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Autore: Eluviel    28/03/2016    1 recensioni
In The Long Run / A Lungo Termine
Francis ha sempre provato un certo tipo di curiosità per Arthur. Stufo di osservare il loro rapporto regredire, decide di giocare le sue carte con l'intenzione di indurre un mutamento nella visione che Inghilterra ha di lui. Nulla di più complesso, ma Francis sa essere paziente e a tratti persuasivo e non ha nessuna intenzione di gettare al vento la sua occasione.
{Cambiamento} se Arthur continua a negare.
{For Good} non importa il trascorrere delle stagioni, degli anni, dei secoli
{Cold Feet} mai si tirerà indietro.
[FrUk]
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Winter

Inghilterra era sempre stato un tipo piuttosto freddoloso. Aveva un po' il sangue di un serpente, era sempre gelido e appena rientrava dai giri che faceva quotidianamente nella capitale si accucciava con un plaid pesante arrotolato addosso davanti al camino, perennemente ricolmo di legna al fine che le fiamme non si potessero spegnere. Quella piccola porzione di tappeto sulla quale si sedeva sempre era diventata la sua postazione fissa per fare qualsiasi cosa non richiedesse espressamente la necessità di muoversi in un'altra stanza. Ci passava ore a leggere dei libri, a guardare la televisione e talvolta anche a mangiare. Capitava che chiamasse Francis quando non voleva restare solo o si era stufato di leggere Macbeth per la sesta volta; lui si appollaiava sulla poltrona accanto a dove Arthur si sedeva e passavano interi pomeriggi a raccontarsi i loro pensieri e curiosità varie sulla cucina - in questo caso era Francia che indottrinava Inghilterra, nella speranza che potesse finalmente cucinare qualcosa di non velenoso e cancerogeno- o sul folklore di entrambe le culture.
Il francese si stava persino abituando a bere il té in modo regolare e a ridurre il suo consumo di vino, poiché Arthur non ne teneva in casa e quando uscivano assieme a fare compere gli proibiva categoricamente di acquistarne. Sentiva la mancanza di quel sapore dolciastro e leggermente aspro ma vi resisteva senza troppi sforzi: prima di partire alla volta di Londra aveva nascosto nel bagaglio a mano un paio di bottiglie di buona annata e quanto sentiva particolamente il bisogno di bere del vino si insinuava di soppiatto nella camera dove entrambi dormivano e dove aveva riposto in un angolino, al riparo da occhiate indiscrete, il suo trolley e si faceva un sorsino o due per tamponare il desiderio di bere. Aveva infilato altre bottiglie nella valigia ma purtroppo quella era andata persa e doveva attentamente razionare quel po' che aveva fino a quando -e se- quella non fosse stata ritrovata. Nel frattempo aveva scoperto che il té non era un intruglio di erbe così tanto imbevibile, anzi, aveva pure incominciato ad apprezzarlo a dovere, specialmente per via della bravura e dell'amore che Arthur metteva dentro ogni singola tazza che gli preparava.
Inghilterra era davvero felice di poter condividere la sua pausa delle cinque assieme a Francia e si sentiva davvero orgoglioso di se stesso quando riceveva raffiche di complimenti riguardanti la sua bevanda preferita. Ogni giorno aspettava con trepidazione l'arrivo del pomeriggio per poter stare comodo al caldo in compagnia di Francis.
Scoprì poi che il parigino era esattamente il contrario di lui per quanto riguardava la temperatura corporea e alla sera, quando scivolavano sotto le coperte, rotolava sempre accanto a lui per catturare un po' di calore e intiepidirsi gli arti; spesso finiva per stringersi al suo petto o abbracciarlo. Francia non disdegnava affatto l'abitudine che Arthur aveva assunto e lo lasciava fare con comodità, anche se a volte gli si stendeva sopra e al mattino aveva parti del corpo completamente intorpidite e faticava a muoverle. Si chiedeva quanto ingenuo dovesse essere il povero Inghilterra per addormentarsi tra le braccia di un uomo che aveva chiaramente espresso di amarlo e di voler avere un rapporto fisico con lui, ma ben si guardava dal ricordarglielo.

"Cosa siamo?"

La domanda a cui entrambi stavano segretamente pensando da quando si frequentavano uscì fuori in una mattinata qualunque, mentre Francis attendeva la colazione ed Arthur lasciava a bollire il caffé. Fu proprio lui a porre il quesito in un momento di noia; si era stufato di attendere che il vapore scaturisse fuori dalla caffettiera e voleva in una qualche maniera conversare con il francese, che quella mattina era stranamente silenzioso.

"In che senso, mon cher?"
"Nel senso, come potremmo definirci io e te?"

Francia sollevò la testa e appoggiò gli avambracci sul tavolo, abbozzando un sorriso. Aveva catturato in pieno la sua attenzione.

"E' da un po' che ci penso, but damn, non riesco a capirlo."
"Ohnohnhohn Angleterre non fare il conformista. La nostra relazione non deve per forza essere etichettata".
"Però gradirei saperlo!"
"Allora pensa che siamo qualcosa di speciale".
"...speciale?"
"Esatto, così speciale da non avere ancora una definizione precisa".

La caffettiera aveva inziato a soffiare e a ribollire come lava dentro ad un cratere ma Inghilterra la ignorò completamente, il suo interesse era tutto concentrato sul loro discorso e la colazione poteva aspettare ancora un po'.

"Io non credo di capire, Francis. Ci frequentiamo, ma non siamo amici. Litighiamo ogni giorno, ma non ci odiamo. Non abbiamo mai fatto...certe cose...quindi non siamo
amanti. Tanto meno stiamo assieme come coppia..."
"Oh lascia perdere questa roba per un momento! Pensa piuttosto a ciò che vuoi che ci sia tra noi, lo decideremo dopo un nome per la nostra relazione. Io so quello che
voglio, e tu?"
"Beh...di sicuro...non voglio che ci sia indifferenza."

Il continuo sbuffare del vapore era diventato piuttosto irritante e sufficiente per costringere Arthur a dare un po' della sua attenzione anche al povero e dimenticato strumento. Versò il liquido nerastro in due piccole tazzine di ceramica e le posò sul tavolo. Nella sua ci aggiunse qualche goccia di latte, non era particolarmente fan dei sapori troppo amari.

"Preferisco provare odio piuttosto che niente" aggiunse prima di portarsi il piccolo recipiente alle labbra e di saggiare la temperatura del caffé prima di berlo, per evitare di scottarsi qualche papilla gustativa. Francia sembrò approvare la sua ultima affermazione e scosse la testa dal basso verso l'alto per assentire.
"Finalmente qualcosa su cui mi trovo d'accordo! L'apatia è il peggiore tra tutti gli stati d'animo."

Arthur non era pienamente soddisfatto delle risposte non risposte ottenute ma cercò di lasciar perdere tutto quel mistero che il francese gli aveva insinuato addosso.
Appena cominciarono a degustare e consumare la colazione, un trillo acuto e ripetitivo arrivò alle orecchie dei due. Francis si alzò con malavoglia dalla sedia abbandonando momentaneamente Inghilterra e il suo caffé per andare a rispondere al suo telefono e farlo cessare di sfondare i timpani ad entrambi. Si domandò chi ci potesse essere così mentalmente infermo da chiamarlo alle sette e mezzo di mattina e non appena lesse 'Gilbert' sullo schermo del cellulare si rese conto che la sua era proprio stata una domanda stupida.

"Prussia?" rispose in maniera scocciata mentre si stropicciava gli occhi.
"Kesesesesese, genaue, meine Liebe!"
"Ma sei pazzo a chiamarmi alle sette di mattina?!"
"E io che pensavo fossi felice di sentirmi!"
"Certo che lo sono mon ami, ma mi hai interrotto la colazione..."
"Che si fotta la colazione, l'awesome me ti vuole parlare ora!"
"Fai in fretta che mi si raffredda il caffé!"
"Ja, ja. Insomma che è da un po' che non ti becco a bere, così mi sono messo a chiedere in giro dove cazzo ti eri ficcato, e nessuno sapeva niente! Manco Antonio e quel sapientone di West. Pensavo che ti avesse rapito quel bastardo comunista di Ivan, ma ieri ad una conferenza ho parlato a caso con Alfred, e che vengo a sapere?? KESESESESESESE, te la stai facendo a casa dell'inglese!!"
"Gilbert, razza di esaltato, non strillare!"
"Mein Gott, ti stai beccando tutta la noiosità di mister sopracciglia da procione... Perché non ci hai avvisati che saresti partito?!"
"Per evitare che qualcuno A CASO potesse ficcare il naso nella situazione e combinare disatri!"
"Ah, è così? E' così che tratti i tuoi amici, Francis?"
"Mon Dieu Gilbert, non cominciare a prenderla troppo sul personale! Se ve l'avessi detto per tempo mi sareste sicuramente venuti dietro di nascosto e non voglio che Arthur si ritrovi voi due fuori di casa nascosti tra dei cespugli mentre lo spiate!"
"Oh, hai paura quindi che non potessimo essere discreti? TU? Tu che tocchi culi e pacchi di persone a random?"
"Quelle sono cose passate! Non lo faccio più da quando c'è il mio petit chouchou."
"...Sei cotto marcio..."
"Oui, e non ho intenzione di mandare tutto all'aria per una piccola imprudenza! Salutami Antonio, ora vado a finire di mangiare."
"Eh, testa di pomodoro è qui con me, aspetta che te lo passo"
"--Hola, Francis! Dunque sei a casa di Inghilterra?"
"Salut et oui, sono qui da circa due settimane."
"E come vanno le cosite tra voi due?"
"Beh, potrebbero anche andare meglio, se sai che intendo...ohnohnohn...ma oltre a quello non mi lamen-
"OH ANCHE IO E ROMANO ANDIAMO BENISSIMO! Ieri mi ha picchiato perché mi ha scoperto spiarlo mentre si lavava. Dovevi vederlo come era imbarazzato, che carino che è Roma~"
"Antonio, se Romano ti picchia non dovresti essere felice..."
"Ma quello è il suo modo per dirmi che mi ama, fusosososososo"
"Certo...Ora però devo andare altrimenti mi si fredda la colazione. Quando ritorno a Parigi vi racconterò tutto, je jure!"
"Eh? Parigi? Ma se ci vediamo oggi?"
"...come sarebbe oggi?"
"Ah, Prussia non te l'ha detto?"
"Detto cosa?!"
"Che ha comprato i biglietti per l'aereo e che siamo arrivati un'ora fa a Londra! No estás contento? Saremo lì a casa di Arthur tra una mezz'ora."
"C-Come fate a sapere dove abita....?"
"Oh facile, abbiamo giusto frugato tra gli archivi dell'assemblea! Ora scappo che è arrivato il taxi, ¡hasta luego!"

Antonio riattaccò.

Francia era pietifricato.
Arthur aveva vagamente ascoltato la conversazione dalla cucina e sentendo il tono di voce del francese divenire sempre più preoccupato finì anch'egli per allarmarsi.
Lo raggiunse in camera e lo trovò completamente irrigidito, con il telefono ancora attaccato all'orecchio e una faccia sconvolta da molteplici espressioni di sconforto.

"Ehi idiota, che succede?"

Non giunse nessuna risposta alle sue orecchie, cosicché afferrò bruscamente il cellulare del francese e lasciò scivolare l'occhio sullo schermo illuminato, curioso di sapere chi l'avesse chiamato e per quale ragione Francis era diventato un pezzo di mattone. Quasi come uno dei tanti gargoyle che sorvegliavano, sparsi in qua e in la, i tetti di Parigi dall'altissima Notre Dame.
Entrambi i suoi quesiti furono soddisfatti in una sola piccola sbirciata, e per una volta Inghilterra non seppe a chi rivolgere i suoi malefici per primo: all'alquanto seccante e strafottente albino o all'inaffidabile francese accanto a lui. Odiava avere ospiti tutt'altro che indesiderati a scaldare le sue amate poltrone, ancor più detestava riporsi ed affidarsi a mani sbagliate.

"Dovevi proprio rovinare tutto. E' più forte di te, eh?"

Arthur scelse volutamente di adottare un tono pacato, certo che l'altro avesse già empatizzato la sua delusione senza bisogno che gli urlasse addosso come un forsennato.
D'altra parte, Francia sentiva di aver subito un discreto affronto. Non riusciva a spiegarsi perché Inghilterra dovesse sempre attribuire a lui la responsabilità di qualsiasi faccenda che non gli garbava.

"Io non c'entro, hanno fatto tutto da soli."

Irrigidì e contrasse ogni singolo muscolo mentre guardava l'inglese rattristato, ricevendo un piglio altrettanto amareggiato, velato da una buona dose di livore.
L'aria attorno era così carica di tensione che si sarebbe potuta affettare con la lama di un coltello. Entrambi erano consapevoli che in gioco c'era il loro avvenire e il ritorno agli antipodi del loro rapporto era lontano poco più di un passo.

"Bugiardo..."
"No, Angleterre. Non ti sto mentendo."
"Spiegami come diamine hanno fatto a sapere che eri qui con me, se non sei stato tu ad informarli. Bloody hell, spero che ti inventerai una scusa accettabile."
"E' stato il tuo tanto bien-aimé Alfred.
"Banale e alquanto discutibile. Non tirare in ballo America e ammetti di essere un coglione."
"Desolé, ma non ho intenzione di scusarmi per qualcosa che non ho fatto."
"Smettila di mentirmi.."
"Non mi credi? Très bien."

Francia si riappropriò del suo cellulare e compose rapidamente un numero, poi sbattè letteralmente il dispositivo in faccia all'inglese e attaccò il vivavoce. Un paio di squilli dopo Gilbert rispose col suo solito timbro acidulo e scanzonato.
"Hallo Schätze, il sottoscritto ti manca così tanto da doverlo richiamare dopo dieci minuti? Kesesesese!"
"Bonjour Gilbert, mi sono ricordato di doverti chiedere una cosa.
Stavo pensando, com'è che sei andato a parlare con Amérique? Non dicevi che 'quel culo caga hamburger' non ti stava simpatico manco un po'?"
"West era impegnato a badare a quel frignone mangiaspaghetti e mi ha detto di portargli 'sto foglio da firmare per la prossima assemblea, e visto che la mia intelligenza è awesome quanto me, ne ho approfittato per chiedergli se sapeva qualcosa su dove fossi finito. Chi meglio di Alfred poteva saperlo, che ha spie ovunque?"
"Merci Gilbert, au revoir"
"Ehi aspetta, perche ti int-

Francis riattaccò non appena sentì ciò di cui aveva bisogno e si concentrò su Arthur, che nel frattempo si era seduto sul letto morbido, tenendosi le mani tra i capelli.
Si sentiva esageratamente gratificato nel vederlo mentre si lasciava inghiottire dalla vergogna di aver inutilmente accusato la sua innocenza e come conseguenza lasciò che un ghigno di puro compiacimento gli scavasse le labbra. Il suo piccolo momento di trionfo svanì più in fretta di ciò che pensava e, una volta ristabilito il proprio orgoglio, andò a sedersi vicino al frustrato inglese, mantenendo comunque tra di loro una minima distanza.

"I'm...so sorry...", frusciò Arthur mortificato.
"Oh, ci credo che ti dispiaccia. Brutto essere dalla parte del torto, eh."
"Mi dispiace di averti dato del bugiardo, non di essermi sbagliato."
"Ti viene ancora così tanto difficile fidarti di me?"
"No..E' solo che..."
"Che?"
"Non lo so.."

Era più che evidente che una parte di Inghilterra fosse ancora legata al passato di entrambi e che fosse piuttosto complessa da estirpare alla radice. Francia poteva giurare di aver provocato grandi cambiamenti nell'io di Arthur, di averlo in un qualche modo aperto a sé, ma non era stato sufficiente.

Afferrò le sue spalle saldamente e si posizionò davanti a lui senza allentare la presa, inclinando il torso in avanti per raggiungere la sua stessa altezza.

"Chiudi gli occhi, Arthur."
"...Perché mai dovrei farlo?" chiese con stupore, rendendosi conto che quella del francese non era una richiesta, ma piuttosto un imperativo, un comando cammuffato per dar l'idea che avesse il privilegio di poter rifiutare, anche se così non era.
"Considerala come una prova di fiducia, mon amour" sibilò Francis; le sue parole caddero profonde e leggere come le fusa di un felino facendo singhiozzare il provato Inghilterra.
Questa sua uscita non lo faceva impazzire dalla gioia, ma decise comunque di obbedire a quanto gli era stato imposto e socchiuse lentamente le palpebre, ben conscio
che il francese si trovasse ancora davanti a lui e che senza dubbio l'avrebbe baciato senza curarsi di ottenere il suo consenso. Avrebbe preferito essere lui quello a scegliere il momento piu opportuno e corrugò la fronte realizzando di essere stato privato di tale opportunità; ciò nonostante non gli dispiaceva più di tanto.
Quella era l'unica cosa che poteva fare ora per scusarsi dell'inutile scenata fatta poco prima, era l'unica cosa che potesse offrire e scelse di aspettare paziente, mantenendo gli occhi ben chiusi, di sentire le labbra di Francis appoggiarsi sulle sue, e divorarle, perché sapeva che non sarebbe stato un bacio dolce e gentile.
Avrebbe avuto il sapore del sangue e del desiderio, sarebbe stato una sorta di penitenza, di punizione per non aver creduto alla sua parola.

Però l'attesa cominciò a protrarsi un po' troppo nel tempo e a diventare logorante e snervante.
Arthur schiuse di poco un occhio per scrutare discretamente cosa diamine Francis avesse da aspettare e finì per aprirli entrambi quando si accorse che non era più accanto a lui, ma intento a cambiarsi d'abiti dalla parte opposta a dove lui fosse seduto. Quando finì di armeggiare col pull blu che aveva deciso di indossare si diede una stropicciata e rivolse un caldo sorriso ad Inghilterra, che stava cercando di comprendere a quale assurdo gioco stesse partecipando il francese.

"Ah salut, Angleterre! Pensavo avessi intenzione di rimanere così fino a domani"
"Wha- io credevo che tu volessi baciarmi!"
"Ohnohnohnohnohn, beh, in effetti si!"
"Perché non...?"
"Sarebbe stato un po' come prostituirsi. Non voglio che tu debba pensare di doverti offrire così, per riscattarti dalle barbarie che fai. Così come so che un paio di belle parole non bastano per farti scrollare di dosso i blocchi mentali che hai riguardo al fidarti di me."

Il gentiluomo britannico rimase a bocca aperta e fiato sospeso per il ragionevole discorso fattogli, incredulo che fosse proprio uscito dalla bocca di Francia.

"Suvvia Arthur, mon petit lapin, togliti quel pigiama scialbo prima che Gilbert e Antonio arrivino qui, se ti dovessero vedere con addosso quel...coso...penso che si faranno burla di te a vita."

Inghilterra annuì sbuffando senza capire come mai chiunque vedesse il suo pigiama avesse la stessa reazione - a parte Polonia. Lui dimostrava sempre apprezzamento per i piccoli unicorni dal crine colorato che galoppavano sulla flanella del suo completo da notte e addirittura lo supplicava per riceverne uno uguale. Ne concluse che non erano ovviamente in grado di ammirare quanto potesse essere carino.

Francis gli passò una camicia e un paio di pantaloni che aveva appositamente scelto per lui mentre rovistava nei meandri del suo armadio alla ricerca di qualcosa di suo gusto da indossare, ritenendoli un ottimo abbinamento. Arthur non ebbe il coraggio di obiettare la sua scelta poiché sapeva che in fatto di stile il francese la vedeva lunga, e spiegò i panni che gli erano stati porsi esaminandoli attentamente, per poi concludere la sua revisione con un mugugno di approvazione.

"Sappi che questa è la prima ed ultima volta che ti lascio scegliere cosa mettermi"

La sua era più che altro una presa d'autorità. Sentiva che la sua indipendenza era sempre più condizionata dall'altro e stabilire quanto in verità comandasse lui sulla sua vita era uno dei piccoli capricci nati dalla loro relazione, seppur era consapevole di quanto sentisse la necessità di dipendere da qualcuno. Tutti gli anni che aveva passato solo lo avevano ispessito, irrigidito, e trovarsi ad avere bisogno di una persona in particolare era un'esperienza nuova e per certi versi addirittura spaventosa per Arthur, ma che non finiva mai di donargli tanti piccoli piaceri.

Prima che Francia potesse allontanarsi da lui per lasciarlo cambiare, gli avvolse le braccia attorno alla vita così forte e all'improvviso da farlo sussultare per via dello stupore e lo trascinò sopra di sé lasciandosi cadere all'indietro sul letto. Rotolò poi su di un fianco invertendo le loro posizioni e affondò la testa sul petto caldo del francese, aumentando l'intimità del loro abbraccio.

Francis non seppe bene come reagire e lo stupore gli rubò rapidamente la forza. Dovette sforzarsi per spostare una mano sulla nuca di Arthur e compiere delle piccole carezze gentili e rasserenanti, il tutto era reso più difficile dalla continua percezione delle labbra del britannico pressate contro l'incavo del suo collo e del calore umido dissipato dai suoi respiri lungo la pelle.
Si meravigliò di quanto autocontrollo potesse avere.


"Grazie."

Inghilterra si tirò su leggermente facendo pressione sui gomiti, giusto ciò che bastava per poter fissare l'uomo sotto di lui negli occhi.

"Per cosa, mon amì?"


Senza gagliardia, senza vigore, in modo gracile, sfiorò le labbra di Francis con le proprie, solleticandole, provocandole; e interruppe il loro contatto con la stessa lestezza con lui l'aveva incominciato.

Scivolò via lentamente e afferrò i vesititi per lui appositamente selezionati appoggiati sulle lenzuola stropicciate, riservando un ultimo sguardo lascivo al francese, che se ne stava ancora disteso sul letto con il dorso della mano appoggiato sulla bocca.

Uscì dalla camera trasciandosi dietro la porta e solo quando fu certo di non poter essere udito e visto sospirò pesantemente e si lasciò andare ai fremiti che avevano preso il controllo su gran parte delle sue articolazioni.


Baciare Francis una seconda volta era stata una liberazione.










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Note dell'autrice
Si, sono ancora viva. Mi scuso davvero per il ritardo di pubblicazione (4 mesi - sigh), ma la vita è la vita e tra un probema e l'altro non ho avuto mai il tempo di aggiornare la storia.
Me misera.
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento, e ringrazio nuovamente di cuore tutti coloro che stanno leggendo la mia storia.


 
  
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