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Autore: Fabbricante Di Sogni    30/03/2016    2 recensioni
Teatrale | psicologico/filosofico | personaggi sorpresa
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«Un vigliacco quindi, un qualcuno che non ha avuto il coraggio di resistere alla sua stessa esistenza.»
«Un vigliacco dici? Io direi più un forte, uno a cui non serviva l’approvazione di chi che sia, lui un bel giorno ha preso ed è scomparso, non ha lasciato traccia alcuna, riesci a immaginarlo?»
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«Se questa la chiami libertà, cosa gli è rimasto a parte se stesso?»
«Proprio non riesci a capire vero? Lui non ha più bisogno di niente, lui basta a se stesso e si appartiene, è l’unica proprietà che desidera avere.»
Genere: Introspettivo, Mistero, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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"Date i palchi a chi sa improvvisare,
che a leggere i copioni sono bravi tutti."


 
I tuoi occhi sono attratti quasi naturalmente dalla luna, che serena si alza in cielo, piena e splendente, non l’avevi ancora notata perché sei appena uscito dal teatro, quando sei entrato prima il sole era ancora alto nel cielo e l’aria era ancora chiara.
Adesso invece la sera avvolge l’atmosfera che si sta inscurendo, la cosa ti riguarda in qualche modo, vuoi semplicemente stenderti sotto il cielo e guardarlo, il resto non conta davvero.
Stringi un buco in più della cintura, te ne rendi conto solo ora, questo è l’ultimo buco, poi c’è solo il cuoio, accidenti a te e alla tua pancia piatta che lascia in bella vista le costole.
Non va bene, pensi, non che t’interessi realmente, sarà almeno una settimana che non metti qualcosa sotto i denti, la realtà è che è come se la cosa non ti riguardasse.
Hai i muscoli stanchi, ma lo spettacolo a cui hai appena finito di prendere parte non potevi proprio perdertelo: il vecchio teatro dell’opera abbandonato ha un’architettura eccezionale, tu puoi rendertene bene conto perché hai studiato al liceo d’arte e conosci bene il significato stilistico che sta dietro ogni singola scelta dell’architetto. Lo stile classico con cui l’immenso salone è stato costruito vuole certo rendere onore ai vecchi teatri del passato, rivisitandoli poi in base alla teoria Neoplatonica che fungeva da fiaccola nel rinascimento. Tutto sembra posto così a meraviglia e comprendi le scelte stilistiche dell’architetto fino in fondo, anche se i punti di ristrutturazione sono evidenti, ma a loro volta fatti in modo da non disturbare l’opera principale. Per non parlare dell’affresco sul soffitto che illustrava a meraviglia i dodici dei greci superiori, un chiaro tributo all’arte ellenistica, anche se di quel vecchio affresco non resta più molto. Il soffitto aveva però ceduto in un certo punto, tanto che tra le foglie di edera verde, che lo avevano in gran parte ricoperto, si apriva una luce che andava a illuminare l’interno del teatro.
Il vecchio candelabro di magnifica fattura in cristallo era caduto con il pezzo di soffitto proprio in mezzo alla poltroncine rosse che scolorite dal tempo si affacciavano sul palco, quasi impallidite.
Alle sei di sera il sole dava la luce perfetta per un’interpretazione, ti eri tanto fatto prendere da quell’idea che senza indugiare vi eri salito sopra e con atteggiamento teatrale avevi recitato:

«"Cos’è quella luce che appare alla finestra? E’ l’oriente? E’ Giulietta? E’ il Sole.
Sorgi bel Sole e uccidi l’invidiosa Luna che già fiacca e pallida dalla gelosia di te sua ancella, che sei più bella di Lei. Smetti di servirla, quell’invidiosa. La divisa delle sue vestaglie è verde e malsana la portano solo le donne sciocche.."
» 

S’interruppe un secondo, un vecchio sacco di scena aveva deciso di cadere proprio in quel medesimo istante.
Si spostò in maniera da non restare nelle vicinanze del soggetto appena caduto a terra e come un nastro che si riavvolge e riinizia rapido a girare s'esibì nell'interpretazione di una delle sue frasi dell’Amleto preferite:

«"È una bella prigione il mondo. Gemendo siamo venuti al mondo. Quando si nasce si piange perché ci si ritrova in questo palcoscenico di matti. Non prendere in prestito e non prestare, perché il prestito spesso si perde con l'amico. E far debiti rovina il filo dell'economia, sappiamo ciò che siamo ma non quello che potremmo essere."»

Sorrise, e facendo un lieve inchino si portò sul lato del palco.
Ricordava d'essersi iscritto alla scuola per fare l'attore sotto suo consiglio, gli aveva detto che era portato per l'interpretare gli altri, anche senza essere su un palco lo faceva in continuazione. 
Ora però che senso aveva aver imparato tutti quei copioni a memoria, aver studiato per diventare un attore tanto formidabile senza però più avere con se la persona che ti ha spinto a farlo.

«Buongiorno signori e signore, siete tutti i ben venuti per questo spettacolo unico e singolare, oggi vi racconteremo di come un ragazzo sia scappato dalle regole.»
Non lo sai nemmeno tu che cosa stai iniziando, è una cosa da folle parlare da solo, come uno svitato, ma hai già scelto, che il primo atto inizi.
«Un ragazzo dici? Come può qualcuno scappare da regole e imposizioni che sono cose astratte?»
«Oh, ma sì che si può, lui l’ha fatto, lui è uscito dal cerchio.» era quasi inquietante il modo in cui lui si ponesse domande da solo, cambiando il tono della voce a seconda dei personaggi che all’interno della sua testa interpretava.
«Oggi racconterò la storia di uno come me, quale a me, che però ha avuto il coraggio di andarsene, di lasciare tutto, prima che tutto lo lasciasse senza risposte.
» 
«Un vigliacco quindi, un qualcuno che non ha avuto il coraggio di resistere alla sua stessa esistenza.» 
«Un vigliacco dici? Io direi più un forte, uno a cui non serviva l’approvazione di chi che sia, lui un bel giorno ha preso ed è scomparso, non ha lasciato traccia alcuna, riesci a immaginarlo?»
«Ma la sua famiglia? I suoi cari? Non gli interessava?»
Rise, rise di gusto e a lungo, atteggiandosi in sceniche aperture di braccia, si osservò i palmi delle mani prima di portarseli rispettivamente sulla faccia, a celarsela.
«Quale famiglia conta? Lui diceva che nasciamo e moriamo soli, non è così forse?»
Si allargò in una larga piroetta su se stesso, come per sottolineare la paradossalità di ciò che gli era appena stato detto, si guardò le braccia magre e poi corse a far calare le tende del sipario, ne teneva la fune fra le mani per poi farlo riaprire lentamente, mentre si destreggiava in gesti molto sciolti.
«Che imprudente, non gli resterà nulla né dopo la morte né in vita.»
«Diceva che si deve perdere tutto prima di essere liberi per davvero.» e sorrise nuovamente, abbassando le folte ciglia nere che andavano a formare come un’ombra leggere sulle suo gote scarne e magre. Aveva l'aria d'essere senza certezze, ma privo di ogni qualsiasi ansia o terrore, d'una calma placida e maledettamente serena.
«Se questa la chiami libertà, cosa gli è rimasto a parte se stesso?»
«Proprio non riesci a capire vero? Lui non ha più bisogno di niente, lui basta a se stesso e si appartiene, è l’unica proprietà che desidera avere.»
«Lui è solo un folle.» insisteté nella sua testa la ragione.
«Parafrasando Edgar Allan Poe: Mi hanno chiamato folle; ma non è ancora chiaro se la follia sia o meno il grado più elevato dell’intelletto, se la maggior parte di ciò che è glorioso, se tutto ciò che è profondo non nasca da una malattia della mente, da stati di esaltazione della mente a spese dell’intelletto in generale.» ride mirando nella sua testa le seggiole con su seduti gli spettatori senza parole, lo fissano increduli, lui è li solo sul palco, reduce del monologo dibattuto con tutto ciò che in lui c’è di razionale.
«Come ha fatto? Come è riuscito intendo a uscire dal cerchio di cui parli?» chiede la coscienza decisa a trovare il punto debole delle sue convinzioni, non sapendo ancora che contro un matto non si possono trovare argomenti con cui rispondere, con un pazzo non si può avere ragione.
«Ci sono due modi per uscire dal cerchio, il primo è prendere il mezzo rapido e veloce, uscirai da ogni strada e ogni cerchio così, ma loro avranno vinto. Avranno vinto nel momento esatto in cui poseranno il tuo corpo nella bara, avranno vinto quando sulla tua salma si diranno di essere dispiacenti senza averti mai conosciuto sul serio, avranno vinto rendendoti stereotipo dei loro simboli.
Il secondo metodo è più difficile ma molto più efficace, devi uscire solo dal loro cerchio, lasciarli senza sapere, lasciarli senza motivo. La loro anima si torturerà cercando di scoprire perché tu non volevi una vita come la loro, si chiederanno cosa ci fosse di sbagliato nella tua testa, chi sarebbe mai così stupido da comportarsi tale a te. Ma tu ora non sarai più il semplice strumento dei loro dispiacimenti, sarai un precedente che li lascerà come in scacco matto a domandarsi cosa gli sia sfuggito. A chiedersi con cosa avrebbero dovuto convincerti della perfezione delle loro realtà di plastica.
»
«E lui di quale dei due casi fa parte?»
«Lui se né andato con il primo mezzo, è stato sfruttato da loro, schifosi, non meritavano di toccare il suo corpo puro con le loro mani sporche di soldi e di avarizia, non meritavano nemmeno di guardarlo, steso nella stanza con un proiettile nel cervello. Non l’hanno mai capito per davvero, lui era ateo, il funerale lo hanno svolto in una chiesa, una chiesa, capisci!» sbottò furioso, questa volta la coscienza non provò nemmeno a ribattere.
«Non lo ascoltavano, non l’hanno mai davvero capito, pensavano frequentasse pessime compagnie, pensavano che potesse farsi esplodere in un attentato. Non capivano, le bombe non le aveva nelle tasche ma nel cervello.» s’interruppe bruscamente.
Il suo tono di voce modulato a regola d’arte dimostrava il talento e le capacità di un attore che aveva studiato e che sapeva della sua presenza, conosceva i suoi limiti.
Avrebbe certo fatto carriera se solo fosse entrato nell’ambiente, perché allora era lì, in quel vecchio teatro a parlare della sua vita al nulla.
«Una cosa buona ha fatto, mi ha insinuato il dubbio, dopo la sua morte mi sono torturato in lungo e in largo per capire il significato di quel suo gesto, e alla fine ci sono arrivato.»
«E dunque? Perché si è ucciso?»
«Non è stato Kidou Yuuto a premere quel grilletto, io sono dell’idea che sia stata questa società malata a sparare, a puntargli alla fronte la rivoltella che gli ha causato la morte.»
«Se dici che è stato un gesto necessario, allora perché non ti togli la vita pure tu?»
Ed ora ridi, ridi in maniera divertita, quasi da trasformare quel riso in un ghigno.
«Perché credi che vaghi senza una casa e una famiglia, perché pensi che io abbia preso parte a tutto questo? La morte di Kidou è stata necessaria per farmi capire, per capire quanto questa società malata uccidesse tutti i giorni la mia libertà, costantemente. Lui era solo una vittima, ma io ho scoperto l’assassino, non si può uccidere la società però, per questo io fuggo da lei, rivisitando la bellezza a cui questa ha deciso di spezzare le ali, o nel caso di Yuuto, la vita.»
Stringi i pugni tremanti di rabbia al pensiero del suo viso rovinato da quel colpo di rivoltella.
«Lui era… bellissimo, ero convinto che la fine delle cose belle non dovesse mai venire. Ora so che tutto ciò che viene privato della sua libertà perde presto bellezza, come un fiore sfiorisce, fino a che non rimane nulla, solo le ceneri di quello che era.»
«Tu vuoi lasciarti morire, non è così?» deduce la razionalità a colpo sicuro.
«Davvero credi ancora che io abbia un piano? Io non conosco il mio futuro, non mi è dato di predirlo, ma ho intenzione di viverlo, anche per Kidou, viverlo ogni secondo, che importa del opinione della gente?» e ti lasci cadere ridendo follemente dopo quell’affermazione, sullo stesso parquet che ha ospitato ballerini e attori molto prima di te.
 
Ci ripensi mentre il freddo vento si fa impetuoso sulla pelle, sorridi, decisamente una magnifica prestazione, specie considerando che non aveva dietro alcun copione, al di fuori del tuo flusso di coscienza.
È proprio vero che gli spettacoli più belli non hanno spettatori.
 



Smiley's Conner:
Allora, innanzi tutto se siete arrivati fin qui meritate già un premio per aver assistito agli scempi mentali della soprascritta.
Ad ogni modo premetto di non conoscere affatto l'ambiente del teatro, ma mi affascina molto, per questa ragione ho deciso di scrivervi una Fic che lo avesse un po' come fulcro principale.
I testi scritti sono tratti da due tragedie di Shakespeare (Giulietta e Romeo e l'Amleto) anche se credo che questi due titoli siano noti a chiunque.
Volevo in oltre invitarvi a indoinare il protagonista della storia, non penso sia perfettamente IC, ma credo che lo si possa anche immaginare, soprattutto conoscendomi. Ditemi i vostri sospetti e sarò lieta di rivelarvelo.
Mi scuso per aver ucciso così brutalmente Kidou, ma come dire mi serviva una cavia per l'esperimento che è questa Fic.
Per capire meglio i miei pensieri (che poi miei non sono così tanto) vi consiglio di leggere o guardare i seguenti libri/film come se la cosa potesse davvero interessare a qualcuno.
Sentite io ve li scrivo qui e se poi ne avete voglia o tempo da perdere gli date un'occhiata:
- Van Gogh il suicidato della società (è un mappazzo, ma vi giuro che i concetti filosofici sono il top)
- Nelle terre estreme (vi consiglio di vedere anche il film tratto dal libro "Into The Wild", uno dei miei film preferiti)
- Fight Club (al momento non ho ancora letto il libro, anche se ho intenzione di farlo al più presto, il film è un capolavoro)
- Fahrenheit 451 (che cosa ve lo dico a fare, è un libro stupendo)
- Il richiamo della foresta (London è il re)

Bene, direi che se davvero avete preso in considerazione tutto quello che vi ho detto e vi siete anche disturbati a recensire io vi potrei ufficialmente costruire un monumento con le coppie di cuffiette che ho rotto (arte moderna).
No a parte tutto, vi si ama.
Kisses


Smiley
 
  
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