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Autore: casty    06/04/2016    4 recensioni
Cosa ci fanno Sherlock e John travestiti da Merlin e Arthur al Comicon di Londra? Cercano un serial killer, che domande! Se la dovranno vedere con un gruppo di fanciulle furbe, spietate e ossessionate da una strana passione...
[post stagione 3][rapimento]
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Luce.
Luce azzurra.
Un’incantevole melodia di arpa.
«John?»
«Sherlock?»
John si tirò su a sedere con fatica.
«Cristo, Sherlock, ho fatto l’incubo più terribile… tu eri morto e io…» John batté le palpebre un paio di volte. «Ma… ? dove…?»
Sherlock emise un mugolio, e John si voltò in direzione della voce. 
E vide non uno, ma due Sherlock, uno sdraiato sull’altro, vestiti in smoking bianco e immersi in un azzurro sconfinato.
«Ok.» John annuì. «Ok. Ho capito. L’incubo non è ancora finito.»
Si stropicciò gli occhi. Poi guardò di nuovo i due Sherlock: uno dei due si alzò in piedi, l’altro fece lo stesso sotto di lui a testa in giù. E allora capì: si trattava di un riflesso. John si grattò la testa, un po’ confuso. Si alzò in piedi a sua volta guardando in basso e vide il suo stesso riflesso sotto di sé.  Era vestito esattamente come Sherlock, con un elegante smoking bianco.
Girò su sé stesso un paio di volte. Si spostò di alcuni metri, guardò a destra, a sinistra, in alto, in basso, ma il panorama non cambiava: un azzurro ovattato che si estendeva all’infinito.
«Non stai sognando» disse infine Sherlock.
John si diede un pizzicotto alla mano. Scosse la testa.
«Hai ragione. Non è un sogno. Le mie sensazioni sono troppo nitide, chiare. Ma… ma quindi… cos’è questo posto?»
«Secondo te?» disse Sherlock.
«L’ultima cosa che ricordo è… il veleno!»
Sherlock lo guardò senza dire nulla, con l'aria un po' incerta.
«Non saremo mica…?»
Sherlock annuì.
«Questo è…?»
Sherlock sollevò le sopracciglia, come ad attendere che John terminasse la frase.
John deglutì prima di pronunciare le parole: «L’aldilà?»
Sherlock chiuse gli occhi e annuì gravemente.
«E questo,» John si chinò a toccare quello strano pavimento riflettente «è il confine infinito che divide il mondo dei vivi da quello dei morti.»
«Mh.» fece Sherlock, annuendo di nuovo.
John sedette a terra, esterrefatto.
Sherlock lo imitò. 
Stettero per qualche tempo zitti, con il delicato suono delle arpe angeliche che riempiva il silenzio, mentre pensieri confusi frullavano nella mente di John.
«Chi l’avrebbe mai detto che Moriarty aveva ragione?» disse infine Sherlock.
John lo guardò corrucciando le sopracciglia.
«Moriarty una volta mi disse che avevo scelto di stare dalla parte degli angeli. Io non mi sono mai sentito un angelo, ma ora che siamo qui è evidente che aveva ragione.»
John sorrise. «E come fai a sapere che questo è il paradiso e non l’inferno?»
«Perché non c’è alcun dubbio che tu sia un angelo,» disse Sherlock con fare quasi annoiato «perciò, se mi trovo qui insieme a te…»
John fece una risatina imbarazzata. «Non ne sarei tanto sicuro.»
«Lo sei, John. E poi…» Sherlock esitò. Si morse un labbro.
«E poi?» lo incalzò John.
«E poi non può essere l’inferno un posto in cui ci sei tu.» Detto questo si voltò a guardare il nulla alla sua destra con aria vagamente imbarazzata.
John deglutì e sentì il battito cardiaco accelerare. 
O meglio: ebbe l’illusione di sentire il battito cardiaco accelerare.
Perché quel corpo era un’illusione, non poteva essere altrimenti. 
«Secondo te siamo delle proiezioni mentali? Questo corpo, questa… sensazione di realtà. È una proiezione della nostra mente?» chiese John.
«Sì, è evidente. La nostra, uhm, coscienza, anima, come vuoi chiamarla, ricrea delle sensazioni che imitano la realtà.»
«E dove sono tutti gli altri?»
«Gli altri chi?»
«Le altre… coscienze, anime, come vuoi chiamarle. Secondo te perché siamo qui da soli?»
Sherlock rifletté per qualche istante. «Per quanto riguarda me, tu sei l’unica persona, cioè, coscienza con cui voglio stare.»
John abbassò lo sguardo. Era la seconda cosa che Sherlock diceva nell’arco di pochi minuti che gli aggrovigliava lo stomaco. O meglio: che gli dava l’illusione di… eccetera eccetera.
«Non preferiresti stare da solo?»
«Non dire sciocchezze, John.»
«Be’» proseguì John «anch’io, cioè, anche per me è lo stesso: tu sei l’unica coscienza con cui voglio passare l’eternità.» Lo stomaco gli si aggrovigliò ancora di più e gli occhi rimasero fissi sul riflesso dei suoi candidi mocassini.
L’eternità? Non stai un po’ esagerando, John?
«Siamo due bei misantropi, eh?» sdrammatizzò. Fece una risatina che gli suonò un po’ falsa. E finalmente sollevò  gli occhi. Per incontrare quelli di Sherlock che lo guardava con un’espressione disarmante. Sembrava un bambino che ha appena scartato il regalo che desiderava di più al mondo.
«Sai…» disse John addolcito da quello sguardo «ho sempre pensato che se il paradiso esiste deve essere la realizzazione dei sogni più grandi di un uomo.»
Sherlock accennò un sorriso. «Be’ questo luogo ci si avvicina. Se non fosse per un piccolo particolare.»
«E cioè?» chiese John incuriosito.
Sherlock si afferrò il bavero della giacca, si inclinò su un lato e si guardò riflesso a terra: «Questi ridicoli smoking bianchi.»
John gettò indietro la testa e scoppiò a ridere. «Ma no, secondo me il bianco ti dona!»
«Stai scherzando, spero. Il mio incarnato pallido risalta molto meglio sui colori scuri.» poi guardò John con aria critica: «A te invece sta bene.»
John rise di nuovo. Si sentiva euforico. «Ma ti rendi conto, Sherlock?» disse «Finalmente soli! Niente più rompiscatole, società, giudizi, paure, restrizioni. Per l’eternità. Dio che senso di liberazione! Non lo senti anche tu?» e così dicendo si stese su quello strano pavimento e iniziò ad agitare mani e braccia come se stesse facendo una stella nella neve. Poi si alzò in piedi con un balzo, afferrò le mani di Sherlock, lo tirò su e vorticarono insieme un paio di volte: Sherlock lo lasciò fare guardandolo con un sorriso perplesso.
«John, mi stai preoccupando…» disse Sherlock quando John gli lasciò finalmente le mani.
«Ma lasciati andare Sherlock! Balliamo! A te piace ballare, no?»
«Be’, sì, ma…»
«E allora… se è vero che il paradiso è la realizzazione dei desideri… un valzer! Ti va un valzer? Si può cambiare musica?»
E come per magia la melodia d’arpa, che era stata la colonna sonora fino a quel momento, lasciò spazio a un valzer di Strauss.
«Aha! È davvero il paradiso, questo. Ogni nostro desiderio esaudito. E hanno persino il Dolby Surround!» John batté le mani eccitato. «Permette questo ballo messere?» disse facendo un inchino. Sherlock sorrise divertito e annuì porgendogli la mano.
John imbracciò Sherlock e iniziarono a muoversi in quello strano ambiente a passo di valzer.
«Visto? Ricordo ancora come si fa.»
«Mi hai appena pestato un piede.»
«Scusa.»
«Non sono stato un bravo maestro.»
«Ma no, sei stato bravissimo, sono io che sono un pessimo allievo.»
«Ouch… puoi stare attento?»
«Speravo non te ne fossi accorto, stavolta.»
«Be’, un po’ difficile se…»
«Ops, l’ho fatto di nuovo» John rise.
Fecero altri due passi a tempo, ma al terzo passo John sbagliò direzione, e fu Sherlock stavolta a tirargli un pestone.
Si fermarono ridendo, le braccia ancora unite nella posizione di danza.
«Sono un disastro, vero?» disse John. Sherlock non rispose, ma lo guardò con occhi sorridenti. Poi si fece improvvisamente serio. John e Sherlock si guardarono per qualche istante così, senza dire niente, e senza fare niente. Ma c’era una strana tensione nell’aria, come se entrambi desiderassero fare qualcosa e non sapessero decidersi ad agire. John sentiva il cuore pompare nel petto, sembrava volergli uscire dal costato. Sherlock socchiuse le labbra e prese un respiro, come per dire qualcosa, ma l’intenzione rimase sospesa nel nulla. Il valzer risuonava ancora nell’etere, ma la musica si fece confusa nelle orecchie di John, ovattata dal battito del suo stesso cuore. Vide gli occhi di Sherlock abbassarsi leggermente, all’altezza della sua bocca; poi lo guardò negli occhi, e poi di nuovo si spostò sulla bocca, con indecisione. Scorse un luccichio fugace quando la lingua di Sherlock si leccò rapidamente le labbra, vide i suoi denti affondare e tirare la pelle del labbro inferiore, tutto accadde in un secondo o poco più, ma il tempo sembrava dilatato. John vide la propria mano muoversi prima ancora di aver elaborato coscientemente la decisione di muoverla. Vide le proprie dita accarezzare la guancia di Sherlock. Vide i lineamenti di Sherlock farsi confusi mentre si avvicinava a lui e finalmente le loro labbra si incontrarono.
Il contatto a labbra chiuse gli fece pensare al bacio che gli aveva dato la prima notte del sequestro, costretto dalle shipper, mentre Sherlock era ancora narcotizzato.
Ma questo bacio era diverso. Sherlock era sveglio, ora, e John lo sentiva premere e respirare contro di lui e la consapevolezza che Sherlock fosse sveglio e cosciente lo spaventò. 
John si allontanò di scatto e i due si guardarono.
«Cosa stiamo facendo?» disse John. Era leggermente affannato.
«Io…» disse Sherlock, per un attimo esitante. John voltò il viso. 
Merda, cosa mi è saltato in mente? Adesso rimarremo imbarazzati per l’eternità!
Ma Sherlock gli prese la testa tra le mani, la girò verso di sé e fissò il suo sguardo in quello di John. I suoi occhi erano grandi e umidi, la sua voce profonda ridotta quasi a un sussurro. «Fallo di nuovo!» ordinò.
E John non esitò un istante. Affondò la bocca in quella di Sherlock e sentì le sue labbra dischiudersi per rispondere al bacio. Quando le loro lingue si toccarono John avvertì un calore impetuoso esplodere dallo stomaco e diffondersi istantaneamente in tutto il corpo, il suo cuore che già correva rapido accelerò ancora il battito. Non riusciva a pensare più a niente, solo alla bocca di Sherlock che si muoveva insieme alla sua. John gli morse il labbro e Sherlock rispose attirandolo a sé. Lo sentì inarcare la schiena e il petto di John aderì perfettamente al suo, improvvisamente i vestiti gli sembrarono di troppo, le sue mani che ancora tenevano la testa di Sherlock scivolarono verso il basso, ci furono alcuni momenti concitati in cui labbra, denti, mani, si scontrarono e incrociarono e infine raggiunse i fianchi ossuti di Sherlock, infilò le mani sotto la giacca e risalì lungo la schiena, tirandolo ancora di più a sé, mentre continuavano a baciarsi. John desiderò che i vestiti svanissero all’istante, ma il desiderio non si realizzò, stavolta. Forse era Sherlock che opponeva resistenza mentale? Forse era un desiderio troppo complesso? Allora decise di procedere alla vecchia maniera: sfilò un lembo della camicia dai pantaloni e la sua mano si insinuò sotto, il contatto con la pelle gli diede un brivido, e lo diede anche a Sherlock perché lo sentì accennare un gemito. John si staccò e presero finalmente fiato, si guardarono negli occhi per qualche secondo, ansimando, la fronte di Sherlock era imperlata di sudore, la mano destra di John era ancora premuta sulla schiena dell’altro, con l’altra mano raggiunse il viso e posò il palmo sulla sua guancia. Poi, come ipnotizzato dalla sua bellezza, passò lentamente il pollice sulle labbra umide di Sherlock che in risposta chiuse gli occhi e reclinò la testa all’indietro. John non poté resistere a un invito simile, e strusciò il viso contro il collo dell’amico. Inspirò l’odore, quell’odore così familiare ma che non aveva mai sentito il maniera tanto intensa. Gli baciò il collo e un applauso scrosciante risuonò nell’etere.
John si staccò da Sherlock, quasi scioccato: «Non sono stato io, giuro!» si affrettò a dire.
Sherlock aveva l’aria confusa, e l’applauso proseguiva. Si sentivano anche degli urletti.
«A fare cosa?» disse. Era ancora un po’ ansante e John pensò che era bellissimo.
«A far partire l’applauso! Giuro, non sono un esibizionista.»
Sherlock fece un sorrisetto dall’aria quasi paternalistica. «John, non hai capito?»
«Cosa dovrei capire?»
«Bravi ragazzi! Finalmente il tanto agognato lieto fine!»
John lanciò un grido a pieni polmoni. Spinse via Sherlock e si girò di scatto per diverse volte a destra e sinistra.
Da dove veniva quella dannata voce?
«Ma questa… questa voce è…» guardò Sherlock con il cuore che batteva a mille.
«Sì, sono proprio io!»
«Midonz!» urlò John.
Poi capì. Improvvisamente, come un lampo nel suo cervello.
«Oh no,» disse «MIDONZ È DIO!»
Vide Sherlock spalancare gli occhi in un’espressione di sincera sorpresa e sentì una risata cristallina risuonare nell’aria.
Poi il nulla azzurro infinito si dissolse e intorno a loro iniziò a prendere forma un ambiente molto diverso: un immenso capannone con dei pannelli luminosi alle pareti e al soffitto. John sbatté le palpebre. Non capiva cosa stesse succedendo.
«Un mosaico di schermi retina per riprodurre l’illusione dell’ambiente infinito.» spiegò Sherlock.
«Ma…»
«Ragazzi, sono tanto felice per voi.» cinguettò Midonz.
«Sherlock, ma noi siamo morti.»
«John, pensi davvero che l’aldilà somigli a una cosa del genere? Sempre che esista un aldilà, cosa di cui dubito.»
«Ma tu…»
«Morte apparente, John.»
«Ci siamo ispirate a Romeo e Giulietta,» disse Midonz, la cui voce evidentemente proveniva da un altoparlante nascosto «e prima che entrassi nella stanza in cui si trovava Sherlock ti abbiamo drogato, John, con una sostanza nebulizzata nell’aria. Ti ricordi di Baskerville, vero? Volevamo renderti più suggestionabile. Se fossi stato perfettamente lucido probabilmente ti saresti accorto che Sherlock non era morto, aveva semplicemente un battito debolissimo e lentissimo.»
«E... e il veleno?»
«Succo di mirtillo miscelato con un potente anestetico.» spiegò Midonz.
«Ok, devo sedermi.» disse John crollando a terra sul pavimento che, ora lo vedeva bene, era un banalissimo specchio.
Sherlock si chinò subito accanto a lui. «Tutto bene?» chiese con aria preoccupata.
John guardò Sherlock con odio. «Era una messinscena quindi? Tutto quanto? E tu… tu… non ci posso credere Sherlock…»
«No, John, non sono mai stato d’accordo con le shipper, non sono caduto volontariamente nella trappola della criminale brasiliana, che era ovviamente una delle shipper sotto mentite spoglie, non mi sono fatto avvelenare apposta, hanno ingannato anche me. L’unica cosa di cui puoi accusarmi è di non averti detto subito che ci trovavamo in un teatro di posa e non in paradiso. Ammetto, sono colpevole di questo. Ma non ho resistito.»
«Era troppo grande la tentazione di farmi sentire uno stupido, vero?» disse John spingendo via con stizza la mano di Sherlock posata sul suo braccio. «Tu e le tue amiche shipper non vedevate l’ora di prendermi in giro.» Dio, quanto si sentiva idiota.
«Le shipper non sono mie amiche.» disse Sherlock in tono disgustato «Io non sono Mycroft.»
«Che cosa c’entra adesso…»
«Buongiorno, John.» la voce di Mycroft non proveniva dagli altoparlanti. John si voltò e vide Mycroft in piedi appoggiato a uno dei suoi ombrelli. In fondo all’edificio, in lontananza, notò che un piccolo rettangolino luminoso - evidentemente una porta - si era aperto su una delle pareti ricoperte di schermi che ormai erano tutti spenti. L’ambiente era ora illuminato da alcuni fari teatrali che erano calati dal soffitto.
«Mycroft?»
«Quando l’ho scoperto sono caduta dalla sedia.» disse Midonz. «La leggendaria M!»
«La leggendaria M?» chiese John.
«La nostra… o meglio… il nostro boss, colei… pardon, continuo a sbagliarmi… colui che ha ispirato e in parte finanziato questo grandioso progetto.» spiegò Midonz.
«Non ne potevo più di vedervi in quello stato, ed era ovvio che foste finiti in uno stallo da cui era impossibile uscire.» disse Mycroft «Follemente innamorati l’uno dell’altro e incapaci di dichiararvi il vostro amore.»
John era frastornato dalle troppe notizie.
«Ok, ok, fermi tutti e silenzio! Mycroft era il capo delle malvagie shipper serial killer?» Guardò Sherlock. «Tu quando l’hai capito?»
«Alle Bahamas.»
«E avevi intenzione di dirmelo prima o poi?»
«Non ne ero certo al 100%. Speravo di averne conferma e contemporaneamente sgominare la banda al party alle Bahamas, ma sono stato ingannato di nuovo. Del resto, lo ammetto, Mycroft è l’unica persona più intelligente di me sulla faccia della terra. L’unica in grado di ingannarmi per ben due volte di fila.»
«E quindi tu sei sempre stato una specie di genio del crimine?» disse John rivolgendosi a Mycroft. «Credevo fossi un genio della politica.»
«Non c’è differenza tra geni del crimine e geni della politica. Non l’hai mai visto House of Cards? O Game of Thrones?» ribatté Mycroft sollevando un sopracciglio.
«Sherlock, ti prego, dì qualcosa.» disse John sconfortato.
«Scusa.»
John non si era aspettato di sentire quella parola. Sollevo la testa e fissò Sherlock negli occhi sforzandosi di produrre uno sguardo accusatorio. Ma le sue intenzioni si sciolsero quando videro l’espressione dell’amico: sembrava sinceramente, profondamente dispiaciuto.
«Scusami John. Io… inizialmente pensavo che l’avresti capito anche tu, che ci trovavamo sull’ennesimo set delle shipper. Ma quando ho capito che ci eri cascato non ho resistito, era forse l’ultima occasione che avevo per farti ammettere che… Non è colpa mia se tu riesci ad ammettere i tuoi sentimenti solo in situazioni fuori dal normale.»
John chinò la testa sorridendo. «Del resto non sei nuovo a queste manipolazioni. Ho in mente una certa confessione che mi hai tirato fuori in una carrozza imbottita di esplosivo…»
Sherlock sorrise a sua volta. Si alzò in piedi e tese una mano a John, che la afferrò per tirarsi su.
«Andiamocene, John. Siamo finalmente liberi. Le shipper hanno il loro filmato su cui sognare e noi possiamo tornare alla nostra vita di sempre.»
Mycroft fece un elegante cenno di saluto portandosi la mano alla testa. John sentì il sangue bollire dalla rabbia. Fece un passo verso di lui, pronto a sferrargli un pugno, ma Sherlock lo trattenne. «Non ne vale la pena, John.»
Aveva ragione. Cosa avrebbe ottenuto? Solo di sfogare momentaneamente la sua rabbia. E l’indomani sarebbe tornato nel suo ufficio a Londra a complottare nell’ombra contro il Regno Unito.
«C’è un taxi già pagato che vi aspetta fuori.» disse Mycroft alle loro spalle.
«Un taxi?» disse John mentre si dirigevano alla porta.
«Sì, un taxi per tornare a casa. Siamo a Londra.» rispose Sherlock.
«Mi stai dicendo che ci hanno caricato su un aereo mentre eravamo incoscienti?»
«Evidentemente.»



«Mycroft! Chi l’avrebbe mai detto?» disse John affondando nella poltrona. La sua poltrona di Baker street. Si rese conto di quanto fosse più sfondata della copia identica che si trovava sul set delle shipper. Più sfondata e più confortevole. Casa. Finalmente. «Non avrei mai creduto che fosse capace di organizzare un piano simile. E per ragioni così frivole.»
«Non è una ragione frivola.» rispose Sherlock. Era seduto sulla poltrona di fronte a quella di John, davanti al caminetto. Era sera, e la stanza era illuminata solo dalla luce di una lampada a stelo. «L’ha fatto per me. È il suo modo folle per dirmi che mi vuole bene.»
«Sono morte delle persone, Sherlock.»
«Lo so. Non so ancora cosa pensare di questo.» Sherlock tamburellò le dita sul bracciolo.
«Ma non possiamo starcene qui con le mani in mano!» esclamò John, battendosi un pugno sulla gamba «Dobbiamo fare qualcosa, Sherlock, come fai a rimanere così calmo?»
«Non faremo niente, per due buone ragioni.»
«E sarebbero?»
«Punto primo: c’è di mezzo Mycroft. E mettersi contro Mycroft significa mettersi contro l’Inghilterra.»
John sbuffò. «Non credevo ti facessi fermare da così poco.»
«Punto secondo:» Sherlock estrasse un foglio dalla tasca dei pantaloni e lo porse a John «ecco il mandato internazionale di cattura per la banda delle shipper. Sono finite tutte in carcere in attesa di processo, dalla prima all’ultima, Midonz compresa. Non c’è più niente su cui indagare.»
John diede una rapida occhiata al mandato di cattura. «Mycroft… doppiogiochista fino in fondo» commentò. Poi guardò Sherlock. «E quindi?»
«E quindi aspettiamo che arrivi qualche nuovo cliente e cerchiamo di dimenticare quello che è successo.»
Di tutto quello che era successo, delle morti, dei rapimenti, delle folli prove, John in quel momento riusciva a ricordare una sola cosa: il bacio che aveva dato a Sherlock poche ore prima.
«E mentre aspettiamo?» disse John.
Sherlock guardò John stringendo gli occhi.
«Sai, c’è qualcosa che potremmo fare. Qualcosa che abbiamo iniziato dentro quel capannone e che è stata interrotta da un applauso.»
Sherlock capì all’istante, John glielo lesse nello sguardo. Ma inizialmente non disse nulla, socchiuse le labbra in un’espressione che sembrava stupita. John attese qualche secondo, una reazione, un cenno. Infine Sherlock parlò.
«Non… non credevo che tu…» Sherlock voltò lo sguardo imbarazzato. Tossicchiò. «Voglio dire, pensavo fossi arrabbiato, pensavo…»
«Oh, Sherlock…» disse John alzandosi in piedi e facendo un passo verso di lui. Sherlock si schiacciò all’indietro contro lo schienale, quasi spaventato, ma John non esitò, puntò un ginocchio sul sedile, gli prese il viso tra le mani, si chinò su di lui e lo baciò. Sherlock rispose socchiudendo le labbra e prendendo John per il maglione per tirarlo a sé. Si baciarono per qualche secondo poi John si staccò un istante per guardare Sherlock. «Ci mettiamo più comodi?» disse John con il cuore in gola. Sherlock annuì, alzandosi in piedi. John lo prese per mano, e lo attirò a sé. Spingendosi e strappandosi i vestiti si affrettarono verso la camera da letto di Sherlock.
E il rumore dei loro passi concitati coprì quello di una telecamera che si metteva a fuoco.

——

Le utlissime (e ultimissime) note dell'autrice:
Ed ecco qui il finale di questa storia omaggio al pazzo universo delle shipper johnlock. Spero di non aver deluso nessuno col colpo di scena su Mycroft (ok, un po' telefonato, probabilmente l'avevate già capito tutti). Grazie a tutti quelli che hanno aggiunto la storia tra i preferiti, seguiti e ricordati, a quelli che l'hanno letta, a chi si è preso la briga di commentare, a tutti i santi pazienti che hanno ripreso a leggerla dopo la pausa di un anno che sono stata costretta a prendere causa problemi nella vitavera™ (scusate ancora).
Come piccolo omaggio finale, allego la copertina che ho realizzato per pubblicare la storia su wattpad, una cosetta scemissima che ho fatto ispirandomi alla copertina della prima edizione di The return of Sherlock Holmes, eccola qua.



Il prossimo progetto che pubblicherò, qui e su wattpad (in parallelo), sarà una storia originale, sempre slash, a tema sportivo. Mi prendo una pausa prima di iniziare la pubblicazione perché stavolta voglio preparare un po' di capitoli in anticipo, in modo da non lasciarla ferma in caso la vitavera™ dovesse rimettersi in mezzo coi suoi casini.
Grazie ancora a tutti/e e alla prossima :)
   
 
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