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Autore: alessandroago_94    28/03/2016    16 recensioni
Adso da Melk, ormai anziano, mentre scrive il suo manoscritto si trova a ricordare e a rivivere la notte dell’incendio che distrusse l’abbazia dove soggiornava con il suo maestro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il sapere in fiamme

IL SAPERE IN FIAMME

 

 

 

 

 

 

 

 

Osservando l’intero Edificio in fiamme, così come anche la chiesa dell’abbazia, mi venne da chinarmi e da pregare nostro Signore poiché compisse il miracolo di salvare almeno qualcosa del complesso di costruzioni. Ma a quel punto mi ero convinto che ciò non sarebbe accaduto, poiché all’interno di quelle sante e sacre mura si erano compiuti dei gravi peccati di presunzione e di alterigia, tutti collegati alla biblioteca.

Una biblioteca che, per secoli, aveva nascosto parte del sapere, invece di condividerlo.

Una biblioteca in cui il cieco Jorge da Burgos aveva lasciato andare il suo perfido intelletto, e dove aveva avvelenato l’unica copia del secondo libro della Poetica di Aristotele, oramai finito irrimediabilmente tra le fiamme e andato perduto.

Poiché in principio era il Verbo e il Verbo era Dio, nei suoi ultimi giorni di vita l’abbazia si era voluta tramutare in Verbo con superbia ed arroganza, un Verbo terrestre, che stava venendo spazzato via dal Signore, offeso dagli affronti lanciatagli.

Ed io, un giovane novizio di nome Adso e proveniente dalla lontana città di Melk, in Germania, non potevo fare nulla se non pregare per anime di quelle persone che in quel momento stavano morendo avvolte da quelle fiamme indomabili, che come una piaga lanciata da Dio contro il Faraone stavano divorando tutto, per non lasciare più nulla.

La tragedia pareva immensa, anzi lo era, poiché un venticello lieve continuava ad alimentare le fiamme e a trasportare piccole scintille di fuoco, pronte ad attecchire su tutto ciò su cui riuscivano a posarsi. E così presero a bruciare anche le stalle e i dormitori. Tutto bruciava, ormai.

Il mio maestro Guglielmo continuava a strattonarmi per un braccio, in modo da allontanarmi del disordine totale nel quale imperversava tutto quanto, e pareva che nostro Signore avesse fatto in modo di ripristinare il caos iniziale, pur di punire i monaci.

Il Verbo tra quelle mura era diventato carne e poi sogni e desideri, così come anch’io a mio tempo mi ero lasciato andare con quella ragazza di cui non saprò mai il nome, ma che era bella come una rosa appena sbocciata.

Tra quei sacri arredi e tra quelle sante reliquie si erano intessute trame diaboliche, storie colme di lussuria ed intrighi per il sapere e per la conquista del potere sulla biblioteca. Ed in quel momento tutto era in fiamme, così come ogni sogno umano rimasto, che finiva per diventare cenere assieme alle migliaia di pergamene e di antichi volumi.

Così, anche il mio buon maestro, ormai uomo adulto da molto tempo, si stava lasciando andare ad un breve pianto, mentre le greggi di pecore impaurite scorrazzavano ovunque, inseguite dai famigli e dai pastori.

Nello stesso momento, gli stallieri stavano cercando di recuperare i cavalli fuggiti dalle stalle in fiamme, anche se non avrebbero di certo mai più ritrovato il bellissimo Brunello, il cavallo dell’Abate, che avevo visto fuggire poco prima con la criniera e il pelo in fiamme.

La sagoma del vecchio ed infermo Alinardo era ancora lì, distesa al suolo e immobile, ma noi due non pensammo neppure per un attimo di fermarci. Stavamo fuggendo da quell’inferno di fiamme indomabili, che ormai stavano voracemente divorando secoli di sapere umano.

Avevo mille domande che mi frullavano per la testa, eppure non le porsi al mio disperato maestro, che per una volta dimostrava tutti i suoi sentimenti. Se non avevo mai capito quando celiava, in quel momento stavo comprendendo come reagiva la sua grande personalità di fronte alla più estrema delle delusioni.

Solo quando divenni anziano compresi che in quei sette giorni di permanenza nell’abbazia avevo imparato tantissimo da Guglielmo da Baskerville, il mio umilissimo ed acutissimo maestro, un francescano minorita che senza presunzione mi aveva sempre invitato ad aprire gli occhi, ragionando con attenzione. Eppure, ho sempre avuto la sensazione di non essere mai riuscito a capire fino in fondo ciò che lui voleva insegnarmi e trasmettermi.

Ci allontanammo ancora un po’, ma il frastuono provocato da centinaia di persone e di animali terrorizzati era ancora assordante. Allora ci sedemmo, guardando da una certa distanza quell’infinità di sapere e di cultura mentre bruciava e collassava su sé stessa.

Restammo seduti lì, in silenzio, fino al mattino successivo.

Non dissi e non chiesi nulla al mio maestro, neppure lo guardai per timore di scorgerlo ancora così disperato, e ritenni ciò come un atteggiamento educato.

Ora che mi trovo in questo freddo scriptorium, e il pollice mi duole senza tregua alcuna, mentre la mia età m’impedisce molte cose e per leggere e scrivere sono costretto ad utilizzare quelle lenti che mi ha lasciato il mio maestro, costruite da Nicola da Morimondo proprio in quella stessa abbazia andata in fiamme, mi chiedo se a quel tempo avessi sbagliato. Perché il tempo è passato in fretta, e altrettanto in fretta fui costretto ad allontanarmi dal mio maestro, una volta ritornati in Germania.

Eppure, in quel momento nei nostri cuori viveva solo il dolore per tutti quei libri andati in fiamme, per il sapere perduto e per le disgrazie di cui era rimasta vittima l’intera abbazia. Anche se credo che il mio maestro stesse pensando più ardentemente all’Aristotele che ad altro.

Ora sospiro di fronte a quei pensieri, e mi limito a scriverli e a ricordarli, mentre la stanchezza del mio povero corpo incanutito m’impedisce di sapere con certezza se essi sono giusti da condividere con te, caro lettore, oppure no, e mi accingo a lasciare questa scrittura e questa vita…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

 

Ciao a tutti, e grazie per essere giunti fin qui e per avere letto questa OS.

Che emozione essermi messo nei panni di Adso per un po’ di tempo! So che non ho scritto un testo stupendo come quello dell’autore del libro, ma spero che comunque sia stato di vostro gradimento.

Ovviamente, per ancora maggiore correttezza, ci tengo a sottolineare che i personaggi e il mondo in cui si muovono non sono miei, ma di proprietà del grandissimo scrittore Umberto Eco, e che questa piccola opera è stata scritta senza alcun scopo di lucro o altro. Mi piacerebbe pensare che questo scritto venga inteso come un piccolo tributo ad uno scrittore geniale, purtroppo venuto a mancare di recente.

Grazie ancora per aver letto questo piccolo scritto.

   
 
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