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Autore: Bay24    06/04/2016    2 recensioni
Blaine è un angelo. Uno dei suoi compiti è accompagnare gli spiriti delle persone morte alla loro ultima destinazione. Ed è così che incontra Kurt Hummel. Un’incontro che cambierà la sua intera esistenza. I compiti degli angeli però sono ben noti. Blaine potrà dimenticarsene per scegliere di amare?
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Piccola premessa: Questa storia faceva parte di una raccolta di os klaine che ho cancellato da efp per rimettere a posto le storie e caricare quelle più spinte, non proprio adatte alle regole di questo sito, su altri lidi, onde evitare problemi. Come potrete intuire dalla trama è liberamente ispirata al film "City of angels". Per chi l'aveva già letta, anticipo che ci sono delle piccole aggiunte. Per chi si trovasse qui per la prima volta...beh benvenuti.
ps. Il Castiel di cui parlo qui NON è quello di Supernatural. Ma solo un mio omaggio a quel personaggio, che amo con tutta me stessa.
BUONA LETTURA

   

                                                                                                                     -                 
                                                                        "  FALLING IN LOVE "





Si dice che la vita è così effimera che, a volte, per mettere in discussione tutto ciò che si è e che si è fatto fino a quel momento, basta davvero poco. Un gesto. Una parola. Un atto eroico o un semplice cambio di strada. A volte basta meno, molto meno. In una giornata come tante, basta guardare bene chi si ha intorno.
A Blaine erano bastati due occhi celesti per mettere tutto in discussione. Persino quello che era. Un angelo.
E ora doveva solo...Cadere. Era facile. Blaine non doveva fare altro e la sua nuova vita, una vera, avrebbe avuto finalmente inizio.




                                                                                        XXXXX




La prima volta che Blaine aveva visto Kurt, questi aveva sette anni e stava piangendo. Blaine non era lì per lui ma per sua madre Elizabeth. La donna non stava bene da mesi e il marito, Burt, aveva provato a far capire al figlio che era giunta l'ora di salutarla. Erano giorni che l'uomo cercava di preparare il bambino a quel saluto, anche se aveva capito forse troppo tardi che non ci sarebbe mai potuto riuscire per davvero. Non puoi preparare un bambino a dire addio a sua madre. A crescere senza di lei. Blaine lo aveva visto succedere tante volte e ogni volta era così che andava: il bambino non capiva e il momento della morte lo spezzava sempre.
Nel corso della sua esistenza, l’angelo aveva capito che per la razza umana molte cose erano complicate. Dire addio, abituarsi alla mancanza era una delle più dure.
Quella volta, entrato nella stanza buia, Blaine si era subito avvicinato al letto per stringere la mano di Elizabeth e accompagnarla nell'ultima importante cosa che doveva fare. Era il suo compito e lui lo conosceva molto bene, lo svolgeva da secoli del resto ed era sempre quello. La donna aprì gli occhi spenti dalla febbre e il dolore a quel tocco, e prese un respiro a fatica alzandosi leggermente per stringere a sé il figlio, che sedeva sul letto vicino a lei. Non vedeva Blaine. Nessuno in quella stanza poteva. Neanche lei, non ancora almeno, che però a differenza degli altri due, sentiva il suo tocco e da esso traeva la forza che le serviva per compiere quell'ultimo passo. Dire addio.
"Grazie"pensò la donna e Blaine, a cui il pensiero arrivò chiaro e forte come se la donna lo avesse pronunciato a voce alta, ne fu compiaciuto. Non a tutti era concesso il dono dell'ultimo saluto ai propri cari. Era sempre bello quando qualcuno ne riconosceva l'immenso valore.
"Kurt ascoltami" prese poi a dire la donna, con una forza nella voce che in quegli ultimi giorni non aveva mai avuto e che solo il tocco di Blaine le regalava. "Io adesso devo andare e non potrò essere qui quando crescerai. Quando piangerai. Quando ti ammalerai. Quando t'innamorerai per la prima volta. Ricordi che cosa ti ho detto? Voglio che tu sia forte. Il mio piccolo uomo forte. E voglio che tu sia sempre fiero di essere ciò che sei. Non piegarti Kurt. Non svenderti e non pensare mai che non vai bene così come sei perché tu sei perfetto. Mi senti? Lo sei. Bada a tuo padre anche per me d'accordo? Stai attento che indossi sempre una maglia in più d'inverno e non fargli mangiare troppe schifezze. E amalo, Kurt. Dai a lui tutto l'amore che avresti dato a me. La vita a volte potrà sembrarti dura ma tu non arrenderti. Non permetterle di vincere, mi hai capito? Burt, puoi avvicinarti per favore?"continuò poi la donna staccando il figlio da se e facendo un gesto all'uomo subito dietro di lui, che si mise a sedere vicino a lei al posto del figlio e le prese le mani. "Sarai un buon padre Burt. Ce la farai anche da solo. Sei un uomo forte e saprai condurlo nel suo viaggio ma non restare solo. Risposati, fatti una vita.."
"Elizabeth..-" si lamentò senza forze l'uomo e allora Blaine si allontanò un po'. Sapeva che alla donna non servivano più forze, perché adesso era l'uomo che doveva dirle addio, che doveva farle delle promesse e lei doveva solo sentirle. Viveva spesso come spettatore quei momenti e quei saluti ma non ne capiva mai il senso più profondo. Non aveva mai provato del resto quelle sensazioni. Amore, desiderio, passione. Ne conosceva il significato tecnico ma non li aveva mai provati. Non poteva. Però sapeva che erano momenti che meritavano rispetto e un certo riguardo specie per quello che sarebbe seguito. Promesse di stare dietro al figlio, di crescerlo bene e non lasciarsi andare. Di rifarsi una vita e una famiglia se questo lei voleva, ma con meno amore, meno di quanto ne avrebbe dato a lei. In poche parole, promesse di continuare a vivere anche per chi se ne stava andando. Perché chi partiva per l'ultimo viaggio, lasciava un vuoto dietro di sé che chi restava doveva riempire in qualche modo.
Allontanandosi dal letto, Blaine si avvicinò al bambino per dare anche a lui un po' di conforto nell'unico modo che conosceva, ma quando allungò la mano per posarla sulla sua spalla notò una cosa strana. Quel piccolo bambino dai vestiti troppo grandi per lui non cercava di farsi forza. Ne aveva visti tanti così, spesso piangevano o urlavano ma in questo c'era qualcosa di particolare. Una tempra dura nascosta in quegli occhi di ghiaccio che restavano asciutti mentre fissava la madre lasciarsi andare priva di forze sui cuscini, che costringeva Blaine a fermarsi ad ammirarli. Una tale forza non era rara da trovare nei bambini, che spesso non capivano la gravità di ciò che succedeva loro intorno se non con il tempo, ma questo era particolare. Lui sapeva cosa stava succedendo e si stava facendo forza per suo padre e per sua madre perché non voleva che l'ultima cosa che vedesse di lui, la donna, fossero lacrime. Era un bambino davvero molto coraggioso.
Blaine sapeva che più tardi avrebbe pianto fino quasi a prosciugarsi, forse nascondendo il volto nel cuscino per non farsi sentire. E sapeva che il mattino dopo si sarebbe alzato per preparare la colazione al padre, bruciando tutto dopo aver fatto sparire dal suo volto il dolore della notte. Sapeva che il padre non ci sarebbe cascato ma che avrebbe mantenuto comunque il gioco del figlio, afferrandolo per mano e portandolo al funerale della madre. Eppure in quel momento il bambino era più forte del padre e Blaine lo ammirava per questo.
Il coraggio umano era uno di quei sentimenti che lo colpivano sempre. Aveva visto piccoli uomini fare grande cose guidati dal coraggio, e ammirava sempre ogni sua forma. Dalla più piccola che cambiava solo la vita di una singola persona, alla più grande che cambiava anche nazioni intere e la vita di miliardi di persone.  
Quando una mano si posò sulla sua spalla, Blaine lasciò gli occhi di Kurt per girarsi e si ritrovò davanti alla donna. Non aveva sentito quel tocco ma lo aveva percepito in qualche modo. Sentire era una delle cose che non gli erano concesse di fare ma non gli importava. Erano altre le cose che contavano per lui. La donna osservò ancora una volta suo figlio che, piano, si avvicinava di nuovo al letto, e gli mandò un leggero bacio con le dita. Poi seguì l'angelo fuori dalla stanza. Blaine la portò via con sé e lasciò indietro l'uomo e il bambino che piangevano su un corpo ormai privo di vita. Credeva che non gli avrebbe più rivisti. A volte succedeva. Semplicemente a volte si andava avanti. E lui era un angelo. Andare avanti era tutto quello che doveva fare. Sempre.
"Adesso saranno soli senza di me"disse la donna vicino a lui a un certo punto.
"Se la caveranno" le rispose Blaine perché era quello che tutti facevano, in ogni parte del mondo, ogni volta che una cosa simile succedeva. "E poi hanno ancora l'altro vicino. E sarà così per molto tempo ancora."
"Staranno bene? Saranno felici?"
"Con il tempo sì. Lui troverà un nuovo amore e tuo figlio crescerà sano e forte."
"E' quello che succederà davvero o una frase di rito che dici a tutti per farli stare tranquilli?"
"E' quello che mi hanno detto succederà. Io non mento e non concedo frasi di rito. E tu stessa potrai vederlo con i tuoi occhi."
"Potrò vederlo?"chiese a quel punto la donna con una nota si speranza nella voce che non sfuggì a Blaine.
"Dove ti sto conducendo, avrai tempo per seguire la vita di tuo figlio. "
"Lo vedrò crescere allora?"
"Sì. Lo vedrai."
"Bene"sussurrò la donna visibilmente più sollevata a quel punto, allacciando la propria mano a quella che Blaine le porgeva.
L'angelo non le disse che quello di superare il dolore della sua perdita sarebbe stato un processo facile per l'uomo e il bambino, perché non era vero. E comunque non serviva, la donna lo sapeva benissimo. Aveva perso anche lei dei cari nel corso della sua vita e quel dolore lo conosceva molto bene. Aveva fiducia nei suoi uomini però, e sapeva che, per quanti ostacoli avrebbero trovato sulla strada, sarebbero stati forti e giusti. Insieme. Blaine si trovò subito legato a quella piccola donna delicata, perché Elizabeth era dolce e simpatica. Avrebbe detto che si era affezionato subito se gli fosse stato concesso provare tali sentimenti. Non era così però e lui sentiva solo di avere un legame con quella donna forte e gentile.
A volte succedeva. L'angelo viveva da secoli, e da secoli camminava su quella terra non visto. Conosceva milioni di anime, ne accompagnava tante di più nel loro ultimo viaggio e a volte ne incontrava qualcuna che gli lasciava in dono molto più che un ultimo addio.  Elizabeth era così, aveva qualcosa che lo attirava verso di lei. Forse il suo modo di parlare. Forse i suoi occhi, che erano gli stessi espressivi occhi azzurri del figlio. Forse qualcosa che Blaine non avrebbe mai saputo cosa fosse.
Non importava. Divennero subito amici. Questo era ciò che contava.




                                                                                      XXXXX




La seconda volta che Blaine vide Kurt fu diversi anni dopo quel loro primo incontro. Blaine non avrebbe saputo dire esattamente quanti, dato che per lui il tempo non aveva alcuna importanza. Sapeva che trascorreva ma non come lo facesse. Lento, svelto erano termini che per lui non avevano alcun senso. Poteva dire però che fossero trascorsi anni perché il bambino era cresciuto ed era divenuto un ragazzo. Un po' acerbo ma comunque un bel ragazzo. Quando Blaine se lo era ritrovato davanti, all'improvviso, Kurt stava correndo lungo un corridoio che, visti gli armadietti che lo circondavano, doveva essere di un qualche liceo. Lo riconobbe subito, anche se stavolta piangeva ed era visibilmente scosso, molto più spezzato dell'ultima volta che lo aveva visto, più esposto. C'erano dei ragazzi che lo inseguivano. Blaine capì all'istante perché fosse lì e seguì quei ragazzi e Kurt fino al cortile posteriore. Erano in quattro, più forti e robusti di Kurt e l'angelo sapeva che lo avrebbero sopraffatto. Aveva visto succedere un sacco di volte anche quello.
"Brutto frocio"disse uno di quei ragazzi e Blaine capì che era quello il motivo per cui sentiva quell'odio fuoriuscire da loro in ondate massicce che quasi lo facevano sentire male. Anche quello era un sentimento che non conosceva, ma che sapeva riconoscere in qualche modo. Era un qualcosa di cupo che rendeva buie anche le persone che lo provavano, quasi strappasse loro la luce. Un qualcosa che toglieva la nota dolce dall'aria, intorno a chi lo subiva e da cui spesso, Blaine doveva difendere molte persone. E che non sempre riusciva a fermare. Quando allungò la mano per toccare la spalla del ragazzo che aveva detto quelle brutte parole, vide nella sua mente anni e anni di discorsi da parte dei genitori sulla religione e su quanto a Dio facessero schifo gli uomini che si amavano fra loro e di quanto tutto quello fosse sbagliato. E capì quale fosse il problema.
Blaine sapeva che il ragazzo e i suoi genitori si sbagliavano. Dio aveva molte cose a cui pensare ma l'orientamento sessuale di ogni singolo individuo non era tra queste, almeno fino a che non andava a ledere il suo dono più grande: il libero arbitrio. Per Lui l'amore era amore, in qualunque forma esso si presentasse. Non poteva essere peccato amare. E vedere che le sue parole ancora una volta venivano fraintese per fare del male a qualcuno spezzò il cuore di Blaine. In un certo senso. Non aveva davvero un cuore che potesse venire spezzato.
Il suo compito comunque non era insegnare la verità al ragazzo, non quel momento, ma solo impedire altro dolore. Lasciò che il ragazzo- David, questo era il suo nome- sentisse il messaggio attraverso il suo tocco. "Non farlo, tu non vuoi davvero farlo." Lo vide arrivare nei suoi pensieri e cambiare la decisione finale. Kurt non fu picchiato quel giorno ma finì comunque nel cassonetto. Eppure anche quella volta non pianse. Quando si tirò su dal cassonetto e ne uscì, il suo sguardo fiero si mantenne alto e il ragazzo, percorse la distanza che lo separava dal bagno, dove si ripulì come se non avesse subito alcuna ingiustizia. Senza che Blaine dovesse toccarlo per trasmettergli coraggio, Kurt lo trovò dentro di se, da solo. L'angelo capì così che Kurt era diventato davvero un piccolo ragazzino coraggioso come la madre aveva sperato, probabilmente perché quella non era la prima volta che gli succedeva di essere maltrattato. Capì anche che altre volte, quelle in cui Blaine non c'era stato, sicuramente gli era andata anche peggio ma che nonostante ciò Kurt non aveva perso la sua luce. Blaine la vedeva, era lì nascosta tra le pieghe dei suoi occhi di ghiaccio, un fuoco che brillava dietro ogni suo respiro.
Forse c'erano state volte in cui per Kurt era stata decisamente peggio. La prima volta in cui era stato picchiato forse, oppure la prima volta che qualcuno gli aveva urlato dietro epiteti non carini. Come si era sentito allora? Blaine se lo chiese spesso quel giorno, eppure tutto ciò non lo aveva piegato. E quando non si spostò in altri luoghi, ma restò vicino a Kurt, capì che quello era il suo nuovo incarico. Era appena divenuto l'angelo custode di Kurt Hummel. Dopo secoli, era la prima volta per lui.
Da quel momento Blaine capitò spesso vicino a Kurt. A scuola. A casa. In officina dal padre. Non sempre succedeva quando Kurt stava male o aveva bisogno di aiuto, a volte succedeva nei momenti più strani e impensati, quando Kurt stava bene anche, o rideva, o cantava con i suoi amici. O semplicemente era solo in casa a fare compiti o altro. Blaine non capiva perché succedesse. Non c'erano pensieri coerenti collegati tra loro che potesse sentire. Non vi erano motivi che rendessero la sua presenza importante. Certe volte non aveva altro da fare che starsene lì a fissare Kurt. Con il tempo cominciò a pensare che il suo compito fosse semplicemente tenere compagnia a Kurt e imparò ad apprezzare quei momenti come faceva con quelli in cui poteva compiere davvero qualcosa per aiutarlo. Anche se non sempre gli era concesso salvarlo. Il libero arbitrio era una cosa su cui nemmeno lui poteva interferire. Poteva mostrare altre vie ma erano sempre le persone a decidere quale intraprendere. E non sempre era la via più giusta o bella per Kurt o loro stessi che era scelta purtroppo.
Una costante però c'era e quella era Blaine che era sempre con Kurt. Quando piangeva perché gli altri non si erano fermati dal fargli del male come quando rideva con il padre. Quando i suoi pensieri erano invasi da sentimenti infantili e dolci per altri ragazzi, come il quarterback del liceo, o quando cantava. E sentirlo cantare a Blaine piaceva. La sua voce era quasi al pari della musica dell'alba per lui. Una musica che gli angeli sentivano a ogni nuova alba, e che era talmente bella da essere in pratica divina. Era il suono di un nuovo giorno che nasceva. La parola di Dio che dava loro il buongiorno. Blaine non si sarebbe mai stancato di sentire Kurt cantare come non si sarebbe mai stancato di quella musica. E gli piaceva essere il suo angelo custode. O qualunque cose fosse per lui. Non era sicuro in merito a dire il vero.
Quello che più rendeva fiero del suo nuovo incarico Blaine era il fatto che Kurt avesse davvero molto coraggio. Quello visto nei suoi occhi di bambino impallidiva di fronte a quello che lo accompagnava ogni giorno crescendo. Blaine restò con lui per giorni, e poi mesi e infine anni. Gli restò vicino e lo vide diventare piano piano un uomo. Un bellissimo, coraggioso, uomo. E quando succedeva che la paura lo coglieva, Blaine gli poggiava le mani sulle spalle fino a che il suo respiro non si stabilizzava e la paura passava. Avrebbe voluto fare molto più di questo ma era un angelo e loro potevano solo guardare e stare vicini agli uomini. La forza era in loro, e un angelo poteva solo mostrala. Usarla o meno era una scelta individuale.
Kurt aveva scelto di essere forte. Aveva scelto di "ascoltare" Blaine. Anche se non credeva in Dio, sembrava in un certo senso credere in lui, nelle sensazioni che sapeva trasmettergli.
E Blaine era sempre con Kurt. Anche se non poteva stare davvero con lui.




                                                                                       XXXXX





La mattina in cui Burt, il padre di Kurt, ebbe un infarto, Blaine era con lui. Gli rimase vicino per tutto il tempo, durante la corsa in ospedale, l'operazione, e il coma che ne conseguì. Non sapeva se era lì per portare via l'uomo, erano anni che non lo faceva più, che non era più chiamato a farlo, ma sapeva che era il posto dove doveva stare. Per la prima volta nella sua lunga esistenza, Blaine si ritrovò a sperare che qualcuno non morisse. Si trovò a sperare che non lo facesse perché il posto in cui lo avrebbe dovuto portare sarebbe stato sicuramente un posto peggiore di dov'era adesso. Al fianco di Kurt, cioè. Anche se sapeva che ciò che attendeva gli umani come Burt al di là, era assai più bello di tutto quello che c'era al di qua, lo desiderava con tutto se stesso. Per Kurt. Non si azzardava a pregare in merito o cosa. Solo...lo sperava. Perché Kurt aveva bisogno di Burt. E lui aveva bisogno di saperlo al sicuro.
E poi all'improvviso era successo."Non me lo porterai via, mi senti? Se ci sei e se esisti, lui non me lo porterai via." Kurt aveva pronunciato queste parole con tono fiero e sicuro, non appena era potuto entrare nella stanza di suo padre subito dopo aver saputo del suo infarto. A viso alto, sguardo fisso davanti a lui. Verso Blaine. Sembrava che nel farlo avesse guardato proprio il suo volto e l'angelo fu percorso da una strana sensazione quando i loro occhi s'incrociarono. Sapeva che non era possibile e che Kurt non lo vedeva. Non poteva. Per un secondo però era stato come se Kurt lo avesse visto davvero e Blaine, per quel secondo, si era scoperto a pensare che in realtà desiderava che l'altro lo facesse. Desiderava che Kurt lo vedesse.
E un giorno lui lo fece.




                                                                                         XXXXX





Alla fine Burt si riprese. Grazie anche all'amore del figlio, che aveva anche pregato però non Dio bensì lui, Burt. Kurt aveva fede in suo padre e Blaine questo lo trovava bellissimo. Madre e padre erano il secondo nome di Dio sulla bocca e nei cuori dei figli*, per quanto riguardava Blaine. Eppure l'angelo era ancora lì, con lui. Non gli era dato sapere cosa succedesse a Kurt nella nuova scuola che frequentava, un'università poco fuori Lima dove era entrato quando non aveva superato gli esami per potersi iscrivere alla Nyada, una scuola di musica e teatro. Non poteva lasciare quella stanza d'ospedale, anche se avrebbe voluto disperatamente sapere come stava il ragazzo. La nuova scuola era molto migliore del liceo ma gente cattiva era presente anche in quei corridoi. Gente più spaventosa di un paio di ragazzini tirati su da ombre inesistenti e paure adolescenziali. Gente che faceva del dolore altrui una propria missione di vita per il puro piacere di fare del male. Forse il fatto che lui non si allontanasse dal capezzale di Burt, poteva voler dire che nessuno gli dava fastidio avendo saputo del padre. Blaine però onestamente non si sentiva di fare affidamento sulla natura umana per questo e provare quell'incertezza e quello strano desiderio di essere vicino a Kurt senza poterci essere, lo spaventava e lo inquietava. Era forte la sensazione che sentiva e a cui non sapeva assegnare un nome. Era come..un vuoto in mezzo alla sua anima. Che passava solo quando Kurt entrava nella stanza di Burt. Mancanza forse? Blaine non lo sapeva, non l'aveva mai provato fino a quel momento.
Qualcosa era cambiato dentro di lui, era chiaro, ma Blaine non sapeva dire cosa. Tutto quello che poteva fare, era starsene lì, in piedi al capezzale del letto di Burt a provare questa strana sensazione che lo confondeva. E come succedeva da un po' di tempo, a questa parte fu grato quando Kurt entrò nella stanza già parlando come faceva sempre, anche se Burt dormiva e non poteva sentirlo. E tutto tornò normale all'istante per lui non appena vide che l'altro stava bene e non aveva nuovi segni addosso.
Almeno per un po', perché quando Kurt si voltò verso la fine del letto e quindi verso di lui, si bloccò all'istante diventando rosso e fissandolo. Fissando lui. Blaine. Di nuovo. "E tu chi sei?" chiese poi il ragazzo a voce bassa e il mondo di Blaine si fermò di nuovo. Che significava? Forse...Lo vedeva? Lo vedeva dunque? Non era possibile. Eppure nella stanza c'erano solo loro due e Kurt stava fissando proprio il punto dove si trovava lui.
"Tu mi vedi?" chiese comunque Blaine ritenendo tutto quello impossibile e assurdo.
"Certo, non sono cieco"ridacchiò divertito il ragazzo regalandogli uno di quei sorrisi che Blaine con il tempo, aveva imparato ad amare. In un certo senso."Sei uno dei ragazzi che lavorano nell'officina di mio padre? Non credo di averti mai visto" chiese Kurt. Aggiungendo subito dopo con la mente: "O me ne ricorderei sicuramente con quella faccia stupenda" confondendo Blaine per quel pensiero.
"No" rispose lui comunque sperando che Kurt non facesse altre domande. Non fu così fortunato però e ovviamente se lo sarebbe dovuto aspettare che l'altro volesse sapere di più, dato che non era cosa di tutti i giorni trovare uno sconosciuto nella camera di suo padre.
"Oh, allora sei..suo amico forse?"Chiese ancora Kurt non tanto convinto dalle sue stesse parole. Perché mai suo padre Burt avrebbe dovuto essere amico di un ragazzo che dimostrava appena vent'anni? Blaine sapeva che aspetto avesse. Sapeva come appariva agli occhi delle persone che lo guardavano. Si vedeva spesso con la mente delle persone che accompagnava nel loro ultimo viaggio e la sua immagine era quella di un ragazzo sui venti anni, la faccia dolce, gli occhi di una strana sfumatura di nocciola e verde e i capelli ricci del tutto indomabili. Era un bel viso gioviale che trasmetteva felicità, o perlomeno questo pensava la maggior parte della gente che lo vedeva. Blaine non sapeva se fosse bello o meno per gli standard umani. Trovava bello il volto di Kurt come un tramonto sul mare o come un uccello che spiccava il volo per la prima volta. Il suo concetto di bello era più astratto e al tempo stesso totalizzante di quello umano.
"Non proprio ma lo conosco da molto tempo. Ero con lui quando è stato male." Rispose alla domanda di Kurt comunque. Il che era la verità ma Blaine si pentì di averlo detto quando vide che quella notizia aveva colpito Kurt togliendogli ogni voglia di fare altre domande. Era stata dura per lui. Aveva avuto davvero molta paura di perdere anche suo padre. Anche se era stato molto coraggioso come al solito, la paura aveva abitato il suo cuore per molte settimane anche dopo il risveglio di suo padre dal coma. "Andrà bene adesso sai? Lui starà bene ora" affermò convinto Blaine a quel punto allora, perché sentiva il bisogno di dire qualcosa che potesse rincuorare il ragazzo in qualche modo. Lui non poteva mentire ovviamente e in questo caso non ne aveva comunque bisogno. Burt stava bene per davvero e sarebbe stato bene per molti anni ancora dopo questa bella batosta.
"Spero che tu abbia ragione."
"Sarà così Kurt è sicuro" si lasciò sfuggire Blaine stupendo di nuovo il ragazzo che chiese subito: "Come sai il mio nome?"
"Ti conosco" disse allora senza aggiungere altro. Era impossibile che Kurt lo vedesse eppure ci stava riuscendo, ma Blaine sapeva che non poteva dirgli nulla in ogni caso. Non chi fosse davvero perlomeno. Perciò aggiunse subito per evitargli di fare altre domande in merito: "Tu devi stare tranquillo. Lui non te lo porterà via. Non è il momento. Riposati Kurt. Non fare del male a te stesso. Ti è concesso fermarti e piangere se ne hai bisogno."
A quelle parole Kurt lo guardò intensamente e in un modo strano. "Io non credo in ..Lui" sussurrò poi con timore, quasi gli costasse fatica dire quelle cose a Blaine, quando di solito, anche l'angelo lo sapeva, non si faceva alcun problema a difendere le sue idee in merito con caparbietà e a volte un pizzico di cinismo di troppo.
"Alcune cose sono vere che tu ci creda o no, Kurt. Credi in me adesso. Puoi vedermi e sentirmi ed io ti dico che tuo padre starà bene."
"Grazie" disse allora Kurt semplicemente e Blaine capì che era arrivato il momento di lasciarlo solo. Aveva fatto quello che doveva. Forse. Comunque sembrò così quando sparì lasciando Kurt stupito nel voltarsi e non trovarlo più da nessuna parte, né nella stanza né nel corridoio.
Più tardi sempre quella sera, quando Kurt chiese titubante il suo numero di telefono a Burt, che ovviamente non sapeva di chi parlasse, Blaine ne rimase colpito. Ancora di più quando Kurt spiegò a suo padre di aver incontrato nella sua camera questo strano ragazzo davvero molto bello e gentile, con cui gli sarebbe piaciuto parlare ancora. Blaine provò una sensazione strana a quel punto. Una cosa che esplose come un piccolo fuoco di artificio al suo interno, invadendolo di una sensazione calda e strana che gli faceva venire voglia di sorridere. Non aveva mai provato niente di simile nella sua esistenza che era stata davvero molto lunga. E si stupì un po' quando capì che stava provando felicità. Vera felicità.




                                                                                        XXXXX





Qualcosa era cambiato. Blaine lo capì quando Kurt il giorno dopo lo vide seduto vicino a lui sulle tribune del campo sportivo dalla sua università. Kurt si spaventò nel ritrovarselo vicino all'improvviso quasi quanto Blaine nel capire che lo vedeva ancora dato che aveva creduto che, la notte prima, sarebbe stata la prima e unica volta. Quando Kurt gli chiese da dove fosse spuntato, lui rispose con un sorriso aperto che contagiò anche l'altro:" Sono sempre stato qui". Di nuovo la verità, perché altro non gli era concesso dire. Kurt però non sembrò trovare strana quella risposta e si concesse di lanciarsi in una chiacchierata leggera con lui senza preoccuparsi più di nulla. Neanche Blaine lo fece. Kurt ora lo vedeva e questo era piuttosto ....particolare come cosa. Gli piaceva anche molto come sviluppo, però, e non poteva dirsi il contrario. Perché Blaine non poteva mentire neanche a se stesso. Parlare con Kurt gli piaceva, essere visto da lui gli piaceva e anche passare il tempo in quel modo.
Ecco cosa era cambiato, Kurt lo vedeva e lui non se preoccupava. Anzi! L'angelo non capiva il perché e molti degli altri angeli che incontrava non sapevano rispondergli in merito. A loro non era mai successo. Era una cosa che semplicemente..accadeva. E Blaine poteva solo accettarla. Tutta la sua esistenza era fatta di scelte che altri avevano preso per lui e che lui aveva accettato con il dono della fede e dell'amore in Dio. E quella cosa non fu diversa. Non che se ne lamentasse. I momenti in cui si rendeva conto che Kurt lo vedeva erano i più belli che avesse mai vissuto. L'attimo in cui i suoi occhi celesti si animavano sotto un sorriso che faceva risplendere tutto il suo volto, era stupendo. Una cosa che Kurt faceva solo quando vedeva lui.
Parlavano tanto in quei momenti, di tante cose, e Kurt rideva. E con il tempo Blaine arrivò a pregare perché quei momenti si triplicassero. Arrivò a pregare per qualcosa che voleva per se stesso, per la prima volta in molto moltissimo tempo.




                                                                                           XXXX




Blaine conobbe anche la rabbia dopo la felicità sempre grazie a Kurt in quei giorni. Successe all'improvviso, durante un lunedì piovoso. Si ritrovò all'improvviso davanti a Kurt. Lo vide ricevere il colpo. Lo sentì arrabbiarsi perché quel sentimento strisciò anche sotto la sua pelle e per un attimo Blaine lo condivise, spaventandosi. Lo vide inseguire il ragazzo più grosso e aggredirlo per avere spiegazioni. E poi vide il più grande afferrare Kurt, il suo Kurt, e baciarlo. Fu allora che la rabbia lo invase. Forte, prepotente, definita. Troppo per un angelo. Non ricordava cosa fosse successo dopo sennonché era di nuovo visibile e non solo per Kurt ma anche per l'altro, David, se ne ricordava ancora il nome. Furono entrambi colpiti dal vederlo lì in quello spogliatoio. David scappò e anche se Blaine avrebbe voluto inseguirlo e colpirlo, un sentimento del tutto nuovo ed estraneo per lui, non lo fece perché sapeva che quel ragazzo non era compito suo. Blaine lo aveva capito subito anni prima. Aveva il suo percorso da compiere e lui non poteva interferire. E poi era l'angelo di Kurt e doveva occuparsi di lui. Esserci per lui. Per questo lasciò andare David e aprì le braccia affinché Kurt ci si rifugiasse. E lui, dopo un primo momento di smarrimento, lo fece. Corse a nascondere il volto nel suo collo e pianse con trasporto, scuotendo anche Blaine nell'impeto dei suoi singhiozzi.
E già quello era un compito duro perché lui.. non sentiva. Percepiva la forza di Kurt, il suo calore e il suo tocco come qualcosa che sapeva esserci ma che non poteva davvero sentire. E lui voleva di più. Per Kurt voleva essere un amico, un mentore, un ragazzo da ammirare e qualcuno con cui voler stare. Voleva questo e molto di più. Voleva sentirlo quando lo abbracciava come adesso, ma non poteva.
Lo capì quel giorno, mentre lo consolava del dolore che qualcun altro gli aveva inflitto. Voleva Kurt. Voleva tutto. Voleva quello che come angelo non avrebbe mai potuto avere.



                                                                                        XXXXX




Kurt nei giorni a venire, gli parlò di Dave, delle brutte cose che il ragazzo gli aveva fatto al liceo e che continuava a fargli in quell'università, dove si erano ritrovati per puro caso. Gli confessò cose che Blaine aveva visto già con i suoi occhi e cose a cui non gli era stato concesso assistere. Gli disse che quello era stato il suo primo bacio e che a rubarlo era stato un ragazzo che Kurt non amava e che provava per lui solo autentico odio. Si sentiva defraudato da una cosa importante Kurt e sembrava non sapere come superare la cosa.
Gli parlò dei suoi sogni, della Nyada, del provino che intendeva rifare per l'anno prossimo. Della sua voglia di trasferirsi a New York e della paura che aveva a lasciare solo suo padre. Gli disse che avrebbe voluto vederlo innamorarsi di nuovo e Blaine gli assicurò che questo sarebbe successo. Non disse che aveva visto arrivare una donna, di nome Carol, e che sapeva che i due si sarebbero innamorati e Kurt non lo chiese ma quando Blaine gli disse quelle parole, lui ci credette. Lo faceva sempre.
Si incontravano sempre in un giardino vicino alla scuola e passavano lì delle ore a chiacchierare. Kurt non gli chiedeva mai niente di personale, quasi sapesse che se lo avesse fatto, Blaine sarebbe sparito, così parlava e si confidava e lui restava in silenzio ad ascoltarlo. Una parte della sua anima gli diceva che probabilmente era quello il suo vero compito in tutta quella storia. Un altra prendeva a mani piene quante più informazioni poteva da Kurt semplicemente perché voleva. Voleva sapere tutto di lui.
Notò quando Kurt si fece più intimo con lui, quando il suo tocco si fece più caloroso, il suo fiato più veloce se gli stava vicino. Lo notò, anche se non poteva sentire per davvero nessuna di queste cose e avrebbe forse dovuto smettere di farsi vedere da lui, a quel punto, ma non lo fece. Continuò a tornare in quel giardino, continuò a tornare da Kurt. Non ne poteva fare mano. Non poteva più farne a meno.  




                                                                                        XXXXX





"Perché non mi tocchi mai Blaine?"chiese una sera Kurt, mentre seduti in riva al lago, osservavano i fuochi del quattro di luglio. Kurt non si era stupito più di tanto di esserselo ritrovato anche alla casa al lago. Era da qualche tempo che aveva capito che c'era qualcosa di strano in quel ragazzo che appariva sempre all'improvviso ovunque lui fosse. Blaine lo vedeva chiaramente nei suoi pensieri. Kurt da un po' di tempo a quella parte si chiedeva diverse cose su di lui. Cose come ad esempio: perché indossava sempre i soliti abiti? Perché aveva il cappotto anche d'estate? E cose più serie come: cosa faceva nella vita, studiava o lavorava? Quanti anni aveva? Perché non parlava mai di sé?
Il tempo del non chiedere sembrava essere finito e prima o poi Blaine sapeva che quelle domande solo mentali sarebbero diventate domande vere e proprie. E lui temeva quei momenti perché se gli fossero state rivolte quelle domande avrebbe dovuto mentire per non far scoprire il suo segreto e non era più certo che non lo avrebbe fatto, non se il contrario gli avesse garantito di poter restare con Kurt. E allora cosa sarebbe successo? L'unica volta che Kurt si era azzardato a chiedergli cosa faceva nella vita, lui aveva risposto con un:"Io aiuto le persone" che lo aveva lasciato basito. Quella risposta aveva così tanti significati che Kurt ci sbatteva la testa per cercare di capire quale fosse la soluzione. Non bastava però, non gli bastava più e Blaine lo sapeva con l'ineluttabilità con cui sapeva di essere un angelo. E di non poterlo dire a Kurt o l'avrebbe perso. In definitiva, l'altro passava molto del suo tempo a pensare a lui e il motivo era che Kurt credeva di amarlo. Ora, Blaine non poteva mentire, il punto era quello. E a domanda diretta poteva rispondere solo con la verità o una qualche forma di essa. Solo che adesso di scappare era stanco perché ciò che Kurt credeva di provare per lui, Blaine sapeva di provarlo davvero.
"Perché non posso sentirti Kurt e la cosa mi uccide"rispose quindi fissandolo negli occhi. Ed era un'altra risposta ambigua se ne rendeva conto, almeno per il punto di vista di Kurt ma era anche la sua verità. Era diventata una tortura per lui leggere certi pensieri dell'altro. Sapere che spesso questi sognava di stare in intimità con lui e non poter fare nulla in merito pur desiderandolo a sua volta. Kurt confondeva Blaine, ma lo confondevano ancora di più le emozioni che provava grazie a lui.
"Vorrei che potessi farlo. Lo vorrei davvero tanto" fu la risposta con cui Kurt lo freddò. Non chiese perché o chi fosse Blaine o da dove venisse, domande che ultimamente faceva spesso, ma compì una cosa che lo spiazzò del tutto. Si allungò verso di lui e posò le proprie labbra sulle sue. Era quello che gli uomini chiamavano bacio e l'angelo avrebbe voluto poterlo sentire. La sensazione delle mani di Kurt strette agli angoli del suo viso. La morbidezza di quelle labbra che premevano sulle sue. Il sapore di Kurt la cui lingua aveva dolcemente aperto le sue labbra per cominciare ad allacciarsi a quella dell'altro. Blaine rispondeva a quei movimenti e sentiva Kurt emettere piccoli gemiti felici per quel contatto e avrebbe tanto voluto sentirlo. Avrebbe voluto sentire tutto ma non poteva.
Gli dispiaceva solo che Kurt avesse chiuso gli occhi a quel contatto, perché era certo che i suoi occhi fossero bellissimi in certi momenti. Perché quello era amore, e non c'era niente che rendesse qualcuno più bello del sentire e ricevere amore. Blaine lo sapeva. "Lo hai sentito questo?" chiese poi Kurt ansimando quando si staccarono. Aveva le guance rosse, le labbra gonfie e gli occhi leggermente scuriti. Sì, proprio come aveva pensato Blaine, in certi momenti Kurt diventava anche più bello.
"No Kurt. Non posso, te l'ho detto."
"Perché? Perché no?" Piagnucolò Kurt disperato, il suo forte angelo che non si spezzava davanti a niente e che si sgretolava solo davanti a lui. E Blaine si sarebbe ucciso per la disperazione che trapelò da queste parole. Il forte Kurt che conosceva in quel momento sembrava così fragile e ferito. E non era giusto. Quello che lui stava facendo, prendendosi quei momenti con lui per goderne senza pensare a cosa significasse questo per Kurt, non lo era.
Così gli disse tutto. Gli disse chi era davvero.
Preparandosi così a dirgli anche addio.




                                                                                           XXXX





Il dolore, quello vero, quello quasi fisico e impossibile da provare per un angelo come lui, eppure vivo e prepotente, fu un'altra cosa che Blaine imparò a scoprire grazie a Kurt. Dopo che lui gli aveva detto di essere un angelo, il ragazzo si era spaventato e poi arrabbiato con lui e aveva impedito a se stesso di rivederlo per molto tempo dopo quella confessione. Blaine gli stava vicino, lo chiamava, lo seguiva ma Kurt non gli dava accesso e continuava a non vederlo. Lo vedeva piangere in silenzio a volte e si chiedeva se era per lui che lo faceva, ma Kurt non lasciava trasparire nulla e lui non riusciva più a leggere i suoi pensieri. Forse il motivo era che nemmeno voleva farlo.
Quando lo vide farsi forza e andare avanti con la sua vita capì che continuare a non farsi vedere era la cosa migliore. Per Kurt. Lo vide impegnarsi per gli esami alla Nyada, lo vide superarli e brillantemente e cominciare a frequentarla dove aver lasciato l'università di Lima. Lo vide aiutare Dave quando questi tentò il suicidio perché le parole dei suoi genitori avevano attecchito così tanto nella sua anima da farlo sentire sbagliato per ciò che lui stesso era, e poi divenire suo amico. Lo vide provare ad accettare la corte di un ragazzo, Adam, che con lui non aveva nulla da spartire, solo per non restare solo. E lo vide buttarsi poi tra le braccia di un bel ragazzo più grande, Ethan, uno che sapeva corteggiarlo e venerarlo come meritava. Uno che lo faceva sentire davvero bello e desiderato. Uno che poteva toccarlo e sentirlo. E vide Kurt concedergli cose da cui non scappava come baci, carezze. Forse molto di più. Impedì a se stesso di guardare tanto oltre perché ...Era geloso. Ecco un'altra sensazione completamente umana che era impossibile che lui provasse e che invece sentiva.
Avrebbe voluto poterlo lasciare, proseguire, tornare alla sua vita di prima, invece continuava a essere il suo angelo custode, continuava a comparire al suo fianco quando Blaine meno se lo aspettava e doveva assistere a tutto questo senza poter fare nulla in merito. Perché? Se lo chiedeva, ma non sapeva rispondersi.
 Scoprì la risposta una sera in cui Kurt un po' brillo dopo aver festeggiato il compleanno di Ethan, lasciò cadere tutte le sue difese e permise finalmente ai suoi pensieri di arrivare a Blaine con la potenza di una cannonata. Pensieri che parlavano dei suoi occhi, delle sue mani, del suo tocco gentile, dei suoi baci. Pensieri che dicevano che quando stava con Ethan, Kurt ancora pensava a lui. Pensieri che parlavano di lui, di Blaine. Del perché dovesse allontanarsi da tutto questo. Del perché non riuscisse a farlo. Perché Kurt non voleva più vederlo, ma dentro di sé continuava comunque a volerlo. Blaine si vide nei suoi pensieri, in ogni suo pensiero e fu una tortura. Anche se lui non voleva più farsi vedere, anche se avrebbe voluto lasciarlo stare, non poteva perché era Kurt che lo stava trattenendo a se. Kurt sapeva che c'era e voleva tenerlo inconsciamente incatenato a sé. E lo stesso valeva per Blaine che non riusciva a lasciarlo andare, anche se soffriva nello stargli così vicino.
Era questo dunque l'amore? Soffrire per non potersi avere?  
Blaine smise di farsi domande la notte in cui Kurt lasciò Ethan e cedette e pianse chiamandolo perché non ce la faceva più. Era la prima volta che succedeva da mesi ma Kurt voleva vederlo. Voleva sentirlo. Voleva baciarlo. E amarlo. E voleva che Blaine sentisse quando faceva tutte queste cose. Blaine non si concesse di apparirgli quella notte, anche se fu dura resistere mentre l'altro lo invocava gridando. Lo tenne però stretto a sé quando Kurt lo chiese fino a che non si addormentò piangendo. Lui poteva sentirlo, anche se non lo vedeva e tanto bastava.
Poi fece una promessa. Altri lo avevano fatto, lo sapeva. Perciò avrebbe cercato di capire se poteva dare e come a Kurt quello che voleva. Quello che anche lui voleva.




                                                                                             XXXX




Castiel, un angelo con cui spesso aveva lavorato, gli disse come poteva fare. Per sentire. Per baciare. Per amare Kurt. Era uno degli angeli anziani, un guerriero. Aveva visto e fatto molte cose nel corso della sua esistenza e quando Blaine gli chiese consiglio, gli disse che doveva solo scegliere di divenire umano e, se lo avesse voluto davvero con tutto se stesso, lo sarebbe divenuto.
"Mi pare troppo semplice" disse Blaine confuso e non del tutto convinto.
"E perché dovrebbe essere complicato? E' una scelta, la tua. La fai e compi il passo. Il libero arbitrio è un dono che non è stato dato solo ai pagliacci umani ma che è stato dato anche a noi. Lucifero ha fatto la sua scelta ed è caduto all'inferno. Tu puoi scegliere di cadere sulla terra. Puoi scegliere per te stesso, Blaine. Se lo vuoi, cadi- letteralmente, da un punto molto alto- e perdi la grazia e divieni un vero essere umano. In grado di sentire. Di amare. Mortale. Vivo. "
"Salti e via quindi?"
"Salti e via. Facile no?"
Sì, lo sembrava ma Blaine sapeva che non lo era. Perché sarebbero state molte le cose a cui avrebbe dovuto rinunciare. "Ed è la cosa giusta?"chiese allora.
"Solo tu puoi saperlo questo, Blaine. Sai a cosa rinunceresti ma non sai per cosa. Amore e felicità, la possibilità di sentire il vento sul visto forse sì. Ma anche morte, dolore, malattia, fame. E un sacco di altre cose non belle. Eppure se il legame che senti con questo umano ti porta a farti queste domande, a provare cose per noi impossibili e a essere confuso credo che tu debba prendere in considerazione seriamente la cosa. Il nostro destino a volte non è così chiaro come crediamo. E forse il tuo adesso è di amare Kurt. E' pur sempre amore, Blaine. Siamo nati per questo. Per amare."
Era vero e Blaine lo sapeva. Amare era sempre stato il suo compito. E forse fin dal principio il suo destino era stato proprio quello di amare Kurt.




                                                                                            XXXX





"Salti e via" disse per l'ennesima volta Blaine.
"Sembra facile" concordò Elizabeth seduta vicino a lui in riva a un lago calmo e silenzioso. Il solito lago dove si vedevano ogni volta quando Blaine passava a vedere come la donna se la passava o per parlarle di Kurt e Burt. Era una fantasia di Elizabeth, uno dei luoghi felici della sua via. Era lì che Burt le aveva chiesto di sposarlo ed era lì che si sarebbero rivisti quando sarebbe stata l'ora. Blaine lo sapeva. Burt aveva Carol adesso ma quando fosse stato il momento, sarebbe tornato da Elizabeth, perché il loro amore era di quel tipo che sopravviveva anche alla morte. Era il tipo di amore che Blaine voleva provare con Kurt.
"Non credo lo sia. Credo anzi che sia doloroso. E duro. E terribile. Ma questo è uno dei risvolti del libero arbitrio. Puoi scegliere per te stesso la strada che vuoi, ma devi pagarne le conseguenze. Sempre."
"Sì, e non è stupendo?" gli chiese Elizabeth stringendo la sua mano. Blaine non poteva sentire nemmeno quel tocco e avrebbe voluto. Elizabeth gli era stata vicina da dopo la sua morte. Quando Blaine aveva cominciato a essere visibile per Kurt, c'erano stati momenti in cui Elizabeth era stata con loro ed era stata felice di vederli insieme. Diceva che lui era l'anima gemella di suo figlio, glielo leggeva nello sguardo ogni volta che lo guardava, e a differenza degli altri con cui ne aveva parlato, lei non aveva mai messo in dubbio la loro unione. Sì, la donna gli sarebbe mancata. Tra tutte le cose cui avrebbe dovuto dire addio per avere una vita vera con Kurt, i pomeriggi passati con lei sarebbero stati i più amari da lasciarsi alle spalle.
"Sono fiera dell'uomo che è diventato Kurt e lo sarò della persona che diverrà in futuro. E tu sei la cosa migliore che gli potrebbe capitare adesso. Forse la più strana ma di sicuro anche la più giusta. Io lo so. Lo vedo. Tra voi non durerà forse per sempre Blaine, perché tu meglio di chiunque altro sai che la vita è imprevedibile, almeno per chi la vive. Ma credo che se anche durasse un solo giorno ne sarebbe valsa la pena. E poi so che v'impegnerete affinché duri. E se dovessi scommettere, punterei su di voi. Credo ne valga la pena, sì. Correre il rischio. Per lui, per voi. Ne vale la pena Blaine. Penso che sarete imperfettamente perfetti insieme" disse ancora Elizabeth.
Era come una benedizione quella e a Blaine non serviva sentire altro.




                                                                                            XXXX




Quella notte quando Kurt rientrò in camera sua Blaine si concesse un attimo per guardarlo. Quello era il ragazzo per cui era pronto a rinunciare a tutto e divenire umano. Un essere che sanguinava, soffriva, sentiva dolore e pena. Pativa la fame e la sete. E aveva bisogno di...non importava cosa, perché essere umano voleva dire avere costantemente bisogno di qualcosa. O qualcuno. Voleva dire anche però essere qualcuno che poteva amare. E sentire. Sentire su di sé il tocco di quelle mani, e di quelle labbra. Un essere che poteva sentire il profumo della pelle di Kurt. O il suo sapore quando l'avrebbe baciata e leccata e morsa e tutte quelle cose che aveva visto fare nel corso degli anni agli amanti. Tutte quelle cose che non vedeva l'ora di fare a Kurt e con Kurt. Ne valeva la pena? Blaine sorrise. Sì. Ne valeva la pena. Kurt ne valeva la pena.
Mosse quindi un passo in avanti e concesse a se stesso di mostrarsi. Poi attese. Quando Kurt si voltò verso la finestra e lo vide riflesse sul vetro, il suo volto fu di nuovo invaso dopo mesi di niente da quella luce e quel sorriso che erano riservati solo a Blaine. Lo vedeva dunque.
"Blaine..."sussurrò, infatti, rivolto all'altro. Questi gli sorrise e allungò la mano affinché Kurt la prendesse tra le sue. Invito che l'altro accolse subito, ignorando quella mano e volando letteralmente tra le sue braccia. Blaine non sentiva quel contatto, ma presto questo sarebbe cambiato. E scoprì che davvero, non vedeva l'ora.
"Kurt, dammi una chance" disse all'improvviso facendo sussultare l'altro. "C'è una cosa che posso fare per stare con te, intendo davvero con te"continuò poi a sussurrare sempre nel suo orecchio. Sotto il suo tocco Kurt tremava e lui voleva conoscere anche quella sensazione, insieme a tutte le altre. Quella di sentire il respiro del proprio amato che s'infrangeva caldo sulla pelle. Forse non era per quello che era stato mandato nella vita di Kurt. O forse sì. Chi poteva dirlo con precisione? Blaine era pronto a rischiare. "Se tu mi vuoi davvero, io posso farla e dopo potremo stare insieme, davvero."
"Se fai questa cosa, mi sentirai? Mi sentirai quando ti tocco o ti bacio?"
"Sarò umano come te. Quindi ...Sì. Ti sentirò."
"Sarai umano? Mortale quindi e ...potrai ferirti come noi?"
"Sì" rispose Blaine. E sentendo che Kurt stava per staccarsi dall' abbraccio improvvisamente allarmato aggiunse: "Per avere tutto qualcosa devi perderlo, Kurt. So che hai perso molto nella tua vita, e che hai paura per me, ma tu sei il mio tutto ed io voglio darti tutto di me e non vi è altro modo che questo."
Kurt si staccò da lui per guardarlo negli occhi e gli chiese: "Lo fai per me o per te?" La domanda era legittima. Kurt non gli avrebbe mai chiesto di sacrificarsi per lui. E sapeva che gli angeli non potevano mentire e che sopratutto gli occhi di Blaine non potevano farlo. Non con lui.
"Lo faccio per me. Perché ti amo e non posso stare un solo altro giorno lontano da colui che amo senza poterlo sentire, baciare, amare come voglio fare"disse quindi lui. Ed era la prima volta che glielo diceva e sapeva che non gli era concesso conoscere quel sentimento. Eppure Blaine lo conosceva e sapeva che era quello che provava per Kurt anche se impossibile. Forse però tra loro era destino. Solo destino. Certe volte quello non è così prevedibile, certe volte ti riserva sorprese meravigliose.
"Allora fallo Blaine. Ti prego, fallo. Voglio cominciare la mia nuova vita con te."




                                                                                           XXXXX




Cadere. Era facile. Blaine non doveva fare altro e la sua nuova vita, una vera, avrebbe avuto finalmente inizio. Insieme a Kurt. Una vita di cui forse non avrebbe conosciuto ogni sfumatura ma che sapeva sarebbe stata comunque magica e giusta.
La musica quella mattina all'alba, quando era andato sulla spiaggia per sentirla un ultima volta, era stata più intensa, più calda, più forte di ogni musica che avesse mai sentito. Era la voce di Dio che gli dava il suo saluto, il suo libero arbitrio e la certezza che non per questo l'avrebbe abbandonato.
"Ama Blaine. Ama. Sempre. E non avrai peccato." Gli aveva detto la musica.
Blaine aveva sorriso e chiuso gli occhi offrendo un ultima volta il volto alla musica dell'alba. Gli sarebbe mancata quella soavità. Come gli sarebbe mancata Elizabeth. Come aveva detto a Kurt, però, per avere tutto a volte si deve rinunciare a tutto.
Quindi fece un passo avanti e saltò giù da quel grattacielo in costruzione.
Laggiù in basso, da qualche parte, Kurt lo aspettava.





                                                                                                                                                                     
                                                                                                    _FINE_






L'angolo della pirla che scrive sta roba:
* Frase non mia ma del film"Il corvo".
Or dunque..sappiamo tutti come finisce il film da cui questa OS prende spunto. Volutamente io vi racconto il loro inizio ma non il resto della storia e vi lascio la libertà di decidere da voi cosa succede a questi due quando Blaine arriva a terra. Nella mia mente si svolge una scena molto simile a quella del film nella casa al lago(dai che sapete a quale mi riferisco.)Una scena che avevo anche pensato di inserire ma che poi mi sono resa conto stonava con il resto della os, per cui ho evitato. Solo che dopo il Kurt di questa storia non prende una bicicletta e va a schiantarsi contro un camion come il re dei pirla ma resta felice al fianco di Blaine ancora per molti anni. E oltre. Ricordate il lago di Elizabeth vero?
Se vi va, trovate la mia pagina autrice qui:  https://www.facebook.com/Bay24-1678094309114856/
Baci Bay24

  
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