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Autore: ailinon    26/03/2016    0 recensioni
Una gita in Grecia, è per un ragazzo italiano, la scoperta dell'età adulta e dell'incontro con la vera metà della sua anima.
Platone l'avrebbe definito Amore.
Il racconto è ispirato dalle canzoni e dalla figura del cantante greco Pantelis Pantelidis, morto prematuramente in un incidente d'auto; e dal coraggio del popolo greco, che ha continuato a invocare democrazia anche mentre l'unione europea li schiacciava sotto una dittatura fatta di tagli e tasse.
E' un mio segno di ammirazione per il popolo greco, orgoglioso e fiero, e per la sua splendida, millenaria, storia.
L'altra figura che mi ha ispirato è il coraggio rivoluzionario e l'onestà del giovane politico greco Alexis Tsipras, che ha tentato di combattere da solo (e con Syriza) per tutta la sua Grecia, contro un'Europa ottusamente gretta e inumana.
Un sentito abbraccio e un ringraziamento al gruppo di twitter che segue Tsipras e mi ha aiutato e consigliato: #greeceagapi Le Tsipreriane. GRAZIE!!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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AGAPE

 

CAPITOLO 1
 

Era da parecchio tempo che aspettavano l'occasione per poter visitare la Grecia. Ellada per i greci, era stata una nazione pericolosa fino a soli pochi anni prima. La dittatura militare l'aveva resa poco attraente per un ragazzo straniero, malgrado i suoi splendidi siti archeologici e il mare cristallino come un sogno ad occhi aperti.

Erano giovani nati dopo gli anni della dittatura e che non la conoscevano veramente. Giovani che non vedevano l'ora di prendere il mare e attraversare quel canale che li divideva da quella gita invidiabile.

Erano un gruppetto composito di amici e conoscenti quello che avevano raggruppato e che ora scendeva dal traghetto che dall'isola di Venere, Citera, toccava la mitica terra del porto di Atene.

Certo delle vestigia storiche del porto del Pireo non vi era più nulla, essendo diventato uno scalo internazionale di enormi navi container e di tutti i traghetti provenienti dalle isole greche e dai paesi del mediterraneo.

Mega navi facevano da sfondo a grosse gru per il carico e scarico merci per tutta l'Europa.

Da uno di quei grandi moli scesero i ragazzi dal traghetto. Ridevano e scherzavano come solo un gruppo di appena maggiorenni poteva fare, convinti di avere il mondo in tasca, anche se era la prima volta che lasciavano casa.

Con gli zaini in spalla, si avviarono verso le linee dei pullman che collegavano il Pireo alla capitale greca.

Attorno a loro c'era così tanto movimento di mezzi di lavoro, che il rumore del mare spariva coperto dai suoni meccanici.

Il mare però deteneva ancora intatto l'impero aereo, con un vento insistente che scompigliava i capelli e gonfiava le t-shirt dando sollievo al calore di quel luglio assolato. Lo stesso vento che Ulisse aveva intrappolato per poter finalmente fare ritorno a casa.

Casa. La Grecia era la patria di qualsiasi uomo occidentale che amava la sua storia; e la vita nasceva da quel mare, lì sfruttato, ma poco più in là libero di mostrarsi con tutta la sua cristallina insidiosa bellezza, come le sirene ad Ulisse.

Questo stava pensando uno dei ragazzi, fissando il mare, mentre i suoi compagni discutevano su una mappa, tentando di capire che numero di autobus dovessero prendere per giungere ad Atene.

«Vado a chiedere a quegli uomini laggiù» dichiarò uno di loro, e corse verso dei manovali del porto che stavano lavorando presso un nuovo molo per l'attracco di navi private.

Erano greci dalla pelle lievemente dorata dal sole e il corpo asciugato dagli sforzi all'aria aperta, che l'avevo reso prestante e muscoloso come quello di antiche statue di atleti ellenistici. I capelli bruni, quasi neri, una lieve barba e i profili affilati come i marinai di Teseo.

Fu in quell'istante che il ragazzo avvertì per la prima volta il suo sguardo su di lui.

Non lo vide subito, ma lo percepì come uno mano che gli sfiorava la pelle. Dovette farsi forza per decidersi a voltarsi, mentre il cuore gli sobbalzava nel petto.

Non capiva cosa stava succedendo ma, avvertiva come una forza quella presenza sconosciuta che lo attirava e gli faceva correre i brividi lungo la pelle, rizzandogli i peli sulle braccia nude.

Solo dopo un respiro profondo, si voltò, abbandonando la vista del mare.

Accanto al compagno andato a chiedere informazioni a quei manovali, vi era un uomo. Un uomo ritto in piedi accanto al molo. Slanciato come un albero di una nave antica.

Indossava solo una misera canottiera bianca e consunta, e un paio di pantaloni sporcati dalla terra e dal mare, ma non per questo appariva meno fiero.

Come Ulisse sul ponte della sua nave, si ergeva retto e fiero contro il mare. Lo sguardo scuro era inchiodato su di lui, e lo fissava senza rivelare nessuna emozione. Eppure il suo sguardo penetrante non lo lasciava un secondo.

Il ragazzo intrecciò gli occhi ai suoi, incapace di staccarli da Lui. Come una calamita lo attirava a sè.

I compagni di viaggio avevano scoperto il numero del bus da prendere e si erano già avviati verso la fermata, solo lui era rimasto indietro. Incapace di muoversi. Di Lasciare quello che, sapeva, era certo, essere un incontro che gli avrebbe cambiato la vita.

«Andiamo Alex!»

Le voci degli amici spezzarono per un attimo quella malia e il ragazzo riuscì a fare un passo verso di loro.

Incerto, ma fece un passo lontano. Questo convinse lo sconosciuto a muoversi.

Lasciò i suoi colleghi e si diresse deciso verso di lui.

In poche falcate aveva riempito lo spazio tra loro e gli si fermò davanti, bloccandogli la strada.

Alex lo guardò: da vicino era molto più alto e lo dominava sia per la statura che per l'età più matura.

Alex lo guardava e Lui lo fissava, come volesse divorargli l'anima e tenerlo per sempre con sé.

Da vicino l'attrazione che scorreva tra loro era ancora più forte. Quasi palpabile.

Lui non parlò mai. Tolse di tasca un pezzetto di carta e, con una matita da muratore, vi scrisse un paio di parole in inglese.

Prese il biglietto e lo guardò ancora.

«Alex, sbrigati, perderemo l'autobus!»

«Si, arrivo!» urlò di risposta.

Lanciò un ultimo sguardo agli occhi scuri di Lui. Avvertì il calore del suo torace seminudo, e dovette costringersi a non piangere, nell'allontanarsi.

Gli lanciò un'ultima occhiata, poi corse via con il cuore che si straziava e il pezzo di carta stretto forte tra le dita.

***

   
 
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