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Autore: lady dreamer    04/04/2016    7 recensioni
Prendete una giornata di sole, aggiungete un artista concettual-impegnato poco disposto a farsi intervistare - Sherlock - e un giornalista del Times - John - che deve fare un vero e proprio scoop se vuole mantenere il posto di lavoro. Aggiungete un atterraggio inaspettato all'aeroporto Charles De Gaulle di Parigi, una mostra da organizzare, un pazzo criminale sempre in agguato e mischiate energicamente con la promessa di grandi avventure. Salate con inseguimenti e battute sagaci e pepate con relazioni inaspettate. Riversate tutto su un file word e... ecco quello che ne esce fuori!
Genere: Comico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Irene Adler, Jim Moriarty, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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           Arte contemporanea
          Capitolo VIII
 
 
Più divento dissipato, malato, vaso rotto, più io divento artista, creatore... con quanta minor fatica si sarebbe potuto vivere la vita, invece di fare dell'arte.
Vincent Van Gogh
 
 
 

Se ne è andato. Ti ha lasciato solo nella stanza, trascinandosi dietro il tuo sguardo affranto. Sul pavimento tante piccole scaglie di cuore, pezzi grossolani e furenti di quel foglio che hai strappato senza pensarci. Lo spartito del concerto di Aranjuez.
Ma quelle note continueranno ad infestare i tuoi pensieri, ad associarsi al suo volto, a quelle labbra che non hanno saputo darti conferme, al suo “mi è mancato sentirti suonare”.
 
Lo ami con l’ingenuo egoismo del primo amore.
E non sai ammetterlo. Eppure rivedere Carl non ha colmato il vuoto, ha creato una voragine. La sua assenza adesso pesa più di prima. E questo non puoi negarlo.
Una zaffata della beata incoscienza in cui vivevi fino a pochi mesi fa ti ha scompigliato le emozioni. Adesso che se n’è andato, seppure con la promessa di rivedervi presto, continui a pensare a quella sera, sul terrazzo, sotto le stelle. E faceva freddo, il pavimento era scomodo, ma i fogli che volavano nella notte erano i vincoli del tuo passato che si allentavano, erano il tuo futuro che sorrideva in quella luna imperfetta.
 
Quella notte anche l’oscurità era blu. E non nera.
 
Quella notte hai desiderato essere Van Gogh per saper catturare la sfuggente brillantezza di quelle stelle, il loro ridente gioco di luci, mentre distoglievi lo sguardo da Carl, ma la sua voce continuava a cullarti.
 
E per una volta hai pensato che fosse bello stare al mondo.
Per una volta non hai pensato alle conseguenze, celato dall’oscurità il rossore delle tue guance scoloriva, e il luccichio nei tuoi occhi era un riflesso delle stelle, non una lacrima che ti scivolava svelta via ad essere dimentica. Carl fu al tuo fianco quella notte, sotto quel cielo stellato.
 
Adesso ci sei solo tu. E quel dannato quadro.
Non hai saputo venderlo. Non puoi più continuare a guardarlo. Non vuoi buttarlo via. Perché quella tela è una promessa. Un tacito accordo tra voi due. La certezza che quella notte è esistita sul serio, che non l’hai solo sognata.
 
****
 
Pensavi che la tua vita fosse un dignitoso disastro. Non avevi realizzato le tue aspirazioni, ma avevi un tetto sulla testa, e il frigo pieno di quanto ti servisse a sostentarti, i soldi per il cinema o un concerto, risparmiando, li trovavi, e per quanto squallido fosse ammetterlo, ti stava tutto sommato bene. Alla tua parte razionale stava bene.
 
Le viscere si contorcevano quando firmavi il trafiletto di quartultima pagina o quando restavi ad impaginare le notizie dell’ultim’ora, senza che ti venisse pagato lo straordinario, ma stringevi i denti e pensavi che tutto sommato la tua fosse una vita dignitosa. E che rispetto a tante altre persone avresti potuto quasi ritenerti fortunato. Gli intestini si aggrovigliavano, lo sguardo istintivamente si corrucciava, ma i piedi erano ben piantati alla realtà. Avresti fatto il tuo meglio, ma ti saresti tutto sommato accontentato di quello che avevi.
 
Poi ti hanno mandato ad intervistarlo. Irriverente, scostante, provocatorio, terribilmente scortese, malauguratamente affascinante. E ti ha illuso che la tua vita sarebbe potuta essere altro, che i tuoi giorni avrebbero potuto prendere la piega affannosa del ritmo dei suoi, che indizi, quadri, musei, corse, azioni al limite del legale potessero essere un entusiasmante presente, un promettente futuro. Pensavi di esserti trasformato nella spalla di una mente sregolata e geniale che avrebbe potuto portare la sua scombinata luce tra i tuoi capelli.
 
E ti eri illuso che anche lui avesse bisogno di te, della tua tacita presenza, dei tuoi rimproveri, delle tue occhiate e della tua pazienza, mentre non riusciva a dormire, in preda agli incubi. Hai pensato sinceramente che uno sconosciuto avrebbe potuto aver bisogno del tuo conforto, del tuo ingenuo “Anch’io.” Ti senti un colossale idiota. Vorresti strapparti la pelle di dosso, per non essere più riconoscibile. Vorresti strapparti il cuore per non sentirlo battere irrequieto mentre corri via, furente.
 
Non sei mai stato un essere prettamente razionale, John. Il pericolo, con l’adrenalina che metteva prepotentemente in circolo, era quello che amavi di più dell’Afghanistan. Quello che avevi riscoperto con lui. Sherlock Holmes ti ha illuso. Ha rialzato gli standard. Come potresti ritornare semplicemente alla tua vita squallida e scordati di averlo incontrato? Come pensi di poter dimenticare i suoi occhi verdi macchiati dell’oscurità dell’infinito? Come pensi di poter dimenticare le sue labbra, timide e irrequiete, sulle tue?
 
Sherlock Holmes ha firmato la tua condanna all’infelicità. Non puoi che odiarlo per questo.
 
Gli hai detto di non cercarti, hai sbattuto teatralmente la porta e te ne sei andato. Furente, hai preso le scale, sei entrato nella suite di Sherlock, agguantato il tuo giubbotto e sei scappato via, senza darti il tempo di volgere un’occhiata alla camera da letto, alle lenzuola disfatte, a quell’orma di corpi abbracciati che forse marchia ancora il cuscino.
Non hai preso l’ascensore, avresti potuto, ma scendi a piedi fino al piano terra, saluti sgarbatamente il concierge ed esci dall’albergo, senza che nessuno ti segua.
Cammini nervosamente per un tratto di strada, e poi ti volti indietro.
 
Sherlock non ha fatto niente per impedirti di uscire dalla sua vita.
Ti convinci di aver fatto la cosa giusta, mentre gli intestini si rivoltano e il cuore pompa il sangue ad un ritmo troppo accelerato per permetterti di valutare razionalmente quello che sta succedendo. O che non sta succedendo. Ti senti tradito, umiliato, sei riuscito a farti destabilizzare a tal punto da non pensare neanche al fatto che non hai un’intervista per il giornale, che vista la tua teatrale uscita di scena potresti anche perdere il lavoro.
Non ci pensi ancora, e fai la primadonna offesa. E non sai quello che ti aspetta.
 
***
 
Hai girato a vuoto, senza convincerti ad andare verso l’aeroporto, hai scioccamente ripercorso alcuni dei posti in cui eravate andati insieme. Non hai neanche cercato l’ingresso dell’Orangerie, ti sei limitato a passeggiare pigramente per le Tuileries, a sostare su una delle sdraio vicino ad una fontana in cui i bambini si divertono a far girare barchette a vela, a ricordarti come il cappotto gli svolazzava dietro mentre camminava, senza dare importanza alle cose che tu fissavi con infantile stupore.
 
Ti mancherà, anche se è stata tutta una bugia.
Ti mancherà, perché quegli ingannevoli momenti con lui hanno già assunto la connotazione del sogno. Non pensavi che avresti potuto sentirti così, con un uomo e per un uomo… Un’infatuazione, dettata dal suo fascino e dalla sua sagacia, dalla sua aria tremebonda, dalla sua scelta di dipingere cose incomprensibili. Con la sua passione per l’arte, il suo sguardo perso nelle pennellate di acrilico su tele ingiallite, in un museo, è riuscito a farti credere di desiderare un’altra vita… con lui. E quella notte, i suoi incubi, quell’abbraccio, hai incoerentemente creduto di poter essere tutto quello di cui poteva avere bisogno. Hai pensato seriamente di amarlo. Un “anch’io…” non è mai stato così pregno di significato. Ma il suo “io…” era solo un colossale fraintendimento.
 
***
Quando una macchina nera accosta a fianco al marciapiedi proprio davanti a te, e l’autista ti fa cenno di entrare, apri cautamente lo sportello, senza fare caso al fatto che non ci sia la segreteria di Mycroft Holmes ad aspettarti…
 
Sei stato quasi sollevato di vedere quella macchina spuntare, e fermarsi, hai dato per scontato che Sherlock avesse movimentato il fratello per farti venire a prendere, che fosse frutto di un tardivo moto di affetto nei tuoi confronti, o della consapevolezza che la tua assenza sarebbe stata insopportabile. Hai dato per scontato che lui provasse per te quello che tu provavi per lui. Ma è questo il problema dell’amore, ha un’arroganza tutta sua, ingenuamente totalizzante. E tu hai dato per scontato quello che non lo era affatto, perché il tuo cuore, del tutto irrazionalmente, voleva che fosse così. E forse non sei mai stato così avventato in vita tua…
 
- Dov’è Sherlock?
- Non abbia fretta, signor Watson, arriverà… Arriverà a salvarla.
 
***
Pensavi di aver visto abbastanza. E che quando Sherlock avesse farneticato qualcosa riguardo al fatto che lui e il suo passato avrebbero potuto metterti in pericolo esagerasse, come suo solito. E invece, eccoti qua. In balia di un pazzo che ti ha rapito, legato e imbavagliato e portato in una piscina abbandonata. E adesso incominci a pensare che incontrare Sherlock Holmes sia effettivamente la cosa peggiore che ti sia successa, e non solo da un punto di vista prettamente sentimentale. In Afghanistan ti aspetti che possa succedere qualsiasi cosa, ma non nel centro di Parigi.
 
Non è difficile intuire chi ti abbia rapito, probabilmente si tratta del fantomatico Cavaliere Azzurro. Così anche tu, dopo Victor Trevon, sei vittima del sedicente Cavaliere. Ora, se vi ha rapiti entrambi, è probabilmente per il vostro legame con Sherlock, presumibilmente perché siete suoi assistenti, e non perché possa aver intuito del tuo legame sentimentale, o quello che credevi tale, con l’artista. Vuole arrivare a lui attraverso di voi. Ma cosa vuole da Sherlock?
 
Ti maledici per non avergli fatto continuare il racconto, andando di matto quando lui ha continuato ad indugiare sui sentimenti che provava per Carl, e soprattutto quando ti ha rivelato il colossale teatrino imbastito per spingerlo a collaborare con lui, per avere le informazioni che Carl gli aveva affidato. Hai letto infinite volte quella lettera negli anni, e si trattava di un semplice commiato ad un amore abbandonato, parole struggenti ma sicuramente poco significative per chiunque altro che non fosse il destinatario.
 
Quindi se il Cavaliere Azzurro ti ha rapito per avere quella lettera pensando di trovarci chissà cosa innanzitutto non hai più con te la missiva e inoltre avrebbe preso un colossale abbaglio. A meno che… il Cavaliere Azzurro non fosse invaghito di Sherlock Holmes. Ma questo non avrebbe senso. Stando a quello che ti ha detto Sherlock, non si sono mai incontrati di persona, semplicemente si scrivevano delle mail tramite il blog del pittore, e si parlava di una corrispondenza professionale, perché il Cavaliere Azzurro voleva commissionargli un quadro. È sicuramente bizzarro e forse anche indicativo, che il quadro della commissione, “Lo studio in Rosa”, è in realtà ancora in possesso di Sherlock, o almeno, lo era prima che sparisse insieme a Trevon. Ma se era semplicemente il quadro quello che il Cavaliere voleva da Sherlock perché rapire Trevon? Perché rapire te?
 
Se la tua importanza per tutti loro consisteva nella lettera, che in realtà non sapevano che tu avessi, tutto questo porta a Carl e alla sua morte. Tu hai assistito alla sua morte. L’ha ucciso un terrorista, davanti agli occhi increduli di tutta la troupe. Ma che c’entra il Cavaliere Azzurro con i gruppi di terroristi in Afghanistan? Tutto questo non ha alcun senso… ma resta che dopo aver ucciso lui, e tenuto sotto sequestro te e gli altri per diversi mesi, nessun’altro è morto. Perché Carl? Hai sempre pensato che fosse stato un caso… un’intimidazione. Ma se non fosse stato solo quello? Se fosse stato mirato? Se tutto fosse servito solo ad uccidere Carl? Eravate giornalisti europei, e non vi hanno torto un capello. Perché? Hai sempre pensato che fosse stato un miracolo. Ma se in realtà si fosse trattato semplicemente di un gioco losco, di una faida tra il Cavaliere Azzurro e Sherlock Holmes? Ma come si arriva a tanto da un rapporto artista - mecenate come tanti altri? Non come tanti altri, effettivamente commissionare un quadro che abbia come soggetto un crimine è abbastanza singolare, ma tra farsi dipingere un omicidio e commetterlo c’è una bella differenza.
 
E comunque, se l’obiettivo era Carl, perché era vicino a Sherlock, passa in secondo piano anche la tua lettera, di cui il Cavaliere Azzurro potrebbe non ipotizzare neanche l’esistenza, dal momento che ha rapito prima Victor e non direttamente te, e quindi forse gli interessa solo portare Sherlock alle trattative. Ma il punto è… perché tutto questo andare su e giù per musei a cercare indizi per quadri e quant’altro se mirava solo a rapire te, o Victor? Forse vuole solo divertirsi… potrebbe essere una persona malata, magari schizofrenica o psicotica, per cui tutto questo è un semplice divertimento. Il che renderebbe comprensibile quella gara artistica all’ultimo quadro in cui avete di fatto gareggiato e vi sembrava di aver vinto.
 
Ora, il Cavaliere Azzurro sapeva dei sentimenti che Sherlock provava per Carl e li ha sfruttati per destabilizzarlo, forse è questo il motivo degli indizi, dei quadri, dei posti in cui vi ha mandato. Tutto era finalizzato a quei versi di Properzio, alla tomba di Verlaine.
Potrebbe essere stato un macabro gioco per rivendicare la paternità dell’omicidio di Carl. Se così fosse tu saresti nelle mani di un assassino.
 
 
- Non è stato divertente rapirla. Non ha opposto resistenza.
 
Senti solo la sua voce, senza riuscire a vedere la persona che ha pronunciato quelle parole colme di arroganza. D’istinto provi a dire qualcosa, ma il bavaglio te lo impedisce.
 
- Con Carl fu molto più stimolante. Dovetti farlo rincorrere fino in Afghanistan. È un posto così esotico, un bello sfondo per un omicidio, non trova? Lei è stato uno spettatore di quella morte, non l’ha trovata poetica? Mi rendo conto che senza conoscere i retroscena potrebbe essere fraintesa… Mi spiace che sia andato tutto a suo discapito… Eppure pensavo che sarebbe stato più intraprendente.
 
La persona che sta parlando ti sembra più vicina. Distingui chiaramente che appartiene ad un uomo. Deve essere il Cavaliere Azzurro. Deve essere per forza lui. Un sottoposto non parlerebbe così… Il punto è che… il suono di quella voce non ti è completamente nuovo…
 
- Mi sembra perplesso… Mai sentito parlare di me…? Non è possibile. Mi deluderebbe la sua mancanza di senso critico. Ma no, sicuramente ha capito… E vuole andarsene, non è così? Non aspettiamo Sherlock Holmes? Allora sì che la situazione potrebbe farsi divertente…
Chissà come reagirebbe questa volta, se lei morisse… L’ultima volta dipinse dei quadri bellissimi. Ne ho visto qualcuno… alla mostra sa? Si ricorda? Ci siamo anche presentati quella volta. Eppure lei sembra non ricordarsi.
 
Finalmente riesci a vederlo. E il sangue ti si ghiaccia nelle vene.
 
- Lo so, l’ultima volta ero vestito in modo orribile… I completi scuri mi donano di più…
 
Lo fissi con gli occhi sgranati, senza capacitarti dell’assoluta apparente normalità dell’uomo, quando l’avevi incontrato per la prima volta. Il giovane dalla maglietta di quel verde improponibile, con gli occhiali da nerd.
 
- Molly… Povera ragazza, non è vero? Se Sherlock non riuscisse a salvarla non verrà qui a salvare lei… perché non saprebbe dove cercarla… Probabilmente non sa neanche che lei sia sparito. È stata una gran trovata da parte sua dire di voler tornare subito a Londra, mi ha reso le cose molto più facili. Nessuno si affannerà a cercarla, se pensano che sia in viaggio per tornare a casa.
 
Si avvicina alla sedia a cui sei legato, valutando se toglierti o non il bavaglio che ti impedisce di parlare. - È inutile dire che urlare non le servirà a niente. Qui intorno non c’è nessuno che possa sentirla.
 
- Lei pensa che io sia il cattivo, il demonio della situazione… Ma Sherlock Holmes non è un angelo anche se sta dalla parte degli angeli.
 
Sei arrabbiato con Sherlock perché ti ha mentito, ma non c’è da fare paragoni con un pazzo che ti ha rapito e ti costringe a stare legato in un posto contro la tua volontà.
Se ti ha tolto il bavaglio è perché vuole che tu parli, che scivoli nella sua rete. Per il momento decidi di non rispondere.
 
Jim ti guarda in silenzio, senza stupirsi particolarmente della tua mancanza reazione.
- Come siete entrati al Pantheon?
Non capisci il nesso.
 
- Siete entrati di notte al Pantheon… Non si è chiesto come Sherlock possa aver avuto quell’idea? Perché sa esattamente come si organizza un furto.
 
- Non le credo.
 
Il Cavaliere Azzurro ti guarda con malinconica saccenteria:- E non è la cosa peggiore che ha fatto… Le ha già raccontato quella storia svenevole di Carl Norton e dell’Afghanistan? In fondo è stato Sherlock a causare la sua morte. A darlo in pasto allo sciacallo. Si potrebbe dire che io abbia solo messo i fiori sulla sua tomba. Ma non vale la pena morire per Sherlock Holmes. Quell’uomo non amerà mai nessuno.
 
- Come fa a dirlo?
 
- Sherlock Holmes, l’artista incompreso, stanco di vivere, che subisce il suo successo mentre disprezza il pubblico, l’uomo dalla vita sregolata e infelice, l’anima in pena che trova la sublimazione delle proprie frustrazioni nell’arte. Non le sembra di aver sentito questa storia troppe volte? Sherlock Holmes è uno stereotipo vivente. E gli stereotipi non amano, non hanno vero spessore, sono costruiti abilmente. Sherlock Holmes sa recitare fin troppo bene la sua parte, ma finge. Sherlock Holmes è ben altro.
 
- Lei non lo conosce.
 
- Lo conosco invece, sicuramente più di lei. Ci sono fin troppe cose che non le ha detto. Che non può nemmeno immaginare.
 
 
****
 
Ho finito il suo quadro, se le interessa ancora.
SH
 
E le dicessi che non mi interessa più?
 
La considererei molto maleducato.
SH
 
Dal momento che vuole sbarazzarsene, il quadro dev’essere pessimo.
 
Perché ha smesso di firmarsi?
SH
 
Per darle la possibilità di sviare il discorso, quando avesse preferito.
 
Il quadro è orribile, non la biasimerei se non volesse appenderlo in salotto.
SH
 
Posso pagarglielo lo stesso, se vuole. Ma non intendo ritirarlo.
 
Non ho bisogno di soldi.
SH
 
Perché mi ha scritto se non vuole vendermi il quadro?
 
Mi annoio.
SH
 
Anche a me capita spesso. È spiacevole annoiarsi.
 
E cosa fa?
SH
 
Penso alle cose più assurde. Solitamente mi distrae.
 
Tipo?
SH
 
Guardo alla finestra le persone per la strada, e immagino le loro vite.
 
È uno scrittore?
SH
 
Se fossi uno scrittore non sarebbe un diversivo immaginare la vita di altri.
 
Non vuole dirmi cosa fa…
SH
 
Dirigo l’azienda di famiglia. Mio padre è morto, tocca a me occuparmene. La sua vita è molto più interessante della mia. Avrei voluto fare l’artista anch’io...
 
Non avrebbe dovuto dirmelo… così avrei potuto indovinare. Ma fare l’artista non è sempre divertente.
SH
 
***
 
Me la spiega una cosa?
Il Cavaliere Azzurro
 
Oggi si firma quindi…
SH
 
Non si può mandare un messaggio così scarno e non firmarsi. Sarebbe maleducato.
CA
 
Sono le sue iniziali?
SH
 
Sono le iniziali di Cavaliere Azzurro. Mi secca scriverlo tutte le volte.
CA
 
Le posso chiedere di non firmarsi così?
SH
 
Come preferisce. Perché?
 
Cosa vuole che le spieghi?
SH
 
Quel furto sventato alla Tale Gallery.
 
Ho letto qualcosa a riguardo.
SH
 
Lei si intende più di me di arte e anche di musei. Io sono solo un amatore. Non capisco come abbiamo fatto.
 
A entrare?
SH
 
No, a farsi scoprire. Sembrava perfetto…
 
****
 
- Sherlock Holmes mi ha aiutato ad organizzare i migliori furti d’arte della mia carriera.
Poi ha preteso per sé tutta la refurtiva, che io ovviamente gli ho rifiutato. Mi ha minacciato, ma a me è bastato contattare la persona giusta, che non avrebbe potuto accettare di perdere Sherlock, così anche se lui è uscito dal business, Carl ha continuato a lavorare per me. Finché insieme non hanno deciso di portarmi via i miei quadri… ma io non potevo accettare che se li portassero via, capisce…? Non potevo. Avrebbero potuto portarmi via un braccio, una mano, un piede, ma non uno dei miei quadri. Loro sono tutto per me. Ma lei questo non lo capisce, vero? Non ha la sensibilità per capirlo. Ma loro lo sapevano. Sapevano che mi avrebbero fatto del male. E l’hanno fatto apposta.
 
****
 
Carl cammina nervosamente per la stanza, e si ferma solo per lanciarti occhiatacce e rimproverarti. - Sherlock, ma ti rendi conto di quello che hai fatto?
 
Tu te ne stai seduto su una delle sedie della cucina, senza sapere cos’altro fare.
- Come potevo immaginare che sarebbe finita così?
 
- Da quando ti metti a progettare furti con gli sconosciuti, come se fosse un gioco?
 
Non gli rispondi. Forse ha già capito che da quando hai finito il college ti sei sentito solo, ed è probabilmente per la sua assenza che hai iniziato a rispondere sempre con maggiore coinvolgimento al Cavaliere Azzurro. Se un’anima affine, appassionata d’arte, annoiata dalla vita e dalle persone che la popolano, trova un modo eccitante per combattere la noia e ti propone di farne parte, tu ci scivoli dentro, senza pensare alle conseguenze. Del resto, pensavi che fosse un imprenditore, che l’azienda del padre fosse una fabbrica di automobili, non un’associazione criminale, e che ragionare insieme su possibili furti d’arte potesse essere un semplice passatempo. Pensavi che fosse un gioco, l’ebrezza intellettuale che derivava dall’immaginare come introdursi in un museo e portarsi a casa un Van Gogh o un Modigliani senza che nessuno potesse risalire a voi, era una sensazione terribilmente esaltante. E a te bastava.
 
Ti bastava che il Cavaliere Azzurro ti scrivesse, che apprezzasse i tuoi folli ragionamenti, che per te erano puri voli pindarici, che ti ponesse questioni, che facesse appunti, che proponesse obiettivi sempre nuovi. Era solo un gioco, no? Un esercizio di stile. Doveva esserlo.
 
Aveva riempito la monotonia dei tuoi giorni, ti aveva stimolato a dipingere, ti aveva permesso di accantonare il bruciante pensiero di Carl, del suo volto, del suo corpo, del fatto che appartenesse a qualcun altro. Questo non per colpevolizzare Carl, sia chiaro. Che lui non ti concedesse attenzioni, che ti scrivesse o parlasse solo saltuariamente, vista la sua difficile routine giornaliera, non ti ha da solo portato alla deriva a cui è giunta la tua vita. Forse se il Cavaliere Azzurro non ti avesse blandito con tanta bravura, senza dartene avviso, se non ti avesse accarezzato con le sue lusinghe, consolato con la sua insistenza, probabilmente non saresti caduto così facilmente nella sua rete.
 
Ma nell’arco di una notte sola due furti che avevate immaginato insieme, sono stati realizzati. Ti piacerebbe pensare ad un’assurda coincidenza, ma sai che l’universo non è mai così pigro. Non ti resta che sperare che qualcuno abbia letto le vostre mail e usato quei piani per effettuare le rapine, e che quindi il Cavaliere Azzurro sia solo colpevole di un’imperdonabile distrazione, ma non di averti ingannato.
 
Carl non riesce a capacitarsi e non sapete cosa dirvi, tu perché ti sei già pentito di averlo coinvolto e lui perché non sa come aiutarti.
 
- Secondo me potrebbe non essere stato lui, qualcuno potrebbe aver usato le nostre conversazioni contro di noi, ti giuro che non volevamo davvero fare quei furti.
 
- Sherlock, continui a fidarti di qualcuno di cui non conosci neanche il nome! Quello è un pazzo criminale! Probabilmente continuerà a tirarti in mezzo a questa storia, ti ricatterà, o altro. Non solo sei stato irresponsabile, non ti rendi neanche conto della situazione in cui ti trovi!
 
- Abbiamo solo un modo per scoprirlo.
 
Accedi al blog dal cellulare, e controlli la posta privata. Nessun messaggio, come l’ultima volta che avevi controllato. Così sei tu a scriverne uno, sperando che tutta questa bizzarra storia sia solo frutto di un equivoco.
 
Sms a: il Cavaliere Azzurro
Mi spieghi cos’è successo ieri notte?
SH
 
- Gli ho scritto. Aspettiamo la sua versione dei fatti, prima di processarlo arbitrariamente.
 
Carl scuote il capo e si siede di fronte a te, come avvilito. - Arbitrariamente? Questo è un delinquente, e lo sai pure tu. Non capisco perché lo copri.
 
- Non lo sto coprendo, voglio solo capire.
 
- Non c’è niente da capire, purtroppo. Hai informato Mycroft?
 
Lo guardi negli occhi con fermezza. - Non ho intenzione di farlo. Mi rinchiuderebbe in una casa di campagna lontana dalla civiltà e mi farebbe sorvegliare a vista. E io questo lo odio. Non potrei sopportarlo. Sarebbe come andare in prigione.
 
Carl avanza una mano sul tavolo, verso la tua, ma non osa toccarla. - So che non avete un gran rapporto, ma tuo fratello ha delle conoscenze, potrebbe aiutarti ad uscirne pulito…
 
Fissi la sua mano sul tavolo senza avere il coraggio di raggiungerla. - Nessuno ha fatto il mio nome, nessuno ha firmato i furti, per il momento non corro alcun pericolo.
 
- E allora mi spieghi, dal momento che non corri alcun pericolo, perché mi hai chiamato? Cosa vuoi che faccia? Che stia qui a commiserarti e a darti ragione?
 
Ha incrociato le braccia sul petto, allontanando la sua mano dalla tua e facendoti intuire che in realtà se prima vi era stata così vicina era stato solo per errore. - Non voglio essere commiserato. Volevo il tuo consiglio, ma non che saltassi a conclusioni affrettate.
 
Carl ti guarda stizzito. - Sai benissimo che non lo sono.
 
Vorresti avere la forza di controbattere, ma la parte razionale del tuo cervello ti dice che è lui ad avere ragione e che le probabilità che il misterioso Cavaliere Azzurro sia incolpevole sono così basse da poter essere considerate nulle. Tieni gli occhi fissi sulla tovaglia plastificata davanti a te.
 
- Ti chiedo solo una cosa… mi spieghi perché l’hai fatto?
 
È quasi ridicolo che sia lui a farti questa domanda, dal momento che è parte integrante della risposta. Ma non lo ammetteresti mai. Ti focalizzi su quello che provavi ad inventare stratagemmi per non far saltare gli allarmi, e per disinnescare i circuiti delle telecamere interne.
 
Alzi lo sguardo, sperando di essere più convincente. - Perché era divertente.
 
- Non ti è mai passato per la tua testa geniale che fosse una cosa sbagliata? Che non avresti dovuto farla sebbene avessi voluto?
 
- Non pensavo di correre nessun pericolo. Doveva essere semplice speculazione. Pensavo che lui fosse mio amico.
 
C’è un forte sottinteso, un chiaro rimando, in quello che hai detto. Carl sembra coglierlo, e non sai se esserne felice o meno. - Perché non hai chiamato me invece di cercare conforto in questo pazzo?
 
- Hai la tua vita Carl, io non posso sempre pensare di avere il diritto di intromettermi.
 
Lui ti guarda fisso negli occhi, una mano sul tuo braccio, come a indicare la sua vicinanza. - Avrai sempre il diritto di intrometterti nella mia vita, ricordalo bene.
 
Guardi la sua mano, cercando di immagazzinare il ricordo di questa sensazione nell’archivio della tua memoria. Dissenti con quello che dice, ma ti sembra così intrinsecamente bello sentirglielo dire che quasi non vorresti contraddirlo. - Carl… Ci sono altre cose, altre persone nella tua vita...
 
- Nessuno potrà tenermi lontano da te.
 
C’è la stessa dolorosa tenerezza nei suoi occhi, data dalla consapevolezza del peso di quello che sta dicendo, dal momento che non è propriamente vero, non è sempre vero.
 
- Non dici niente?
 
Lo guardi negli occhi e alzi appena le spalle. - Cosa vuoi che ti dica?
 
- Quello che pensi…
 
- Su di noi…?
 
Senti la pelle bruciarti sul viso. “Noi” è un pronome terribilmente identitario. Ti penti di averlo pronunciato nella frazione di secondo in cui Carl ti guarda senza dire niente.
- Anche su di noi.
 
Ha annuito. Ha usato quel pronome terribilmente identitario, come se fosse normale. Come se fosse normale parlare di “voi”, così come lo state facendo adesso. Che questa follia del Cavaliere Azzurro possa riuscire a farvi essere sinceri l’uno con l’altro? Che possa portavi altrove?
 
- Penso che mi manchi. Mi manchi troppo spesso. Ci sono molte cose che ti tengono lontano da me. Ma non è colpa tua. Io ho scelto di andarmene. Io devo pagarne le conseguenze. Ma non dirmi che non c’è niente che ci separa. Perché c’è l’Himalaya tra di noi.
 
Carl ti guarda con esasperata dolcezza. - Sei tu che non mi vuoi nella tua vita. Ti fai vivo molto raramente. Non mi scrivi mai. Ti sei fatto strane idee…
 
- A quale delle mie tante strane idee ti riferisci?
 
- Tu pensi che io abbia una ragazza. Che la anteponga a te.
Lo dice con tono di leggero rimprovero. Come se fosse ridicolo da parte tua.
 
- Non è forse così?
 
Carl stranamente non temporeggia nel risponderti. - Il fatto che io sia andato a letto con questa ragazza non implica che lei sia più importante di te. Ti conosco da molto più tempo di quanto non conosca lei.
 
- Ma tu la ami, io sono solo un tuo amico.
 
Disegna ghirigori di nervosismo sul tavolo, mentre con gli occhi bassi sussurra:
- Tu non sei solo un mio amico.
 
- E cosa sono allora…?
 
Alza lo sguardo su di te, con intimidita tenerezza. - Sei… il mio miglior amico.
 
Non sai dove trovi il coraggio, ma insisti. - E l’amicizia conta più dell’amore?
 
- Tu conti più di chiunque altro.
 
Probabilmente è quanto di più vicino ad una dichiarazione potrai mai sentirgli pronunciare.
Nei tuoi confronti almeno. Non sai perché, ma sei sicuro che Carl sarebbe capace di parole colme di tenerezza. E ti angustia immaginare che le dica a qualcun altro. Probabilmente arriverà il giorno in cui dovrai pronunciare un discorso al suo matrimonio. Il discorso del testimone di nozze. Solitamente è il miglior amico che lo pronuncia. Non sai se saresti mai capace di scriverne uno, perché celebrare la felicità della persona che si ama con qualcun altro non è qualcosa che si possa pretendere da se stessi a cuor leggero.
 
Ami Carl. Ma non puoi dirglielo. Perché preferiresti essere al suo matrimonio, dalla parte sbagliata del tavolo, piuttosto che non esserci. Preferiresti vederlo felice, anche se con qualcun altro, che dover solo immaginare la dolcezza del suo sguardo, la spensieratezza del suo sorriso. Ami Carl. Non riesci a trovarci niente di più sbagliato… e niente di più giusto.
Essere innamorati genera continue contraddizioni. Non volevi chiamarlo, ma volevi che fosse con te. Pensavi di poter gestire il Cavaliere Azzurro da solo ma volevi che lui vedesse che sai essere affascinato da qualcun altro, volevi in fondo che si ingelosisse. Ma in realtà ti sembra di avergli solo mostrato quanto a fondo puoi cadere se non c’è lui a sorreggerti. L’hai chiamato perché volevi che ti dimostrasse di tenerci a te, di volerti tirare fuori dai guai, che si mettesse in moto qualcosa…
Ma forse stai solo facendo una figura patetica…
Quando leggi la risposta del Cavaliere Azzurro ne hai la conferma.
 
Sms da: Il Cavaliere Azzurro
Non è stato magnifico?
 
****
 
Il Cavaliere Azzurro delira nella sua follia. Cerca persino di creare empatia con te, che sei legato come un salame e suo ostaggio. - Lei cos’avrebbe fatto se le avessero portato via tutto quello a cui teneva?
 
- Quei quadri non erano suoi, li aveva rubati…
 
Fa una smorfia di disappunto abbastanza teatrale. - Li avevo rubati, quindi erano miei.
 
- Quindi non era solo per i quadri?
 
- I quadri non sono solo quadri, non l’ha ancora capito? I quadri sono ritratti di anime. La tela è il corpo, un mero supporto fisico, le pennellate sono arterie, e sangue, e viscere, il colore è spirito. Non ci è dato vedere gli spiriti, se non nelle opere d’arte.
 
Non riesci a capire fino in fondo cosa ci sia nella psiche di quest’uomo. È tutto terribilmente surreale e folle.
 
- Lei si rispecchia nei quadri…?
 
E più tu sei incredulo, più lui sembra convinto. - Io posseggo altri attraverso i quadri. Sono in mio completo dominio, anche se sono morti, perché ho in ostaggio le loro anime. L’arte è l’unica cosa che vince la morte.
 
- È questo che vuole da Sherlock: un ritratto, per essere immortale?
 
- Non siamo in un romanzo di Oscar Wilde, signor Watson. Lei non potrà mai capire.
 
 
****
Avete discusso sul da farsi, e hai dovuto ammettere, a malincuore, che i vostri peggiori timori erano giustamente fondati. Quel messaggio del Cavaliere Azzurro rivendica i fatto i furti, nella sua innocenza non potete di certo più credere.
 
Carl ti guarda con rammaricata serietà. - Non ci resta che sventare il suo prossimo colpo. Tu probabilmente conosci già il piano. Sai già cosa dobbiamo impedire.
 
Scuoti il capo, indeciso se dargli ascolto o meno. - Non è detto che segua alla lettera quello che abbiamo pensato…
 
- L’ha fatto la volta scorsa…?
 
Ripercorri nella memoria il progetto e poi le dinamiche del furto. - Tutto sommato sì.
 
- Perché non dovrebbe farlo anche stavolta?
 
****
 
- Sherlock avrebbe potuto… se solo non fosse stato così stupido… Se solo avesse accettato il mio gioco, e non si fosse fatto indietro. Mi ha stracciato il cuore… Questo lei lo capisce, no? Sa cosa vuol dire essere ingannati, essere la seconda scelta… Io non sono mai la seconda scelta. Nessuno mi sceglie, sono io che scelgo gli altri. E nessuno fa quello che vuole senza che non lo voglia io, o se lo fa, lo fa a suo rischio e pericolo. Sherlock Holmes sta giocando con il fuoco… Non è curioso di vedere se si brucerà anche stavolta?
 
***
 
Oggi piove. Diluvia. Le gocce di pioggia si suicidano contro i vetri della tua finestra.
Il tempo di uscire dal taxi e raggiungere il portone del 221 B basta a Carl per inzupparsi completamente. Gli saresti andato incontro con un ombrello, se solo avessi saputo che stava venendo da te. Apri la porta con inquieto stupore dopo averlo visto dallo spioncino.
Sorpreso, lo guardi senza riuscire a capacitarti della sua comparsa, della sua corsa, dei suoi capelli bagnati sotto la pioggia. - Carl, che ci fai qui?
 
Lui entra, tirandosi dietro la porta, senza sedersi, senza guardarsi intorno, senza accennare a uno qualunque dei convenevoli dietro cui le persone solitamente si nascondono.
Nei suoi occhi l’urgenza di parlarti. - Mi hanno anticipato la partenza.
 
Nei tuoi un certo allarmato stupore. - Quando?
 
- Domani mattina.
 
- Ma possono farlo…? Con così poco preavviso?
Annuisce appena.
 
Gli hai indicato il bagno, perché si asciugasse quanto meno i capelli con il phon, mentre hai messo a bollire l’acqua per il the. Non puoi credere che se ne vada adesso. Non puoi credere di perderlo, ora che pensavi che avresti potuto ritrovarlo, e non così alla svelta.
 
Da quando il Cavaliere Azzurro ha scombussolato le vostre vite, paradossalmente siete diventati uno il punto di riferimento dell’altro. Siete riusciti a sventare il secondo e il terzo furto di quelli che avevi per gioco organizzato con il ladro. Il Cavaliere Azzurro ha smesso di seguire quei piani, e per un po’ musei e collezionisti privati hanno dormito sonni tranquilli. Tempo un paio di settimane e i furti sono ricominciati, ma non con piani che si potevano ricondurre a te. Avresti voluto fare qualcosa anche in merito a quelli, ma Carl te l’ha impedito, dicendo che vi siete messi a sufficienza in pericolo, e che se quel Cavaliere Azzurro è un criminale come sembra, va lasciato in pace.
 
Non ti spieghi che non sia successo niente dopo che avete sventato i furti. Non un messaggio, non una parola da parte del ladro. Ma forse il tacito accordo era proprio quello, lui avrebbe tentato i furti, tu avresti dovuto sventarli. È stato avvincente, come stare in un film, o in un libro. Ed essere l’eroe della situazione.
 
Carl ha finito il suo corso di fotografia all’università e ha fatto domanda per partecipare ad una troupe in partenza per l’Afghanistan. Avresti voluto poterglielo impedire, ma sai che non farebbe mai il fotografo di moda, o qualsiasi altra cosa che potesse tenerlo a Londra. Del resto non è a te che deve chiedere il permesso per vivere la sua vita come preferisce viverla. La partenza della missione era incerta sin dall’inizio, vista la difficile situazione nel paese, e le date sono state sempre molto altalenanti. In realtà non pensavi che avrebbero accettato la sua candidatura, vista la giovane età e la mancanza di esperienze sul campo, ma sei felice che qualcuno abbia riconosciuto il suo talento. Ma non puoi pensare che debba partire domani…
 
***
Carl fa giocherellare la bustina di the nell’acqua bollente, che diventa pian piano più scura.
Alza gli occhi e comincia a fissarti, con titubante insistenza.
 
- Lo sai che Verlaine scriveva poesie per un uomo?
 
Deglutisci a fatica il sorso di the che avevi preso, col rischio che ti vada per traverso.
Quel libro è stato la fonte primaria dei tuoi problemi. Se non te l’avesse regalato non ti saresti fatto illusioni, ma a fronte di una poesia per Rimbaud, e un paio al maschile, le altre erano tutte l’esaltazione del corpo femminile. Per questo non hai mai preso il suo regalo come prova. Alzi gli occhi a sostenere il suo sguardo. - Scriveva anche poesie per delle donne…
 
Carl scuote appena il capo. - Che non erano importanti…
 
Smetti di tormentare il manico della tazza. - Cosa stai cercando di dirmi?
 
Devi avere un’aria un po’ smarrita, perché Carl fa fatica a non abbassare gli occhi.
- Niente, se non è quello che vuoi sentire.
 
 Chiami a raccolta tutte le forze che hai, respirando a fondo prima di parlare, per far arrivare un po’ di ossigeno al cervello, e calmare il cuore che inizia ad agitarsi nel petto.
 
- Carl, conosci De André?
 
Lui ti guarda con sincero spaesamento. - No…?
 
Era un rimando troppo sottile da cogliere. Non avresti dovuto farci tanto affidamento fin dall’inizio.
- Ha scritto una canzone sulla melodia dell’Adagio del Concerto d'Aranjuez. E parla di un amore infelice.
 
Carl sembra stupito, scuote il capo. - La suonavi sempre...
 
- La suono ancora.
 
Lo guardi fisso negli occhi, sperando che possa bastare. Incredulo che qualsiasi cosa stia succedendo, stia succedendo davvero.
 
Non distoglie lo sguardo. - Perché non me l’hai mai detto prima?
 
- Per lo stesso motivo per cui non mi hai mai detto di Verlaine.
 
Cala un silenzio imbarazzato. Fai per prendere un sorso di the, ma resta solo un vago tepore sulla porcellana della tazza, e la bevanda è ormai fredda. Carl continua a guardarti, e lasci a lui l’onere di dire qualcosa. Non sai cosa aspettarti da questa situazione e non sai cosa lui si aspetti da te. Non ti piace non sapere come comportarti. E te ne vergogni, incidentalmente.
 
Carl allunga una mano sul tavolo a toccare la tua.
- Sherlock, posso farti una richiesta?
 
Annuisci.
 
Lui si alza in piedi e si avvicina a te. - Vieni qui…
 
Ti alzi a tua volta. - Cosa vuoi…?
 
Lui allarga le braccia: - Voglio tenerti stretto a me, sentire il tuo cuore battere vicino al mio e scordarmi quanto sia stato infelice…
 
Arrossisci abbastanza vistosamente.
 
Scuote il capo. - Sono uno sciocco sentimentale, scusami. Non volevo metterti a disagio.
 
Ti avvicini a Carl, combattendo contro il rossore e sapendo di non essere credibile.
- Non mi metti a disagio…
 
Il cuore batte forsennato nel petto, mentre te ne stai lì, vicinissimo, ad aspettare che lui ti abbracci.
Carl sorride appena, ti circonda la schiena con le mani, ti abbraccia con tenerezza, appoggia la testa sulla tua spalla, gli occhi chiusi. Non è irruento, ma è così intimo, per quanto è dolce.
 
- Sei adorabile quando cerchi di smentire l’evidenza.
E continua, sussurra al tuo orecchio con un tono inconsapevolmente suadente: - E sei bellissimo quando t’imbarazzi…
 
Ma non mantiene a lungo la promessa di limitarsi ad abbracciarti, ti bacia dolcemente l’orecchio, e poi l’attaccatura del collo, incoraggiato dalla tua arrendevolezza.
Non ti dispiace, ma lui si fa prendere dal senso di colpa, si stacca da te quasi fulmineamente.
- Scusami, non…
 
Carl non sa intuire quanto tu lo abbia desiderato, è ancorato alla tua ostentata indifferenza per i sentimenti, al tuo dichiarato sdegno per il sesso, evidentemente deve aspettarsi che anche il minimo contatto possa disgustarti. E se ci fosse qualcun altro al suo posto, probabilmente sì, ti darebbe immensamente fastidio. Ma è lui. Ed è immensamente diverso.
 
- Smettila di scusarti…
 
E non se l’aspetta, ma sei tu a prendergli il volto tra le mani, e baciare timidamente la sua bocca. Risponde appena, dischiudendo le labbra, mentre il volto gli diventa vagamente rosso.
 
Carl ti sorride incredulo, portandosi una mano sul viso, come se non si capacitasse ancora della tua iniziativa. - Non mi aspettavo che…
 
Avete passato anni a desiderarvi senza mai dirvelo. E adesso sembra difficile ad entrambi che l’altro possa ricambiare, tanto siete stati terrorizzati dalla prospettiva di essere respinti. Di essere rifiutati dall’unica persona che conta.
 
Potresti prendere la mano che ha appena allontanato dal viso. Oppure potresti accarezzare una delle sue guance con la punta delle dita. Potresti scompigliargli i capelli. Ma un timido sfiorarsi di labbra non è stato sufficiente a rimuovere anni di rigido autocontrollo. 
 
Sai che è così anche per lui. Sorridi del suo spaesamento. - Ti sembra strano che volessi baciarti? Questo dimostra che non hai capito niente in questi anni…
 
Lui alza gli occhi al cielo, senza sembrare arrabbiato. È visibilmente diviso dall’avvinghiarsi a te e chiederti spiegazioni. - Sherlock, hai fatto di tutto per depistarmi…
 
- Non è vero, spesso sono stato avventato.
 
 Hai pensato molte volte di esserti tradito, che lui avesse capito l’entità del suo attaccamento a lui, la dolcezza di alcuni sguardi, l’indulgenza che ingentiliva i suoi tratti quando lo ritraevi, dal vivo, o a memoria. Probabilmente non sa di quelli a memoria, però…
 
- Troppo poco, Sherlock. Io stavo per partire senza dirti una parola…
 
Forse ti si potrà accusare di eccessivo riserbo, ma a parte qualche uscita infelice sull’inutilità dei sentimenti o lo squallore del sesso, non hai mai barato mischiato le carte, come ha fatto lui. Gli lanci un’occhiata volutamente torva. - Non sono io ad essermi messo con una donna.
 
Lui si appoggia alla parete, come se non avesse d’un tratto la forza di risponderti. - È stata solo una parentesi squallida, non rinfacciarmelo, ti prego.
 
A te non è mai interessato avere una relazione, ma capisci che per lui possa essere stato destabilizzante ritrovarsi attratto da un uomo, dal momento che le sue esperienze precedenti potrebbero essere state delle donne. Ma a te di quello che succedeva prima che ti conoscesse non interessa. Eppure Carl dopo averti conosciuto e averti lanciato segnali ambivalenti, ha avuto una donna. Il che non solo ti ha portato a quella gelosia ossessiva e fintamente disinteressata che ha sperimentato quel pomeriggio a casa tua, dopo settimane che non rispondevi al telefono oppure scrivevi messaggi monosillabi, ma ti ha fatto concretamente perdere ogni speranza. Ma non è questo il momento di recriminare. E anzi, probabilmente preferisci non sapere. Adesso non servirebbe a niente. Vuoi solo stare con lui, prima che parta. Vuoi abbattere le muraglie di convenevoli che vi tengono ancora divisi. E con decisione colmi la distanza che vi separava.
 
- Adesso non voglio rinfacciarti niente…
 
 
***
Se Carl si era arreso a baciarti, e baciarti e baciarti ancora, pare non sia intenzionato a proseguire oltre. Scuote appena il capo. - Sherlock, non sentirti obbligato… Non voglio che tu faccia qualcosa che non ti senta di fare…
 
- L’arte è una sublimazione del sesso, ricordi?
 
Carl sembra ignorare quello che hai detto, sulla faccia un’espressione di tacito disappunto.
- Sherlock… so quello che pensi e non me lo perdonerei mai se…
 
Ma non si è scostato di molto. Siete ancora così vicini da respirare il respiro dell’altro.
- Sono con la persona che amo…
E gli baci ancora le labbra con dolce devozione.
 
Lui non si sottrae al bacio, ma non lo approfondisce. - Tu vuoi mandarmi al manicomio… Non puoi davvero ricordarti tutto quello che dico e usarlo contro di me!
 
Una colonna di aria fredda prende il tuo posto tra le sue braccia. - Non pensavo che… Scusami.
 
Carl sembra mortificato. - Sherlock, stavo scherzando. Non pensavo che ti ricordassi… Io… non so più cosa pensare. Io pensavo che mi avresti cacciato via, non che mi avresti baciato. Sono un po’ destabilizzato da… tutto questo.
 
- Ma…
 
- Sono destabilizzato… in senso positivo.
 
Si appoggia al tavolo, soppesando visibilmente i pensieri. Resti immobile davanti a lui, senza capire cosa possa frullargli per la testa, e senza riuscire a collegare la sensazione di spaesamento a qualcosa di positivo. Tu detesti non sapere cosa fare. Affidarsi alla razionalità e ad uno schema di comportamento già sperimentalmente testato come funzionante è la cosa che trovi più confortante al mondo. E questo silenzio ti spaventa…
 
Carl alza infine gli occhi dal pavimento, e riprende a guardarti. E a parlarti.
- C’è un motivo se sono stato con una ragazza e non con un ragazzo.
 
Avevi supposto che l’evidente differenza avrebbe potuto infastidirlo, o frenarlo, o… dargli problemi anche psicologici, ma non pensavi che tirasse fuori l’argomento così francamente e così all’improvviso. - Non sei tenuto a dirmelo…
 
- Sono tenuto invece. Perché c’entri tu, ovviamente.
 
Annuisci. Aspetti che continui a parlare, ma di risposta il suo sguardo ha ripreso a vagare sul pavimento.  
 
- Non sono bravo con queste cose.
 
Non sei certo di capire… - Parli con qualcuno che non ha affatto esperienz…
 
Carl scuote il capo, accennando un sorriso nervoso. - Non intendevo “quelle” cose. Intendevo “parlare di sentimenti”…
 
Ma non c’era malizia in quello che avevi detto. Volevi solo diluire le sue preoccupazioni, ammettendo le tue mancanze. - Anch’io intendevo parlare di sentimenti.
 
Carl respira profondamente. E alza deciso gli occhi fino ad incontrare i tuoi.
- Io non potevo sopportare di stare con un uomo che non fossi tu. E visto che non potevo avere te, ho cercato di dimenticarti, di convincermi che per te provassi solo affetto, che fossi solo confuso. Che in realtà mi piacessero le donne. Ma sono stato ancora più confuso dopo. E tu sembravi geloso. Ma non… Non l’ho fatto per farti ingelosire sia chiaro, io…
 
Lo interrompi, stupendoti della tua fermezza, a fronte di quello che ti ha appena detto.
 
- Carl, ti imbarazza parlare di questo…?
 
Annuisce, rifugiandosi in un tono ironico che mal si addice alla serietà del suo volto.
 
- Evidentemente.
 
- E allora smetti di parlarne…
 
- No, devi farmi continuare.
 
È commovente come sia deciso a portare avanti questo discorso. Ti stupisce quanto possa avere a cuore spiegarti quello che non ti ha mai detto e che ti ha ferito, quello che non avevi mai avuto l’arroganza di chiedergli. Non l’avevi fatto neanche prima, pur avendo tirato fuori l’argomento. Carl sente di non essere stato leale con te quando è stato con quella ragazza. A quanto pare si sente in colpa per questo…
 
- Io ti desidero immensamente, ma… Non sarei dovuto venire qui a parlarti… Domani parto per l’Afghanistan. Cosa posso offrirti?
 
Se fossi avvezzo alle metafore potresti pensare che il cuore ti si stia squagliando nel petto. Carl continua sempre e solo a preoccuparsi per te. Perché sa che non lasceresti a nessun altro l’onere di preoccuparsi per te, senza ostacolarlo. E come potresti mai ostacolare Carl, che scuote il capo e ti guarda come se fossi la cosa più preziosa e importante al mondo? È difficile, ma devi trovare un modo per farlo, visto che sta piombando inutilmente nello sconforto. - Oggi non è ancora finito… e tornerai…
 
- Oggi è già finito Sherlock, il sole sta tramontando. E non so quando potremo rivederci…
 
Alzi le spalle, scuotendo le spalle. - È già successo altre volte.
 
- Chiedimi di non partire…
 
Ha un’espressione teneramente vulnerabile. Non pensi che sia stato mai così candidamente esposto al tuo giudizio, come oggi, in questa stanza, la sua partenza ad incombere come un macigno sulla vostra vita insieme. Ma sai che per quanto l’istinto gli abbia fatto pronunciare quella richiesta, in realtà sarebbe solo meschino e vile da parte tua cercare di trattenerlo.
 
Sospiri appena. - Lo sai che non posso farlo. Mi odieresti per questo.
 
Carl riacquista parte della sua solita sicurezza.  - Non potrei mai odiarti, Sherlock, scordatelo.
Non ti ha ancora detto di amarti. Non nel modo canonico in cui le persone lo dicono. Tu l’hai fatto, ma lo stavi citando, il che forse non vale, visto che sembra che lui non ci abbia fatto granché caso. Tu rincorri piste su questo, mentre lui continua a farsi rodere dai suoi demoni.
 
- Non avrei dovuto lanciarti in tutto questo… Come starai dopo che me ne sarò andato…?
 
Alzi le spalle, come a sottolineare che verrai a patti con la sua partenza, ma sicuramente non potresti tollerare di lasciarlo andare come se fosse un estraneo, proprio ora che vorresti solo che fosse tuo complice. Che almeno per questa notte fosse il tuo amante. La verità è che vuoi disperatamente che si dimentichi di quello che ha vissuto prima, con altri, e che possa ricordare, nelle notti buie e solitarie e fredde dell’Afghanistan, solo i tuoi baci, la tua pelle, i tuoi sospiri.
 
- Ormai il danno è fatto, non puoi tornare indietro.
 
Carl accenna un sorriso piuttosto triste, e ti accarezza il volto. - Detesto darti ragione…
 
Ti volti a baciare il palmo della sua mano.
 
- E questo lo detesti…?
 
Carl ti regala un sorriso più rilassato, scuotendo appena il capo.
 
Baci ancora la sua bocca, ed è un leggero sfiorarsi di labbra. - E questo…?
 
Lui risponde al tuo incoraggiamento, ti attrae a sé, mentre il tuo respiro, già accelerato dalla tua impudenza di prima, ti fa alzare e abbassare il petto speri non troppo vistosamente.
 
- Non potrei mai detestare niente di tutto questo…
 
Abbassi lo sguardo, poi chiudi gli occhi. Carl ti bacia con appassionata lentezza, e ti senti avvampare il volto, ti irrigidisci istintivamente, mentre lui scende a baciarti il collo, a insinuare il naso e poi le labbra sotto la stoffa della tua camicia azzurra, dopo aver liberato qualche bottone dall’asola.
 
- Carl…
 
Si ferma istantaneamente, alza gli occhi, quasi preoccupato.
Vorresti non averlo fermato. Se non altro adesso non dovresti spiegare nulla. E non ti sentiresti uno sciocco, come sta avvenendo. Cerchi le parole con imbarazzo. - Il fatto che voglia… non vuol dire che non mi spaventi.
 
- Possiamo interromperci anche adesso…
 
Il suo tono di voce è calmo, e rassicurante, e sai che non farebbe mai qualcosa che tu non volessi che facesse. Prendi un respiro profondo prima di parlare. - Non voglio che tu ti interrompa… Ma penso che potrai restare deluso, forse…
 
- Sherlock, tu pensi davvero di non poter essere abbastanza?
 
Non abbassi gli occhi, ma sostieni il suo sguardo, lieto che abbia capito senza che tu dovessi esporti ancora.
 
- Io passo le mie notti a sognarti, e i miei giorni a maledire che siano solo sogni.
 
Non sai se la cosa deve lusingarti o spaventarti. Sicuramente ti mette ansia. - Che cosa facciamo nei tuoi sogni?
 
- Solitamente dipingi, o suoni il violino. Delle volte mi baci persino…
 
Non puoi credere che si sia limitato a questo. Persino tu non ti sei limitato a questo. - E basta…?
 
Carl accenna un sorriso vagamente nervoso. - Vuoi mettermi o metterti in imbarazzo?
 
- Non sarò mai all’altezza delle tue fantasie…
 
- Scommettiamo?
 
Annuisci, accennando un sorriso alla sua sicurezza mal riposta.
 
- Non mi hai mai fatto vedere la tua camera…
 
***
 
Ti togli le scarpe, dopo esserti seduto sul bordo del letto.
Carl si siede a fianco a te. Bacia solo le tue labbra, non il collo, non la porzione di dorso lasciata scoperta dalla camicia che aveva iniziato ad aprire. Ti abbraccia, semplicemente. Ti stringe forte, senza malizia. Ti porta dolcemente a sdraiarti sul materasso insieme a lui.
 
- Sei teso come una corda di violino, Sherlock.
 
Sarebbe inutile negare… così cerchi di minimizzare. - Penso che sia normale.
 
- Penso che tu debba scioglierti. E smettere di pensare. E di razionalizzare tutto.
 
- Fammi smettere di pensare allora…
 
Carl ti bacia ancora. E ancora. E ancora una volta. Perdi il conto dei suoi baci, degli attimi che passi senza riprendere fiato, o con gli occhi chiusi. Carl inizia piano a spogliarti, scostando i bottoni dalle asole della tua camicia.
 
- Hai idea di quanto sia bello anche solo guardarti…?
 
Non rispondi, intento a cercare di non cambiare ancora una volta colore.
 
Carl non aspetta sul serio una risposta, bacia piano ogni porzione di pelle che scopre, dolcemente soddisfatto del tuo progressivo abbandonarti contro il materasso, dei tuoi taciti sospiri. Quando smette, apri di nuovo gli occhi. Lui incrocia il tuo sguardo, chiedendoti chiaramente il permesso. Annuisci, accordandoglielo.
 
Gli lasci sganciare il bottone, le sue mani pericolosamente vicine a una parte che di te che nessun altro ha mai toccato. Temi di rovinare tutto con la tua inesperienza, ma fai scivolare via i pantaloni.
 
Carl è ancora completamente vestito. E sembra non farci caso. Ha preso a baciare la pelle intorno alle cuciture dei tuoi boxer. Avvampi quando incomincia a diventare dolorosamente evidente che stai gradendo quello che fa.
 
Non è la prima volta che ti vergogni di avere un corpo, ma solitamente sei da solo, nel pieno della notte, nel buio più completo. Hai immaginato più di una volta come sarebbe stato essere con Carl. Ma lui non c’era e non poteva vedere la reazione involontaria che stimolava. Ora c’è. E la vede. E la sente, sotto la lingua, le tue mutande abbandonate ai piedi del letto.
 
Sei un fascio di sensazioni contrastanti, mentre ti sforzi di soffocare i gemiti, mordendoti selvaggiamente le labbra.
 
Carl alza gli occhi, interrompe quello che sta facendo.
- Ricordi ancora il mio nome, vero?
 
Lo guardi senza capire, e annuisci, cercando di darti un tono.
- Posso sperare di sentitelo pronunciare?
 
Carl riprende a saggiare quella pelle tesa e sensibile con le sue labbra, intensifica di colpo il movimento della lingua, e ti strappa un gemito che non riesci a controllare.
 
Ripeti il suo nome più e più volte, finché non gli metti una mano sulla spalla, per distoglierlo e non lasciarlo finire.
 
Lui ti rivolge uno sguardo interrogativo.
- Sei ancora vestito.
 
Carl scuote appena il capo, accennando a voler riprendere la sua pratica da dove l’aveva interrotta. Ma insisti perché si stacchi da te, per quanto doloroso possa essere.
 
E se lui ti aveva spogliato con una lentezza di una dolcezza disarmante, tu lo aiuti febbrilmente a liberarsi dei vestiti, mentre continua a protestare per non averti pienamente soddisfatto.
 
Quando accenni con molto imbarazzo a quello che vorresti che facesse, prendendosi il piacere cui agogna da tempo, lui scuote categoricamente il capo, in un “no” che vorrebbe essere tassativo, ma che non riesce ad esserlo fino alla fine.
 
Ed è doloroso, e ti sei maledetto per averglielo proposto tu, quando lui sembrava interessato solo al tuo piacere, ma non è solo questo che ricorderai quando ripenserai a questo momento. Carl che continua a chiamare il tuo nome dopo ogni spinta, la voce sempre più roca, mentre ti bacia i capelli, il collo, la schiena, e la sua mano guida la tua nel rincorrere lo stesso ritmo.
 
Ricorderai che dopo il tuo letto era un campo di battaglia, sporco di sudore e umori, ma anche che non pensavi a niente, di nuovo abbandonato sul materasso, e che una sensazione di stancante benessere ti aveva sopraffatto le membra, mentre un calore diffuso continuava a consolarti la pelle.
 
***
 
Carl sta sdraiato accanto a te sotto le coperte. In silenzio. Lo sguardo perso sul muro.
Lo chiami per nome, ma lui non si volta subito. Quando infine ti guarda sembra distrutto dai sensi di colpa.
 
Scuote il capo, perentorio:- Abbiamo sbagliato tutto…
 
Non osi avvicinarti o toccarlo, il che è ridicolo adesso, ma d’un tratto lo senti di nuovo distante. Incroci il suo sguardo, cercando di trasmettergli la tua sicurezza. - Non mi pento di quello che abbiamo fatto.
 
- Non mi riferivo solo ad oggi. Sono anni che ci conosciamo. E anni che non facciamo altro che mentirci. Se fossimo stati sinceri, sin dall’inizio…
 
Sorridi delle sue insicurezze. - Abbiamo tutto il tempo del mondo per recuperare quello che abbiamo perso.
 
Carl ti bacia disperatamente le labbra, affondando le mani nei tuoi capelli scuri.
 
- Promettimi di avere cura di te. Mangia, dormi, dipingi, continua a vivere la tua vita.
 
Non rimpiangi affatto la monotonia della tua vita. Vuoi vivere con lui, ogni minuto di ogni giorno. - Ormai fai parte della mia vita…
 
Carl risponde con appassionata mancanza di contegno:- Sai quanto ardentemente io ti ami?
 
Sgrani istintivamente gli occhi. Non ti aspettavi che ti dicesse questo, ora, così, con questa struggente urgenza. E non sai cosa rispondergli. - Io…
 
Lui ti guarda con dolcezza infinita. E non sai perché ricorderai per sempre queste parole. - E allora promettimelo. Non restare ancorato ai ricordi.
 
Incredulo, riesci solo ad articolare il suo nome. - Carl…
 
- Abbracciami e basta.
 
E tu lo abbracci. Senza sospettare niente. Senza pensare al motivo del suo comportamento.
E per tutta la vita rimpiangerai di non aver colto quello che avresti dovuto. Ma i sentimenti sono come una tempesta e se non sei mai uscito in mare aperto, ti lasci travolgere dai venti, e puoi rischiare di naufragare… E si sa che la notte prima della tempesta le stelle brillano più luminose nel cielo, per trarti in inganno.
 
Carl ti accarezza placidamente i capelli. - Tu sarai sempre il mio più bel ricordo.
 
E ti addormenti così, la tua testa sul suo petto, come se il mondo finisse davanti alla porta chiusa della tua stanza.
 
***
 
Carl non è mai tornato dall’Afghanistan.
Un tempo ti aveva promesso che ogni volta che saresti stato triste, avresti potuto chiamarlo, e lui sarebbe venuto ad abbracciarti. Ma per quanto tu possa chiamare il suo nome, lui resterà sepolto sotto quella lapide, e nessuno potrà più abbracciarti. A nessuno permetterai più di accarezzarti il viso, di scompigliarti i capelli, di baciarti le labbra.
 
Intorno a te tutto è buio, ma neanche l’oscurità sa essere un grembo accogliente. Hai iniziato a drogarti sperando che il tuo corpo non regga. Vorresti solo addormentarti e non svegliarti più.
 
 
****
 
Jim ti ha lasciato da solo, a rimuginare sulla follia delle sue parole.
Tra Sherlock Holmes e il Cavaliere Azzurro è in corso una partita a scacchi da anni, non sai più distinguere chi muova il bianco e chi il nero. Sai solo di essere un insignificante pedone al centro della scacchiera, senza libertà di movimento, e prossimo a perire. Non vedi come possa essere diversamente. Non hai informazioni, non sai niente, e in più il Cavaliere Azzurro in qualche modo pensa che Sherlock sia emotivamente coinvolto con te in un’infatuazione che non chiama amore, ma che vuole di certo sfruttare a suo favore per fargli del male.
Non hai libertà decisionale, e non sei neanche nella posizione di elaborare un piano. Sembra che non ci sia più niente da fare.
 
***
 
Il Cavaliere Azzurro ti ha fatto slegare, e questo ti fa pensare che voglia intavolare trattative, cercando di istaurare un rapporto alla pari, convincendoti a coalizzarti con lui contro Sherlock.
Ti ha ricordato che c’è un cecchino pronto a spararti se provassi a fuggire, ed in effetti c’è una specie di cursore rosso, probabilmente dato dal mirino di un fucile di precisione, sul tuo giubbotto. Del resto non hai più il telefono che ti era già stato sequestrato prima, quindi non puoi fare praticamente niente per avvertire qualcuno della tua presenza in questa dannata piscina abbandonata. Aspetti che il Cavaliere Azzurro esponga le sue carte, e faccia la sua offerta… 
 
Lui cammina bellamente verso di te, con nonchalance, come se non fossi un suo ostaggio.
Impeccabile nel suo completo scuro, la camicia bianca, e le scarpe nere spazzolate, non l’aspetto che l’immaginario collettivo attribuisce ad un pazzo psicotico.
 
- Eccoci John, lei ed io. E il nostro ultimo problema: Sherlock Holmes. Per tutta la vita ho cercato delle distrazioni. E lui era la mia distrazione migliore. E ora non ho più neanche lui… perché l’ho battuto. E saiuna cosa? Tutto sommato è stato semplice.
Portarla a Parigi non è stata una grande idea, se pensava di ostacolarmi per così poco. Certo, avrei preferito evitare questa trasferta… ma tutto sommato è stato piacevole. Del resto ho avuto molto più preavviso di lei di quello che stava per succedere. Sherlock mi ha molto deluso… Non ha capito che Victor Trevon fosse solo una mia pedina. Ha lasciato che gli scorrazzasse intorno per tutto questo tempo, che scoprisse i suoi piani… Quando Trevon mi ha riferito di averla trovata in mutande nella camera da letto di Sherlock, l’ho trovato abbastanza squallido. Sa che non la ama, ma lei non hai saputo resistere al fascino dell’artista, non è così?
Sherlock ha ritrovato il suo quadro, pensando che sarebbe servito a salvare Trevon. Ma non riesce a trovare lei… Non è ridicolo? Ha salvato la mia spia e non il suo amante.
 
- Non posso più giocare con Sherlock… dicevo. Ora devo tornare a giocare con le persone comuni. Lei si starà chiedendo cosa voglio. E perché non gliel’ho ancora chiesto…
Ma prima devo raccontarle una storia: quando Sherlock ha abbandonato l’organizzazione, Carl ha preso il suo posto, temendo ritorsioni ai danni del suo amato. Ha rubato molti quadri per me… aveva una bella mano per i furti. E non si è mai fatto scoprire. Temevo che sarebbe finito in carcere al primo colpo, per questo l’ho fatto addestrare dalla migliore delle mie collaboratrici, Irene Adler.
Capisci perché tutto è così umiliante per Sherlock? La conosce da anni, e non ha mai capito che fosse riconducibile a me. Lei gli organizza le mostre, sbatte le ciglia, fa finta di capirlo. È stata l’unica donna per cui abbia mai provato interesse. E anche lei, Watson, come ha fatto a non capire? Ha fatto persino un passo falso, quando l’ha incontrata. Ha detto subito che lei non fosse Victor Trevon, aveva un microfono appuntato in un bottone del vestito. Quando l’ha detto ho pensato che avrebbe potuto mandare tutto a monte. E invece… lei e Sherlock Holmes eravate troppo impegnati a fingere di non flirtare per accorgervene. Questo era un dettaglio, mi rendo conto che poteva essere difficile da cogliere, lei era un po’ frastornato, Sherlock doveva ancora decidere come comportarsi… Ma il quadro…? Che il primo messaggio fosse dietro un quadro esposto lì alla mostra? Che poi quello stesso sia sparito da lì come indizio per il rapimento di Trevon? E i biglietti per il teatro Chatelet, l’altra sera…? Irene non li aveva di certo per puro caso…
Ma stavamo parlando di Carl. Era diventato molto bravo con i furti. E così ha deciso di portarmi via la refurtiva a cui più temevo. A Londra era in atto una mostra di Van Gogh, tra cui gli schizzi di alcuni suoi quadri, di quelli che mandava a suo fratello Theo. Doveva portarmi il disegno in inchiostro di “Un paio di scarpe”. Ma non l’ha mai fatto. Ha raccontato tutto a Mycroft Holmes ed è scappato in Afghanistan. Una buona parte della mia organizzazione è stata smantellata dagli uomini di Holmes e io non ho mai ottenuto quello che mi era stato promesso.
 
Avresti bisogno di tempo per somatizzare quanto ti ha detto. Ma molto tempo. Pensavi che le tue certezze non potessero crollare ulteriormente, quando Sherlock ti ha confessato che se tu ti trovavi con lui era solo per un misterioso maneggio, che le cose potevano mettersi male e che lui comunque avrebbe sempre amato qualcun altro. Pensavi che non ci fosse limite al peggio quando sei stato rapito. E invece la sorte si rivela più fantasiosa di quanto avresti mai potuto immaginare. La persona più goffa, per cui hai provato più compassione e in cui ti sei identificato maggiormente è in realtà una spia del Cavaliere Azzurro. Hai passato metà del tuo tempo a seguire Sherlock in quella sfida malata contro il suo acerrimo avversario, un quarto a pensare di non essere abbastanza per lui, e un quarto a commiserare Trevon. Ti senti un idiota.
Che la Adler nella sua sfacciata intraprendenza ti abbia sempre irritato non è indicativo, non per questo ti aspettavi che fosse complice di questo pazzo. Per quanto civettava e scherzava con Sherlock, tutto ti saresti potuto immaginare fuorché questo.
 
 
Hai ascoltato la sua folle ricostruzione dei fatti. Ma non capisci cosa tu possa fare o offrire.
- Cosa vuole da me?
 
Jim ha una bramosa follia negli occhi mentre dice:- Quello schizzo.
 
Hai paura a contraddirlo, ma non puoi promettergli qualcosa che non puoi dargli. Sei nelle mani di un pazzo. - Io non ho nulla.
 
- Mi sono premurato di scoprire che a casa di Carl non ci fosse nulla prima di disturbare gli altri membri della sua troupe… E lei è l’ultimo.
 
- Potrebbe averlo Sherlock…
 
Ti guarda come se fossi uno stupido. - Sherlock non ce l’ha. Altrimenti non lo avrebbe tenuto nascosto, ma l’avrebbe restituito al museo da cui era stato portato via. L’unica persona che può avere quel disegno è lei.
 
Protesti più energicamente. E decidi che l’unica cosa che puoi fare a questo punto è prendere tempo, sperando che qualcuno venga a salvarti.
- Si sbaglia… Io non ho nessun disegno. E poi non capisco… Perché le preme tanto avere uno schizzo di un paio di scarpe?
 
- Quello schizzo vale milioni di sterline, signor Watson.
 
Accenni un sorriso, disgustandoti di te stesso, ma sperando che fingere di capirlo possa portarti a qualcosa. - Ma lei non lo fa per i soldi, non è vero…?
 
- Con alcune persone siamo naturalmente in sintonia. Non sono molte. Ma le capiamo. E loro capiscono noi. Purtroppo non sempre si ha il privilegio di vivere nella stessa epoca. E c’è come una sorta di comunione psichica… Tra me e Vincent. Non può essere completa senza quel disegno. Ho bisogno di toccare la carta su cui ha disegnato, vedere in filigrana le impronte delle sue dita, le sbavature dell’inchiostro. C’è qualcosa di molto più intimo nel vedere uno schizzo su carta che non un acrilico su tela. Osservare il disegno è come vedere lo scheletro che regge il tutto, e gli organi che lo fanno respirare e vivere.
 
- Io non ho nessuno schizzo. Conoscevo a stento Carl Norton.
 
- Ma le diede una lettera.
 
- Non posseggo più questa lettera.
 
- Visto che siamo qui ad aspettare Sherlock, perché arriverà prima o poi, vuole dirmi di che morte preferirebbe morire?
 
Scoppia a ridere, prima di sparire dalla tua visuale, senza attendere una risposta.
 
***
 
Hai dell’esplosivo addosso. Morirai. Probabilmente morirai.
Sei nelle mani di un pazzo. Ha cercato di convincerti che Sherlock e Carl fossero dei criminali e che l’abbiano tradito denunciandolo. Ammesso che lo fossero, la denuncia ai tuoi occhi li riscatterebbe, ma probabilmente lui vuole fare appello ad una sorta di empio venir meno alla parola data, qualunque essa sia. Forse vorrebbe farti assimilare a livello inconscio la tua situazione alla sua, perché Sherlock ha mentito anche a te. Ma il Cavaliere Azzurro è un pazzo, mentre tu per quanto arrabbiato, sei ancora sano di mente.
E quando ha capito che da te non avrebbe avuto nulla, ti ha imbottito il giubbotto di esplosivo.
Vuole far parlare Sherlock minacciando la tua morte.
 
Il punto è… davvero c’era qualcosa in quella lettera? In quelle poche righe c’erano degli indizi che tu non hai saputo cogliere? Eppure sembravano banali frasi di disperato congedo e richiesta di perdono. Perdono per essersene andato.
 
La cosa più terribile è che dopo il discorso di Jim hai finalmente capito il senso di quelle parole; se Carl lavorava per il sedicente Cavaliere Azzurro, lo faceva sicuramente per la salvezza di Sherlock. Se è scappato in Afghanistan è stato per salvare Sherlock, per addossarsi tutta la colpa e lasciarlo incolume.
 
Se ripensi a quella volta in quel bistrot, a quando Sherlock borbottava tra i denti, guardando altrove, i suoi timori sulle azioni del Cavaliere Azzurro. Ma come si fa a minimizzare una cosa del genere? Non lo sapeva, allora?
 
Quindi gli indizi dietro i quadri, sugli spartiti, in enigmatici biglietti sparsi per Parigi, i fiori sulla tomba di Verlaine, è stato tutto organizzato per rivendicare la morte di Carl?
Ti sembrava un gioco, e per un po’ scorrazzare per Parigi in quella folle caccia al tesoro è stato solo divertente… adesso ti rendi conto di quanto quel gioco fosse malato, e perverso.
E infatti com’è finito?
Tu imbottito di esplosivo, Sherlock sicuramente distrutto. Ma avrà capito che Trevon e la Adler lavorano per Moriarty? Riuscirà a salvarti, nonostante tutto?
 
***
 
Sherlock entra nella piscina. Ha in mano un foglio di carta spiegazzato.
- Questa è la ragione di tutto, non è vero? Tutti i tuoi piccoli puzzle… l’unire i puntini… Serviva tutto per portarci a questo.
 
Nell’auricolare Jim ti dice che devi entrare in scena. Lo fai, riluttante.
 
- John, ma che diavolo…?
 
Ripeti meccanicamente le parole che lui ti suggerisce nell’auricolare, mentre apri il giubbotto per mostrargli l’esplosivo.
- Sapevo che non te lo saresti mai aspettato.
E invece…sono riuscito a fermare Carl Norton… riuscirò a fermare anche John Watson. Fermare il suo cuore. Dipingerai qualcosa di altrettanto grandioso?
 
Sherlock si guarda intorno alla ricerca del Cavaliere Azzurro. - Chi sei veramente?
 
La voce di Jim risponde da lontano. - Ti ho dato il mio numero, credevo mi avresti chiamato.
 
E poi da una porta laterale sbuca, elegante e impeccabilmente irritante, il tuo carceriere.
 
- Quella nella tua tasca è una pistola Browing L9A1 o sei solo felice di vedermi?
 
Sherlock estrae la pistola dalla tasca e gliela punta contro.
 
Le mani in tasca, lui continua a camminare, con noncuranza, verso di voi, per niente preoccupato. - Jim Moriarty. Salve! Mi hai deluso, pensavo che avresti capito alla mostra… Davvero ho dato un’impressione così debole? Ma allora suppongo che il punto fosse proprio quello.
 
Il puntino rosso del mirino del fucile ricompare sul tuo giubbotto, a mostrare chiaramente a Sherlock che sei sotto tiro.
 
Lui guarda Moriarty abbastanza perplesso.
 
- Non essere sciocco, qualcun altro sta tenendo il fucile. Non mi piace sporcarmi le mani. Ti ho fatto intravedere, Sherlock, in piccola parte, che cosa ho in ballo là fuori, nel grande e brutto mondo. Vedi, io sono uno specialista. Come te. Tu crei. Io apprezzo l’arte.
 
Sherlock gli rivolge uno sguardo pieno di disprezzo. Tu lo detesti, è un pazzo, ha ucciso delle persone, ti tiene sotto sequestro, vuole ricattare Sherlock. Ma Sherlock come deve sentirsi? Ha davanti a sé il mandante dell’assassino del suo grande amore... Non sai se riusciresti ad essere lucido come lo è lui.
 
Si rivolge a te, continuando a puntare la pistola contro di lui. - Stai bene?
 
Resti immobile finché Moriarty non ti arriva vicino con strafottenza, e ti concede di rispondere.
 
Ti limiti ad annuire.
 
Sherlock accenna al foglio spiegazzato. Glielo porge. 
- Prendila.
 
- Quella? La lettera di Carl?
Si avvicina sorridendogli con sottesa malizia. Gli sfila il foglio dalle mani e, senza neanche guardarlo, la lancia con noncuranza dietro di sé. - Noioso! Non me la daresti se ci fosse qualcosa dentro.
 
È esattamente davanti a te. Non approfittare della situazione sarebbe da sciocchi. Ti avventi contro di lui, tenendolo fermo per le spalle e strattonandolo per tenerlo fermo.
- Sherlock scappa!
 
Moriarty non sembra granché sconvolto. - Bene. Molto bene.
 
Lo strozzeresti. Lo faresti se non avessi la certezza che facendolo fuori non uscireste vivi dalla stanza. - Se il suo cecchino spara, signor Moriarty, saltiamo in aria entrambi.
 
Il Cavaliere Azzurro ignora bellamente quello che dici, e si rivolge a Sherlock. - Non è dolce? Capisco perché ti piace averlo intorno. Le persone diventano sentimentali nei confronti dei loro animaletti. Si può fare loro qualsiasi cosa, ma non smettono di essere leali.
 
La luce del mirino del fucile ballonzola sulla camicia bianca di Moriarty per un po’ prima di sparire e riapparire addosso a Sherlock.
- Ma…ops. Direi che ha scoperto le sue carte, signor Watson. Beccato.
 
Sbianchi. Sherlock scuote leggermente il capo. Non c’è altro da fare che allentare la presa su Moriarty e lasciarlo andare. Lui si rassetta l’abito, come annoiato da un inutile contrattempo.
 
- Sai che succede se non mi dai quel disegno, Sherlock?
 
Sherlock continua a puntare la pistola contro di lui. - Lasciami indovinare. Verrò ucciso.
 
- Non essere ovvio. Ti brucerò. Ti brucerò fino in fondo al cuore.
 
Pensavi di aver visto tutto. Che non potesse succedere niente di più inconcepibile e assurdo di quello che è già successo. E invece… Parte a tutto volume “Staying alive” di Bee Gees.
 
Moriarty chiude gli occhi in una smorfia di seccatura. - È un problema se rispondo?  
Sherlock gli dice di rispondere. Ma che cazzo di criminale è se ha “Staying alive” come suoneria?
 
Guardi Sherlock cercando di decodificare nel suo sguardo il da farsi.
 
Lui fissa Moriarty, che cammina intorno al bordo della piscina vuota. - Prova a ripeterlo! Prova a ripeterlo con la consapevolezza che se menti io ti troverò e ti scuoierò.
 
Ha urlato. Ha urlato con la sua voce stridula e inquietante. Aveva dimostrato la sua follia in molti modi finora, ma non aveva ancora urlato. Cosa vi aspetta?
 
Si rivolge a voi.
 
- Scusatemi, giorno sbagliato per morire.
 
Alterni lo sguardo tra lui e Sherlock.
 
- Ti hanno fatto un’offerta migliore?
 
Moriarty non risponde, si limita a dire:- Avrai mie notizie, Sherlock. - e allontanarsi tornando a parlare a telefono. - Beh, se hai davvero quello che dici di avere, ti renderò una persona ricchissima. Se non è così, ti userò per fare delle scarpe.
 
Scocca le dita. E si allontana dalla porta da cui era entrato come se fosse tutto perfettamente normale. I puntini rossi del mirino spariscono. Pare che nessuno vi tenga più sotto tiro.
 
Sherlock esita solo un secondo. Poi ti viene incontro, butta la pistola sul pavimento, e si inginocchia davanti a te per slacciarti l’imbracatura esplosiva che hai addosso. - Stai bene?
 
Sei impietrito. Non ti capaciti neanche di essere vivo.
 
Lui insiste, con affannosa apprensione nella voce. - Stai bene?
 
- Si, sto bene…
 
Lui si tira su dal pavimento e ti aiuta a togliere il giubbotto a cui è assicurato l’esplosivo e lo lancia lontano.
 
Tu lo lasci fare, le gambe ti tremano, respiri affannosamente.
 
Sherlock riprende la pistola e si guarda prudentemente incontro, mentre tu ti accoccoli sul pavimento, senza riuscire ad elaborare l’entità del pericolo scampato.
 
- Quella cosa che stavi… che volevi fare… andava bene.
 
Appoggiato al muro, guardi un punto fisso davanti a te, mentre il cervello inizia a processare i ricordi nell’ordine temporale inverso. Dal più vicino al più lontano.
- Sono contento che nessuno l’abbia visto.
 
Sherlock ti guarda senza capire il nesso con quello che stava dicendo.
 
È la cosa più idiota da dire in questo momento. Ma è l’unica cosa che ti viene in testa.
- Tu che mi togli i vestiti in una piscina buia. La gente potrebbe parlare.
 
Sherlock sorride. È bello vederlo sorridere. Ma ti ha mentito. E un pazzo furioso è ancora in circolazione. E voi non siete ancora in salvo.
 
- Usciamo di qua, John.
 
Prima di andarvene, raccogli il foglio stropicciato che Sherlock aveva dato a Moriarty. E non è quello che Carl ti aveva dato prima di morire.
 
***
 
- Mi piace questo posto. Dopotutto farti saltare in aria in una piscina deserta non sarebbe stato molto scenografico, non ci sarebbero stati spettatori. La Tour Eiffel è molto più romantica. Hai gli occhi del mondo puntati addosso. Il che rende tutto molto più decadente. Morire è un gesto di per sé estremamente iconico… ed esalare l’ultimo respiro sul simbolo di una nazione intera, sotto gli occhi del mondo, ha tutta un’altra risonanza…
Sapevo che avresti fatto qualunque cosa per salvare John. Vuoi salvare lui perché non sei riuscito a salvare Carl. È quasi commovente.
 
Sherlock lo guarda senza esprimere nessuna emozione. - Non meriti che io ti risponda.
 
Moriarty lo guarda con finta condiscendenza. - Temi di scoppiare in lacrime?
 
- Non ho tempo da perdere con te.
 
Il Cavaliere Azzurro lo guarda negli occhi, con una certa macabra malizia.
- Impaziente di morire? Sappiamo entrambi che uno di noi due non scenderà da questa torre.
 
Sherlock non si scompone. - Ho il disegno. Puoi tenerlo. Appenderlo in casa, venderlo, bruciarlo. Non mi interessa.
 
- A te interessavano solo le patetiche parole di Carl non è vero…? Peccato che non potrai tenerle. Scrivere un addio su un disegno di Van Gogh… Non ha avuto rispetto, vero?
Stendere un pantone isolante su uno schizzo dell’ottocento… e scriverci sopra… Inorridisco al solo pensiero.
 
- Ne sei tu il responsabile. Inorridisci di te stesso.
 
Moriarty lo guarda languidamente. - Tu avresti dovuto giocare il mio gioco. Ci saremmo divertiti… Tu hai voluto che fossi il virus del sistema. Avresti potuto scegliere diversamente. Non l’hai fatto… E ora siamo qui. A decidere chi tra noi deve morire… O vuoi che sia io il primo a metterti le mani addosso, Sherlock?
 
Teoricamente tu non saresti dovuto intervenire, avresti solo dovuto accertarti che la polizia arrivasse in tempo. Ma non puoi sopportare che quel pazzo di Moriarty si comporti così con Sherlock, non puoi rischiare che nella colluttazione che sta iniziando sia l’artista ad avere la peggio. Così intervieni, fuori copione, con la pistola in mano, salendo in piena notte l’ultima rampa di scale e urlando, sul balcone della Torre Eiffel, sullo sfondo di una Parigi illuminata di quelle calde luci artificiali che la rendono la “Ville lumiere”:- Non c’è molto da decidere, Cavaliere Azzurro. Sei tu il cattivo, se non ti arrendi sarai tu a morire.
 
Moriarty si distrae al tuo rocambolesco ingresso in scena. - Così non vale, siete in due!
 
Sorridi, minacciandolo con la pistola, mentre Sherlock lo tiene fermo. - Noi siamo sempre in due.
 
- Perché non fuggite insieme?
 
La polizia arriva a sirene spiegate nella notte di Parigi.
 
***
 
Non sai più come comportarti con Sherlock Holmes.
E forse in realtà non l’hai mai saputo. Hai sempre agito d’istinto.
E l’hai seguito anche ora, mentre snobbava le domande di Lestrade e illustrava per sommi capi la faccenda a Mycroft. Siete entrati nei giardini del Campo di Marte, e vi siete seduti su una panchina senza dire niente. Ma avete troppe questioni irrisolte per tacere a lungo.
 
La rabbia riaffiora tutta, come una scarica di energia elettrica, appena inizi a parlare.
- Perché non mi hai detto che un pazzo voleva ammazzarmi perché avevo un Van Gogh nel portafoglio?!
 
- Non sapevo che il disegno lo avessi tu altrimenti te l’avrei detto!
 
Lo guardi con seria preoccupazione, cercando di abbassare il tono della voce, mentre saresti naturalmente portato ad urlare. - Quindi ho avuto sul serio un Van Gogh rubato nel portafoglio negli ultimi tre anni?
 
Sherlock sorride appena. - Temo di sì…
 
Sospiri amaramente, mentre ti appoggi sconsolato allo schienale della panchina.
- Benissimo, sono sopravvissuto ad un pazzo solo per farmi arrestare.
 
- Mi assicurerò che non lo facciano.
 
- Perché non mi hai detto tutto subito? Io ti avrei detto della lettera, non avrei mai preso quell’aereo, e saremmo tutti contenti.
 
- Forse non lo sai, ma gli altri membri della troupe con cui sei andato in Afghanistan sono tutti morti. Invece noi siamo ancora vivi. Stiamo bene, più o meno. Che c’è da urlare?
 
- Sherlock, io ho pensato di morire almeno una diecina di volte nell’arco di questa fottuta giornata, non so se mi spiego… Non puoi dire che vada tutto bene.
 
- Pensavo che Moriarty non ti sarebbe venuto a cercare a Parigi. E se io ti avessi raccontato tutto saresti stato più vulnerabile…
 
- Del resto, cosa avresti dovuto raccontarmi? Non sapevi un cazzo neanche tu. Hai visto Moriarty e non l’hai riconosciuto! Era il fidanzato di Molly! Gli abbiamo stretto la mano. E poi me lo ritrovo davanti, perché mi ha sequestrato.
 
- Io non sono un detective, va bene? Non sapevo che fosse lui. Non l’avevo mai visto in faccia!
 
- Come non sapevi che Victor Trevon fosse uno dei suoi? E così la Adler…
 
- Di Trevon non sapevamo niente, ma quando abbiamo scoperto di Irene, l’abbiamo costretta ad aiutarci. È lei che ha telefonato a Moriarty mentre eravamo nella piscina, dicendo che aveva il disegno. Lo dobbiamo a lei se non ci ha fatto sparare mentre tu eri imbottito di esplosivo.
 
- Come ha fatto ad accettare di vedervi da soli qui sopra?
 
- Pensava di trovare Irene.
 
Lo guardi negli occhi, incerto se fare o no quella domanda.
Ne fai un’altra.
 
- Sul serio facevi furti d’arte con Moriarty?
 
- Ne ho organizzati un paio, ma pensavo che fosse solo in linea teorica, poi lui ha messo in atto i furti sul serio. Io e Carl ne abbiamo sventati un paio. Io pensavo che andasse tutto bene, perché ha preso a fare altri furti che non c’entravano niente con i piani che avevamo messo a punto insieme. Ma non sapevo che in realtà parte di quei furti li faceva Carl. Lui non mi detto niente per proteggermi, ma quando le cose sono precipitate ha parlato con Mycroft, che gli ha procurato l’ingaggio per l’Afghanistan. Durante l’ultimo furto, quello del disegno, è stato costretto in una sparatoria e per poco non aveva ucciso l’agente che lo aveva sorpreso. Ma sapeva che non avrebbe potuto svincolarsi dalla banda di Moriarty e passarla liscia, e pensava che se avessi saputo qualcosa se la sarebbero presi con me. Così è scappato in Afghanistan senza dirmi niente. Se ci pensi bene, lui non ha fatto il viaggio di andata con il resto della troupe, era già lì da diversi giorni. Il giorno prima di partire è venuto da me, mi ha detto che mi amava, che non voleva partire, ma non mi ha detto che rischiava di morire. Non mi ha detto niente. Io pensavo che sarebbe tornato dopo tre, quattro mesi. E invece… Moriarty ha camuffato la sua morte facendola passare per un attentato terroristico, e c’ha creduto anche Mycroft. Io di tutti questi maneggi non sapevo niente. Sono piombato nella depressione e ho preso a drogarmi, forse speravo anche di morire di overdose. C’ho provato, ma Mycroft è riuscito a salvarmi. Non che ne fossi contento…
Non so perché Moriarty abbia aspettato così tanto tempo per cercare il disegno… probabilmente per insabbiare quello che aveva fatto, oppure pensava che non ci fosse modo di recuperarlo. Fatto sta che gli altri della tua troupe sono spariti, un po’ alla volta, e non sono mai tornati. Mycroft se n’è accorto e ha preso la decisione di salvare quelli ancora vivi. Non sapevamo che ancora che ci fosse lui dietro i rapimenti. Ma a quel punto eri rimasto solo tu, che eri l’ultimo della lista, per via del tuo cognome. Così ha telefonato al giornale perché mandassero a te a intervistarmi… La caccia al tesoro di Moriarty ci ha fatto capire che l’omicidio di Carl era colpa sua. Per questo avevo gli incubi quella notte dopo essere stati al cimitero. Li ho sempre avuti quegli incubi, ma erano tornati a galla più prepotenti di prima. Ecco perché non mi piace più dormire. Perché la prima sera sono rimasto sul divano in salotto. Odio fare i conti con il mio passato. Specialmente ora che so che il mio passato è Carl che muore per colpa mia in Afghanistan.
 
- Perché non mi ha detto questo quando era il momento?
 
- Perché volevo salvare almeno te. Se avessi preso il primo aereo per Londra non ti sarebbe successo niente. Non ti avrei messo ulteriormente in pericolo.
 
Continui a temporeggiare. Ti guardi le mani. E capisci che probabilmente non glielo chiederai mai. Decidi di affrontare il problema da un altro punto di vista.
 
- Che ne farai del disegno?
 
Sherlock tira fuori il foglio dalla tasca del cappotto e lo rigira tra le mani. - Lo restituirò al museo, dopo aver rimosso il pantone.
 
Lo guardi negli occhi, senza capire. - Ma così perderai le ultime parole di Carl…
 
- Posso ricopiarle, o fare una foto. Non posso tenere uno schizzo di Van Gogh in casa solo perché ci sono due frasi per me sopra.
 
Hai preso tra le mani il foglio che avevi tenuto in tasca per anni, senza sapere cosa realmente contenesse e quanto fosse prezioso. A te sembravano già abbastanza quelle parole rubate a Verlaine e quella trepidante confessione.
 
“Camminavo su sentieri infidi/dolorosamente incerto./E le tue care mani mi guidarono./Pallido un debole presagio d’alba/ riluceva all’orizzonte lontano:/ il tuo sguardo fu il mattino.”
 
 
Hai intriso di bellezza gli ultimi momenti felici della mia vita. E io ho saputo solo mentirti, tenendoti nascosta la verità. Perdonami, se puoi. Il tuo luminoso ricordo è l’unica cosa che mi permette di andare avanti, che mi fa sperare di poterti rivedere ancora…  Non aspettare il mio ricordo. Sii felice…
 
Sherlock ti prende il foglio dalle mani, e rilegge quello che c’è scritto per alcuni secondi, prima di riporlo in tasca.
 
- Tu cosa farai adesso?
 
Mentre tu hai temporeggiato, è stato lui a prendere in mano la situazione. - Cosa vuoi che faccia? Me ne tornerò a Londra… a cercare di dimenticare.
 
Ti guarda con i suoi occhi macchiati d’infinito. - Dimenticare me?
 
E sai che non vorresti dimenticarlo. Ma… - Cos’altro potrei fare?
 
- Potresti restare…
Scuoti il capo, guardando amareggiato i suoi occhi. - Io non sono Carl.
 
- Io non so più amare timidamente e disperatamente come si ama a vent’anni. Ti posso offrire solo quello che resta. E non posso biasimarti se per te un cuore che urla, a brandelli, in una macchia di sangue su una tela, non è abbastanza. 
 
- Sherlock…
 
- Ho amato Carl con incoscienza. È stato il primo a guardarmi con tenerezza, e a farmi sprofondare nella disperazione. Ma adesso sono una persona diversa.
Forse ti ho mentito col mio silenzio. Ma non volevo ingannarti. Volevo solo proteggerti.  Ma è giusto che ti lasci andare via…
 
- Io non voglio andarmene… ma non posso restare.  
 
- Sarebbe meno rocambolesco di così… posso promettertelo. Conduco una vita insolitamente noiosa.
 
- Sherlock, noi non ci conosciamo.
 
- Lo sai che non è vero… Io non ho mai raccontato di Carl a nessuno.
 
- Perché era l’amore della tua vita. Io chi sono per te…? Qualcuno che te lo ricorda, o che te l’ha fatto momentaneamente dimenticare. Credere a quei pochi attimi che abbiamo trascorso insieme significherebbe cedere ad un illusione. E prima o poi ci sveglieremmo. E ci pentiremmo di quello che abbiamo fatto.
 
- Io non voglio da te niente che tu non possa darmi. Non pretendo che tu rimpiazzi un’altra persona. Vedo in te qualcosa di diverso. Che provoca in me qualcosa di diverso.
 
Così decidi di chiederglielo. Perché non avresti pace se non lo facessi. Perché vuoi un motivo per andartene. Mentre cerchi disperatamente un modo per restare.
 
- Quella volta, quando ti ho baciato… poi è arrivato Mycroft… quella frase che non hai terminato, cosa volevi dirmi?
 
- Ero molto confuso, John… non so neanch’io cosa volessi dire… infatti non ho detto niente. Ma quando hai detto “Anch’io.” ho capito che avrei dovuto salvarti la vita, altrimenti avrei perso me stesso, ancora una volta.
 
- Sono stato patetico…
 
- No, sei stato coraggioso. Tu sei sempre coraggioso, ma non sei incosciente. Carl lo era. Era incosciente. Cercava di trasmettermi la sicurezza che non aveva. È da lui che ho imparato ad ingannare per proteggere. Ma da te ho imparato che la verità è più forte. Tu hai rischiato di morire. Ma io ho capito che non avrei potuto accettare di perderti. Tra me e Carl è stato sempre il regno dei sottintesi, non ci siamo mai parlati chiaramente. Ci siamo fatti del male, per anni. Tu invece sei limpido. Abbiamo tutti le nostre nuvole, ma tu non ti nascondi dietro di esse. Tu vivi ogni giorno, e sei trasparente, come i tuoi occhi azzurri. Non ti sforzi di piacermi, non mi mandi messaggi criptici. Sei deciso. Vivi d’istinto, eppure sei prudente. È questo che ho visto quando ho fatto il tuo ritratto. Tu ti vergognavi di guardarmi negli occhi perché sapevi che io avrei visto quello che tu non avresti saputo nascondere. Invece Carl guardava me nella folla, in quell’aula, perché sapeva che non avrei capito. Carl voleva aiutarmi, ma non voleva ammettere di avere bisogno d’aiuto.
 
- Sherlock, tu lo sogni ancora. Un amore così non lo puoi dimenticare.
 
Ti sei alzato in piedi, assecondando il tuo impulso alla fuga.
 
Lui si alza a sua volta, e ti trattiene poggiando una mano sulla tua spalla. - La sua morte è l’incubo che infesta le mie notti… Ma la tua semplice presenza ha portato speranza ai miei giorni. Nessun altro mi ha mai fatto sentire così. Sei il mio conduttore di luce.
 
È così terribilmente vicino….
 
Lo guardi negli occhi, inconsciamente deciso a restare, ma disperatamente insicuro di poter davvero essere abbastanza per lui. - Come potrei io renderti felice?
 
- Ti basterebbe essere nella mia vita. E io sarai già felice.
 
 
 
Quando l’hai incontrato non pensavi che fosse capace di sentimenti, escluso un sotteso senso di superiorità, e di malcelato sdegno nei confronti del genere umano nella sua interezza.
Sebbene avessi qualche perplessità sulla sua capacità di empatia con le persone e di relazionarsi in modo cortese con loro, non hai mai pensato che non fosse una persona geniale. Ma alle persone geniali, che sono la minoranza, la maggioranza chiede sempre di uniformarsi ad un modello in cui non si riconoscono, per poi stupirsi se si chiudono in se stesse, e sviluppano i più svariati sistemi di difesa per non soccombere. Le persone geniali sono le più originali, e la loro individualità andrebbe salvaguardata, perché sono il sale della terra.
 
Sherlock Holmes è probabilmente tra le persone più geniali che tu abbia incontrato. E pensare che quell’artista folle non sia geniale sarebbe un insulto alla tua onestà intellettuale, potrà essere scontroso, potrà essere sgarbato, potrà rifiutare di farsi intervistare, potrà scansare la compagnia degli altri, ma non è uno psicopatico. È una persona che ha sofferto molto. La perdita dei genitori, il pessimo rapporto con il fratello, l’ostilità dei suoi coetanei e dei suoi insegnanti, e poi la morte di Carl per cui continuerà a sentirsi responsabile per sempre.
 
Sarebbe un’illusione infantile sperare che possa dimenticarlo, una presunzione malsana pretendere che lo faccia. Ma se quest’uomo geniale dichiara così appassionatamente di amarti, cosa puoi fare se non stringerlo a te, e dirgli che ci sarai, se vorrà, nella sua vita?
 
La ragione farebbe mille obiezioni se solo ti permettessi di rifletterci, ma non è il momento adesso. Non mentre le sue braccia circondano le tue spalle. Non mentre vi abbandonate al reciproco abbraccio tra i vostri corpi. Non mentre avverti la consapevolezza di amarlo. Per quanto irrazionale possa essere, vuoi un futuro con lui. Vuoi potergli accarezzare i capelli e il viso, come adesso, vuoi poterti sporgere verso di lui, e baciare le sue labbra, ogni giorno, per prossimi mesi, i prossimi anni… forse per sempre.
 
Se la tua pazienza sopporterà le pareti imbrattate di disegni improbabili, se accetterai esperimenti bizzarri per creare la nuova incomprensibile opera d’arte del millennio, se i tuoi nervi tollereranno di sentirlo strimpellare con il violino alle quattro del mattino e di doverlo spingere a mangiare e dormire a sufficienza, se il cuore non ti scoppierà prima nel petto per quanto riuscirai ad amarlo, pur con le sue debolezze, e le sue irritanti abitudini.
Non pretendi di cambiarlo, sarebbe inutile, ma speri che ti ami abbastanza da non mandarti fuori di testa.
 
 
 
****
 
Non ti piaceva l’arte contemporanea. Non la capivi. Non ti interessava.
Pensavi che fosse roba pretensiosa, per lo più. Mai approfondito più di tanto, in realtà.
Fino a quando Mike Stamford, il tuo caporedattore, ti ha affidato l'intervista che Sarah, a letto con l’influenza, non poteva fare... Hai sempre odiato le interviste, per altro. E Sherlock Holmes non ha smentito questa tua antipatia. Gli hai fatto delle domande, ma ha cancellato la registrazione con le risposte.
Del resto dopo quello che vi è successo sarebbe ridicolo far pubblicare quell’intervista. Non dopo furti, rapimenti, tentati omicidi, e tutte le vicende rocambolesche che vi sono capitate. Parlare di Pollock e di Turner sarebbe fuori luogo.
Stamford ti ha promesso la prima pagina. Un editore vuole farne un romanzo.
Sherlock, contro ogni aspettativa, ti ha consigliato di accettare.
Per il momento hai solo un titolo…


 
Arte contemporanea.
 
 
 
 
Note dell’autrice:
 
Allora…
Mi dispiace.
Avevo promesso di finire la storia a dicembre. Poi man mano rispondendo alle recensioni ho posticipato a gennaio, a febbraio e a marzo. Posto il capitolo ad Aprile con un ritardo infinito.
Perdonatemi, anche se sono imperdonabile.
 
Detto ciò… alla fine ho accorpato ultimo capitolo ed epilogo, perché in fondo non avrebbe avuto senso dividerli, stanno bene insieme.
 
Quindi quello che avete avuto la bontà di leggere è stato il capitolo conclusivo della storia.
 
Mi auguro che le tessere del puzzle siano tutte rientrate al proprio posto e che la trama risulti complessivamente abbastanza chiara.
 
Spero che questa conclusione vi piaccia.
Secondo me ci sono delle mancanze. E ho la sensazione che qualcosa non quadri del tutto, ma sarà che è perché è una settimana che lavoro ossessivamente a questo capitolo, senza pace, ricucendo insieme tutto quello che avevo già scritto e riguardando gli spezzoni della serie che avrete sicuramente riconosciuto e quindi non ho una percezione distaccata e oggettiva della faccenda. Questo capitolo ha avuto una gestazione complicata, e un travaglio fin troppo lungo.
Ma tant’è, adesso siamo qui, finalmente alla fine.
 
Non ho voluto che Moriarty fosse ammazzato da Sherlock e John e in quel frangente non aveva senso che si suicidasse, quindi pensate come volete, ma io penso che Mycroft l’abbia fatto torchiare per bene dai suoi, e che siano riusciti a recuperare molti dei quadri che aveva rubato e che l’abbiano rinchiuso da qualche parte. Se vi diverte immaginare che sia scappato, fatelo pure, io lo faccio. Ma non penso di scrivere a riguardo.
 
Ora… Ringraziamenti.
 
 
Ringrazio marig28_libra, fiamminga, averypotterslover e in particolare Blue Lady che sta aspettando che aggiorni con il fucile puntato.
Ringrazio tutte le persone che mi hanno recensito! Per me ricevere 7 recensioni allo scorso capitolo è stata un’emozione non da poco, dal momento che questa storia non ne aveva mai ricevute così tante per un solo capitolo.
Lo stesso dicasi del numero per me spropositato di gente che ha messo la storia tra i preferiti e/o seguiti. Non ho mai avuto 34 persone che seguono una mia storia e 16 che l’hanno messa tra i preferiti. Vi ringrazierei uno alla volta se non fosse l’una di notte passata! Il vostro sostegno, anche se magari finora silenzioso, mi ha spronata tantissimo a continuare a scrivere.
 
A tutti i miei lettori: spero di non avervi deluso! E che i miei espedienti narrativi non vi sembrino troppi improbabili.
 
Un saluto affettuoso,
 
lady dreamer.
 
 
 
  
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