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Autore: Yanez76    31/03/2016    0 recensioni
“Sarete libera di difendervi, giustificatevi se lo potete.” con queste parole, nel capitolo LXV dei Tre moschettieri, Athos tenta di far passare per un processo regolare il suo secondo tentativo di assassinare sua moglie. Nel romanzo, però, a Milady non viene di fatto concessa alcuna possibilità di difendersi. Ho voluto, quindi, riscrivere il testo riempiendo questa lacuna per consentire a Anne de Breuil/Milady di dire la sua.
Nelle argomentazioni difensive, ho voluto attenermi ai fatti ed alle circostanze narrati nel romanzo (Dumas, da narratore onnisciente, è “neutrale” e non dà giudizi morali) senza contraddirli in alcun punto.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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~~Milady, dopo aver osservato il corsaro con il suo sguardo curioso e indagatore, pensò che doveva assolutamente saperne di più su quell’uomo così singolare.
“Posso chiedervi cosa ci fa un conte dai modi squisiti in abiti da pirata? Ammetterete che fa un effetto ben curioso…”, chiese la giovane donna.
Il corsaro sospirò e, con un sorriso amaro, iniziò a sua volta a raccontare di come aveva ucciso suo zio per vendicare la morte di suo padre assassinato assieme a Concini e di come fosse stato condannato e gli fosse stato impresso il marchio del giglio. “Fortunatamente, riuscii a fuggire; ma avevo perso tutto, nome e fortuna. Dovetti lasciare la mia casa e nascondermi, senza poter più contare su di nulla salvo il mio braccio e la mia sete d’avventura. Giunsi fortunosamente a Saint Malò e, non avendo più nulla da perdere, mi imbarcai su di una piccola nave, che faceva rotta per i Caraibi. Nel nuovo mondo, conobbi il signor d’Esnanbuc, il quale grazie ai buoni offici del signor d’Hertelay,  aveva ottenuto l’appoggio del Cardinale per la colonizzazione delle isole delle Indie occidentali in nome della Francia. Il capitano d’Esnanbuc mi prese con lui e fu così mi feci corsaro.”
“Ma Armentières è un po’ distante dai Caraibi...”, ribatté Milady sempre più curiosa.
“Purtroppo, dopo lo scoppio delle ostilità con l’Inghilterra, la nostra posizione è divenuta molto difficile e sono venuto in Francia proprio con l’obiettivo di ottenere da Cardinale l’invio di rinforzi”.
“Ma il cardinale dovrebbe trovarsi al campo di la Rochelle, non nelle Fiandre…”
Per un attimo l’uomo esitò, ricordando che il cardinale gli aveva proibito di parlare della missione affidatagli, poi, però, riflettendo sul fatto che Milady era come lui al servizio di Richelieu, si decise a raccontarle tutto.
“Purtroppo, solo Rosnay sapeva come trovare il nostro contatto a Middelburg e senza di lui non posso proseguire; adesso non mi resta che tornare da Richelieu ed informarlo che la missione è fallita. Il cardinale ne sarà furioso, spero solo che ciò non comprometta l’invio degli aiuti che ha promesso di mandare a Saint Christophe.”, concluse amaramente il corsaro dopo averle raccontato tutto ciò che gli aveva detto Richelieu.
“Beh, non è detto che debba finire così…”, rispose Milady dopo essere rimasta silenziosa per un po’, “Da tempo sono al servizio di sua Eminenza e credo di sapere dove trovare il nostro agente a Middelburg. In fin dei conti, il povero Rosney ha perso la vita a causa mia e il minimo che possa fare per onorare la sua memoria è di portare a termine la sua missione.
L’idea di nuove avventure e di nuovi intrighi in cui avrebbe potuto dar prova delle sue abilità stuzzicava Milady, tanto più che, ragionava la giovane, avrebbe avuto molto da guadagnarci. Milady sapeva bene che poche cose facevano infuriare il cardinale come il fallimento di una missione e, da quanto le aveva detto il corsaro, capiva che quella era una missione di grande importanza; se la possibilità di eliminare la rete delle spie spagnole in Francia fosse sfumata perché lei si era tirata indietro, ragionava Milady, c’era il rischio che ciò finisse per offuscare il successo da lei riportato con l’eliminazione del duca di Buckingham; mentre, se fosse stata lei a portare a termine anche quella missione, Richelieu non avrebbe potuto rifiutarsi di concederle tutto ciò che lei avrebbe voluto chiedergli. Per un momento, la donna pensò di scrivere al cardinale per informarlo che stava bene; ma scartò subito l’idea: era inutile esporsi al rischio che la lettera fosse intercettata e compromettesse tutto. Se fosse tornata ad Armentières, dove aveva dato appuntamento a Rochefort, c’era il rischio che, se de Winter e i moschettieri si trovavano ancora lì, potessero scoprirla. Se Rochefort, invece, non l’avesse trovata ad Armentières, pensava Milady, non ci avrebbe messo molto a ricostruire quanto accaduto; in fondo, i suoi assassini mancati erano stati visti al convento di Béthune e avevano lasciato una gran quantità di tracce. Il cardinale avrebbe fatto arrestare i moschettieri: l’assassinio di un agente al suo servizio, il tentativo di far fallire la sua missione in Inghilterra in combutta con un nemico erano più che abbastanza per spedirli direttamente sul patibolo per alto tradimento. Se si fosse saputo che lei era viva, ciò avrebbe solo alleggerito le accuse contro di loro, senza contare che i moschettieri avrebbero cercato in tutti i modi di screditarla, rivelando tutto ciò che sapevano del suo passato. In fondo, non era un male che la si credesse morta per un po’, così che nessun giudice fosse tentato di controllare se davvero portava un giglio sulla spalla. Milady sarebbe tornata a cose fatte e sarebbe stato un trionfo: vincitrice in due importantissime missioni, i suoi nemici distrutti… magari sarebbe riuscita a tornare in tempo per godersi la loro esecuzione… la donna sorrise immaginando le facce che avrebbero fatto nel riconoscerla tra gli spettatori e chissà che poi non le riuscisse di accaparrarsi anche l’eredità del suo caro maritino Athos…
All’improvviso, le riflessioni di Milady vennero bruscamente interrotte da una voce roca che risuonò nella piccola stanza: “Corpo di mille sabordi! Che pezzi da otto!”.
Meravigliata, la donna si voltò e vide una sagoma variopinta che frullava nell’aria andando a posarsi sulla spalla del corsaro.
“Ah, ah, vi prego di perdonare Pepito”, disse ridendo il corsaro indicando alla donna un magnifico pappagallo, “a furia di vivere tra i marinai, ha imparato un sacco di imprecazioni marinaresche.”
“Ah, non preoccupatevi, se fosse vissuto nelle camere segrete della corte, avrebbe appreso parolacce ben peggiori.”, rispose Milady ridendo.
Milady aveva una passione per gli animali specialmente quelli esotici e rimase subito ammirata dal superbo volatile.
“Da bravo, Pepito, saluta Milady”, disse il corsaro.
“Milady…Milady… Pepito bravo”, ripeté il pappagallo
“Ah, ah davvero moto simpatico. Sapete che, nella mia casa di Parigi, la mia scimmietta favorita si chiama Pepita? Curioso no? Dovremmo farli conoscere…”
“Già. Ora, però, sarà meglio andare a riposare un poco”, fece il corsaro.
“Non avreste un po’ d’acqua? Prima vorrei rinfrescarmi”, chiese Milady.
Il corsaro passò in un stanza attigua e tornò dopo pochi istanti, reggendo un bacile ed una brocca d’acqua.
“Fate pure con comodo e chiamatemi quando posso entrare.”, le disse, inchinandosi galantemente e lasciando la donna sola nella stanza.
Nel momento in cui Milady si era trovata di fronte alla morte, tutti i suoi desideri si limitavano a quello di poter continuare a vivere; in quel momento terribile, aveva pensato a quanto le sarebbe piaciuto invecchiare guardando semplicemente scorrere noiosamente i giorni. Piccoli piaceri come sonnecchiare pigramente nell’afa estiva o contemplare le gocce di pioggia battere sul vetro di una finestra, le erano sembrati allora irraggiungibili e meravigliosi. Adesso, invece, che lo spettro della morte si era dileguato, tutta la sua brama appassionata di vita faceva prepotentemente ritorno nel suo animo: sognava la vendetta e il trionfo, voleva assaporare la vita che le si offriva come un frutto maturo.
Aveva visto le straordinarie capacità di quel corsaro e sentiva di potersi fidare di lui: con lui non doveva nascondere i suoi segreti. Pensò che, con l’appoggio di quell’uomo eccezionale, avrebbe certo avuto ragione dei suoi nemici e le si sarebbe aperta ogni strada; inoltre, le aveva salvato la vita e lei non era un’ingrata, soprattutto quando dimostrare la propria riconoscenza poteva rivelarsi oltremodo piacevole…
Quando il corsaro, sentita la voce di Milady che lo chiamava, rientrò nella stanza, il corpo elegante e flessuoso della giovane era steso sul pagliericcio, coperto solo da un lenzuolo che pareva stuzzicare l’immaginazione a indovinare ciò che esso velava; i seni eretti puntavano in alto contro il tessuto bianco come due collinette innevate.
La giovane, con gesto pudico, tirò il lenzuolo a coprire il viso facendo apparire in basso le punte di due candidi piedini.
“Oh, sono veramente mortificata, devo aver versato l’acqua della brocca sul mio pagliericcio e, visto che non ce ne sono altri…”
Il corsaro tossicchiò e sorrise, sedendosi sul bordo del letto e prendendo delicatamente tra le dita uno dei riccioli dorati sparsi sul guanciale.
“Ehm, posso chiedervi se avete qualcosa indosso?”
“Certo che indosso qualcosa!”, rispose da sotto il lenzuolo una voce fintamente scandalizzata. Una mano dalle dita eleganti iniziò ad abbassare lentamente la stoffa, scoprendo prima un vivace occhio azzurro e poi la pelle candida e vellutata del collo, cinto da una magnifica collana con un rubino grande come una nocciola.
““Ho questa. Non vi sembra forse appropriata per la situazione?” chiese con una risata argentina
Il corsaro, controllandosi a fatica, perso nel luccichio degli occhi di Milady, le prese dolcemente una mano.
“Oh… Non avrete intenzione di magnetizzarmi con quei vostri strani poteri?” chiese la donna con studiata ingenuità.
“Impossibile, Milady, sono già stato magnetizzato da voi.”
L’altra mano di Milady cinse il collo dell’uomo, attirandolo verso di lei e le labbra della giovane fremettero un attimo sotto quelle del corsaro prima di concedersi in un bacio appassionato. Catturato da una forza irresistibile, come il ferro da un magnete, il corsaro, inebriato da quei baci che si affrettava a restituire, accarezzò quei seni perfetti, sentendone i capezzoli ritti di desiderio, e scese, con studiata lentezza, sul morbido ventre piatto e vellutato.
Milady fremette e chiuse gli occhi; le sue lunghe ciglia scure vibravano come ali di libellula mentre le sue labbra, staccatesi per un attimo da quelle dell’uomo, si socchiusero in un dolce gemito.
Quattro mani impazienti si affrettarono a far cadere a terra le vesti del corsaro; poi l’uomo, afferrato il lenzuolo, scoprì interamente il corpo di Milady, che indossava unicamente la collana, contemplando per lunghissimi istanti le membra più superbe che avesse mai visto. I due fiori di giglio che marchiavano le loro spalle si sfiorarono.
“Volete che spenga le candele?”, chiese l’uomo.
“No, è da troppo tempo che sono costretta ad amare con il timore di essere scoperta. Non voglio più nascondermi! Lasciatele accese se non vi dispiace.”, rispose Milady.
“Ne sono felice, mi sarebbe dispiaciuto perdere anche il minimo dettaglio di voi. Ora credo di capire perché il vostro primo marito si è tanto infuriato, scoprendo che lo avevate privato della vista di simili tesori…”.
“Oh, che ragazzaccio siete!”, rispose Milady dandogli un pizzicotto, mentre le sue braccia si sollevavano per accogliere il corpo dell’uomo.
L’occhio indifferente di Pepito rimase a fissare i corpi degli amanti che si intrecciavano in mille appassionati arabeschi; poi la voce del volatile coprì i loro sospiri.
“Per mille sabordi! Che pezzi da otto!”
Milady era sempre stata dotata di un temperamento ardente: lei e Athos si erano amati d’un amore impetuoso e travolgente; de Winter era stato un amante dolce e attento; per de Wardes l’aveva presa un capriccio da tigre; ma, con nessuno di loro, si era mai abbandonata così fiduciosamente, così completamente con tutta se stessa come in quel momento con quel corsaro che conosceva da appena un’ora. Con lui non doveva nascondere nulla, non doveva temere di essere scoperta o giudicata. Era comparso all’improvviso dall’ignoto, come uno di quei principi di cui parlavano le favole che ascoltava da bambina, come Ruggero in groppa all’ippogrifo e l’aveva tratta in salvo come Angelica. Se non fosse stato per lui, a quell’ora il suo cadavere decapitato avrebbe nutrito i pesci in fondo alla Lys. Se ne era innamorata? Non lo sapeva e neppure le importava saperlo; ora che il pericolo era passato e la tensione si era sciolta, voleva solo sentirsi libera di concedersi senza vergogna né rimpianti e dimenticare la paura e le terribili prove degli ultimi giorni tra le braccia dell’uomo che l’aveva salvata.
Quando gli slanci appassionati finalmente si quietarono, i due giacquero spossati uno accanto all’altra.
Milady si rannicchiò su un fianco e sentì l’uomo stringersi al suo dorso e alle sue gambe.
“Ehi, che modo simpatico di dormire, sembriamo due cucchiai…”, ridacchiò Milady.
“Siete una donna eccezionale, sono pazzo di voi, Milady”, le sussurrò il corsaro, sfiorandole un orecchio con le labbra.
Milady, esausta per tutti gli avvenimenti che aveva vissuto nelle ultime ore, scivolò presto nel sonno, dolcemente cullata dalle braccia del corsaro.
L’uomo rimase a contemplarla per un poco, pensando che, in fondo, non sapeva nulla di quella donna straordinaria che era entrata improvvisamente nella sua vita e lo aveva ammaliato; non sapeva se quanto gli aveva raccontato fosse vero e falso. Chi era veramente? Poteva fidarsi di lei? Non gli aveva forse puntato un pugnale al petto solo poco prima? Era forse una novella Giuditta che aspettava solo che lui si addormentasse per fargli fare la fine d’Oloferne?
“Bah, in fondo la vita è uno strano teatro e, se si deve uscire di scena, meglio farlo pugnalati da una bellissima donna dopo una notte d’amore, che su di una forca spagnola o trafitti da una freccia arawaka”, concluse filosoficamente l’uomo, soffiando sulle candele del doppiere e stendendosi al fianco di Milady dove s’addormentò, cullato dal suo respiro lieve, pensando a com’era bella mentre dormiva, con quel volto ancora da fanciulla, con il sorriso sulle labbra, rapita in chissà quale sogno meraviglioso.
Milady in effetti stava facendo un sogno molto bello che le disegnava sulle labbra quel soave sorriso: si vedeva navigare sull’oceano, ritta sul ponte di una nave corsara con in pugno una larga sciabola; davanti a lei, il boia di Lille, lord Winter e i moschettieri, d’Artagnan in testa, camminavano sull’asse.
 
   
 
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