HEARTBEAT
Thomas
sbatté la testa contro il muro, seguito
da una scarica di pugni.
‹‹Vaffanculo!››
imprecò. ‹‹Vaffanculo.
Dannazione.›› ripeté nuovamente.
Cominciò a fare avanti
e indietro per il piccolo ufficio – ormai non più
suo – torturandosi le mani,
tirandosi i capelli e maledicendosi in tutti i modi possibili.
Gettò la testa
all’indietro e si spalmò le mani sul viso.
‹‹Perché
cazzo l’ho
fatto dico io? Perché?››
continuò a camminare cercando di trovare una risposta
consona alla cazzata più colossale che avesse mai fatto in
vita sua. Si fermò
davanti la sua – ormai ex – scrivania con le mani
sui fianchi. A pensare che,
proprio su quella scrivania, quella stessa mattina, aveva commesso
l’errore che
gli era costato il posto di lavoro.
‹‹Ma
perché?›› ripeté
nuovamente, indicando la scrivania e spalmandosi nuovamente le mani sul
viso.
Scosse la testa e sospirò rumorosamente, poggiando le mani
su di essa voltando
il proprio sguardo a destra e a sinistra, annuendo di tanto in tanto
con
un’espressione affranta sul viso.
D’un
tratto, i suoi
pensieri vennero interrotti da qualcuno che bussò alla porta.
‹‹Avanti.››
ringhiò
poi, voltandosi verso la porta, poggiandosi leggermente sulla
scrivania. Le
mani incrociate al petto. Appena la porta si aprì, Thomas si
alzò rapidamente
mettendosi diritto. Il petto si gonfiò dalla rabbia. Era lui. Se avesse potuto, di sicuro
l’avrebbe incenerito con lo
sguardo.
‹‹Non
voglio vederti, Albert.
Sparisci dalla mia vista. Vai a fare in culo.››
indicò nuovamente la porta. Gli
occhi saettavano.
‹‹Signor
Sangster…mi…mi
dispiace…io…›› il ragazzo,
più giovane di qualche anno di Thomas, era il suo tuttofare, così come lo era di
altri due
dei suoi colleghi. Aveva il compito di portare il caffè, il
giornale e di
smistare la posta. Thomas, invece, faceva il fotografo presso un
importante
rivista di moda: la GQ; ed aveva perso il lavoro proprio a causa di
quel verme.
‹‹Non
voglio sentire
scuse da parte tua. Lo sai che adesso sono senza un lavoro? E indovina
un po’
di chi cazzo è la colpa? Dovevi proprio farti i cazzi miei
eh? Anzi, per colpa
tua due persone hanno perso il posto, oggi.››
Albert
restò zitto, con
il capo chino. Si stava torturando le dita.
‹‹Non
avevo altra
scelta. Mi avrebbero licenziato.››
A
quel punto Thomas
tirò un pugno sulla scrivania. Il tonfo rimbombò
per tutta la stanza, facendo
sobbalzare il ragazzo.
‹‹Dannazione!››
urlò di
nuovo. Obiettivamente, Albert aveva ragione. Lui non era in torto.
Aveva
semplicemente fatto ciò che il direttore gli aveva ordinato
di fare. Erano
diverse settimane che sospettava di lui e Victor – il suo
‘collega’ – era lui
ad aver giocato con il fuoco, e si sa, se non sai gestire un fuoco che
arde,
prima o poi ti bruci.
‹‹Sparisci,
Albert.
Tanto sarà l’ultima volta che ci vediamo. Sparisci
dalla mia vista.››
Albert
non se lo fece
ripetere due volte annuì e sparì
dall’ufficio del ragazzo chiudendosi dietro la
porta.
Thomas
sospirò
nuovamente. Ormai il danno era fatto. Si voltò nuovamente
verso la scrivania e,
questa volta, si accovacciò sedendosi sulle punte e
poggiando la fronte su di
essa. Sentì bussare.
‹‹Cosa
cazzo vuoi
ancora?››
‹‹Cosa
cazzo vuole
ancora…chi?››
Non
appena si accorse
che la persona appena entrata non era Albert, si girò di
scatto. Il direttore
della rivista era in piedi ed aspettava sull’uscio. Batteva
il piede destro per
terra ed aveva le braccia incrociate sul petto.
Un’espressione corrugata dalla
rabbia.
‹‹Voglio
il tuo ufficio
sgombro alle 18:00 in punto. Sono…››
guardò il suo Rolex da 30,000$
‹‹Ciò vuol
dire che hai a disposizione tre minuti esatti. Datti una mossa,
Sangster.››
Thomas
non rispose,
annuì restando in silenzio. Il capo uscì subito
dopo.
‹‹Questa
è la peggiore
serata della mia vita.››
*
Posò
la scatola piena
dei suoi effetti personali per terra e scavò fra la tasca
del suo giaccone.
Dopo qualche secondo uscì fuori un intero mazzo di chiavi.
Non gli ci volle
molto a trovare quella giusta. L’infilò nella
serratura e, non appena varcò la
soglia di casa, un enorme montagna di pelo gli corse incontro
gettandosi
addosso e facendolo cadere per terra.
‹‹Ehi
Aron, vacci
piano. Non sei più tanto piccolo.››
Aron
era un pastore
tedesco di quasi un anno. Lo aveva trovato legato ad un palo della luce
proprio
sotto il suo portone. Non aveva microchip, né collare. Lo
accolse in casa sua.
Nessuno lo venne a cercare.
‹‹Meno
male che ho te a
coccolarmi un po’. Oggi non è proprio una bella
serata.›› disse poi continuando
ad accarezzare la testa del cane. Lui prese a leccargli la faccia. Con
un po’
di fatica riuscì a toglierselo di dosso e a rimettersi in
piedi. Raccolse il
suo scatolone e tutto ciò che si era sparso per terra e lo
poggiò sul tavolo.
Il
suo appartamento non
era piccolo, ma nemmeno tanto grande. Appena si entrava,
c’era un ampio
ingresso-soggiorno con un divano a penisola posto in un angolo della
stanza; un
tavolino al centro di essa con alcune riviste poggiatevi sopra. Era ben
illuminata per via della grande porta finestra che dava sul balcone. Un
bagno,
una cabina ad armadio, la camera oscura per sviluppare le sue foto, la
camera
da letto e un’ampia cucina. Abitava al 15^ piano e da
lì, poteva vedere gran
parte del centro di Los Angeles. Molto spesso si affacciava ed ammirava
il suo
panorama. Per quanto caotica fosse quella città, aveva anche
il suo fascino.
Andò
in cucina ed aprì
il frigorifero. Stette a fissarlo qualche minuto. Guardò
l’orologio ed erano le
sette in punto. Il suo stomaco cominciò ad emettere dei
suoni strani. Aveva
fame. Thomas era vegetariano. Il suo frigo brulicava di frutta,
verdura, uova e
latticini. Nessun tipo di carne, o pesce.
Richiuse
lo sportello
senza prelevare niente dal suo interno. Aprì
un’anta del mobile della cucina e
prese del pane e il burro d’arachidi. Avrebbe mangiato solo
quello, non aveva
voglia di cucinare. Aprì il barattolo di burro
d’arachidi e ne prese un
abbondante cucchiaiata, spalmandola su una spessa fetta di pane.
Afferrò
l’altra e ripeté la stessa identica cosa. Aron era
lì a fissarlo mentre chiudeva
entrambe le fette. Si leccò i baffi e cominciò a
piagnucolare.
‹‹No,
Aron. Questa è la
mia cena. Non posso dartene metà come ogni volta. Va di
là a mangiare la tua
roba. Avanti, fila.›› agitò la mano
destra in direzione del lato opposto alla
stanza, indicando la ciotola del cane ma, ovviamente, Aron non si
mosse. Thomas
cercò di non guardarlo e proprio mentre stava per addentare
il suo primo morso,
venne sopraffatto dalla squillante musichetta del suo cellulare.
Sobbalzò dallo
spavento.
‹‹Porca
troia.››
imprecò, socchiudendo gli occhi e sbuffando.
Afferrò il cellulare dalla tasca e
rispose senza nemmeno guardare lo schermo.
‹‹Pronto?››
Ehi,
amico. Non ti sei più fatto sentire. Che è
successo?
‹‹Lascia
stare, Will.
Stendiamo un velo pietoso su questa bellissima giornata di
merda.›› posò il
sandwich e si spalmò una mano sul viso.
È
successo qualcosa a lavoro per caso?
‹‹Sono
stato
licenziato. Voglio evitare di dirti il motivo, altrimenti tu e Ki Hong
mi
prendereste per il culo per il resto della mia miserabile vita di
merda.››
Accidenti,
amico. Mi dispiace.
‹‹Sapessi
quanto
dispiace a me.›› Thomas stava fissando il suo
sandwich e di conseguenza il suo
cane. Spostò diverse volte lo sguardo su entrambi, fino a
quando non cedette.
Spezzò metà panino e lo diede. Aron, contento del
suo bottino, si allontanò dal
padrone e andò a gustarsi la sua parte nella cuccia.
Senti
Tommy, oggi io e Ki Hong dobbiamo andare a prenderci qualcosa da bere
al Viper Room. Sei dei nostri vero?
‹‹Will,
non te la
prendere, ma non sono molto in vena di festeggiamenti oggi. Preferisco
starmene
a casa sul divano a guardarmi le repliche di Grey’s Anatomy e
ad ingozzarmi di
gelato al cioccolato.››
Will
scoppiò in una
fragorosa risata. Fu talmente divertente tanto da contagiare anche
Thomas.
Amico,
se non ti conoscessi così bene, la berrei pure. Ma tu odi il
cioccolato e non hai mai visto Grey’s Anatomy in vita tua.
Quindi alza quel
culo sodo che ti ritrovi e vieni con noi. Passiamo a prenderti alle
dieci. Non
ammetto obiezioni.
Prima
che Thomas
potesse controbattere, Will terminò la chiamata.
Fissò lo schermo del cellulare
per pochi istanti, dopodiché sorrise e scosse la testa.
Aveva degli amici davvero
unici. Ki Hong e Will erano amici sin dalle elementari, avevano
frequentato
anche il liceo ed il college assieme. Non si erano mai persi di vista.
Era
davvero fortunato ad avere amici come loro. Non era mai solo.
‘Siamo
qui giù. Scendi.’
Thomas
visualizzò quasi
subito il messaggio di Ki Hong. Rispose con un rapido ‘Okay,
scendo!’. Afferrò
le chiavi dell’appartamento infilandosele nel giaccone,
salutò il proprio cane
con una strapazzata di orecchie, si palpò il sedere per
controllare se il portafoglio
ci fosse ed uscì di casa.
Il
Viper Room non
distava molto dall’appartamento di Thomas, circa quindici
minuti di macchina.
Ki Hong parcheggiò poco distante dal locale. La fila per
entrare era davvero
tanto lunga. Erano presenti circa un centinaio di persone, tutte
ammassate
davanti l’entrata principale del locale.
‹‹Ma
cosa ci fa tutta
questa gente al Viper?›› Will allungò
il collo per vedere la situazione.
‹‹Sicuramente
ci sarà
qualche evento e noi come al solito non sappiamo un bel
niente.›› disse Ki
Hong, cominciando ad avvicinarsi all’entrata sul retro. Il
direttore del Viper
era lo zio di Will. Non avevano problemi per entrare.
Appena
arrivarono
all’entrata sul retro, la loro attenzione venne catturata da
una locandina
posta al centro della porta. Raffigurava una band musicale, composta da
quattro
ragazzi uno più strambo dell’altro.
‹‹Ehi
ragazzi, guardate
qui.›› Ki Hong indicò la locandina e,
interessato, cominciò a leggervi ciò che
c’era scritto. ‹‹Heartbeat:
band locale
emergente di Los Angeles – Dylan O’Brien: cantante;
Tyler Posey: Basso; Luke
Hemmings: batteria; Patty Walters: chitarra – Viper Room 17
Marzo 2015.››
‹‹Ora
sappiamo il
motivo di tutta questa gente.›› disse Will
aprendo la porta sul retro. Thomas e
Ki Hong lo seguirono a ruota. Non appena entrarono, vennero invasi dal
frastuono della musica. Un gioco di colori tendenti al viola rendeva il
pub
ancora più bello. Era diverso dal solito. Avevano montato un
piccolo palco dove
si sarebbe esibita la band. Molta gente era già posizionata
davanti ad esso.
Ragazzi e ragazze strambi tanto quanto i componenti della band stessa.
Thomas
sorrise e scosse il capo accomodandosi assieme ai suoi amici in un
posto di
lato e quasi vicino al palco.
‹‹Allora,
Tommy…››
cominciò Ki Hong, sedendosi sullo sgabello. Thomas lo
troncò prima ancora di
concludere la domanda.
‹‹No,
Ki Hong, non
voglio parlare del mio licenziamento e no, non ti dirò il
motivo per il quale
io sono stato licenziato.››
Il
ragazzo rimase
scioccato. Lo conosceva fin troppo bene.
‹‹Mi
hai stroncato sul
nascere.›› scherzò poi, dando una
pacca amichevole a Thomas. Sorrise, mettendo
i gomiti sul tavolo e poggiando il mento sul dorso della mano. Volse lo
sguardo
verso il palco.
*
Dylan
era in ansia. Il
suo cuore batteva così forte che sembrava volesse uscire dal
petto. Cominciò a
torturarsi il piercing alla lingua e a giocare con il dilatatore
dell’orecchio
destro.
‹‹Oh
Cristo, Dyl. Vuoi
piantarla di agitarti in questo modo? Trasmetti ansia anche a
me.›› Tyler
sbuffò, sistemandosi la cinghia della chitarra sulla spalla
e cercò di
mantenere i nervi saldi anche lui. Luke era il più
tranquillo di tutti quanti.
‹‹Non
abbiamo mai fatto
un’esibizione senza Pat. È questo che mi
terrorizza.›› si alzò dalla sedia e
cominciò a girare intorno al backstage torturandosi le
unghie.
‹‹…dovevi
proprio
lasciarlo? Io voglio suonare il mio basso.››
disse poi Tyler toccando un tasto
dolente. Patty e Dylan avevano rotto poco più di due
settimane prima, dopo una
storia durata cinque lunghi anni. Dylan lo fulminò con gli
occhi.
‹‹Tu
cosa diamine avresti fatto se avessi
beccato la tua ragazza a fare un pompino ad uno sconosciuto in
discoteca?››
Tyler non rispose, storse le labbra e mugugnò qualcosa.
‹‹Ecco bravo. Balbetta
pure.››
‹‹Ragazzi,
andiamo in
scena fra quindici minuti. Possibile che dobbiamo necessariamente
litigare?››
intervenne Luke. Era il pacifista del gruppo, sotto alcuni aspetti. Si
avvicinò
a Dylan e gli avvolse un braccio attorno al collo, scompigliando ancora
di più
i capelli del ragazzo. Dylan cominciò a divincolarsi fino a
quando non invertì
la situazione. Iniziò a schiaffeggiare la testa
dell’amico e a strapazzargli i
capelli.
‹‹Smettila,
idiota o mi
toglierai tutto il gel.›› riuscì a
liberarsi dalla presa ferrea del suo amico.
Si guardarono tutti per qualche secondo dopodiché
scoppiarono a ridere.
‹‹Questo
è lo spirito
degli Heartbeat. Se Patty ha fatto
il
coglione ed ha deciso di andarsene, fatti suoi. Non ci occorre
necessariamente anche
la chitarra… e Tyler, puoi fare benissimo la seconda voce.
Non arrendiamoci
proprio ora che stiamo avendo quest’opportunità
così importante. Patty può
anche andare al diavolo.››
Luke
tese il braccio in
avanti e chiuse il pugno, guardando i suoi amici e compagni di band.
Dylan e
Tyler si sorrise e copiarono Luke.
‹‹Qual
è il nostro
motto?››
‹‹Divide et impera!››
urlarono all’unisono portando i pugni in alto.
‹‹Andiamo
a conquistare quel cazzo di palco, ragazzi.››
Dylan tirò un sospiro profondo e
sorrise. Avrebbero spaccato di brutto.
*
‹‹Ragazzi,
possiamo
ordinare anche qualcosa da mangiare? Io non ho mangiato assolutamente
nulla.››
Thomas si massaggiò lo stomaco ed afferrò il
menù. Non c’era un’ardua scelta.
Dovette accontentarsi di una tortilla al kebab. Da bere Thomas
ordinò una birra
alla spina, Will e Ki Hong una vodka liscia e anche loro le tortillas.
L’ordine
arrivò in poco
più di dieci minuti. Thomas addentò la tortilla
con foga, facendo fuoriuscire
la salsa greca e parte del kebab. Ki Hong e Will lo guardarono con aria
schifata.
‹‹Cofa fè? Ho fave. Il mio cave non mi fa
mangiafe›› Thomas aveva la
bocca piena e masticava come se non mangiasse da chissà
quanto tempo.
‹‹Amico,
certo che fai
proprio schifo…›› Ki Hong storse le
labbra e rabbrividì. Will lo imitò. Thomas
scrollò le spalle e riprese a mangiare come se non ci fosse
un domani.
Dopo
pochi minuti le
luci improvvisamente si abbassarono e la musica cessò. Sul
palco cominciarono a
salire delle persone e iniziarono a portare gli strumenti. Un notevole
gruppo
di persone cominciò ad avvicinarsi incuriosito.
‹‹Molto
probabilmente deve
iniziare a suonare la band.›› affermò
Will.
‹‹Sono
proprio curioso
di sentirli cantare.›› ammise Thomas. Erano
davvero strambi, ma essendo stato
anche lui in una band, in passato, ascoltare musica dal vivo era una
delle sue
più grandi passioni. Forse non sarebbe stato proprio il suo
genere, ma era pur
sempre musica.
Il
gioco di luci
cominciò a variare. Non erano più tendenti al
viola, ma cominciarono ad
alternarsi vari colori, rendendo il palco quasi spettacolare. Una
leggera
musica di sottofondo come intro.
‹‹Secondo
me sarà un
bello spettacolo.››
*
‹‹Merda,
merda, merda.
Mi sto divorando lo stomaco.›› il leader del
gruppo cominciò ad avere i crampi
allo stomaco. Sbirciò da dietro le quinte e notò
un gran numero di persone
concentrate vicino al palco. Era nascosto dietro una colonna di ferro.
‹‹Cazzo
ci saranno un duecento persone circa. Non abbiamo mai suonato per
così tanta
gente.››
‹‹Pensa
quando
suoneremo davanti migliaia di persone, Dyl.››
Luke stava pulendo con un panno
le sue bacchette e le fece girare sulle dita per scaldarsi un
po’. Tyler fece
qualche salto e sciolse la cervicale facendo dei movimenti rotatori del
collo.
Dylan invece era sempre più nervoso.
‹‹E
se mi dimenticassi
le parole? E se andassi a stonare qualche nota? E se cominciassero a
lanciarci
addosso delle roba? E se…››
‹‹…e
se ti stessi un
po’ zitto e muovessi quel culo per uscire? È ora,
Dyl. Dobbiamo andare.››
Sentirono
un certo
tizio fare una specie di presentazione, del tutto inappropriata. I tre
amici si
guardarono con un’aria stralunata come per dire:
‘ma questo che cazzo sta
dicendo?’ Dylan scrollò le spalle e, dopo che il
tizio pronunciò il nome della
band, fece un profondo respiro ed andò in scena.
*
Un
caloroso grido di
benvenuto accolse la band. Una ragazza, seduta al tavolo accanto a
quello di
Thomas, cacciò un urlo così forte tanto da
costringerlo a tapparsi le orecchie.
‹‹Ehi,
vacci piano. Mi
distruggi i timpani così.›› La ragazza
lo guardò inorridita e con un cenno
delle spalle gli chiese scusa.
Thomas
vide uscire tre
ragazzi: il primo si sistemò dietro la batteria, il secondo
si sistemò sulla
sinistra – Thomas riconobbe il basso – e il terzo
ed ultimo si sistemò al
centro.
‹‹Ma
non erano quattro?
Io ne conto tre.›› Puntualizzò Will,
contando i tre ragazzi.
‹‹Meno
male che ce
l’hai fatto notare, William, altrimenti non ce ne saremmo mai
accorti.››
ironizzò Ki Hong. Thomas rise sotto i baffi.
Afferrò il suo boccale di birra e
cominciò a berne qualche sorso.
*
Il
cuore di Dylan
batteva ancora più forte di quanto non avesse mai battuto
negli ultimi venti
minuti. Gli sembrava tutto così surreale. Non gli sembrava
vero. Sapeva di
avere un sorriso da ebete stampato sulle labbra, ma non
riuscì a trattenersi.
Aveva i suoi amici alle spalle e non poté vedere le loro
facce, ma sapeva
benissimo che l’espressione era tale e quale alla sua.
Felice. Afferrò l’asta
del microfono e si guardò un po’ intorno,
entusiasta del pubblico. Annuì
contento.
‹‹BUONASERA
VIPEEEER!››
urlò in segno di benvenuto. La folla esultò con
un grido in risposta.
‹‹Come
potete vedere
gli Heartbeat si son persi un
componente strada facendo, ma stiamo facendo di tutto per trovare un
nuovo
chitarrista. Spero ugualmente che le nostre canzoni vi piaceranno.
È la prima
volta che ci esibiamo davanti ad un pubblico così
numeroso.›› mentre parlava,
Dylan continuò a guardarsi attorno, scrutando fra il
pubblico. Erano quasi
tutti concentrati su di loro. Quasi.
Dopo
vari sguardi
fugaci, la sua attenzione venne letteralmente catturata da un ragazzo
seduto a
un tavolo piuttosto vicino al lato del palco. Trangugiava un boccale di
birra.
Era seduto con altri due. Una ragazza sfrenata al suo fianco
pensò che stesse
guardando lei e cominciò a sbracciarsi.
*
‹‹Oh
mio Dio! Mi sta
guardando, sta guardando proprio me!››
urlò la ragazza, sbracciandosi. Thomas
si scostò leggermente per evitare di ricevere una gomitata
nell’occhio.
Incuriosito, volse la propria attenzione al palco, e fu lì
che si accorse che
il cantante non stava guardando la ragazza accanto, ma proprio lui.
Distolse
rapidamente lo
sguardo, imbarazzato e riprese a bere la propria birra.
*
Dylan
sfoggiò un
sorriso meraviglioso. La ragazza continuava a dimenarsi e a
sbracciarci. Se
avesse continuato così, di sicuro Thomas si sarebbe
spostato.
‹‹FATE
CROLLARE QUESTO
POSTOOOOOO!›› un altro urlo da parte della folla.
Luke cominciò a battere i
primi colpi sul tamburo della batteria e Tyler i primi accordi di
basso. Dylan
si girò e guardò i suoi compagni.
Partì la loro prima cantone: If
you think this song is about you.
Dylan
intonò la prima
nota. La folla cominciò a scatenarsi già ai primi
accordi. Dylan era carico
come una molla. Cominciò a cantare con tutta la voce che
aveva in corpo. Luke e
Tyler sprigionavano energia. Si stavano appena scaldando.
So friends, you left me hanging in a room with a
noose and a chair.
You told me to stay put and reminded me why I was there.
Dylan si
muoveva come se quel palco fosse sempre stato suo. Acquistò
sicurezza e l’ansia
e la paura si tramutarono in adrenalina pura. Il pubblico era
straordinario.
Non avrebbe mai pensato che ci fosse tanto scalpore. Avevano fatto
diversi
eventi in piccoli locali di Los Angels, ma questo era sicuramente il
migliore
in assoluto.
Mentre
cantava,
continuava a guardare Thomas con insistenza, scatenando una reazione
sempre più
evidente della ragazza accanto a lui. Thomas era ancora distratto da
quella
dannata birra e parecchio infastidito da quella tipa.
*
‹‹Ehi
Tommy, sbaglio o
il cantante ti sta guardando?›› Gli fece notare
Will dandogli una gomitata.
‹‹Sì,
Will. Ho notato.
Questa scalmanata pensa che stia guardando lei.››
Thomas bevve un sorso di
birra e guardò il cantane di sfuggita, sorridendo beffardo.
‹‹Secondo
me gli piaci.››
si intromise Ki Hong, dandogli una pacca amichevole. Thomas a volte
dimenticava
di quanta forza potesse metterci l’amico, anche senza farlo
di proposito. Andò
leggermente in avanti, versandosi la restante birra sulla camicia.
Fortunatamente era poca.
‹‹Ma
porco diavolo, Ki
Hong.›› urlò Thomas, alzandosi di
scatto. La sua voce era ovattata e coperta
dal suono della canzone. Afferrò una grossa
quantità di fazzolettini e cercherò
di tamponare alla meno peggio.
‹‹Adesso
puzzerò di
birra.›› disse più a sé
stesso che ai suoi amici. Gettò il malloppo di fazzolettini
nel cestino e si sedette nuovamente. Questa volta però era
rivolto con lo
sguardo verso il palco. Accavallò le gambe ed
incrociò le braccia al petto.
‹‹Dai
Tommy, non l’ho
fatto di proposito.›› disse Ki Hong avvicinandosi
all’amico offeso. Thomas
tentò di trattenere una risata, ma senza buoni risultati.
Non riusciva proprio
ad essere arrabbiato con lui.
‹‹Comunque
sì ragazzi,
ho notato che continua a guardarmi. Ma non è il mio tipo.
Andiamo, è pieno di
tatuaggi e piercing.››
‹‹…e
cosa vuoi che
siano. È una cantante di una band
hard-rock.››
Thomas
scrollò le
spalle più volte. Non nascondeva il fatto che fosse davvero
un bel ragazzo, ma
non era affatto il genere di ragazzo con cui avrebbe parlato o passato
una
notte. O almeno, non ci aveva mai pensato.
*
La
seconda canzone finì
e Dylan annunciò che lui e la sua band avrebbero fatto una
piccola pausa. Andarono
nel backstage. Avevano ordinato da bere anche loro. Dylan si
scolò in un solo
sorso un Mojito. Luke e Tylar una Crest.
‹‹Dio,
mi si era seccata
la gola. Wow! Accidenti che bel pubblico, non
trovate?›› fece notare Dylan.
‹‹Sì,
mi piace e sono
davvero carichi.›› aggiunse Luke.
‹‹Esatto.
Così mi
piace. Ah, Dylan, la prossima canzone è l’ultima. No control.››
‹‹Io…avevo
pensato di
cantarne un’altra. Una che non suoniamo da un
pezzo.›› disse Dylan sedendosi
per terra. Poggiò la schiena contro una colonna di ferro e
cominciò a giocare
con il piercing alla lingua.
‹‹Ho
notato un ragazzo
tra il pubblico. Cazzo ragazzi, è un figo da paura. Stavo
pensando di cantare Heartbeat.››
‹‹COOOOSA?››
dissero
all’unisono Tyler e Luke. Non suonavano quella canzone dai
tempi del liceo.
‹‹Sbaglio
l’hai dedicata a Patty?››
‹‹Non
mi interessa. In
questo caso voglio che quel ragazzo capisca che sto cantando per
lui.››
Si
rimise in piedi e si
spolverò il sedere. Tyler e Luke continuarono a guardarsi in
cerca di risposte
o spiegazioni da parte del loro leader. Dylan mise le mani in avanti ed
attese
una loro reazione.
‹‹Allora?
Che cosa
aspettate? Tyler, ti ricordi la doppia voce che faceva
Pat?›› l’amico ci mise un
po’ a rispondere. Poi annuì senza dire nulla.
‹‹Bene, ti comporterai come hai
fatto fino ad ora. Stiamo spaccando ragazzi. Continuiamo
così.›› chiuse la mano
a pugno e tese il braccio in avanti in attesa che i suoi amici
facessero lo
stesso.
*
Durante
la pausa,
Thomas era andato in bagno per tentare di pulirsi quanto meglio poteva.
Ki Hong
andò con lui.
‹‹Amico,
davvero…il
cantante ti sta letteralmente mangiando con gli occhi. Ti rendi
conto?››
‹‹Sì,
Ki Hong, me ne
sono accorto.›› proseguì Thomas. Prese
una notevole quantità di carta
asciugamani e la bagnò con l’acqua.
L’avvicinò ai pantaloni e alla camicia.
‹‹Secondo
me dovresti
stare al suo gioco.››
Thomas
sbuffò e volse
la propria attenzione al ragazzo poggiato sullo stipite della porta del
bagno e
lo fissava.
‹‹Sei
venuto qui per
farmi da consigliere o per aiutarmi a pulire sta merda che mi hai
rovesciato
addosso? A proposito…puzzo di birra? Senti un
po’?››
Thomas si avvicinò all’amico e gli
fece
annusare gli abiti. Ki Hong storse il naso e capì che la
risposta era
affermativa.
‹‹…e
secondo te devo
stare con quest’odore addosso tutta la
sera?››
‹‹Siamo
in un pub,
Tommy. Tutti puzzano di birra.›› cercò
di sdrammatizzare il coreano. Thomas
fece un’espressione di disgusto.
‹‹Sì,
okay, ma io
sembro alcolizzato. Vabbè, fa
niente.››
Scrollò
le spalle e si
dette una rapida sistemata prima di tornare al proprio tavolo.
*
Dylan
spiò da dietro le
quinte del palco. I suoi amici si stavano sciogliendo i muscoli del
collo e
bevendo un altro drink. Vide Thomas nella stessa posizione di prima,
poggiato
al bancone del bar a chiedere qualche drink. Lo sguardo rivolto un
po’ verso il
palco, un po’ verso gli amici. Continuava a bere come se non
ci fosse un
domani.
‹‹Dyl,
dobbiamo
andare!›› Tyler gli mise una mano sulla spalla.
Dylan si girò verso di lui ed
annuì. Avevano già deciso insieme la canzone
finale.
‹‹Sicuro
quindi della
scelta della canzone?›› disse Luke facendo
ruotare le bacchette di legno. Dylan
non rispose. Annuì sicuro.
‹‹Spacchiamo
questo
palco, ragazzi.››
Non
appena uscirono,
vennero accolti calorosamente dalla folla. Erano estasiati. Non
avrebbero mai
pensato di riscuotere tanto successo. Dylan si avvicinò al
microfono e, prima
di parlare, attese che l’esultazione scemasse. Ci vollero
diversi minuti prima
che accadesse. Si strinse timidamente nelle spalle afferrando con
entrambe le
mani il microfono. Non sapeva ancora cosa dire.
‹‹Non
avete idea di
quanto ci abbiate reso felici oggi, con la vostra presenza. Non avremmo
mai
immaginato di riscuotere tutto questo successo. Siamo davvero
entusiasti che la
nostra musica vi piaccia. Purtroppo devo annunciarvi che questa,
sarà l’ultima
canzone della serata, ma non preoccupatevi perché, se
volete, potete tenervi
aggiornati visitando il nostro sito internet heartbeat.com.
Questa è una delle prime canzoni che scrivemmo, al
liceo. Io e il mio gruppo non la proviamo da diversi anni, ma voglio
cogliere
l’occasione di cantarla qui…con
voi.››
Dylan
staccò il
microfono dall’asta e, con un cenno del capo, Tyler e Luke
cominciarono con i
primi accordi.
This
is my heartbeat
song and I'm gonna play it
Been so long I forgot how to turn it up up up up all night long
Oh up up all night long
Dopo
le prime note, la musica vera e proprio
cominciò. Dylan si muoveva sicuro di sé sul
palco, indicando di tanto in tanto
qualcuno fra il pubblico, anche se il suo obiettivo, era bel altro.
Alla prima
strofa, l’attenzione di Dylan si focalizzò
esclusivamente su Thomas.
You, where the hell
did you come
from?
You were a different, different kind of fun
And still used to feel it now
Now, I got pins and needles on my tongue
Anticipating what's to come
Like a finger on a loaded gun
I can feel it rising
Temperature inside me
Haven't felt for a long time
Thomas notò
immediatamente lo sguardo su di sé. Dylan si accorse che uno
dei suoi amici,
gli dette una gomitata sul fianco. Sorrise inconsciamente. Doveva
continuare
così. Doveva capire che quella canzone era per lui. Per
attirare la sua
attenzione.
*
‹‹Amico,
non mi dire
che non ti sei accorto di nulla›› disse Ki Hong
facendogli notare in che modo
il ragazzo lo stesse guardando. Thomas fece finte di nulla.
‹‹Sì,
ma non mi interessa.
Non è affatto il mio tipo. Dio, te l’ho
già ripetuto un milione di volte.››
mentì Thomas. Obiettivamente, non era affatto il genere di
ragazzo che attirava
la sua attenzione, ma doveva ammettere che era davvero, davvero
attraente. Si
sarebbe ricreduto, forse? Ki Hong lo guardò da capo a piedi
con uno sguardo
sconcertato.
‹‹Secondo
me tu sei
un finto gay. Cioè Tommy, se io fossi gay, me lo farei senza
batter ciglia.›› A
quella esclamazione, sia Will che Thomas scoppiarono a ridere. Will si
mantenne
la pancia con le braccia, Thomas cercò di camuffare le
risate bevendo un po’
dell’altro boccale di birra che aveva ordinato.
‹‹In
tutti noi c’è un
lato gay.›› affermò poi Thomas,
poggiando il boccale sul tavolo ed incrociando
le gambe. Fece un’occhiataccia all’amico coreano.
‹‹Solo che non a tutti
prevale il lato etero.››
‹‹Cosa
c’è? Non c’è
nulla di male. A me piace, e secondo me anche a
te.››
‹‹Lo
dirò a tua
moglie, allora.›› scherzò Will.
‹‹Siete
proprio dei
deficienti.››
*
La canzone era quasi
giunta al termine. Dylan si avvicinò al microfono di Tyler
cantò l’ultima parte
assieme a lui, a due voci. La folla era in delirio. Non avrebbero mai e
poi mai
pensato che, quella canzone, avesse riscosso così tanto
successo; tra l’altro,
era ancora la canzone che rappresentava la loro band.
All’ultimo ritornello,
Dylan tornò a proprio posto ed iniziò a portare
le mani in alto. Luke e Tyler
fecero la stessa cosa e via via tutto il pubblico.
‹‹Su
le mani forza!››
This
is my heartbeat
song and I'm gonna play it
Been so long I forgot how to turn it up up up up all night long
Oh up up all night long
Staccò
il microfono dall’asta e, prima che
concludesse l’ultima frase del ritornello, dette
l’ennesima e fugace occhiata a
Thomas e, terminata la canzone, lo indicò e
strizzò l’occhio. Aveva gettato
l’esca, ora doveva soltanto attendere che abboccasse.
*
Thomas
si grattò il capo, imbarazzato e guardò
da un’altra parte. Cosa diavolo voleva da lui?
Inevitabilmente, Ki Hong
l’impiccione, non si fece scappare nulla. Rivolse lo sguardo
verso di lui e gli
fece un sorriso beffardo. Anche Will lo fece.
‹‹Qualcuno
stasera
tromba!›› scherzò Will, dando una
pacca complice a Ki Hong. Thomas roteò gli
occhi ed ordinò un’altra birra. A quante era
arrivato da quando era lì? Tre?
Quattro? Aveva perso il conto.
‹‹Smettetela
di fare
gli arrapati. Non ho sbatti di fare stronzate, questa sera. Ne ho
già fatte
abbastanza, oggi.››
‹‹Amico,
stai proprio
male, fattelo dire.››
‹‹Io
resto ancora un
po’. Se volete andare via, fate pure. Io prenderò
un taxi.›› guardò
l’orologio.
Era l’una di notte. Ki Hong e Will, l’indomani,
sarebbero dovuti andare a
lavorare, lui invece? Cosa avrebbe fatto domattina?
Entrambi chiesero se
fosse sicuro di restare ancora un po’. Thomas
annuì e, una volta salutati,
tornò alla sua birra. Stava davvero affogando i dispiaceri
nell’alcool? Il
problema, è che non era neppure ubriaco. Reggeva davvero
troppo l’alcool.
Girò e
rigirò il
boccale semi vuoto fra le mani, guardando il liquido restante.
Sospirò e
socchiuse gli occhi, ingurgitando l’ultimo sorso.
Poggiò il bicchiere vuoto sul
bancone e alzando per l’ennesima volta la mano,
ordinò ancora una volta.
‹‹Portamene
due.››
Improvvisamente,
qualcuno troppo vicino a lui,
comparve alle sue spalle e subito dopo si sedette al suo fianco. Thomas
restò a
bocca aperta e con aria interrogativa strizzò gli occhi. Era
il cantante della
band.
‹‹Non
ti dispiace,
vero?›› proseguì poi il ragazzo
tatuato, afferrando tra i denti la pallina di
metallo che adornava la sua lingua. Thomas rabbrividì al
solo pensiero di farsi
una cosa del genere.
‹‹A
dire la verità un
po’.›› rispose secco lui. Il ragazzo
accanto strappò una risata e poggiando
entrambe le braccia sul bancone, rivolse nuovamente lo sguardo verso
Thomas.
Il biondo
notò la
vastità di tatuaggi sulle sue braccia. Erano davvero tanti.
Ne aveva uno grande
anche sulla gola e uno piccolo dietro l’orecchio. Poteva
vedere attraverso i
lobi delle sue orecchie. Aveva dei dilatatori di 20mm, più o
meno, ma ciò che
fece più senso a Thomas, fu il septum al naso.
‹‹Sapessi
quanti
altri ne ho sotto i vestiti.››
ironizzò poi, spezzando il silenzio che era
calato fra i due.
‹‹Non
oso
immaginare…››
Nel frattempo, le due
birre brune erano arrivate.
‹‹Spero
ti sia
piaciuto il concerto.››
‹‹Suonate
bene. Ma
non sei per niente il mio tipo.›› Thomas
cercò di troncare lì il discorso. Non
aveva alcuna intenzione di fare conversazione con quello lì.
‹‹Ti
ho solo chiesto
se ti fosse piaciuto il concerto, non se ti piacessi io. Comunque, io
sono
Dylan.›› Dylan tese la mano destra in avanti e
con l’altra iniziò a sorseggiare
la birra. Thomas guardò prima la mano, poi lui, poi di nuovo
la mano. Notò la
scritta ‘FUCK’ sulle nocche. Ci pensò un
po’ su prima di stringerla, ma alla
fine lo fece.
‹‹Io
sono Thomas.››
Dylan sorrise. Thomas
notò un altro piercing. Lo smiley. Era posto sul frenulo
superiore delle
labbra. Gli fece ancora più impressione. Gli si
raggelò il sangue e rabbrividì.
‹‹Dio
mio, ti faccio
tanto schifo!›› ammise Dylan, sarcastico, ma pur
sempre un po’ dispiaciuto per
quella reazione da parte del ragazzo.
‹‹Non
è che mi fai
schifo. Sono cose che non concepisco. Cioè…io non
sono per niente d’accordo.››
‹‹Non
vuol dire che
tutti coloro che hanno piercing o tatuaggi siano teppisti o drogati.
Sai quanta
brava gente c’è in giro così conciata?
Semplicemente perché piace. Come me e i
miei amici, ad esempio.››
Dylan sorrise e fece
l’occhiolino al ragazzo, dandogli successivamente una pacca
sulla spalla.
Thomas ricambiò il sorriso, seppure in maniera piuttosto
impacciata. Quel
ragazzo, infondo, non era poi così male. Forse Ki Hong aveva
ragione.
‹‹Capisco.
Resta
comunque il fatto che non li farei mai.››
scherzò poi Thomas, finendo
finalmente il suo ultimo boccale di birra. Iniziò a sentirsi
leggermente
brillo, il che stava a significare che doveva fermarsi.
D’un tratto,
mentre
stava per alzarsi, si avvicinarono a Dylan gli altri due componenti del
gruppo.
Se non ricordava male, dovevano chiamarsi Tyler e Luke.
‹‹Ehi,
disturbiamo?››
Disse uno di loro,
sedendosi tra lui e Dylan.
‹‹Veramente
sì, Luke.
Stavo parlando con lui.›› Dylan indicò
con un cenno del capo il ragazzo e Luke
si girò lentamente verso Thomas. Divenne rosso in viso per
l’imbarazzo. Dylan
non aveva fatto altro che parlare di lui dietro il palco. Tyler,
rimasto dietro
il cantante, scoppiò a ridere, quanto a Luke, si
dileguò chiedendo scusa ad
entrambi. Si allontanarono dai due e si sedettero a qualche tavolo
più in là.
Dylan tornò
a
concentrarsi su Thomas e viceversa. Nessuno disse nulla per diversi
secondi.
Restarono a guardarsi. Dylan lo desiderava, lo desiderava veramente
tanto. Si
morse inconsapevolmente il labbro inferiore e posò il suo
sguardo sulle labbra
di Thomas.
‹‹Ehi,
guarda che non
mi devi scopare con gli occhi.››
cominciò Thomas, dando un pugno sulla spalla
del ragazzo. Lui rinvenne, distogliendosi dai propri sporchi pensieri.
‹‹Non è
proprio serata, amico. Forse è la peggiore che abbia mai
passato in tutta la
mia vita.››
Dylan non sapeva se
domandargli cosa fosse successo, oppure no. Non voleva sembrare
impertinente o
invadente. Dopotutto, erano appena dieci minuti che stavano parlando;
ma Thomas
fece tutto da sé.
‹‹Ho
perso il lavoro
per una cazzata colossale.›› proseguì
poi, girandosi fra le dita il bicchiere
ormai vuoto. Dylan annuì ed attese che Thomas proseguisse
con il suo racconto.
‹‹Quindi,
non ho
nessuna intenzione di scopare con uno sconosciuto. Di cazzate ne ho
fatte
certamente e guarda, sono anche piuttosto sfacciato. Se ci fossimo
trovati in
un’altra situazione, forse un pensiero l’avrei
fatto su di te, sebbene tu non
sia il mio tipo. Ma sei carino, e sembra che tu ci sappia fare
parecchio.››
In quel momento Dylan
cominciò a sentire caldo dappertutto. Deglutì
rumorosamente, ma grazie alla
confusione e al frastuono della musica, Thomas non lo sentì.
Restò a fissarlo
qualche secondo, prima di rispondere. Non si sarebbe mai aspettato una
sfacciataggine tale da un ragazzo così.
‹‹Spero
di non averti
turbato ma, come hai detto tu, le apparenze
ingannano.›› si girò nuovamente
verso di lui e sorrise, facendogli l’occhiolino. Dylan
ricambiò il sorriso e
poggiò la mano sul ginocchio del ragazzo. Thomas non si
spostò. Resse il suo
sguardo.
‹‹Mi
hai sorpreso,
più che turbato. È da quando è
iniziato lo show che non ti ho tolto gli occhi
di dosso.›› Dylan avvicinò un
po’ di più lo sgabello verso Thomas.
‹‹Se vuoi,
possiamo far diventare la notte peggiore della tua vita, in una delle
migliori
di sempre.›› continuò poi,
maliziosamente. Thomas ghignò e con nonchalance,
tolse la mano dal proprio ginocchio.
‹‹…e
cosa ti fa
pensare che io voglia fare qualcosa con te? Ti ho appena detto che non
sei il
mio tipo.››
‹‹Si,
ma hai appena
detto che sembro uno che ci sa fare parecchio. Fidati. Non rimarrai
deluso.››
disse quella frase con un tono sarcastico e al contempo, malizioso.
Thomas
sorrise e abbassò il capo.
‹‹Mi
fa piacere.››
aggiunse poi, riportando la sua attenzione al ragazzo.
‹‹Quindi,
cosa hai
deciso? Vuoi dimenticarti il problema per cui tu sia stato licenziato,
oppure
vuoi continuare a parlare senza concludere
nulla?›› Dylan sogghignò e si morse
nuovamente il labbro inferiore. Aveva dei modi di fare piuttosto
eccitanti,
pensò Thomas. Non era mai stato con un tipo così.
Gli aveva sempre evitati, ma
Dylan… Cazzo, lui gli faceva venire i brividi persino dietro
le orecchie.
‹‹Hai
la macchina? Io
sono in taxi.››
Dylan
imprecò. Non
aveva la macchina, o meglio, non la sua. Quella di Tyler. Non si fece
prendere
dal panico. Sorrise in maniera beffarda.
‹‹Torno
subito.››
Si alzò
velocemente
dallo sgabello e si allontanò da lui. Thomas sorrise e
scosse il capo,
continuando a giocherellare con il bicchiere vuoto. Le avventure gli
erano
sempre piaciute.
*
Dylan corse per i
tavoli in cerca dei suoi amici. Dopo pochi istanti li trovò
seduti a
chiacchierare con due ragazzi.
‹‹Dammi
immediatamente le chiavi della tua auto. Senza
domande.›› batté le mani sul
tavolo, facendo sobbalzare tutti. Tyler lo fissò con aria
terrorizzata ed
interrogativa.
‹‹C-cosa
vuoi?››
‹‹Tyler,
le chiavi
dell’auto. Ora.›› porse la mano destra
con il palmo rivolto verso l’alto, in
direzione del suo amico. Luke gli diede una gomitata e gli fece
l’occhiolino.
Tyler capì.
‹‹Ma
perché proprio
la mia auto, Dyl.›› sbuffò Tyler, ma
Dylan non demorse. Restò con la mano tesa
verso l’amico fin quando non gli porse le chiavi.
‹‹Prometto
che
cercherò di non demolire la tua amata
gip.›› aggiunse poi, svanendo nel nulla.
Non diede nemmeno il tempo a Tyler di rispondere. I due amici si
guardarono.
‹‹Cos’è
che cercherà
di non demolire?››
Luke scosse le spalle
e riprese a mangiare i suoi salatini.
*
Dylan sperò
che
Thomas non se ne fosse andato e, per fortuna, era ancora li.
‹‹Ecco
le chiavi.››
disse poi, tenendole con il pollice e l’indice per mostrarle
al ragazzo. Thomas
mostrò il pollice in segno di consenso e si alzò.
‹‹Bene,
ti seguo.›› si
stirò le pieghe dei pantaloni sulle cosce e mise le braccia
sui fianchi,
attendendo una riposta da parte di Dylan. Quest’ultimo
restò in silenzio per
pochi secondi. Continuava a guardarlo dalla testa ai piedi.
‹‹Perché
continui a
mangiarmi con gli occhi? Insomma, ne avrai avuti di ragazzi. Dubito
fortemente
che siano stati tutti così come me.››
Dylan, dopo
quell’esternazione, scoppiò a ridere e dette una
pacca sulla spalla del
ragazzo.
‹‹Mio
caro Thomas,
come ti ho detto prima, non tutti i tipi tatuati sono uguali. Io non
sono uno
di quelli. Ho avuto solo due storie serie in tutta la mia vita. Una dai
quindici
ai diciotto anni, e l’ultima dai diciannove ai ventiquattro.
Si è conclusa da
poco. Quindi, come vedi…››
lasciò la frase in sospeso. Thomas scosse la testa
e, inaspettatamente, scattò in avanti verso Dylan e,
afferrandolo dal collo, lo
baciò con forza. Il cantante rimase sconcertato. I suoi
occhi erano spalancati.
Il cuore perse un battito e lo stomaco si contorse.
‹‹Portami
in
macchina. Ora.›› sussurrò il ragazzo
afferrando un lembo della t-shirt di
Dylan. Lui deglutì di nuovo. Il cavallo dei pantaloni
cominciò a calzargli
stretto. Thomas abbassò lo sguardo e notò il
rigonfiamento. Sorrise
compiaciuto.
‹‹Sai
cos’è una
groupie?››
Dylan annuì
e
sorrise.
‹‹Vuoi
essere la mia
groupie?›› continuò poi, mordendosi le
labbra. Thomas lo squadrò da capo e piedi
e, senza che nessuno se ne accorgesse, gli posò una mano
proprio là dove Dylan
divenne alquanto sensibile.
‹‹Sarò
più di una
groupie, mio caro.›› Gli afferrò la
mano e lo condusse fuori dal locale.
Dylan si
guardò
attorno per qualche minuto. Poi ricordò che Tyler aveva
parcheggiato la
macchina a qualche isolato da lì. Iniziò a
camminare a passo svelto,
trascinandosi dietro la sua conquista. Qualche minuto dopo, si
ritrovarono
davanti la gip.
Erano circa le due e
mezza di notte. Per strada non c’era nessuno.
L’auto era anche parcheggiata in
una via poco illuminata e distante dalla strada. Non occorreva nemmeno
spostarsi. Dylan aprì l’auto ed entrò
sul retro, seguito da Thomas. Si chiusero
dentro. Nessuno dei due perse molto tempo. Questa volta fu Dylan a
saltargli
letteralmente addosso, costringendolo a stendersi sui sedili
posteriori. Dylan
finì per trovarsi tra le gambe del ragazzo.
Iniziò a baciarlo con forza e
decisione, a mordergli ed a lambire ogni centimetro della sottile pelle
del
collo.
Thomas
inarcò la
schiena ed emise un leggero sussulto. Tremò sotto il peso
del ragazzo.
‹‹Qualcosa
non va? Ti
faccio male?›› disse improvvisamente Dylan,
puntando le braccia con i sedili
dimodoché non fosse più disteso su di lui. Non
tenne molto quella posizione
perché Thomas lo afferrò con forza per la
maglietta e lo strattonò nuovamente a
sé.
‹‹Nessuno
ha detto
questo. Adesso continua a baciarmi.›› Dylan
sorrise e riprese a farlo.
‹‹Dimmi
cosa ti piace
fare…››
‹‹Tutto.››
aggiunse
poi Thomas e Dylan ebbe come una vibrazione che gli partì
dalla schiena fino a
raggiungere il basso ventre. Cominciò a cercare il contatto
contro di lui per
poter trovare sollievo. La situazione cominciò a riscaldarsi
sempre di più. I
vetri presero ad appannarsi e, involontariamente, la mano di Dylan si
andò a
posare proprio sul finestrino, lasciando un’impronta netta.
‹‹Ce
l’hai?›› disse
Thomas fra un sospiro e l’altro.
‹‹C’ho
cosa?››
continuò Dylan.
‹‹Il
preservativo,
idiota. Ce l’hai?››
‹‹Non
ho nessuna
malattia. Sono sano come un pesce. Deduco quindi che tu…sia
un passivo…non me
l’avresti chiesto, altrimenti.
Immaginavo…›› ansimò poi
tra un bacio e l’altro.
D’un tratto
però,
Thomas si bloccò.
‹‹Non
dirmi che per
te è un problema…›› gli
occhi di Dylan si spalancarono e il suo cuore stava
esplodendo. Se si fosse lasciato scappare quell’occasione per
uno stupido
preservativo, si sarebbe fatto castrare. Ci furono diversi secondi di
silenzio
assoluto, ma poi Thomas sogghignò e lo tirò
nuovamente a sé.
‹‹No
che non lo è.››
Dylan si
accasciò su
di lui. Aveva il fiatone. Fuori dall’auto non si vedeva nulla
per quanta
condensa si fosse formata all’interno. Il suo cellulare
squillò diverse volte e
dedusse fosse Tyler. Non rispose, ovviamente.
Baciò la
fronte
sudata del ragazzo e gli scostò delle ciocche appiccicatevi
per via del sudore.
Thomas sorrise.
‹‹Non
dovresti
rispondere al tuo amico, ora?››
‹‹Tyler
e Luke
possono anche aspettare tutta la notte fuori.››
‹‹L’auto
non è la
tua, Dyl.››
‹‹E
che importa…ci
sto io, adesso. Sapessi quante volte gli ho prestato la
mia.››
Entrambi scoppiarono
a ridere e, inevitabilmente, dopo pochi secondi, squillò il
cellulare. Rispose
al secondo squillo.
‹‹Ehi!››
‘Ehi
un paio di palle, Dyl. Quando cazzo ti decidi ad
uscire dall’auto. Siamo qui fuori da non so quanto.’
‹‹Datti
una calmata,
Tyler. Il tempo di vestirci.››
‘Sei
disgustoso!’
‹‹Dobbiamo
accompagnare Thomas a casa.››
‘E
chi è Thomas?’
Un
anno dopo.
‹‹Me
la sto facendo
sotto. Me la sto facendo sotto. Me la sto facendo sotto,
cazzo!›› Tyler si
poggiò contro il muro e batté leggermente la
testa. Luke prese a girare intorno
alla stanza del backstage e a giocare con le bacchette della batteria.
Dylan invece
era seduto sulla poltrona a gambe divaricate. Le gambe gli tremavano e
prese a
divorarsi le unghie.
‹‹Dio
non riesco a
calmarmi. Dove diavolo è quella testa di cazzo del mio
ragazzo!›› sbottò poi
Dylan, alzandosi di scatto dalla sedia. Iniziò a copiare
Luke.
‹‹Hai
bisogno di una
scopata prima di andare in scena?››
scherzò Tyler, rompendo la tensione che
c’era. Luke e Dylan si bloccarono e fissarono
l’amico. Entrambi scoppiarono a
ridere.
‹‹Magari
me ne
bastasse solo una, Tyler. Abbiamo già dato abbondantemente,
qualche ora fa. Ha
solo detto che doveva andare a controllare delle pratiche delle
fatture, non ho
capito bene cosa. Poi boh, lui è il commercialista, io non
capisco nulla di
conti. So solo che se non è qui entro dieci secondi, credo
di avere un attacco
di panico.››
‹‹Non
c’è bisogno.››
I tre si girarono
verso la porta e, fortunatamente, videro Thomas con quattro lattine di
RedBull
ghiacciate.
‹‹Dio,
Tommy, ti
amo.›› si diresse verso il fidanzato e,
afferrandogli il viso con entrambe le
mani, lo baciò. ‹‹Sei il nostro
angelo.››
‹‹Sì,
sì, certo. Non
fate i ruffiani adesso.››
Ci fu un momento di
pausa. I tre ragazzi presero la loro bibita e la bevvero tutta
d’un fiato.
Anche Thomas lo fece, ma con più calma.
‹‹Non
per mettervi
ansia, ma c’è il bordello lì fuori.
È sold-out, ragazzi. Abbiamo venduto circa
quindicimila biglietti.››
Dylan
deglutì a
fatica l’ultimo sorso di RedBull e sospirò
rumorosamente.
‹‹Non
credo di
farcela, Tommy. È così diverso, ora. Ricordo la
prima volta che suonammo dal
vivo. Il giorno in cui ci siamo conosciuti. Cioè, erano un
centinaio di
persone…ora ce ne sono quindicimila.››
Si accasciò
nuovamente sulla poltrona di pelle nera e trascinò Thomas
con sé. Il ragazzo si
sedette sopra le sue ginocchia e lo baciò dolcemente.
‹‹Siete
dei grandi, Heartbeat. Sono il
vostro ammiratore
numero uno.››
scherzò Thomas, tirando
un pugno sulla spalla del ragazzo.
‹‹Emh…piccioncini?
Non vorrei disturbarvi ma…dobbiamo entrare in
scena.›› Dylan annuì e prendendo
un ultimo grande respiro, fece alzare Thomas, lo baciò di
nuovo e si diresse
verso i compagni. Erano finalmente pronti per il loro primo vero
concerto a New
York. La prima di una lunga serie di date del loro tour mondiale.
-
Fine -