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Autore: Pendragon    25/03/2016    3 recensioni
[ Future!Fic | Storia interattiva | Iscrizioni chiuse ]
« Entrate nelle vostre cabine! » ordinò Chirone, brandendo due spade. Gli unici ad ascoltarlo furono i più piccoli che, spaventati, andarono a cercare riparo nei loro letti. I più grandi, invece, erano riluttanti ad andarsene e guardavano il cielo color pece.
« Ho detto- » iniziò il centauro, con tono serio e irremovibile, ma fu fermato dall’apparizione di un lampo di luce.
Si è risolto tutto!, pensò Celsi, tirando un sospiro di sollievo. Chiaramente si sbagliava.
La luce proveniva da una figura che si dirigeva verso il Campo con grazia. Atterrò delicatamente, con le ali dorate spiegate. Tutti si resero conto che quella figura era effettivamente vestita di luce. Il suo vestito cambiava colore, seguendo il motivo dell’arcobaleno.
« Divina Iride! » esclamò Chirone, flettendo le zampe equine per inchinarsi alla dea. I ragazzi presero esempio dal centauro, sconvolti da tutti gli eventi.
« Vi porto infauste notizie, » disse la dea. « il dio Apollo è scomparso e il carro del sole è stato rubato. »
« Com’è possibile? » chiese Chirone.
Iride si alzò di nuovo in volo. « È l’ascesa delle tenebre »
Genere: Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Apollo, Nuova generazione di Semidei
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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, che ormai praticamente mi salutava con un un perentorio "Aggiorna!", e alla mia cara Jolly, che mi ha fatto il grande favore di mettere la sua abilità da beta a mia disposizione, di nuovo.


The rise of the darkness

{ Previsioni ben poco rassicuranti }


Encarnation Muerte

 
Ciò che ad Encarnation non piacque di quel soggiorno fu ritrovarsi la dea della magia in sogno, seduta su una sedia a dondolo che ondeggiava avanti e indietro, come una nave fra le onde che la spingevano prepotentemente da un lato e dall'altro. La vista di quella vecchia che si dondolava era profondamente inquietante, anche perché accompagnava quel movimento con una lenta e flebile litania che sapeva, in tutto e per tutto, di antico e misterioso.
Encarnation nel suo sogno si trovava dietro la sedia a dondolo in una stanza buia e spoglia, con solo una serie di candele accese e poggiate nei posti più disparati che contribuivano a dare al luogo un atmosfera tetra. Si sentiva come se fosse stata presa all'improvviso per recitare in uno di quei film sulle streghe che aveva visto un paio di volte qualche anno addietro, quando ancora non sapeva di essere una semidea. 
La sedia si fermò, la litania smise di riempire l'aria ed Encarnation fece appena in tempo a sbattere le palpebre che si ritrovò la dea in piedi, a qualche centimetro di distanza da lei. Il cuore della figlia di Ade si arrestò per una frazione di secondi, riprendendo poi a martellare con furia nel suo petto mentre la paura le inondava il corpo, imprigionandola con la sua morsa.
La donna allungò la sua mano verso la semidea, che repentinamente fece un salto all'indietro, aumentando la distanza. Lei rise, avvicinandosi di più e riprovandoci. Questa volta Encarnation non riuscì a muoversi e lasciò che le dita della rugosa mano le mettessero una ciocca dei suoi folti capelli bruni dietro l'orecchio.
« Così tanta bellezza » sussurrò con un velato tono di amarezza che le macchiava la voce. « è così ingiusto che sia costretta a sparire ed essere ingoiata dalle tenebre... » aggiunse.
Encarnation spalancò gli occhi, scioccata da quella affermazione. « Come? » chiese incupendosi. Veloce come prima la dea tornò sulla sedia, riprendendo quel ritmico dondolio accompagnato da un continuo sussurrare il nome della figlia di Ade. 
La semidea capì che doveva raggiungerla e mettersi di fronte a lei e così fece, ricevendo poi l'invito - che suonò più come un ordine - di sedersi a terra. Per quanto le suonò curiosa come richiesta Encarnation obbedì, venendo poi circondata da delle candele disposte a cerchio intorno a lei.
« Cara, cara Encarnation Muerte, figlia degli Inferi. Tuo padre ti attende, lo sai? » disse lugubre.
« Che cosa significa? » chiese tremando. 
« La bestia vi aspetta, sta già pregustando il vostro sangue. Non avete speranza alcuna, miei giovani eroi, vi ucciderà. » la voce non lasciava trapelare nessuna emozione e ciò fece rabbia a Encarnation. Stava parlando di queste cose con così tanta leggerezza?
« E se non c'è speranza perché diamine siamo qui, allora? » sibilò indispettita.
Lei giocherello con la fiamma. « Esiste un modo per averla. »
La figlia di Ade guardò con fare interrogativo la dea, attendendo che continuasse. « Esiste un'arma in grado di uccidere le tenebre e solo un degno figlio di un dio delle ombre, quale Ade, può impugnarla... » guardò con fare penetrante la semidea. « E si tratta di te, Encarnation Muerte. »
Non sapeva come accogliere questa informazione. Lei poteva uccidere la bestia, poteva impugnare la spada, poteva salvare tutti... « E sentiamo, qual è il prezzo da pagare? » chiese. C'era sempre un ma, sempre un prezzo da pagare.
« La tua anima. » disse con tono asciutto. « La tua anima verrà bruciata dopo l'utilizzo di quell'arma. »
Encarnation scattò in piedi, non potendo credere alle sue orecchie. « Che cosa?! » strillò con il cuore che sembrava pronto a schizzarle via dal petto. « La mia anima? »
Anche la dea scattò in piedi, avvicinandosi a lei e mettendole le mani sulle spalle. La guardò duramente, pronunciando con tono aspro la sua frase. « Non essere egoista. Moriresti comunque, ma con il tuo sacrificio il mondo sarà salvo. »
Detto ciò, Encarnation sentì qualcosa di affilato attraversarle lo stomaco, dilaniando la sua pelle e fuoriuscendo dalla schiena. Il dolore era lancinante, non aveva mai provato nulla di simile in vita sua. Fece per urlare ma, al posto della voce, dalla sua bocca fuoriuscì un fiotto di sangue dall'amaro sapore metallico. Il liquido rosso sporcò il pavimento, arrossandole le labbra e posandosi in piccoli schizzi sui suoi vestiti. Alzò gli occhi sulla dea, trovandoci al suo posto un viso dai tratti disumani e neri occhi demoniaci.

Con un urlo venne separata dal mondo di Morfeo e si mise in piedi, sebbene le sue gambe tremassero notevolmente, rischiando di cedere.
Istintivamente si portò una mano tremante all’altezza dello stomaco, per poi portarla davanti ai suoi occhi l’istante successivo e notare, con sommo orrore, che la punta delle sue dita era macchiata di sangue. Del suo sangue. Abbassò lo sguardo sul punto in cui era stata trafitta, trovando la maglietta lacerata e sporca di quel caldo liquido rosso, con una macchia che si allargava a vista d’occhio. 
Aprì la bocca per riempire la stanza con un urlo ma, per qualche ragione, la voce non uscì. Non riusciva né a muoversi, né a parlare. Era terrorizzata. 
Portò le sue dita rese appiccicose dal sangue a stringere la pelle del suo braccio, provando un piccolo dolore. Era tutto vero, questo non era un incubo.
Era posseduta dal panico e non riusciva a fare nulla; sarebbe morta così, impotente. 
Fece in tempo appena a chiedersi che cosa stesse succedendo, perché proprio in quel momento e perché proprio a lei, ma poi alle sue orecchie giunse una voce; una voce tipica degli anziani, una voce che le trasmise un certo senso di calma e sicurezza. Una voce che la chiamava. 
Encarnation si voltò, non vedendo però nessuno. Ritornò a guardare le sue mani insanguinate, trovando però qualcosa di strano: erano pulite.
Un momento prima, però, erano ricoperte dal suo sangue. Spostò lo sguardo sulla maglietta, trovandola intatta e pulitissima, nessuna traccia di sangue. Il suo cuore saltò un battito, mentre iniziava a sentirsi frustrata da tutta quella situazione. Stava forse impazzendo? 
Si passò una mano sul viso, lasciandola poi ricadere stancamente contro il suo fianco. Quando lo fece, le sue dita urtarono contro qualcosa e abbassò lo sguardo, vedendo che spuntava da un fodero sconosciuto l’elsa di una spada. Lei non usava spade
Strinse forte la fredda impugnatura, tirando verso l’alto per estrarre l’arma. Una volta estratta la portò davanti ai suoi occhi, studiandone l’oscura e affilata lama. Lasciò, senza pensarci, che il pollice carezzasse con lenti e tremanti movimenti l’elsa, percependo delle lettere in rilievo disegnate la sopra. Indirizzò l’impugnatura in modo che i raggi della luna che penetravano dalla finestra la illuminassero, rendendo leggibile quell’iscrizione. 
Era scritta in greco, e ciò non sorprese la figlia di Ade che, appellandosi alla capacità che tutti i semidei avevano di leggere quella lingua antica, tradusse lentamente la scritta. 
“Un’anima per un’anima” 
Lasciò cadere quasi di riflesso la spada per terra, facendo alcuni passi indietro senza staccare gli occhi da essa, la cui lama sembrava risucchiare le tenebre che la circondavano. 
Le parole che le erano state dette in sogno le si affollavano in mente, ripetendosi come in un loop. “La tua anima verrà bruciata”. 
Lei non voleva morire. Per quanto le doleva ammetterlo, aveva paura. Una grande paura. Non poteva pensarci quella donna? Sembrava saperne di più su tutto, e sembrava anche più potente, nonostante l’aspetto di una vecchia nonnina. 
Si mise le mani fra i capelli, frustrata, serrando gli occhi e sospirando mentre si allontanava dalla spada per raggiungere la porta, giacché voleva uscire e prendere una boccata d’aria e non vedere quella spada. Tuttavia, non appena mise piede fuori dalla porta, sentì qualcosa appeso alla sua vita. Abbassò lo sguardo e ritrovò con sommo shock la spada. 
Sussultò, guardando con orrore l’arma, e fu in quel momento che una voce familiare rimbombò nelle sue orecchie. 
« È forse codardia quella che avverto, Encarnation? » 
All’iniziò pensò che quella voce bassa, quello strascicamento di parole, fossero solo nella sua testa, ma dovette ricredersi quando, voltandosi, individuò la figura di un uomo. Era alto, magro – scheletrico, anzi – e aveva dei folti capelli che arrivavano fino alle spalle. Emanava un bagliore cupo, e i suoi occhi erano penetranti e scuri. Erano molto simili ai suoi. 
Non ci mise molto a riconoscerlo, e infatti dopo pochi attimi sussurrò: « Padre ». Lui annuì lentamente, continuando a spostare lo sguardo dalla spada a lei, da lei alla spada e così via. « Che ci fai qui? » chiese poi Encarnation. 
Il dio avanzò di un paio di passi, per poi lanciare uno sguardo al cielo color pece. « Primo: non sono davvero qui. Cose da dio.» disse, guardando intensamente la figlia prima di aggiungere: « Secondo: un padre non può salutare la propria figlia? » 
« Non tu. Non sei quel tipo di padre. » sbottò la ragazza. 
Ade roteò gli occhi, incrociò le braccia al petto, assumendo una posa di rimprovero, e cambiò discorso. « Tu non hai risposto alla mia domanda, Encarnation. È forse codardia quella che avverto? » 
La ragazza guardò il padre con un misto di confusione e rabbia, poi si rese conto del peso che pendeva dal suo fianco e capì, capì a cosa si riferiva Ade.
« No. » affermò decisa, nonostante sapesse che non era la verità pura. Ade lo sapeva, e infatti sbuffò una risata scettica e derisoria, alla quale la figlia rispose mettendosi automaticamente sulla difensiva. « È confusione, non ho la minima idea di cosa stia succedendo! » sbuffò. 
« E invece sì. » rispose tranquillamente Ade. « Sei terrorizzata. Ma suvvia, sei solo una ragazzina. » la provocò il dio dell’oltretomba. Encarnation strinse i pugni. 
« Non chiamarmi così. » sibilò in tono velenoso, quasi fosse un serpente pronto ad avventarsi su di una vittima. Ade si avvicinò alla figlia con passo elegante e altero, guardandola intensamente con i suoi occhi di ossidiana. 
« E allora non comportarti come tale. » le parole uscirono in un sussurro lieve ma deciso, accompagnate da un’espressione imperscrutabile. 
Un brivido percorse la spina dorsale della ragazza, alla quale ogni parola che voleva pronunciare morì in gola, alla quale un freddo gelido attanagliò ogni muscolo, immobilizzandola sul posto. 
Il labbro inferiore le tremava per la rabbia e gli occhi scuri erano velati da delle lacrime che non voleva lasciar scappare.
Encarnation non piangeva. 
Il tetro silenzio che la assordava con tutta la tensione di cui era pregno venne rotto dalla voce del dio degli Inferi, che questa volta pronunciò le parole in un tono più dolce, più paterno.
« Encarnation, » disse, e un sospiro seguì il nome della figlia. « capisco che tu sia spaventata, è perfettamente normale, ma, per l’Olimpo!, non puoi cedere alla codardia e all’egoismo! » la rimproverò il padre. Ade sembrava veramente stanco, ora che lo guardava meglio, e nei suoi duri occhi di pece si poteva vedere un guizzo di preoccupazione e disperazione. 
Encarnation rimase sempre più senza parole.
« Puoi salvare tutti con un semplice atto di coraggio, figlia mia, oppure lasciare che i tuoi amici periscano, insieme a tutto il mondo come lo conosci. » continuò, poi mise le mani sulle spalle di lei e con tono asciutto chiese: « Vuoi morire da eroina o da codarda? »
Non rispose, si limitò a guardare l’elsa della spada sotto una nuova luce, sfiorandola con dita tremanti e tastando il freddo pungente che la ricopriva. 
Ade annuì, avendo compreso la scelta della figlia, e allontanandosi all’indietro con passo lento le disse: « Può suonare lugubre, ma per te morire è come tornare a casa dopo un lungo viaggio ». Quella voleva essere una frase di rassicurazione, ma non fece altro che far sprofondare il cuore di Encarnation e costringere il suo stomaco in una stretta di panico. Il dio stava scomparendo lentamente e, prima che potesse sparire dalla vista di Encarnation, sussurrò qualcosa di appena comprensibile, che suonò come una frase di rassicurazione.
La figlia di Ade tremava. 
Avrebbe tanto voluto smetterla, ma un fortissimo turbinio di emozioni la stava distruggendo dall’interno, privandola di ogni controllo.
Sentiva la testa in un batuffolo di ovatta, insieme ad una voce sfumata che la chiama.
Pensava che se la stessa immaginando, ma poi sentì due mani afferrarla per le braccia nell’esatto momento in cui le sue deboli gambe tremanti non furono più in grado di reggere il suo peso. 
Fu come risvegliarsi dopo un turbolento sonno.
Tutto intorno a lei era più chiaro, i suoni non erano più ovattati e il tremore si era fermato. Ci mise un paio di secondi a riconoscere Daniel, che con delicatezza si era seduto a terra accanto a lei, senza lasciare la presa.
La figlia di Ade emise un verso a metà fra un grugnito e un gemito, spingendo via il romano con poca grazia e rimettendosi faticosamente in piedi e cercando poi di mantenere l’equilibrio.
Daniel non era certo sorpreso dal comportamento della ragazza e, dopo essersi anche lui rialzato, le chiese cosa ci facesse fuori tutta sola.
Encarnation si allontanò da lui di un paio di passi, senza mai spostare lo sguardo da terra. « Avevo bisogno di una boccata d’aria. » brontolò. 
« E vuoi spiegarmi quel… quell’attacco che hai avuto prima? » incalzò il figlio di Nettuno, non trovando le parole adatte a descrivere quello che era successo poco prima. 
Come era prevedibile, Encarnation si mise automaticamente sulla difensiva. « Non sono affari che ti riguardano, Helcott. »
Il ragazzo sospirò e fece per rispondere, ma venne interrotto dalla voce impaziente di Selene. 
« Se avete finito, la nonnina ha qualcosa da mostrarci prima della nostra partenza. » disse, poggiata alla porta con le braccia incrociate al petto. La sua figura era illuminata da dietro grazie alle fiammelle di Ecate, che le conferivano un aspetto tetro, quasi fosse uscita da qualche film horror. 
Senza replicare Encarnation si diresse dentro la casa della guardiana con passo svelto, seguita da Daniel che – ne era sicura – la fissava con disappunto e rimprovero.
Selene chiuse la porta, raggiungendo i compagni seduti intorno al tavolo di Ecate, ed Encarnation percepì il suo sguardo puntato sulla spada e si irrigidì, sperando che la figlia di Zeus non facesse domande.
La dea la guardò con i suoi occhi millenari e incurvò gli angoli della bocca in un sorriso malinconico appena visibile e poi prendendo una fiammella color prato che vagava per la casa iniziò a parlare, plasmando quell’inusuale fuoco in modo da renderlo più grande. 
« Quanto mi dispiace, miei eroi, » disse scuotendo mestamente la testa. « il destino non vi è amico. »
« Questa sì che è una novità. » replicò sarcasticamente Selene, soffiando una ciocca bionda via dal suo viso. Daniel le rifilò una gomitata ed un’occhiataccia eloquente, alla quale la figlia del dio del cielo rispose con uno sbuffo sonoro.
« State per affrontare un demone terribile, miei cari. Vorrei assistervi nella battaglia, sono sincera, ma non è ciò che le Parche hanno deciso. » continuò e la fiamma tremolò, mostrando l’immagine di una caverna. Solo a guardarla l’entrata riempiva il cuore di Encarnation di angoscia pura. 
La ragazza contemplò l’immagine, realizzando che quella sarebbe stata la sua tomba. La spada sembrò farsi più fredda e pesante, ma lei cercò di ignorare questa sensazione, concentrandosi sulla della che prendeva con delicatezza la mano di Daniel per posare sul suo palmo la fiamma, ora tornata alla dimensione originaria.
« Sarà la vostra guida. » spiegò e allungò una mano verso la porta, che si aprì sulle tenebre con un sinistro cigolio.



Pendragon's Notes

Heey! What’s up you guys? Pendragon is here ♥
No, non sono morta, sono viva e vegeta e in forte ritardo. Sono passati secoli dallo scorso aggiornamento, ma tra un problema là ed un imprevisto qua, ispirazione lì, lontana da me, ed impegni scolastici tirati fuori dal nulla qui non sono riuscita ad avere nè la forza nè l'occasione per scrivere, ed è una brutta cosa ;-;
Non sono nemmeno del tutto soddisfatta di quello che è venuto fuori, non è che succeda poi questo granchè :c volevo metterci un po' più di azione, ma alla fine ho preferito chiuderlo qui per lasciare un po' di suspance e per dedicarmi al 100% alla lotta con la misteriosa creatura successivamente uwu
Spero vi sia piaciuto comunque, fatemi sapere quello che ne pensate in una recensione :3
Giuro che cercherò di essere più costante da adesso in avanti! (Lù, mi rivolgo  a te: per ogni volta che non rispetterò questo giuramente avrai il diritto di leggere una pagina del quadernetto magico e poi suonarmelo in testa)
Non ho altro da dire, credo. Mi scuso ancora e... alla prossima!
Baci,

 
Pendragon 
  
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