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Autore: RaindropMG    29/03/2016    0 recensioni
- “Hai dimenticato chi cazzo è che comanda qui, Owen? - ” – si rivolse a Mark con un tono brutale.
“Rispondi!” rincarò.
Spaventato da quei gesti e da quelle parole Mark, con un filo di voce, disse “T-tu..Robbie..” per accontentare il ragazzo. Non contento, Robbie lo sollevò anche da terra, gli strinse le mani dietro di sé immobilizzandolo
- “Cerca di non dimenticarlo.” Gli sussurrò nelle orecchie prima di girarlo verso di sé.
Con la mano aperta, Robbie si scagliò contro Mark..
(Ovviamente, tutto quanto è stato inventato da me. TUTTO è frutto della mia fantasia, fatti puramente casuali. :3)
Genere: Drammatico, Erotico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gary Barlow, Mark Owen, Robbie Williams
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: PWP, Tematiche delicate
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« EST-CE QUE TU M’AIMES? »

Venerdì, 10 ottobre 1997, ore 7.30 am : Casa Owen/Williams.
Era una mattina come tante. Alzato dal letto, vestito di tutto punto, lavato e pettinato Mark scese in cucina per mangiucchiare qualcosa per poi andare di corsa al lavoro: sì, era sempre in perenne ritardo!

25 anni, capelli castano chiaro abbinati ad occhi azzurri mozzafiato, fisico da urlo, amante della moda tant’è che era sempre vestito con panciotto e pantaloni neri vellutati accompagnati da una camicia grigio scuro con annesso cappello nero, con una cultura impressionante e l’amore per la musica e l’arte: questo era Mark. Originario di Manchester, da qualche anno si era trasferito stabilmente a Londra un po’ di mesi fa dove viveva con il suo ragazzo che amava da ben 5 anni, il quale aveva conosciuto sui banchi di scuola.
Una decisione che non fu facile: sebbene la loro relazione durasse da 5 anni, una convivenza avrebbe messo alla prova quanto quell’amore fosse forte. Mark volle provare lo stesso, come amava lui non amava nessuno. Era intenso, passionale, dolce. Insomma, l’uomo ideale da avere accanto!
Robbie, il ragazzo di Mark, gli aveva giurato dopo qualche scaramuccia e qualche flirt mentre Mark era assente, che lo avrebbe amato fino alla fine dei tempi. Ovviamente Mark lo perdonò in nome dell’amore, e della prima amicizia, che li legava. Era un ragazzo di aspetto tutto contrario a Mark: 22 anni, alto, moro con due occhi grandi e verdi ma con un po’ di egocentrismo che, a volte, irritava anche i suoi amici più cari. Amava le feste e ci andava pesante con l’alcool supportato da amici che, a parere di Mark, sarebbe stato meglio perdere che avere: una volta addirittura, lo coinvolsero in una rissa in un bar nata da un nonnulla. Dopo una notte in cella per precauzione, Mark andò a riprenderlo. Era così dannatamente buono che non sembrava accorgersi di ciò che Robbie era veramente. Ma, andiamo con ordine!
- “Rob amore, io vado al lavoro! Ci vediamo dopo!” urlò Mark da in fondo alle scale al suo amato Robbie.
Poté udire un lieve mugugno provenire dalla loro stanza da letto. Ormai Mark era abituato al mancato saluto di Robbie la mattina: era troppo presto per lui. Festa fino a tardi e lavoro pomeridiano, nemmeno gli prendeva tutto il pomeriggio ma solamente due/tre orette al giorno insomma, un lavoretto “part-time”.
Era Mark quello che contribuiva a tutto in casa: all’affitto, alla spesa, alla macchina, alle riparazioni, alle bollette e via dicendo.
 Amava il suo lavoro. Avendo studiato arte per oltre 10 anni, sia alle scuole superiori sia all’università delle Belle Arti, era in grado di “distinguere un Van Gogh da un Monet”, come amava scherzarci su lui. Robbie non fu l’unico motivo per il quale Mark decise di lasciare i suoi famigliari e trasferirsi a Londra. Beh, in gran parte fu per lui ma, Mark, aveva fatto domanda per un colloquio di lavoro alla più famosa Art Gallery di Londra ovvero la National Gallery.  Lo avevano preso! Cercavano un giovane aspirante critico che amasse l’arte e fosse disposto a spostarsi per viaggiare in diverse gallerie anche fuori Londra, con entusiasmo da vendere ed il sorriso sempre stampato in viso per accogliere al meglio i clienti.

Egregio S.g. Owen,
Siamo lieti di informarla che lei è stato, con molta soddisfazione, selezionato per entrare a far parte del nostro team. La invitiamo a raggiungerci il prima possibile per concordare ogni dettaglio del suo nuovo lavoro.
Distinti saluti,

The National Gallery, Londra.”
Così recitava la lettera.
Quando l’aveva aperta, Mark, non si rese subito conto dell’importanza della situazione e della lettera stessa  ma fu sua mamma a farglielo notare.

- “Markie, tesoro, è arrivata posta da Londra per te.”  disse sua mamma quasi incredula che il figlio ricevette posta da una città importante come Londra.
- “Oh, grazie mamma. Sarà quel solito burlone di Jason! Ama farmi molti scherzi in questo periodo.. “ disse ridendo di gusto ricordando gli scherzi dell’amico d’infanzia.
Lesse in fretta, senza darsi il tempo di soffermarsi troppo sull’indirizzo.
Sgranò gli occhi, rilesse, sorrise a 32 denti.

- “Mamma, mamma! Mi hanno preso!” corse ad abbracciare sua mamma che, per la felicità, si lasciò andare ad un grido di commozione.

- “Oh bambino mio, che bella notizia! Ma ora avrai bisogno di preparare le valigie, di prepararti, ti serviranno delle camicie..delle mutande..delle canottiere per non prendere freddo..ok, ci penso io! Bravo piccolo mio, sono fiera di te!” esagerando come ogni mamma fa, si strinsero in un abbraccio caloroso e famigliare.

Circa una settimana dopo Mark era partito per Londra con..Robbie che era venuto a prenderlo.
Una volta arrivati faticarono non poco per trovare casa in quanto Robbie, avendo litigato con il suo padrone di casa, era stato sfrattato. Ma fortunatamente quest’ultimo aveva dei parenti nelle vicinanze di Trafalgar Square, così i due ne approfittarono per trovare una villetta poco costosa a soli 10 minuti di macchina dalla National Gallery e ben presto si poterono comprare una macchina per spostarsi con più facilità.
Dopo aver riposto il pranzo nella borsa da lavoro, Mark uscì. Prese la macchina e cominciò a guidare verso il lavoro. Dopo una mattinata intensa fatta da turisti tedeschi e spagnoli venuti ad ammirare le bellezze della galleria londinese, Mark telefonò come ogni giorno a Robbie.

- “Pronto?” rispose Robbie ancora assonnato.
- “Pronto, Rob? Come sta andando a casa? Io sono in pausa pranzo.”
- “Oh sì, Mark.
– Robbie sbadigliò – Sì, tutto ok. Quando torni?”
- “Stasera verso le 19.30.”
- “Ok, cucini tu?”
- “Sì, certo amore.”
- “Bene. Io adesso vado a giocare a calcio con Billy e Ray, buon lavoro Markie!”
- “Rob..aspetta..”
- “Che c’è?”
- “..t-ti amo..”
- “Anche io.”
- “Chiamami dopo..”
- “Ok! Ciao!”


Sconsolato, Mark riattaccò.
Sì, era abituato al carattere freddo di Robbie, ma non era sempre stato così ed a Mark capitava di ripensare al vecchio Robbie. Quello degli abbracci calorosi e dei baci affettuosi, quello che ai primi anniversari lo sorprendeva sempre con qualcosa di nuovo.

- “Ohm, er..sorry Sir, may I ask you something ‘bout this picture?”
- “Oh, sure!”

Ci pensò un turista tedesco a riportare Mark con la mente concentrata sul suo lavoro, chiedendogli di mostrargli un quadro. Svariate ore e svariati clienti dopo, l’orologio scoccò le 19 in punto.

- “Uff, che giornata. Ma perché non chiama?” Mark era intento a guardare lo schermo del suo telefono attendendo la chiamata di Robbie, che non arrivò mai.
- ‘Speriamo stia bene..certo che se la spassa con quei due. Pff.’- pensò tra sé e sé.
Nel parcheggio accese l’auto, cercò un po’ di musica ed infilò un disco vecchio, uno di quelli senza tempo da ascoltare ed ascoltare ancora, la canzone si chiamava “Est-Ce Que Je T’Aime?”, ed era la canzone che coronava la sua relazione con Robbie. Cantando e gesticolando, Mark arrivò a casa.
Spense la macchina, scese ed infilò le chiavi per rientrare.
 Aperta la porta, trovò il casino più totale! Robbie aveva dato una festa senza avvisarlo , ecco perché non chiamava!
Furibondo, Mark si diresse verso la cucina dove Robbie era intento ad aprire una bottiglia di vino da offrire ai suoi numerosi e maleodoranti amici.

- “Beh?! Cos’è questa festa?!”
- “Oh Mark, bentornato! E’ una festicciola privata, solo pochi intimi! Billy, Ray, Jenny, Charles, Diggie
..” la lista di Robbie sembrava non fermarsi mai.
- “Ah. E tu me li chiami pochi amici, ‘intimi’?! Ora li mandi via tutti, sono stanco, ho lavorato tutto il giorno io!”
- “Oh dai, Mark!”
- “No, Rob, mi hai sentito?!”
- “Eh, ok. Forza ragazzi: LA FESTA E’ FINITA GRAZIE A “GRUMPY MARK”!”


Gli invitati abusivi uscirono in massa gridando “Oh oh, grumpy Mark!” quasi a prendere in giro Mark.
Dopo che se ne fossero andati tutti, Mark sfiatò contro Robbie dicendogli di non permettersi mai più di fare una cosa del genere.
Per tutta risposta Rob rispose con uno sguardo di sfida nei confronti di Mark e si limitò a mugugnare.
Mark continuava a lamentarsi.

- “Perché non mi hai chiamato? Per questa stupida festa? Quando troverai un lavoro?! Sto facendo tutto io. SOLO io.” Ben presto la discussione divenne un litigio vero e proprio dove Robbie rispose a Mark a tono.
- “Quando ne avrò voglia andrò a lavorare, Mark.”
- “Cosa?! No adesso tu esci e ti vai a cercare un lavoro perché io non accetto più di farti da schiavetto per tutto!”


Mark si era dimenticato quanto Robbie fosse più forte di lui e quanto avesse i nervi poco saldi.
- “Non sei di aiuto..nemmeno pulisci..inviti a casa queste persone e non avvisi! Ma soprattutto..” – prima che Mark potesse finire ciò che stava dicendo, Robbie lo scosse per le braccia, forte.
Talmente forte da far tremare  e cadere il cappello di Mark.
Lo sbatté contro il muro urlandogli in faccia di smetterla, che l’unico buono a nulla era lui.
Lo alzo di peso e lo gettò a terra.
 
- “Hai dimenticato chi cazzo è che comanda qui, Owen? - ” – si rivolse a Mark con un tono brutale.
 “Rispondi!” rincarò.
Spaventato da quei gesti e da quelle parole Mark, con un filo di voce, disse “T-tu..Robbie..” per accontentare il ragazzo. Non contento, Robbie lo sollevò anche da terra, gli strinse le mani dietro di sé immobilizzandolo
- “Cerca di non dimenticarlo.” Gli sussurrò nelle orecchie prima di girarlo verso di sé.
Con la mano aperta
Robbie si scagliò contro Mark.
Quando ebbe finito, Mark era a terra.
Piangeva, tremava.
Spaventato dall’improvviso comportamento di Robbie, a fatica si alzò, andò in cucina e si scaldò una tazza di thè per calmarsi, dopo di ché si coricò sul divano aspettando, invano, il sonno.
Robbie dormiva già. Non riusciva a capacitarsi di ciò che era appena avvenuto: Robbie gli aveva davvero messo le mani addosso? Od era solo un brutto sogno?

- “Oh mio Dio.” Mormorò ancora spaventato tra sé e sé raggomitolato sul divano in una coperta di lana.
Guardò l’orologio, erano le 4 di mattina. Sì, sarebbe andato a lavorare tra, esattamente, 3 ore.
Non riusciva a chiudere occhio, ripensava a quanto era successo interrogandosi il più possibile per capire dove aveva sbagliato, se aveva sbagliato qualcosa.
Alzatosi, frugò nella sua borsa trovando un piccolo diario blu scuro con un bigliettino attaccato.

“Questo ti servirà, scrivici tutto ciò che accade nella tua più grande avventura.
Con affetto,

Mamma.”


Era un regalo infilato all’ultimo minuto nella borsa da viaggio di Mark per questo non lo aveva notato subito. Lo prese e lo strinse, piangendo.
Lo aprì: le pagine bianche.
Prese una penna, cominciò a scrivere.
   
 
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