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Autore: DarkSide_of_Gemini    06/04/2016    2 recensioni
“Roxanne Lennox, così si chiamava la ragazzina che Black osservava da un paio di sere, e non si trattava affatto di una bimba dai denti da latte innamorata degli unicorni. A parte avere un nome che all’Uomo Nero sembrava fin troppo una medicina, Roxanne era un’adolescente dalla testa calda – almeno per quanto lui aveva capito spiandola di nascosto – e di certo una vita turbolenta alle spalle.
Pitch non sapeva neanche perché fosse tanto interessato a una ragazzina che aveva abbondantemente oltrepassato la soglia dell’età in cui è facile aver paura di tutto. A Black non piacevano gli adolescenti. Li trovava troppo sfacciati, senza alcun freno alla loro prepotenza e difficilmente spaventabili. Roxanne era ormai entrata nell’età in cui si ride delle ombre sui muri e si vaga per la casa nel buio più completo, inventando storie di fantasmi che avevano infestato il posto molti anni prima”.
Uno spirito solitario e un’adolescente dallo strano rapporto con il buio. Cosa mai potranno avere in comune due creature tanto differenti?
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Stanza Buia

Prologo

 

Roxanne Lennox, così si chiamava la ragazzina che Black osservava da un paio di sere, e non si trattava affatto di una bimba dai denti da latte innamorata degli unicorni. A parte avere un nome che all’Uomo Nero sembrava fin troppo una medicina, Roxanne era un’adolescente dalla testa calda – almeno per quanto lui aveva capito spiandola di nascosto – e di certo una vita turbolenta alle spalle.

Pitch non sapeva neanche perché fosse tanto interessato a una ragazzina che aveva abbondantemente oltrepassato la soglia dell’età in cui è facile aver paura di tutto. A Black non piacevano gli adolescenti. Li trovava troppo sfacciati, senza alcun freno alla loro prepotenza e difficilmente spaventabili. Roxanne era ormai entrata nell’età in cui si ride delle ombre sui muri e si vaga per la casa nel buio più completo, inventando storie di fantasmi che avevano infestato il posto molti anni prima.

Black aveva incontrato molti visini spauriti nel corso della sua lunga vita come Signore degli Incubi, aveva sempre preferito come vittime bimbi indifesi, mentre adesso quella che si ritrovava davanti era una quindicenne imbronciata dagli occhi scuri truccati di nero e un caschetto arruffato di capelli color inchiostro, vestita di scuro con una certa influenza della moda punk nell’abbigliamento.

D’altronde era vero: con un moccioso qualunque il gioco era stato troppo semplice e a lungo andare monotono, e guardando Roxanne si andava chiedendo cosa mai fosse successo a tentare di spaventare uno di quegli adulti in miniatura. Spaventare era sempre stato divertente, strisciare fuori da sotto i letti e gli angoli bui era diventato, per Black, l’unico e solo scopo della propria esistenza. Tuttavia la noia iniziava a subentrare nella sua occupazione: i bambini erano troppo sensibili e prevedibili. Cosa c’era di strano nel volere qualcosa di più?

Più meditava su quella domanda più l’Uomo Nero si scopriva nervoso per un motivo indefinito. Perché si era lasciato coinvolgere in quelle considerazioni idiote?

“Perché vuoi metterti alla prova” gli rispose un’irritante vocina nella sua testa “se riuscissi a far sì che un ragazzino ormai cresciuto creda in te potresti avere la possibilità di avere la tua esistenza riconosciuta, non è forse vero?”.

Detestava quel pensiero. Era come ammettere di avere una debolezza con la quale era facile ricattarlo, qualcosa che lo rendesse imperfetto e sempre bisognoso di qualcosa per realizzarsi. Era come se tutto d’un tratto gli avessero promesso una vita migliore. Era stanco di sentirsi un parassita indesiderato.

Aveva notato qualcosa in Roxanne. Per quanto all’apparenza potesse sembrare una piccola sfacciata, il suo umore mutava completamente quando in casa si trovava a passare davanti una porta chiusa. Black conosceva bene l’odore della paura, era sempre stato ciò che lo aveva accompagnato da secoli infiniti; e adesso lo avvertiva forte e chiaro ogni qualvolta la ragazzina si trovava costretta ad avvicinarsi a quella stanza.

L’Uomo Nero sorrise: nonostante tutto allora anche gli adolescenti avevano paura di qualcosa, e quella era un’ottima occasione per tentare di scoprire come poterla sfruttare a proprio vantaggio.

Ma quella – si promise – era l’ultima volta che avrebbe ceduto ad una curiosità così folle.

******

Roxanne aveva sempre detestato quello sgabuzzino. Era piccolo, colmo fino all’inverosimile di vecchia roba accatastata, non ci si poteva muovere liberamente e, come se non bastasse, dentro regnava il buio totale. Non importava quanta luce ci fosse all’esterno: quella piccola stanza rimaneva sempre e comunque oscura come una caverna nella quale si rintana il peggiore dei mostri.

In realtà non aveva sempre mostrato avversione verso quella stanzetta. C’era stato un tempo in cui non le faceva né caldo né freddo; almeno fino a quando un pomeriggio Roxanne non era riuscita a convincere quell’odioso del suo fratellastro Jason a giocare a nascondino. A Jason non piaceva giocare con lei, e a dirla tutta neanche lei amava molto la sua compagnia: faceva sempre il gradasso, le faceva i dispetti e preferiva rimanere tutto il giorno cementato sul divano in compagnia della playstation. Ma a quel tempo si erano trasferiti in quella casa da poco e ancora non avevano amici da invitare a casa per avere un po’ di compagnia, così Jason aveva acconsentito sbuffando alle sue proteste. Rox era convinta che l’avesse fatto solo perché si era stufato di sentirla piagnucolare. A lui era toccato contare, mentre lei era scappata nelle varie stanze a cercare il nascondiglio perfetto. Infine aveva deciso di entrare proprio in quella piccola camera che avevano adibito a ripostiglio; la sua matrigna le aveva impedito di entrare perché aveva paura che mettesse disordine nella perfezione metodica che sempre accompagnava le sue pulizie, e più volte Jason l’aveva presa in giro dicendole che non avrebbe avuto il coraggio di entrare in quella stanza buia. Sì, quello sarebbe stato il posto ideale. Così era entrata di soppiatto e si era chiusa la porta alle spalle. Era rimasta in piedi, al buio, e il cuore aveva iniziato a batterle forte. Aveva stretto e pugni con decisione: no, non sarebbe scappata, così avrebbe dimostrato a Jason e Rita che non aveva paura del buio e che sapeva mantenere l’ordine. Solo pochi secondi dopo aveva sentito Jason urlare “cinquanta!”, anche se era passato troppo poco tempo perché avesse davvero contato fino a cinquanta, e i suoi passi avevano iniziato a risuonare per la casa.

Dopo poco si erano avvicinati alla porta e uno strano scatto metallico appena accennato aveva fatto impensierire la bambina. Non appena Jason si era allontanato Rox aveva cercato a tentoni la maniglia per poter uscire e vincere la partita, ma la porta non voleva saperne di aprire per quanti sforzi lei facesse. Era inutile tirare o spingere, e un pensiero maligno la mise in agitazione: Jason l’aveva chiusa dentro dall’esterno, non c’era modo di uscire. Era rimasta per quelli che gli erano sembrati secoli in quello spazio stretto, al buio nel quale sembravano prendere forma strane immagini e occhi rossi di esseri misteriosi la scrutavano dall’alto. Aveva iniziato a battere i pugni sulla porta e gridare per attirare l’attenzione, anche se sapeva che tutti quegli sforzi non sarebbero serviti a un granché: suo padre era a lavoro, Rita passava la giornata attaccata al telefono e Jason… bè, lui l’aveva chiusa dentro, perché avrebbe dovuto farla uscire?

Quando finalmente la porta si era aperta Rox era uscita alla luce tutta tremante, con le lacrime agli occhi e la gola che le faceva male a furia di gridare. Jason le aveva sorriso soddisfatto, per nulla pentito di quella crudeltà.

-Hai perso-

Le aveva detto solo, e quando lei aveva cercato di vendicarsi prendendolo a pugni Rita si era affacciata da una porta richiamata dalle grida, rimproverandola per quel suo comportamento che lei definiva “da animale selvatico”.

-Per forza che Jason si è arrabbiato- aveva detto mentre digitava furiosamente sui tasti del telefono –scommetto che lo hai esasperato con le tue morbose richieste di attenzione-

Rox non aveva tenuto in conto quel commento: Rita avrebbe perdonato al figlio qualsiasi cosa e lo difendeva a spada tratta anche quando si trovava palesemente nel torto. L’unica soddisfazione che la bambina aveva avuto era stata quella di vedere Jason massaggiarsi un braccio la sera stessa, e di constatare che aveva un cerotto sulla guancia sinistra. Jason era un gigante a confronto con lei, eppure Rox sapeva picchiare forte quando voleva, soprattutto quando era costretta a farsi giustizia da sola.

Quell’episodio era stato presto messo da parte insieme alle altre liti giornaliere tra i due, eppure da quel giorno in poi Rox non aveva più voluto mettere piede in quello sgabuzzino. Rifiutava di sistemare le sue cose lì dentro e quando doveva prendere qualcosa al suo interno si sporgeva dalla porta con una serie di acrobazie impossibili pur di non entrarci del tutto. Crescendo quella paura le era rimasta, non c’era modo di farla avvicinare a quella porta. Del resto tutti hanno paura di qualcosa: e per lei quella stanza buia era l’incubo peggiore.

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Ecco, ci sono cascata di nuovo. Salve gente, sono sempre io, tornata a psicanalizzare Black per la gioia di tutti *O*/ … Tranne che per la sua, forse <.< cosa posso farci, mi diverte studiare la mentalità contorta di quel cosino nero!

Questa storia è nata principalmente da una frase che un’amica ha detto qualche giorno fa e che ripeterò a tempo debito nei capitoli a seguire per inserirla ne contesto. E oltre a questo, mi sono sempre chiesta se Black avesse mai osato provare a spaventare qualcuno che non sia un bimbetto dai denti da latte, e cosa sarebbe successo se la sua attenzione si fosse rivolta a ragazzi più cresciuti.

Così puff! è nata Roxanne, che *Confessioni dell’autrice - time* all’inizio era stata concepita come una ragazzina timida e insicura e poi si è evoluta nella piccola punk scapestrata di cui abbiamo fatto la conoscenza qui sopra. Ahi, questi personaggi ribelli!

E a proposito di evoluzioni, questa storia avrebbe dovuto essere una One Shot, poi è andata via via dilungandosi tanto che ho deciso di dividerla in capitoli per riuscire a creare un lavoro fatto bene senza nulla togliere ai miei mattoni di introspezione xD anche perché ammetto che le storie troppo lunghe a volte risultano difficili da leggere e a volte stufano anche, e l’ultima cosa che voglio è annoiare qualcuno con la mia scrittura. Quindi, che dire? Vi aspetto al prossimo capitolo e grazie a chi seguirà questa nuova creazione :D

Kisses,

Rory_Chan

 

  
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