto tra le mani ed
inchiodando gli occhi dritti nei suoi. «Non importa come
andrà avanti la mia
carriera e quanto lontano proverà a spingermi: io
ritornerò sempre a
Pittsburgh, perché è qui che si trova
la mia casa… ed è qui che ci sei tu»,
ribadisci, sorridendogli con dolcezza. «Ritornerò
sempre perché ti amo.»
Brian
sovrappone le sue mani al dorso delle tue, sostenendo il tuo sguardo.
Poi le
sue labbra si increspano in un sorriso beffardo.
«Lo
sai,
splendore? Sei davvero…»
«…
‘patetico’, lo
so.»
«Ed
ora…»
«…
‘lasciati
scopare’.»
Lui ti
guarda con fare scocciato e, premendoti una mano sullo sterno, ti
spinge sul
letto.
«E
non…»
«…
‘completare
le mie frasi’, va
bene», lo
scimmiotti, ridendo.
Brian
alza gli occhi al cielo, sbuffando divertito, e ride anche lui quando
si
distende sopra di te, finalmente più sereno. Gli circondi il
collo e sorridi
con la bocca premuta contro la sua, pensando che non
c’è niente come la propria
casa. Perché la tua casa è lì, fra le
sue braccia. E non c’è posto più bello
al
mondo.