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Autore: EternallyMissed92_    25/03/2016    12 recensioni
L'amore non è mai una cosa semplice, si sa. Può fare male, causare dolore e dispiaceri, ma può anche resistere a tutto: ad una malattia inaspettata, ad un tradimento adolescenziale dettato dall'egoismo, alla cattiveria di chi non accetta la diversità altrui, alla paura di ritornare sui propri passi, alla lontananza che consuma il tempo e rende ciechi di rabbia. Perché il vero amore, nonostante tutto, non conosce ostacoli.
[Questa mini-raccolta ha partecipato al Contest "Segui il sentiero dorato" sul forum di EFP indetto da Shizue Asahi - poi valutata dal Giudice sostitutivo i love ace 30 - classificandosi al Secondo Posto ed aggiudicandosi il premio speciale come Miglior Storia Per Caratterizzazione].
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Kinney, Ethan Gold, Gus Kinney, Justin Taylor, Victor 'Vic' Grassi
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimers: Niente mi appartiene. Queer as Folk è di proprietà della Cowlip e della Showtime.
Titolo della shot: Danni collaterali
Rating: Giallo
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale
Avvertimenti: Missing Moments, Slash
Timeline: Post 5x13
Prompt utilizzato: 3. Non c’è nessun posto come la propria casa.
Eccoci qui, siamo arrivati all’ultimo capitolo di questa mia mini-raccolta di one-shots. Ne approfitto per ringraziare tutti voi che mi avete letta e, addirittura, avete speso parte del vostro tempo per lasciarmi le vostre bellissime recensioni. Quindi, un immenso GRAZIE a (in ordine alfabetico): cristina qaf, drytec, Eddygiak97, FRAMAR, Friliver, lisitella, Mizar, Nuel, plaunac, serenoa, Shizue Asahi ed i love ace 30 – che, rispettivamente, mi hanno dato la possibilità di scrivere questa raccolta per poi essere impeccabilmente valutata –, stevan, Summers84 e Wladimir. Grazie di cuore per avermi sostenuta, supportata e, soprattutto, sopportata in questa breve ma piacevole avventura! Mi scuso in anticipo con tutti voi se questo ultimo capitolo non è all'altezza dei precedenti – non che quelli fossero da mettere su di un piedistallo, sia chiaro –, ma il tempo stringeva e la scadenza del contest si avvicinava inesorabilmente. Ed io, si sa, sono la solita idiota che si mette a scrivere a tre giorni dalla scadenza, quindi mi assumo tutte le colpe della pessima riuscita di questo capitolo, mi sembra il minimo.
Vi auguro comunque buona lettura ed anche in questo caso, il lancio dei pomodori è bene accetto e pure meritato! -Martina-.

 

 

DANNI COLLATERALI

La grossa porta di metallo si chiude dietro le tue spalle con uno scatto, provocando lo stesso identico suono che hai imparato a conoscere ed amare. Ti guardi intorno e, con un sorriso, ti accorgi che niente è cambiato. Il tuo sguardo vaga per il loft come se non lo vedessi da secoli, posandosi su ogni mobile, accarezzando ogni cosa. Osservi il bancone della cucina, gli sgabelli che lo circondano, il tavolo, poi la scrivania, il Mies van der Rohe, il divano bianco ed infine, seminascosto dal separé, vedi il letto. Quel letto morbido, dalle candide lenzuola blu, che è stato testimone di tutte le vostre notti d’amore, delle vostre gambe intrecciate, del vostro sudore, dei vostri sospiri. Guardi fuori dalla grande vetrata del salotto, rimirando da lontano le luci scintillanti della città, ora preda della neve e del freddo invernale. I tuoi occhi azzurri si inumidiscono, gonfi di gioia: finalmente, dopo mesi che sono sembrati durare un’eternità, sei di nuovo a casa.
«Che ci fai lì impalato, splendore?», ti chiede Brian, fermo sui gradini della zona notte, con un sorriso canzonatore stampato sulla bocca. «Non vieni a salutarmi?»
Ridacchi e, sistemandoti la tracolla – ormai logorata dal tuo uso assiduo – sulla spalla, raccogli il bagaglio che avevi appoggiato sul parquet. Cerchi di non correre per la felicità come un bambino, evitando così di renderti ridicolo ai suoi occhi, benché il tuo volto tradisca l’emozione. Senti il cuore battere a mille quando lo raggiungi e, alzandoti in punta di piedi, posi un bacio sulle sue labbra.
Lui ti sorride di nuovo, questa volta con una dolcezza che riesce appena a celare.
«Bentornato, splendore», ti dice, sfregando la punta del naso contro il tuo.
Gli regali un altro bacio, prima di allontanarti da lui per mettere la valigia sul letto e cominciare a disfarla. Le braccia di Brian ti cingono all’improvviso da dietro e il suo petto è caldo contro la tua schiena.
«Com’è andata a Parigi?», ti chiede, il mento appoggiato sulla tua spalla.
«Ho venduto quasi tutto ed alcuni critici d’arte hanno voluto conoscermi di persona per congratularsi», tagli corto e lo guardi con la coda dell’occhio, furbo. «Parigi è stupenda, sai? La prossima volta dovresti venire anche tu e…»
«No, grazie», ti liquida subito e tu ridi di gusto, aspettandoti quella risposta. «Il ricordo del viaggio di Mikey col dottorino è ancora vivido nella mia mente e duro da cancellare», ti rigira nel suo abbraccio per poterti voltare verso di lui e guardarti, malizioso. «Anche se, adesso, ho qualcos’altro che mi sta diventando duro.»
Sbuffi una risata, alzando gli occhi al soffitto.
«Non cambierai mai», commenti, fingendoti rassegnato. «Sei sempre il solito.»
«E per fortuna, aggiungerei», esclama, afferrandoti il viso e baciandoti con foga.
Tu non obbietti alla sua veemenza e lo segui in quel bacio irruento e bagnato. Brian affonda subito le dita nei tuoi capelli biondi, mentre scende con le labbra sul tuo collo, lasciandoti una scia di baci umidi. Chiudi gli occhi, reclinando la testa all’indietro, e sospiri di piacere. Lo senti risalire e la sua bocca è di nuovo sulla tua, affamata e violenta. Vi separate solo quando il bisogno di respirare si fa impellente. Ansimate entrambi e lui appoggia la fronte contro la tua, le palpebre socchiuse.
«Mi sei mancato», ti rivela, in un sussurro.
Non puoi fare a meno di sorridere a quella dolce ammissione.
«Mi sei mancato anche tu.»
Brian si scosta di qualche centimetro per guardarti ed i suoi occhi verdi sembrano preoccupati. Sospiri: sai che è già arrivato quel dannato momento in cui, ogni volta che ritorni, siete costretti ad affrontare la realtà.
«Quanto resterai qui a Pittsburgh?»
«Potrò rimanere solo per le vacanze di Natale», sospiri, ed il consueto nodo ti chiude la gola in una morsa. «Poi dovrò ritornare a New York e...»
«Quanto resterai?», insiste lui.
«Cinque giorni.»
Brian abbassa lo sguardo, sbuffando dal naso una risatina amara.
«Cinque giorni…», ripete, scuotendo la testa. «Non è quello che mi avevi detto al telefono una settimana fa.»
«Lo so, Brian, mi dispiace. Ma il mio manager…»
«Il tuo manager è un coglione che non ti lascia in pace neanche durante le vacanze», ti interrompe, risollevando il viso, e lo sguardo che leggi nei suoi occhi ti fa morire.
«Non era così che immaginavo sarebbero andate le cose», gli dici, in tono di scuse.
«Nemmeno io.»
Rimani a fissarlo e i sensi di colpa cominciano a gravarti addosso, schiacciandoti sotto il loro peso. Perché sì, ti senti in colpa per tutto. Per le promesse non mantenute, per i rientri sempre più brevi, per il dolore che gli stai – e vi state – causando, per quanto diventi difficile ogni volta andare via e lasciarlo solo. Gli accarezzi una guancia con i polpastrelli, cercando di mitigare un po’ il suo dispiacere.
«Vorrei non essere capace di dipingere», sputi fuori, senza quasi rendertene conto. «Vorrei che la mia mano smettesse di funzionare per sempre e…»
«Non dirlo neanche per scherzo, Justin», ti interrompe, e la sua voce è seria. «Tu hai un talento incredibile. E devi sfruttarlo.»
«Anche se mi allontana continuamente da te?»
Brian piega le labbra in un sorriso malinconico.
«È il prezzo che devi pagare per essere diventato un artista famoso.»
«È un prezzo piuttosto caro», dichiari, cercando di sdrammatizzare.
«L’avevamo messo in preventivo, splendore», ti dice lui, semplicemente, e fa per allontanarsi, ma tu lo blocchi subito per un polso.
«Io ritornerò sempre qui da te», lo rassicuri, prendendogli il volto tra le mani ed inchiodando gli occhi dritti nei suoi. «Non importa come andrà avanti la mia carriera e quanto lontano proverà a spingermi: io ritornerò sempre a Pittsburgh, perché è qui che si trova la mia casa… ed è qui che ci sei tu», ribadisci, sorridendogli con dolcezza. «Ritornerò sempre perché ti amo.»
Brian sovrappone le sue mani al dorso delle tue, sostenendo il tuo sguardo. Poi le sue labbra si increspano in un sorriso beffardo.
«Lo sai, splendore? Sei davvero…»
«… ‘patetico’, lo so.»
«Ed ora…»
«… ‘lasciati scopare’
Lui ti guarda con fare scocciato e, premendoti una mano sullo sterno, ti spinge sul letto.
«E non…»
«… ‘completare le mie frasi’, va bene», lo scimmiotti, ridendo.
Brian alza gli occhi al cielo, sbuffando divertito, e ride anche lui quando si distende sopra di te, finalmente più sereno. Gli circondi il collo e sorridi con la bocca premuta contro la sua, pensando che non c’è niente come la propria casa. Perché la tua casa è lì, fra le sue braccia. E non c’è posto più bello al mondo.

 

   
 
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