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Autore: uchihagirl    01/04/2009    7 recensioni
Ambientata dopo la disfatta tedesca del torneo di Parigi, Gen/Karl senza pretese ù_ù
Accenni Muller/Kaltz e Tsubazzo/Tarallo xD
Rimasero in silenzio per un po’, Schneider in piedi con le braccia conserte e il portiere sdraiato, con le mani dietro la testa e la visiera del berretto bassa sulla fronte.
“Quindi?” chiese infine retorico il giapponese, sfoderando l’espressione più bastarda e palesemente compiaciuta che Karl avesse mai visto.
Seconda Shonen-Ai O.O
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di tedeschi frustrati e di portieri che imperversano

 


Appena a qualche ora dalla vittoria contro la Germania, nell’albergo di Parigi dove alloggiava la squadra giovanile del Giappone si era scatenato l’inferno.
Guidati da un euforico capitano che aveva aperto la prima bottiglia, i giocatori avevano festeggiato nel modo ritenuto più consono: sana, meritata bisboccia. Tutti avevano tracannato un’ingente quantità d’alcol e le conseguenze erano tra le più disparate: Ken continuava a specchiarsi in un cucchiaino, lamentandosi  isterico delle doppie punte, Ryo ballava sul tavolo la danza del ventre, incitato dagli altri, Hyuga borbottava qualcosa con un sorriso soddisfatto e Tsubasa e Misaki erano stretti in un abbraccio mozzafiato.

 

Gli unici due sfuggiti al delirio collettivo erano il povero Misugi, obbligato all’astinenza forzata, e Wakabayashi. Il portiere sedeva in un angolo, con un boccale di birra in mano, e osservava ridacchiando i compagni di squadra peggiorare di minuto in minuto. Ogni tanto Jun gli lanciava occhiate supplichevoli, chiedendo aiuto a domare la ciurma, ma veniva puntualmente ignorato. Verso mezzanotte, quando era ormai chiaro che non c’era più nulla da festeggiare – tutti erano collassati o, peggio, impegnati in altre rumorose occupazioni, come la Golden Combie imbucata nella stanza accanto –, senza dire una parola, Genzo prese il cappello e uscì.

 

Scese veloce le scale e camminò spedito fino alla hall dell’albergo, poi, non appena fu fuori, rallentò di colpo. Con le mani in tasca, il portiere camminava lentamente, rinfrescato dal vento. Sorrise, trionfante, vedendo la bandiera giapponese sventolare sopra lo stadio, illuminata da diversi faretti, e alzò un braccio, in segno di vittoria: erano i campioni, nulla gli aveva mai dato tanta soddisfazione.
Giunto a destinazione, si diresse verso la camera numero undici senza esitare - aveva già fatto un paio di volte, quel tragitto, sapeva come muoversi –, quindi bussò.
“Ti aspettavo più tardi.” fece Karl, aprendo la porta.

 

“Beh, non c’è problema, se vuoi mi faccio un giro.” Gli rispose beffardo Genzo, fingendo di andarsene. Con uno sbuffo di sfinimento, il Kaiser lo prese per il braccio e lo trascinò dentro la  camera; quindi lasciò che si stravaccasse sul suo letto, mentre lui si appoggiava al muro di fronte.
Rimasero in silenzio per un po’, Schneider in piedi con le braccia conserte e il portiere sdraiato, con le mani dietro la testa e la visiera del berretto bassa sulla fronte.
“Quindi?” chiese infine retorico il giapponese, sfoderando l’espressione più bastarda e palesemente compiaciuta che Karl avesse mai visto.

 
“Quindi cosa?” Il Kaiser non era intenzionato a non raccogliere la provocazione: non avrebbe mai permesso a quello stronzo di giapponese di sfotterlo.
“Quindi come ci si sente ad aver perso la finale contro il proprio ragazzo, nonché rivale da sempre?” sogghignò Genzo, rigirando il coltello nella piaga: sapeva bene che Schneider non gliel’avrebbe data vinta, per questo era divertente istigarlo.
Il tedesco lo fulminò. Non gli dava così tanto fastidio che i giapponesi avessero vinto: si erano dimostrati più forti, meritavano il titolo. Quello che lo faceva davvero andare su tutte le furie era il deficiente sul suo letto.

 

“Devi proprio tirartela così tanto, Wakabayashi?” domandò stizzito, spostando lo sguardo dal ghigno del portiere a un punto imprecisato sul soffitto. “Non ti basta aver vinto?”
“Aaaah, brucia, eh?” gongolò il portiere, tirandosi a sedere.
“Ma vuoi proprio che te lo dica, eh?” Con un colpo di reni si staccò dal muro e si avvicinò al ragazzo. Si chinò verso di lui e gli ringhiò all’orecchio: “Sei un maledetto stronzo egocentrico.”
Genzo ridacchiò, lusingato, e lo prese per la vita, facendolo accomodare a forza sulle sue ginocchia.
Bastardo, prego. E non venire a farmi la predica, tu faresti lo stesso.”


 
“Bah!” ribatté Karl, scettico. “Non verrei mai a gongolare in camera tua dopo una vittoria simile. Terrei la mia gioia per me, io, senza sbattertela in faccia.”
“Sicuro? Io non credo proprio. Se vincessi tu una partita così importante, altro che sfottò: mi faresti trovare bandiere tedesche dappertutto o gigantografie della squadra giapponese con su scritto perdenti a caratteri cubitali.”
L’altro fece una smorfia, indispettito: “Una cosa così gretta non è mio stile. Kaltz probabilmente farebbe qualcosa di simile. Io mi limiterei a farti sentire inferiore, senza scendere a un tale livello.”
“E dici poco? Me la meneresti in continuazione.”

 

“Tu non hai intenzione di farlo, invece, eh?” alzò un sopracciglio, provocatorio.
Genzo rise: “Certo, per chi mi hai preso?”
Il Kaiser di Germania piegò la bocca in un sorrisetto malvagio. “Beh, se la metti così, forse manderei Kaltz e Schuster a svolgere l’onorevole compito.”
“Ah, Stecchino e Donnetta Pedante che mi umiliano. Non ce li vedo proprio.” Commentò sicuro di sé il portiere. “Scapperebbero come conigli per paura della mia reazione.”
Assunse poi un’aria pensierosa: “A proposito della scimmia puzzolente, come mai non è qui a reggere il moccolo come al solito?” chiese, accennando alla branda vuota di Hermann.

 

Karl fece spallucce. “Ha avuto l’accortezza di levarsi dalle palle prima che lo cacciassi. Avrà trovato qualcosa di meglio da fare che stare qui a sentire le tue stronzate, come faccio io. Forse è più furbo di quanto sembra.”
“Figurati! Cosa vuoi che faccia per lenire lo smacco? Si infili nelle lenzuola di qualcuno?”
Lo sguardo del Kaiser fece capire al portiere che l’ultima ipotesi non era poi così azzardata.
“Se ne è andato blaterando qualcosa a proposito di Muller, ma non l’ho quasi ascoltato, quindi è possibile che facciano qualcosa con i ragazzi. Ma…” lasciò la frase in sospeso.

 

La mascella di Genzo cadde inesorabilmente a terra.
“Dieter – Mr mononeurone dopato – Muller e Hermann?” boccheggiò incredulo, mentre Karl si sedeva accanto a lui, scivolando giù dalle sue ginocchia.
“A quanto pare…” fu il commento distratto di Schneider.
“La montagna e il tappo tracagnotto? Ah,” ghignò “ non vorrei essere nei panni di Kaltz: dopo i goal che ha incassato oggi, Muller sarà un bel po’ frustrato e dovrà pur sfogarsi in qualche modo, povero Magilla Gorilla.”
Karl schioccò la lingua contro il palato, annoiato. “Dobbiamo discutere ancora a lungo di ciò che Hermann farà, o che sta già facendo?

 

Genzo lo guardò, con un sorriso malizioso, e si tolse il cappellino, lanciandolo sul letto di Kaltz.
“No, certo che no.”
Quindi si chinò su di lui, appoggiò le mani sulle sue spalle, costringendolo a sdraiarsi, ma non lo baciò. Gli rimase sopra, passando sul suo viso senza mai sfiorargli la bocca: Schneider grugnì, infastidito, cercando di intercettare le labbra del portiere con le sue.
“Siamo impazienti, oggi, eh Karl?” sogghignò, continuando a provocarlo con lievi baci, evitando appositamente di giungere a destinazione.
Schneider gli rispose con un amaro sorrisetto allusivo. “Sai, Muller non è l’unico frustrato che deve sfogarsi.”

 

“Oooh!” esclamò il portiere, allargando il ghigno. “È per caso un’ammissione di delusione, ciò che le mie orecchie hanno appena sentito? Il grande Kaiser di Germania si sente depresso per via della partita persa? O, meglio ancora, per via di quell’ultimo tiro che io ho parato con grande classe?”
L’attaccante tedesco alzò gli occhi al cielo, borbottando qualcosa che sembrava molto un “fottiti”.
“Veramente pensavo di fottere te, sempre che tu sia d’accordo, si intende.”
Lo sguardo di Schneider si fece attento e Genzo ridacchiò, leggendo nei suoi occhi azzurri un chiarissimo: “Cosa stai aspettando, idiota che non sei altro?”

 

Senza aggiungere un’altra parola, il giapponese aprì le danze, sfilandogli la maglia e baciandolo con passione. Karl ricambiò volentieri, per poi andare a giocherellare con i suoi capelli neri.
Genzo aveva affondato il viso nell’incavo tra la spalla e il collo del compagno e lo stava mordicchiando sapientemente, quando il commento a mezza voce di Schneider lo distrasse, facendolo fermare.
“Mi brucia di più il secondo punto, ad essere sinceri, ma non pensare che sia finita qui: giocheremo di nuovo come avversari e mi prenderò la mia rivincita.”
Il portiere sogghignò, continuando da dove si era interrotto: “Non vedo l’ora.”

 

 

 

 

 

 

 

 

************
Shottina di 13 drabble di 100 parole - quindi di 1300 parole (sono brava a contare, eh? xD) - senza arte né parte, scritta solo per chetare la mia voglia incredibile di Gen/Karl.
La odio e la amo, perché a essere sincera i personaggi mi sembrano loro ma forse non sono loro.
Non lo so, sono confusa ç.ç
Naturalmente, è ambientata dopo il torneo di Parigi e dopo la disfatta della Germania. Lo so che i ragazzi hanno appena quindici anni, ma è proprio nell’adolescenza che si hanno gli ormoni a mille, no? xD
I due pair accennati (G&G e Muller/Kaltz) sono rispettivamente per le mie care Kitsune999, a cui ho allegramente ciulato l’idea della shot da 13 drabble di 100 parole ciascuna, e Pucchyko_girl, che invece è tanto paFFolosa! I love you, girls!


Se i pg sono così tanto OOC, ditemelo e provvederò a inserire l’avvertimento^^

 


Elena


 

 

Ancora una volta, commenti graditi! *smile*

 

 

 

Un grazie speciale a Kitsu per l’aiuto nella scelta del titolo. Smack!
   
 
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