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Autore: TonyLogan    31/03/2016    0 recensioni
Si scopron le tombe, si levano i morti...
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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La pineta della morte
Una E-Type s’addentrò a fari spenti nel buio della pineta di Porto dei Fiori, si fermò, ne scese l’inconfondibile sagoma nera, rapidamente il cadavere chiuso nel bagagliaio fu sepolto nella sabbia, un’altra vittima di Diabolik sparita per sempre.
Poco prima però, alla stazione di Polizia di Laion arrivò una chiamata che segnalava la presenza del Re del Terrore.
Era solo una telefonata anonima, ma non poteva essere trascurata, partirono fonogrammi per Bentovil e per l’ispettore Ginko nella capitale, intanto l’unica auto disponibile si diresse sul il luogo indicato.
Gli agenti avvistarono la Jaguar mentre stava per immettersi sulla litoranea, cominciò l’inseguimento sul filo dei 210 km/h.
Il criminale non era affatto impensierito dalla pattuglia, ma quella strada non dava alternative in caso di posti di blocco.
Infatti in lontananza vide il ponte sul porto canale che prendeva a muoversi.
Sterzò bruscamente verso la banchina, aveva un certo vantaggio sugl’inseguitori ed il fiume era troppo largo perché le pallottole di quelli dall’altra parte lo riguardassero.
La volante inchiodò sul molo giusto in tempo per vedere un barchino salpare e prendere velocità nell'estuario.
L’aver aperto il ponte si stava ritorcendo contro i poliziotti, avevano perso la possibilità di stendere una cortina di piombo tra il fuggiasco ed mare aperto né servì che si precipitassero sulla diga foranea, era già fuori tiro.
Non così per il cutter della Guardia Costiera di rientro dalla solita missione anticontrabbando.
L’unità si mise all’inseguimento, ci volle poco perché l’obbiettivo fosse inquadrato dal radar di tiro del 40mm, fu intimato l’alt, pochi secondi dopo venne aperto il fuoco ed il barchino esplose in una palla arancione.
Ginko, volando in elicottero verso Porto dei Fiori, seguiva per radio ogni fase dell’inseguimento sino a quell’epilogo, che in cuor suo sapeva improbabile.
Infatti quando giunse a bordo erano già stati ripescati pezzi d’un manichino, il natante esploso era telecomandato!
In mezzo a questo trambusto un elegante 12 metri aveva guadagnato il largo.
Ginko rassegnato ma non domo si diresse dove tutto era cominciato.
Qualcuno notò tra gl’aghi di pino i segni d’uno scavo recente, seguì la macabra scoperta, prima il cadavere del vecchio Harrison, il famoso gioielliere, poi, uno ad uno, 5 scheletri,  il cimitero di Diabolik fu la breaking new di quella sera.
Fatta eccezione per Harrison, le vittime erano lì da una decina d’anni, e non ne rimanevano che le ossa, ma la sabbia e lo strato d’aghi di pino aveva preservato bene i pochi effetti personali e di vestiario rimasti, fu subito identificato Filippo Dunkan.
Un altro cadavere ucciso da una pugnalata al cuore (le costole mostravano i segni della lama) aveva l’orologio con, inciso sulla cassa, uno stemma nobiliare, e sulla sua biancheria era ancora possibile, dopo un decennio, leggere le cifre FS: Flavio Savan? Solo il DNA poteva darne certezza.
Il parente più prossimo, il cugino Marzio, viveva all’estero e non sarebbe tornato prima di qualche giorno, il campione fu prelevato da una vecchissima prozia e risultò compatibile, non c’erano dubbi, il morto apparteneva a quella stirpe ed uno solo di loro mancava all’appello.
Per Ginko quello era però un caso chiuso, gl’interessava Harrison: “morte per arresto cardiaco a seguito d’assunzione di Pentotal sodico” recitava il referto, non aveva mai avuto problemi di cuore, ma c’è sempre una prima volta che spesso è anche l’ultima.
Sembrava semplice: rapito forse la mattina precedente, era morto durante l’interrogatorio.
Quell’incidente non doveva aver fermato Diabolik, altrimenti non si sarebbe preso la briga di nascondere il cadavere, ma ora scoperto, avrebbe lasciato perdere? Quante informazioni aveva potuto raccogliere? L’autopsia aveva rivelato almeno due iniezioni, quindi due interrogatori, il primo insoddisfacente e l’altro forse nemmeno cominciato.
Convocò i soci e gli eredi del gioielliere: quel criminale sapeva qualcosa, molto? Poco? Di certo non tutto! Poteva rischiare, volevano rischiare loro?
Suggerì che cambiassero immediatamente l’architettura dei sistemi di sicurezza, nel periodo necessario la gioielleria avrebbe stata presidiata dai suoi uomini.
Intanto il ritrovamento aveva dato la svolta ad una causa che si trascinava da tempo.
9 anni prima un Diabolik disperato aveva consegnato ogni suo rifugio all’Ispettore, tra questi villa Savan, immediatamente Marzio aveva iniziato l’iter per il riconoscimento di  morte presunta del cugino e per l’annullamento della donazione fatta, era palese, dall’assassino al Laboratorio di Ricerche Scientifiche.
In tutto questo s’inserirono anche gli eredi di Daniela Arkin, ma con poche speranze, lei aveva ereditato solo l’usufrutto del patrimonio del marito.
Tuttavia, come da prassi, i beni, compresa la famosa armatura tempestata di pietre preziose, furono posti sotto sequestro conservativo e così rimasero.
C’erano in ballo decine di milioni, avvocati e periti di parte si scatenarono, in 48 ore ottennero il dissequestro, una modesta cifra liquidò le insostenibili pretese degl’Arkin e tutto venne nella piena disponibilità del nuovo Conte.
Questi, ben noto per la sua vita dispendiosa (7 anni prima aveva venduto ai Walker la sua parte dei gioielli di famiglia, ma quei soldi ormai erano andati), intendeva mettere all’incanto gli arredi delle dimore e l’armatura, vendere gl’immobili e tornarsene all’estero a bruciare anche quell’enorme capitale; sarebbe stata dura ma lui poteva riuscirci.
Appena saputo dell’asta, Ginko si precipitò dal nobiluomo per spiegargli che sarebbe stata una follia, Diabolik voleva quel pezzo, aveva già ucciso per averlo e non si sarebbe fermato lì.
Questi replicò che prima si procedeva meno tempo avrebbe avuto quel criminale per organizzarsi e, comunque, il pezzo forte, non sarebbe rimasto esposto più di 12 ore.
Tutto questo serviva solo ad alzare il prezzo a cui i suoi tanto parsimoniosi quanto antipaci parenti del ramo Saval-Frissac gli avrebbero comparto palazzo e tutto il resto pur d’evitare che la storia di famiglia finisse in mano a qualche villan rifatto.
La villa invece gl’era appena stata acquistata per procura da un uomo d’affari straniero.
I due convennero ch’era impossibile colpire lì in pieno giorno, le fasi critiche sarebbero state quelle dei trasporti da e per la banca, poteva funzionare, poteva anche diventare una trappola.
E così fu fatto, la giornata passò tranquilla, ormai era certo che avrebbe colpito al momento del rientro in banca.
Alle 21 Ginko ed i suoi uomini, esausti da 15 ore di tensione in attesa d’un attacco che poteva anche rivelarsi mortale, si prepararono all’ultimo sforzo.
Il convoglio imboccò il ponte XXIII Febbraio e l’agguato scattò.
Un furgone procedeva in senso opposto quando all’improvviso un boato squarciò il parapetto mentre il mezzo sterzava a sinistra cadendo nella breccia a velocità folle, l’autista del blindato lo evitò per un soffio e scattò in avanti verso la salvezza seguito da tutta la scorta, infransero ogni norma del codice stradale e in pochi istanti erano al sicuro del cortile della Banca Commerciale.
Solo l’auto di Ginko rimase sul ponte e l’Ispettore vide in basso la sagoma nera del suo nemico correre sulla banchina ai piedi del muraglione e sparire sotto le campate dove s’apriva il condotto fognario.
L’Ispettore richiamò tutti gli uomini disponibili compresi quelli di guardia da Harrison.
200 poliziotti setacciarono il sottosuolo, verso mezzanotte la notizia: la Harrison era stata svuotata; Diabolik!
Poco dopo l’una la Jaguar parcheggiò nel parco di villa Savan.
“Finalmente è di nuovo nostra, un rifugio perfetto” disse soddisfatto l’uomo in tuta nera “nemmeno Ginko riuscirà a ricostruire tutto il mio piano, avrà capito che l’assalto al furgone era una finta e che sul fiume c’eri tu, avrà anche trovato il minisommergibile con cui sei fuggita, ma non immaginerà mai che la corazza sia già mia e che con l’asta di domani ne ricaverò una cifra che nessun ricettatore mi avrebbe mai dato”.
Saputo delle istanze di morte presunta e per l’annullamento della donazione, il re del Terrore aveva deciso di riprendersi la villa e tutto quello che gl’era sfuggito la prima volta.
Flavio era finito in mare e non poteva più essere ritrovato, serviva un altro cadavere, il giovane Marzio era il candidato ideale.
Aveva appena venduto i gioielli di famiglia ai Walker e si preparava a dissipare allegramente il ricavato, non ne ebbe il tempo.
L’assassino s’impadronì del denaro (più tardi rubò anche i preziosi ai nuovi padroni) e, vero motivo di quel delitto, ebbe un corpo da seppellire con tutti gl’indizi che avrebbero portato a Flavio Savan,  non restava che attendere.
Negl’anni successivi l’introduzione dei test sul DNA non compromisero il piano, non avrebbero riesumato il padre per le analisi, il cugino era lontano,  non restava che la vecchia zia paterna con cui entrambi condividevano gli stessi geni.
Il giovane giaceva nella pineta ormai da 7 anni quando Diabolik, in pochi giorni, tirò le fila di quella trama.
Rapito ed interrogato Harrison (già un decennio prima aveva deciso d’ucciderlo e derubarlo, ma era stato costretto a rinunciare), capì che i suoi allarmi erano invalicabili, per arrivare al bottino doveva farli disattivare.
L’idea prese forma: avrebbe svaligiato la gioielleria ed andato all’incasso con i Savan.
Provocò la morte del gioielliere e fece scoprire il cimitero.
Ottenutone il possesso, nei panni di Marzio, vendette la villa a se stesso e organizzò l’asta, poi, col diversivo del ponte, assalì una gioielleria ormai indifesa: più di 8 milioni il bottino.
L’indomani l’asta ne fruttò altri 12 ed il Conte, accomiatatosi da Ginko, lasciò Clerville per sempre, la partita era chiusa.
 
   
 
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