Noises
in the night
Mary
arrivò all’aeroporto di Ohau che erano
già le undici di sera. Teneva l’ovetto
nel quale dormiva tranquillamente Joan con la mano destra, con la
sinistra
trascinava un piccolo trolley che conteneva i vestiti che aveva deciso
di
portare per la settimana di vacanza alle Hawaii. Il borsone con tutte
le cose
di Joan appeso alla spalla che le doleva leggermente a causa del peso.
Mary non
avrebbe mai immaginato che una bimba così piccola
necessitasse di così tante
cose, ma aveva anche capito che quando sei madre non importa
ciò di cui tua
figlia avrà bisogno, tu sarai sempre disposta ad avere con
te tutto ciò che lei
necessita.
Carica
di tutti quei bagagli si avvicinò alle piazzole di sosta dei
taxi per farsi
accompagnare a casa McGarrett.
Non
aveva chiamato Steve per farsi venire a prendere. Il Comandante e la
squadra
dei Five-0 si stavano occupando di un indagine molto complicata e lei
aveva preferito
non disturbare.
Inoltre
voleva fare una sorpresa al fratello. Era quasi un anno che non si
vedevano.
A
quell’ora le strade di Ohau erano tappezzate di luci. Le dava
un caldo senso di
“casa” rivederle. Percorrendo la strada che
costeggiava le spiagge il taxi si
addentrò nei meandri dell’isola, fino ad arrivare
allo spiazzo antistante casa
McGarrett.
Lanciando
uno sguardo alla piazzola di sosta davanti il garage, si accorse che la
Silverado non vi era parcheggiata, segno che Steve non era ancora
rientrato.
Si
fece dare una mano dal tassista per scaricare tutto e, dopo aver pagato
la
corsa, prese la chiave di riserva che aveva fatto una delle ultime
volte che
era andata in visita del Seal ed entrò in casa.
Lasciò
la sua piccola valigia accanto alla porta di casa e dopo averla chiusa
si
diresse al divano del salotto per appoggiarvi l’ovetto con
Joan ancora
addormentata ed il borsone con tutine e pannolini.
Dopo
aver acceso qualche luce ed essersi accertata che effettivamente non ci
fosse
nessuno in casa, si dedicò a sistemare le sue cose in quella
che era stata la
sua camera fin da bambina.
Non
si sorprese quando vi trovò un piccolo lettino a misura di
bambina. Steve le
aveva accennato che, per esigenze di indagine, aveva dovuto ospitare
una
ragazzina testimone chiave di un omicidio.
Mary
colse l’occasione per utilizzare il lettino per sistemarvi le
cose di Joan.
Tornò
in salone a prendere la figlia ed, estraendola delicatamente dal suo
ovetto, la
adagiò al suo sterno e sorreggendola la portò sul
lettone di camera sua. Dopo
averla cambiata ed averle messo un pigiamino la sistemò nel
lato del letto
rivolto verso il muro, così che non potesse rischiare di
cadere. Fatto questo
si cambiò anche lei per la notte e dopo essersi messa sotto
il leggero lenzuolo
primaverile si abbandonò al sonno che, anche a causa del
jet-lag, sentiva
incombere.
Si
sveglio di soprassalto a causa dello scricchiolio del parquet fuori
dalla sua
camera. Da figlia di poliziotto, aveva imparato a tenere sempre
“le orecchie aperte”,
anche nel sonno. Si
mise a sedere sul letto e rimase silenziosamente in ascolto. Alle due
di notte,
si accorse guardando l’orario segnato sul display del telefono, la casa sarebbe
dovuta essere nel
più completo silenzio, invece lei sentiva chiaramente dei
passi provocati da
qualcuno che si aggirava al piano di sopra. Aspettò qualche
minuto con il cuore
palpitante, ma quando il suono di qualcosa che cadeva in terra – una lampada
probabilmente – si
propagò per la casa, decise di uscire dalla
camera e di andare ad accertarsi che tutto fosse a posto.
Poteva
anche essere Steve che, stremato dopo una lunga giornata di lavoro, si
buttava
sul letto ed accidentalmente faceva cadere qualcosa. Oppure, si disse,
poteva
essere un ladro che si era introdotto in casa. Questo la fece
immediatamente
preoccupare per Joan e decise che prima di salire le scale, si sarebbe
procurata un’arma.
Uscì
dalla stanza e si aggirò silenziosamente per il soggiorno
alla ricerca di
qualcosa con cui difendersi. Trovò una mazza da base-ball e
decise di usare
quella.
Non
si chiese da quanto il fratello possedesse un oggetto tale,
considerò che
quella non fosse la cosa più importante in quel momento.
Lentamente
si avvicinò alle scale brandendo l’arma e,
cercando di fare meno rumore
possibile, iniziò a salire i primi gradini.
Mentre
saliva, gli inequivocabili suoni di baci umidi e lappate sulla pelle le
giunsero alle orecchie. Le sembrò chiaro, a quel punto, che
lì su “qualcuno”
si stesse divertendo.
Arrivata
a metà scala si fermò. Un gemito, di quello che
riconobbe come suo fratello, la
fece immobilizzare sul posto. Imbarazzata per aver colto, ancora una
volta, il
Seal in atteggiamenti intimi rimase ancora un poco ad ascoltare,
volendosi
accertare di non aver frainteso la situazione.
Mary
riprese a respirare, solo quando un
secondo gemito venne rapidamente seguito da un “Dio, non sai
quando sei sexy
con i capelli così spettinati” dolcemente
sussurrato dalla voce roca di
Steve.
Alla
frase del Seal seguì una bassa e roca risata che, in
effetti, poco aveva della
voce squillante di quella che Mary ricordava fosse la fidanzata di
Steve, una
certa Catherine. Ma Mary si disse che probabilmente la donna, quel
giorno,
poteva anche aver problemi di voce e quindi, il problema, per lei non
si
poneva. Lavorando come hostess sugli aerei aveva visto diverse donne
con
problemi di voce causati dalla stanchezza o per un semplice sbalzo di
temperatura.
Rincuorata
dal fatto che non ci fossero estranei che si erano introdotti in casa,
Mary
tornò dabbasso, lasciò la mazza da base-ball, che
ancora teneva in
mano, appoggiata su una parete vicino la
cucina e se ne tornò in camera a dormire con Joan; non prima
però di aver preso
il cellulare, sistemarsi addosso le cuffiette e aver selezionato della
musica
che potesse farla dormire coprendo il rumore che veniva dal piano
superiore.
Per
esperienza pregressa sapeva che il fratello avrebbe potuto continuare
nelle sue
attività per ore, e non le andava molto a genio
l’idea di dover stare ad
ascoltare per tutto il tempo delle sue performances.
Maledicendo
l’appetito sessuale insaziabile di Steve – quasi si
sentiva di dare ragione al
suo partner lavorativo che lo chiamava “animale”-
si concentrò sulla canzone che in quel momento la sua
playlist le stava
passando e si riaddormentò.
Quando
si svegliò per la seconda volta, la colpa fu del sole che,
filtrando dalle
persiane, le aveva colpito il viso. Mary sbatté le palpebre
guardandosi
intorno. Rivedere la sua vecchia stanza le dava sempre un senso si
nostalgia e
rimpianto. Ma, da quando aveva ripreso dei contatti stabili con Steve,
era
felice di trovarsi lì. Si sentiva accolta e compresa in
quella camera, come se
la piccola bambina che soffriva per aver appena appreso della scomparsa
della
madre non se ne fosse mai andata. La consapevolezza della presenza del
fratello
al piano di sopra, inoltre, contribuiva a farla sentire al sicuro.
Girò
la testa verso la radiosveglia sul comodino accanto al letto e vide che
erano le
sette del mattino. Aveva sperato di dormire un po’ di
più, ma si sentiva sazia
di sonno quindi si convinse ad alzarsi.
Inoltre
era sicura che, a quell’ora, il Seal fosse già
sveglio da almeno un’ora. Di
certo era già andato a fare la sua nuotata mattutina. La
bionda si scostò il
lenzuolo dal corpo per poi mettersi seduta sul letto e controllare che
Joan
dormisse ancora.
La
trovò placidamente addormentata e si convinse ad alzarsi.
Posizionò il cuscino
su cui aveva dormito, parallelo al corpo della bambina per evitare che
potesse
cadere muovendosi nel sonno e poi si diresse a prendere uno dei due
baby-monitor.
Dopo
aver posizionato il primo ripetitore sul comodino, prese il secondo ed
uscì
dalla camera.
Andò
sul lanai alla ricerca del fratello, ma scrutando l’acqua non
lo vide. Le
sembrò strano, ma poi ricordò la serata
“focosa” che Steve aveva passato così,
sorridendo, decise che sarebbe stato opportuno preparare la colazione
per
tutti.
Circa
un’ora dopo essersi messa ai fornelli, quando ormai il
caffè era pronto ed
aveva riempito quasi mezzo vassoio di pancake, Mary vide arrivare un
ancora
assonnato ed unicamente coperto da un paio di boxer che gli andavano
troppo
stretti, Steve McGarrett che la guardava con aria sconvolta.
“Mary,
cosa ci fai qui?” chiese con voce strozzata.
“Preparo
la colazione, fratellino” rispose lei con
tranquillità.
Steve
si passò una mano sugli occhi, cercando così di
spazzarsi via di dosso gli
ultimi strascichi di sonno. Si
sedette
sullo sgabello davanti la penisola e stancamente sospirò
“Ho
sentito odore di caffè e pancake e ho pensato che fosse
l’ennesimo agguato di
Cath. Fortunatamente sei solo tu.”
Mary
rimase a guardarlo, confusa, con la spatola per girare i dolci a
mezz’aria.
Perché
Catherine avrebbe dovuto fargli un agguato? Non erano fidanzati, si
chiese.
Stava
quasi per chiedere spiegazioni all’uomo che nel frattempo si
era servito del
caffè quando la donna notò un’altra
persona scendere dalle scale.
Steve,
seguendo il suo sguardo, si girò verso la scala e
capì di essere nei guai fino
al collo.
Il
corpo di Steve reagì a quella presenza in due modi diversi,
opposti eppure
ugualmente potenti e repentini.
Un
brivido freddo gli corse lungo la schiena quando si ricordò
che Mary non sapeva
di come il suo rapporto con Danny si fosse evoluto negli ultimi mesi.
Nello
stesso tempo, però, il vedere Danno assonnato, con i capelli ancora spettinati
dopo la loro
nottata di fuoco e con solo i suoi
boxer addosso, gli fece arrivare una copiosa scarica di sangue al basso
ventre,
segno che il suo “amichetto di sotto” si stava
risvegliando.
Steve
si costrinse a mantenere la calma. C’erano diversi motivi che
gli suggerivano
che era meglio non rischiare il combinare l’ennesimo guaio.
Per
prima cosa non voleva dare spettacolo davanti alla sorella, anche se
molto
probabilmente ciò era già avvenuto nella serata
appena trascorsa.
Secondo
aveva imparato che un Danny prima del caffè era una Danny
molto pericoloso, che
se inopportunamente infastidito si vendicava mandandolo in bianco. E
questo
Steve non lo voleva: assolutamente no.
Decise
quindi di girarsi verso la sorella sussurrandole, “Ti
spiegherò tutto,
promesso. Ma ora non parlargli” per poi accennare al biondo
con la testa.
Mary
guardò il detective Williams avvicinarsi a loro, scrutarla
con gli occhi velati
di sonno e poi girarsi a fulminare con lo sguardo Steve.
Steve
che tenne il respiro sospeso mentre cercava di passare incolume
l’esame.
Dopo
qualche altro minuto, Danny si rivolse a Mary salutandola e dicendole
“Joan ha
bisogno di mangiare, ci penso io.”
Mary
rimase stranita dalla frase: la bambina non aveva dato segno alcuno di
malessere o di aver fame, come aveva fatto Danny a percepire una cosa
del
genere?
Con
la sorpresa dipinta in viso, si girò a guardare il fratello
che, alzando le
spalle, le fece capire che neanche lui sapeva come spiegarsi quanto
appena
avvenuto.
Steve
sapeva che Danno era bravissimo coi bambini, ma questo andava al
dilà di quanto
lui avesse mai visto.
I
due fratelli McGarrett guardarono silenziosamente, l’uno
continuando a bere il
suo caffè e l’altra rigirando i pancake, Danny
preparare il biberon per Joan e
dopo aver controllato la temperatura del latte, sparire nella stanzetta
per
andare a sfamare la piccola.
Rimasti
soli, Mary spense i fornelli e girò intorno alla penisola
per andare a
punzecchiare la spalla del fratello con un dito, urlandogli sottovoce
“Tu ora
mi racconti tutto!”.
“Cosa
vuoi che ti dica?” le rispose lui, facendo finta di nulla,
come se tutta quella
situazione fosse normale.
“Bho,
non so... potresti iniziare spiegandomi com’è che
ora ti scopi un uomo!” gli
intimò, con gli occhi fuori dalle orbite.
“Ehi,
io non me lo scopo!” ribatté Steve offeso.
Proprio
in quel momento Danny ritornò in cucina tenendo Joan, che
prendeva
tranquillamente la sua poppata, in braccio. I due fratelli lo
guardarono
incantati.
Mary
non aveva mai visto la figlia così tranquilla nelle braccia
di un’altra persona
che non fosse lei.
Quel
Daniel doveva proprio saperci fare con i bambini, considerò.
Appurato
che Joan era calma, si girò per ricominciare a parlare con
Steve. Doveva ancora
spiegarle da quanto questa cosa andava avanti.
La
faccia di Steve, però, la convinse a non chiedere oltre.
Lo
vide incantato dalla visione di Danny con la bambina in braccio. Mary
conosceva
molto bene il fratello e non le sfuggì quella nota di
commozione mista ad
orgoglio e possessività che riempiva gli occhi di Steve.
La
piccola McGarrett non sentì neanche il bisogno di chiedere
al fratello se fosse
innamorato dell’uomo che aveva davanti: glielo leggeva
addosso che era così.
“A
cosa dobbiamo la visita Mary?” chiese inaspettatamente Danny.
La
donna si riscosse dai suoi pensieri e si costrinse a schiarirsi la voce
prima
di rispondere. Sperò che non le tremasse troppo quando disse
“Ho preso una
settimana di ferie. Joan non vedeva Steve da quasi un anno, ormai, e
visto che
avevo delle ferie arretrate...”
Pregò
che la spiegazione bastasse, non voleva rivelare che in
realtà era da un paio
di settimane che aveva iniziato a sentire la mancanza del fratello,
fatto che
le aveva dato il coraggio di tornare alle Hawaii.
Danny
le sorrise comprensivo per poi allontanare con delicatezza il biberon
da Joan
ed iniziare a batterle delicatamente una mano sulle piccole spalle per
aiutarla
a fare il ruttino.
Mary,
intenerita dalla scena, riprese a parlare con Steve.
“E’
magnifico, vero?”
“Si,
lo è” rispose lui, ancora perso a seguire Danny
che si aggirava per la stanza
cercando di calmare Joan, che aveva iniziato a piangere sommessamente,
cullandola.
Tirò
un sospiro per cercare, ancora una volta, di riprendere il controllo.
Si
rivolse a Mary e con un sorriso mesto le disse “Vado a fare
una nuotata.”
Non
era certo che, continuando a guardare Danny prendersi cura di un
esserino piccolo
come Joan, sarebbe riuscito a mantenere il sangue freddo.
Steve
non aveva mai pensato a cose come matrimonio o l’aver figli,
ma da quando aveva
conosciuto Danny, ed ancor di più da quando avevano
intrapreso la loro
convivenza, quei pensieri erano quasi all’ordine del giorno.
Certo,
per lui il matrimonio non equivaleva ad altro che ad un pezzo di carta
firmato
e considerava già Grace come figlia sua - per lei si sarebbe
anche fatto
uccidere- ma,
ugualmente, Steve non
poteva impedirsi di pensarci. Aveva paura, però, che Danny
non fosse ancora
pronto, per questo ogni volta che quei pensieri si affacciavano al suo
cuore
cercava di distrarsi con altro.
La
maggior parte delle volte funzionava; questa volta non era del tutto
sicuro che
quella vampa di desiderio che ogni volta lo coglieva si sarebbe
diradata
velocemente.
Dopo
aver lasciato Joan a cercare di afferrare le apette che pendevano dalla
maniglia del suo ovetto, Danny si accomodò insieme a Mary al
tavolo sul quale
la colazione era stata imbandita.
“Complimenti
Danny, ci sai proprio fare coi bambini” disse Mary ancora
meravigliata dalla
naturalità con la quale il detective si era mosso.
“Grazie”
rispose lui, addentando un boccone di pancake, “Adoro i
bambini e ho adorato
prendermi cura di Grace quando era piccola.”
Spiegò con un sorriso dolce.
“Diventa
più facile quando crescono?” la
curiosità di Mary prese il sopravvento. Temeva
ed attendeva con impazienza che Joan crescesse.
“Oh
no, questa è l’età più
bella, quando ancora mangiano, dormono e sono
relativamente controllabili. Aspetta che impari a camminare, allora si
che
sarai nei guai” disse con una leggera risata.
Continuarono
a parlare amabilmente ma poi Mary gli chiese “Vorresti avere
altri figli?” un
po’ per curiosità, un po’ per sondare il
terreno.
Danny
si prese tutto il tempo di inghiottire il boccone che aveva appena
preso e bere
un bel sorso di caffè, il tutto con lo sguardo rivolto verso
l’esterno e la
spiaggia che dava sull’oceano.
“Vorrei,
si. Lo vorrei tanto” rispose.
Aggiunse
poi con voce sommessa “Sto solo aspettando che me lo
chieda”, frase che non
sfuggi alle attente orecchie di Mary.
Dopo
aver sparecchiato ed aiutato Mary a rigovernare tutta la cucina, Danny
diede un
distratto sguardo all’orologio “Cavolo,
è tardissimo! Devo correre a prendere
Grace!” urlò per poi sparire di corsa al piano di
sopra.
Sorridendo,
Mary si dedicò a Joan che, nel frattempo aveva iniziato a
protestare per il
pannolino sporco. Aveva appena finito quando Danny riapparve vestito e
pronto
per uscire. L’uomo, prima di prendere la porta, le disse
“Vado a prendere
Grace, compro un po’ di scorte per la dispensa e torno.
Potresti dirlo tu a
Steve? Grazie!”.
Non
le diede neanche il tempo di rispondere che imboccò la porta
ed uscì di casa.
Finalmente
sola, Mary riuscì a sedersi sul divano e a mettere ordine
fra tutte le notizie
di cui era venuta a conoscenza in quelle poche ore.
Suo
fratello conviveva con un uomo. Un uomo di cui era innamorato e da cui
era
palesemente ricambiato. Se doveva basarsi sulle espressioni di Steve
mentre
Danny si prendeva cura di Joan, avrebbe potuto giurare che il Seal
volesse
costruirsi una vera famiglia col biondo.
L’idea
non le sembrava affatto male. Suo fratello meritava la
felicità che con tanta
fatica stava ottenendo. Ma allora perché Steve non si era
ancora preso ciò che
gli spettava?
Se
avesse dovuto provare ad indovinare il motivo, avrebbe detto che a
bloccare
Steve fosse la paura del rifiuto. Era sempre stato così per
lui.
Mary
decise, quindi, che avrebbe cercato di sfruttare quel tempo per cercare
di sistemare
le cose fra il fratello ed il suo compagno.
Sapeva
che, molto probabilmente, non avrebbe dovuto immischiarsi fra gli
affari dei
due uomini, ma voleva ripagare il suo fratellone per tutto quello che
lui aveva
fatto per lei.
Naky’s
corner:
Salve a tutti!
Sono una nuova scrittrice fiera
sostenitrice del McDanno power. Sappiamo benissimo che nessuna donna
sarà mai
all’altezza di Danny per Steve e di Steve per Danny. Ma i
produttori/sceneggiatori non ne vogliono sapere di salire sulla nostra
barca
per cui tocca a noi fare tutto il lavoro che loro trascurano.
Non so quando potrete avere il secondo
capitolo; se riesco a non farmi risucchiare dalla vita universitaria e
l’ispirazione
non mi abbandona conto di aggiornare in un paio di settimane. In caso
contrario
vi chiedo di avere pazienza con me. Tutto sommato non credo che la
storia si
protrarrà per troppi capitoli, quindi in un mese/un mese e
mezzo dovrebbe
essere completa.
Spero, intanto, che questo primo
capitolo vi sia piaciuto e vi abbia intrigato. Se volete lasciarmi un
parere od
un consiglio io vi ascolterò con piacere.
Al prossimo capitolo.
Naky.
Ps.
Ringrazio dal più profondo del mio
cuore Sara, che mi ha aiutato leggendo in anteprima la fic e dandomi
consigli
preziosi su come gestire alcune cosine per evitare l’OOC.
Sei stata una
beta meravigliosa.