Il blocco dello
scrittore
Si
siede alla scrivania. Si rialza
subito perché non ha niente su cui scrivere. Prende l'agenda dalla
valigetta,
ma non gli è mai piaciuto scrivere sulle agende, se può scegliere. Va
alla
stampante e prende un foglio bianco: lo fissa per qualche secondo e lo
rimette
dov'era. Sui fogli bianchi lui scrive storto. Trova nel cassetto un
blocco per
appunti, ma è a quadretti e non gli piace. Infine trova una serie di
fogli a
righe pinzati insieme: sembrano perfetti. Li poggia sulla scrivania e
si siede
di nuovo. Prende la penna e fa scattare la molla per far uscire la
punta. Prova
a scrivere, ma non esce inchiostro: la penna è scarica. Si alza,
cammina fino
al cestino e la butta, poi ne cerca un'altra nel cassetto. Ne trova una
nera.
Ma lui scrive sempre in blu. Infine ne trova un'altra blu. Torna alla
scrivania
e si siede una terza volta. Toglie il tappo e lo fissa al retro della
penna.
Prova di nuovo a scrivere, questa volta funziona. Scrive la prima
parola: “Era”.
Si
ferma: la penna non è adatta, meglio
la matita. Ma dove l'avrà messa? Rimette il tappo alla penna. Va in
cucina e
cerca sul tavolo, ma lì non c'è. Torna nello studio e cerca nella
valigetta il
proprio minuscolo portapenne. Dentro, la sua matita sembra guardarlo
trionfante. Torna ancora una volta a sedersi davanti a quella parola
“era”.
Aggiunge due parole: “pomeriggio inoltrato”. Si ferma. Non gli piace,
non è un
buon inizio. Eppure aveva cominciato bene: “Era” gli era sembrato molto
adatto.
Cerca la gomma. Si ricorda di averla vista in cucina. Impreca a mezza
voce, si
alza di nuovo e va a prenderla. Torna a sedersi e cancella le due
parole a
matita: “Era” campeggia di nuovo solo davanti all'immensità bianca del
foglio.
Riprende in mano la matita. La poggia, quando si accorge che ha la
punta non
perfettamente temperata. Odia le matite non appuntite, ma non gli va di
alzarsi
di nuovo, perciò abbandona il proposito di rimediare subito e prende di
nuovo
la penna. Toglie il tappo e lo fissa al retro, di nuovo. Preferiva la
matita,
ma non ci sono molte altre possibilità. Aggiunge sei parole: "la serata
peggiore della mia vita".
Si
blocca. Cosa deve scrivere dopo?
La mente gli si svuota, diventa bianca come il foglio che ha davanti.
Chiude la
penna e si dice che forse il computer andrà meglio. Lo prende dalla sua
custodia, sposta i fogli e lo mette al centro della scrivania. Lo
accende, ma
come al solito ci mette un'eternità a essere utilizzabile. Mentre
aspetta,
comincia a scarabocchiare su un angolo del foglio. Quando infine il
computer si
accende, appare l'avviso di batteria scarica e il video diventa nero.
Impreca
di nuovo e cerca il caricabatterie nella custodia del computer. Lo tira
fuori e
lo attacca alla presa di corrente e al computer. Poi riaccende la
macchina.
Mentre aspetta, cerca il temperino nel cassetto e una volta che l'ha
trovato
tempera la matita. Non si sa mai cosa potrebbe capitare. Finalmente il
computer
si accende: apre un documento di testo e ricopia le sette parole
scritte fino a
quel momento: “Era la serata peggiore della mia vita”.
Si
ferma di nuovo, indeciso su come
continuare. Clicca sul suo browser di Internet e controlla le mail.
Nulla di
nuovo. È tentato di aprire Facebook, ma riesce a trattenersi. Chiude la
pagina
di Internet e riapre il documento di testo. Aggiunge un punto e a capo,
poi
scrive “Eppure era cominciato tutto così bene”.
La sua mente è di nuovo vuota. Sta temporeggiando, sa bene che quelle due frasi possono portare a centinaia di storie diverse. E a lui non ne viene in mente nemmeno una. Ha fame. Si alza, va in cucina e prende dalla dispensa un pacchetto di cracker. Lo mangia sul tavolo della cucina per non riempire di briciole lo studio. Prende dal frigo una bottiglietta d'acqua e la porta con sé mentre torna verso la scrivania. Non gli va di doversi alzare per prenderla in caso gli dovesse venire sete. Appena si siede, si rende conto che per quel giorno non riuscirà a scrivere nient'altro, a meno che non gli arrivi dal nulla l’ispirazione. Salva e chiude il documento di testo, poi spegne il computer e indossa il cappotto. Chiama a sé il cane con un fischio e lo porta a fare una passeggiata. Ha bisogno di una boccata d'aria.
N.d.A:
Ciao a tutti! Grazie per aver dedicato un po' del vostro tempo a leggere questa storia.
Vorrei sottolineare che non l'ho riletta molte volte, perché ogni volta che la leggo mi viene un'ansia assurda e quindi ho cercato di farlo il meno possibile.
In caso qualcuno di voi se lo stesso chiedendo, non è autobiografico: io scrivo sempre al computer e se mi accorgo che non so che fare evito di temporeggiare e mi metto a fare altro.
Se voleste lasciarmi una recensione, mi fareste solo piacere.
Che gli dèi siano con voi!
-Magic