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Autore: MaryMelody98    30/03/2016    1 recensioni
La Regina di Francia Maria Antonietta rivive con tristezza quanto con nostalgia il ricordo del suo matrimonio con il sovrano Luigi XVI, comprendendo sin da subito di non essere destinata alla felicità
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
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                               Maria Antonietta: memorie di una regina

 


Uno sfortunato matrimonio
 
16 Maggio 1770

Ricordo ancora ogni cosa che avvenne durante quella giornata, i più minimi particolari sono impressi nella mia memoria come fossero stati marchiati a fuoco. Per tutti si trattava del matrimonio che avrebbe finalmente unito due grandi casate nemiche, per me la realizzazione di un sogno che seppur tanto ambito da ogni principessa, mi costringeva a lasciare la mia terra natia: diventare regina. Tutto pareva così splendente all'inizio, anche il mio destino, eppure più gli anni passavano e più ero conscia del fatto che quel giorno non era stato altro che l'inizio della mia rovina di donna. Beata gioventù! Nulla mi preoccupava e mi veniva obbligato, al contrario di adesso in cui il mio fato sembra il più disperato tra tutti. Nonostante mi trovassi in una patria straniera che avrei dovuto iniziare a considerare come mia, senza più alcun appoggio amico, la disperazione e la tristezza non trovarono posto nel mio cuore pieno di meraviglia per la bizzarra quanto maestosa opulenza della corte francese, così diversa dalla rigida e severa fastosità di Schönbrunn. Non avrei più rivisto la mia "casa", le mie dame, né tantomeno le mie sorelle o la mia adorata Carolina. Ero sola, totalmente circondata dal vuoto. 

Avevo solamente quindici anni, ero una delle tante pedine politiche di mia madre che amavo incondizionatamente, ma dove era ora che ne avevo più bisogno? Allora non ne ero consapevole, amavo la grande imperatrice austriaca... Ora non più. Avevamo trascorso insieme più tempo nei miei ultimi giorni in Austria che durante l'arco di tutta la mia vita a corte, tuttavia non mi curai mai di tale assenza. Oggi ho la possibilità di dire che non ricevetti mai un vero amore materno, mi recai a Versailles in un inquietante solitudine e così la lasciai. La vestizione, la cerimonia, il banchetto e le danze erano per me un sogno divenuto realtà che come venne se ne andò. Fu un singolo gesto da parte del mio consorte durante la notte a farmi aprire gli occhi per quella che sarebbe stata la mia esistenza di lì in poi. Provai un certo ribrezzo per mio marito sin dal primo momento in cui lo vidi, non era l'affascinante e gradevole giovane di cui possedevo un ritratto e avevo sentito parlare. Era basso, in sovrappeso, goffo e alquanto irritante nel parlare, ma da buona cristiana quale mi avevano insegnato ad essere decisi di accoglierlo benevolmente nel mio cuore. Eravamo diventati moglie e marito, quale vincolo dato da Dio era il più stretto tra due persone? Presi la decisione di concedergli, seppur riluttante, il mio cuore innocente che mai aveva provato la gioia dell'amore. Come ogni fanciulla il mio desiderio di essere amata era forte e necessario, ma a spingermi a tale convinzione fu soprattutto la novità di quel nuovo rapporto, qualcosa che consideravo sacro. 
 

Penso fosse mezzanotte quando la Contessa di Noailles mi costrinse ad allontanarmi dai festeggiamenti per prepararmi per la notte, la mia prima notte di nozze. Nei pochi giorni passati con l'imperatrice, quest'ultima mi aveva attentamente ed accuratamente spiegato quanto quel momento sarebbe stato importante nella mia condizione di regina, ne ero rimasta impressionata quanto imbarazzata, eppure mi piegai anche a tale evenienza della vita coniugale. Mi espose come la necessità di generare un erede fosse fondamentale per mantenere buoni rapporti tra Francia e Austria, nonché per salvaguardare la mia stessa soddisfazione di moglie e di regina in modo tale da non cadere nella vergogna pubblica. Le cameriere con estrema cura e quasi riverenza adagiarono i candidi e morbidi veli delle vesti da camera sul mio esile e poco maturo corpo, sistemarono i capelli facendoli ricadere sulle spalle e profumarono la pelle con dolci fragranze. Non appena ebbero terminato il loro compito, la Contessa fece cenno di aprire la porta dando così accesso non solo al principe Luigi ma anche alle maggiori personalità della corte che con occhi vispi e interessati lanciavano occhiate sia nella mia direzione che in quella del giovane. 

Spinti dai rispettivi precettori, ci coricammo e dopo una breve benedizione della cui celebrazione non comprendevo ancora il significato, chiusero le pesanti tende dell'enorme baldacchino. Le lenzuola di seta erano fredde, fin troppo gelide, tanto che cominciai a tremare senza che me ne accorgessi; oltre il mio tremolio che provocava una respirazione leggermente irregolare, accanto a me non vi altro che oscurità e un'inquietante silenzio. Come su indicazione della mia adorata madre aspettavo un qualche gesto nei miei confronti da parte del Delfino: per non apparire sfacciata ai suoi non avrei mai potuto espormi per prima. Nell'immobilità dell'attesa contai infiniti secondi prima di udire un tossicchiare piuttosto imbarazzato, al che, contravvenendo a quanto mi era stato raccomandato, fui io stessa a rivolgergli la parola nonostante l'evidente imbarazzo e la difficoltà nell'esprimermi nella sua lingua.

"State dormendo, Luigi?" sussurrai lievemente per non svegliarlo in caso contrario.

"Non ancora, altezza" rispose quasi preso alla sprovvista.

La sua formalità anche in un momento intimo come quello mi procurò un tonfo al cuore, un senso ancor più accentuato di solitudine. All'improvviso capii come negativamente stesse affrontando anche lui la situazione nei miei riguardi: entrambi ci eravamo rinchiusi in noi stessi e ciò ci rendeva irraggiungibili l'uno nei confronti dell'altro. Per la mia ingenua predisposizione d'animo parlai nuovamente, ma non ricevetti in cambio altro che dolore.

"Dalla vostra voce mi sembrate molto prostrato"

"Sì, madame"

"Abbiamo tempo, il mondo può aspettare. Non preoccupatevi" lo incoraggiai assumendo quasi un tono materno.

Condividevamo un destino identico, che senso poteva mai avere rimanere separati anziché unire le forze? Pur non conoscendolo affatto gli avrei dato la mia solidarietà e perseguendo un fine quasi puramente egoistico, quello di non rimanere sola durante le tetre notti a Versailles, gli strinsi impudicamente la mano nella mia. Sentii il suo respiro mozzarsi pensando che fosse stato sorpreso piacevolmente dal mio gesto, tuttavia la mia idea fu spezzata dopo un istante. Ritirò frettolosamente la mano come se si fosse scottato irrimediabilmente e senza proferire parola si girò dandomi le spalle. I miei occhi di bambina si inumidirono a tale scortesia e qualche singhiozzo accennava a farsi largo nella mia gola, tuttavia imitando il forte senso d'orgoglio caratteristico della mia famiglia d'origine, non emisi un fiato. Gli diedi a mia volta le spalle, non rabbrividivo soltanto esteriormente, anche il mio cuore mancava di un battito che lasciava spazio ad un vuoto che nel tempo divenne sempre più spietato. Non chiusi occhio quella notte, ma ringraziando il Cielo la mia ingenuità mi dette speranza. Forse rendendomi conto sin da subito della mia condizione non mi sarei mai abbandonata alla sublimità e la spensieratezza del sonno, ma il mio animo era ancora troppo giovane per conoscere le sventure che mi avrebbero colpita.


 

 

 
 
   
 
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