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Autore: Bill Kaulitz    07/04/2016    0 recensioni
‹‹Non per mettervi ansia, ma c’è il bordello lì fuori. È sold-out, ragazzi. Abbiamo venduto circa quindicimila biglietti.››
Dylan deglutì a fatica l’ultimo sorso di RedBull e sospirò rumorosamente.
‹‹Non credo di farcela, Tommy. È così diverso, ora. Ricordo la prima volta che suonammo dal vivo. Il giorno in cui ci siamo conosciuti. Cioè, erano un centinaio di persone…ora ce ne sono quindicimila.››
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gally, Minho, Newt/Thomas, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
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AVVISO: i personaggi della storia NON avranno i nomi dei personaggi dei libri/film bensì i loro nomi reali. Non trovado la coppia Dylmas/Newtmas ho pensato di postare la Dylmas in questa sezione, sperando sia corretta.

HEARTBEAT

Thomas sbatté la testa contro il muro, seguito da una scarica di pugni. 

‹‹Vaffanculo!›› imprecò. ‹‹Vaffanculo. Dannazione.›› ripeté nuovamente. Cominciò a fare avanti e indietro per il piccolo ufficio – ormai non più suo – torturandosi le mani, tirandosi i capelli e maledicendosi in tutti i modi possibili. Gettò la testa all’indietro e si spalmò le mani sul viso.

‹‹Perché cazzo l’ho fatto dico io? Perché?›› continuò a camminare cercando di trovare una risposta consona alla cazzata più colossale che avesse mai fatto in vita sua. Si fermò davanti la sua – ormai ex – scrivania con le mani sui fianchi. A pensare che, proprio su quella scrivania, quella stessa mattina, aveva commesso l’errore che gli era costato il posto di lavoro.

‹‹Ma perché?›› ripeté nuovamente, indicando la scrivania e spalmandosi nuovamente le mani sul viso. Scosse la testa e sospirò rumorosamente, poggiando le mani su di essa voltando il proprio sguardo a destra e a sinistra, annuendo di tanto in tanto con un’espressione affranta sul viso.

D’un tratto, i suoi pensieri vennero interrotti da qualcuno che bussò alla porta.

‹‹Avanti.›› ringhiò poi, voltandosi verso la porta, poggiandosi leggermente sulla scrivania. Le mani incrociate al petto. Appena la porta si aprì, Thomas si alzò rapidamente mettendosi diritto. Il petto si gonfiò dalla rabbia. Era lui. Se avesse potuto, di sicuro l’avrebbe incenerito con lo sguardo.

‹‹Non voglio vederti, Albert. Sparisci dalla mia vista. Vai a fare in culo.›› indicò nuovamente la porta. Gli occhi saettavano.

‹‹Signor Sangster…mi…mi dispiace…io…›› il ragazzo, più giovane di qualche anno di Thomas, era il suo tuttofare, così come lo era di altri due dei suoi colleghi. Aveva il compito di portare il caffè, il giornale e di smistare la posta. Thomas, invece, faceva il fotografo presso un importante rivista di moda: la GQ; ed aveva perso il lavoro proprio a causa di quel verme.

‹‹Non voglio sentire scuse da parte tua. Lo sai che adesso sono senza un lavoro? E indovina un po’ di chi cazzo è la colpa? Dovevi proprio farti i cazzi miei eh? Anzi, per colpa tua due persone hanno perso il posto, oggi.››

Albert restò zitto, con il capo chino. Si stava torturando le dita.

‹‹Non avevo altra scelta. Mi avrebbero licenziato.››

A quel punto Thomas tirò un pugno sulla scrivania. Il tonfo rimbombò per tutta la stanza, facendo sobbalzare il ragazzo.

‹‹Dannazione!›› urlò di nuovo. Obiettivamente, Albert aveva ragione. Lui non era in torto. Aveva semplicemente fatto ciò che il direttore gli aveva ordinato di fare. Erano diverse settimane che sospettava di lui e Victor – il suo ‘collega’ – era lui ad aver giocato con il fuoco, e si sa, se non sai gestire un fuoco che arde, prima o poi ti bruci.

‹‹Sparisci, Albert. Tanto sarà l’ultima volta che ci vediamo. Sparisci dalla mia vista.››

Albert non se lo fece ripetere due volte annuì e sparì dall’ufficio del ragazzo chiudendosi dietro la porta.

Thomas sospirò nuovamente. Ormai il danno era fatto. Si voltò nuovamente verso la scrivania e, questa volta, si accovacciò sedendosi sulle punte e poggiando la fronte su di essa. Sentì bussare.

‹‹Cosa cazzo vuoi ancora?››

‹‹Cosa cazzo vuole ancora…chi?››

Non appena si accorse che la persona appena entrata non era Albert, si girò di scatto. Il direttore della rivista era in piedi ed aspettava sull’uscio. Batteva il piede destro per terra ed aveva le braccia incrociate sul petto. Un’espressione corrugata dalla rabbia.

‹‹Voglio il tuo ufficio sgombro alle 18:00 in punto. Sono…›› guardò il suo Rolex da 30,000$ ‹‹Ciò vuol dire che hai a disposizione tre minuti esatti. Datti una mossa, Sangster.››

Thomas non rispose, annuì restando in silenzio. Il capo uscì subito dopo.

‹‹Questa è la peggiore serata della mia vita.››

*

Posò la scatola piena dei suoi effetti personali per terra e scavò fra la tasca del suo giaccone. Dopo qualche secondo uscì fuori un intero mazzo di chiavi. Non gli ci volle molto a trovare quella giusta. L’infilò nella serratura e, non appena varcò la soglia di casa, un enorme montagna di pelo gli corse incontro gettandosi addosso e facendolo cadere per terra.

‹‹Ehi Aron, vacci piano. Non sei più tanto piccolo.››

Aron era un pastore tedesco di quasi un anno. Lo aveva trovato legato ad un palo della luce proprio sotto il suo portone. Non aveva microchip, né collare. Lo accolse in casa sua. Nessuno lo venne a cercare.

‹‹Meno male che ho te a coccolarmi un po’. Oggi non è proprio una bella serata.›› disse poi continuando ad accarezzare la testa del cane. Lui prese a leccargli la faccia. Con un po’ di fatica riuscì a toglierselo di dosso e a rimettersi in piedi. Raccolse il suo scatolone e tutto ciò che si era sparso per terra e lo poggiò sul tavolo.

Il suo appartamento non era piccolo, ma nemmeno tanto grande. Appena si entrava, c’era un ampio ingresso-soggiorno con un divano a penisola posto in un angolo della stanza; un tavolino al centro di essa con alcune riviste poggiatevi sopra. Era ben illuminata per via della grande porta finestra che dava sul balcone. Un bagno, una cabina ad armadio, la camera oscura per sviluppare le sue foto, la camera da letto e un’ampia cucina. Abitava al 15^ piano e da lì, poteva vedere gran parte del centro di Los Angeles. Molto spesso si affacciava ed ammirava il suo panorama. Per quanto caotica fosse quella città, aveva anche il suo fascino.

Andò in cucina ed aprì il frigorifero. Stette a fissarlo qualche minuto. Guardò l’orologio ed erano le sette in punto. Il suo stomaco cominciò ad emettere dei suoni strani. Aveva fame. Thomas era vegetariano. Il suo frigo brulicava di frutta, verdura, uova e latticini. Nessun tipo di carne, o pesce.

Richiuse lo sportello senza prelevare niente dal suo interno. Aprì un’anta del mobile della cucina e prese del pane e il burro d’arachidi. Avrebbe mangiato solo quello, non aveva voglia di cucinare. Aprì il barattolo di burro d’arachidi e ne prese un abbondante cucchiaiata, spalmandola su una spessa fetta di pane. Afferrò l’altra e ripeté la stessa identica cosa. Aron era lì a fissarlo mentre chiudeva entrambe le fette. Si leccò i baffi e cominciò a piagnucolare.

‹‹No, Aron. Questa è la mia cena. Non posso dartene metà come ogni volta. Va di là a mangiare la tua roba. Avanti, fila.›› agitò la mano destra in direzione del lato opposto alla stanza, indicando la ciotola del cane ma, ovviamente, Aron non si mosse. Thomas cercò di non guardarlo e proprio mentre stava per addentare il suo primo morso, venne sopraffatto dalla squillante musichetta del suo cellulare. Sobbalzò dallo spavento.

‹‹Porca troia.›› imprecò, socchiudendo gli occhi e sbuffando. Afferrò il cellulare dalla tasca e rispose senza nemmeno guardare lo schermo.

‹‹Pronto?››

Ehi, amico. Non ti sei più fatto sentire. Che è successo?

‹‹Lascia stare, Will. Stendiamo un velo pietoso su questa bellissima giornata di merda.›› posò il sandwich e si spalmò una mano sul viso.

È successo qualcosa a lavoro per caso?

‹‹Sono stato licenziato. Voglio evitare di dirti il motivo, altrimenti tu e Ki Hong mi prendereste per il culo per il resto della mia miserabile vita di merda.››

Accidenti, amico. Mi dispiace.

‹‹Sapessi quanto dispiace a me.›› Thomas stava fissando il suo sandwich e di conseguenza il suo cane. Spostò diverse volte lo sguardo su entrambi, fino a quando non cedette. Spezzò metà panino e lo diede. Aron, contento del suo bottino, si allontanò dal padrone e andò a gustarsi la sua parte nella cuccia.

Senti Tommy, oggi io e Ki Hong dobbiamo andare a prenderci qualcosa da bere al Viper Room. Sei dei nostri vero?

‹‹Will, non te la prendere, ma non sono molto in vena di festeggiamenti oggi. Preferisco starmene a casa sul divano a guardarmi le repliche di Grey’s Anatomy e ad ingozzarmi di gelato al cioccolato.››

Will scoppiò in una fragorosa risata. Fu talmente divertente tanto da contagiare anche Thomas.

Amico, se non ti conoscessi così bene, la berrei pure. Ma tu odi il cioccolato e non hai mai visto Grey’s Anatomy in vita tua. Quindi alza quel culo sodo che ti ritrovi e vieni con noi. Passiamo a prenderti alle dieci. Non ammetto obiezioni.

Prima che Thomas potesse controbattere, Will terminò la chiamata. Fissò lo schermo del cellulare per pochi istanti, dopodiché sorrise e scosse la testa. Aveva degli amici davvero unici. Ki Hong e Will erano amici sin dalle elementari, avevano frequentato anche il liceo ed il college assieme. Non si erano mai persi di vista. Era davvero fortunato ad avere amici come loro. Non era mai solo.

 

‘Siamo qui giù. Scendi.’

Thomas visualizzò quasi subito il messaggio di Ki Hong. Rispose con un rapido ‘Okay, scendo!’. Afferrò le chiavi dell’appartamento infilandosele nel giaccone, salutò il proprio cane con una strapazzata di orecchie, si palpò il sedere per controllare se il portafoglio ci fosse ed uscì di casa.

 

Il Viper Room non distava molto dall’appartamento di Thomas, circa quindici minuti di macchina. Ki Hong parcheggiò poco distante dal locale. La fila per entrare era davvero tanto lunga. Erano presenti circa un centinaio di persone, tutte ammassate davanti l’entrata principale del locale.

‹‹Ma cosa ci fa tutta questa gente al Viper?›› Will allungò il collo per vedere la situazione.

‹‹Sicuramente ci sarà qualche evento e noi come al solito non sappiamo un bel niente.›› disse Ki Hong, cominciando ad avvicinarsi all’entrata sul retro. Il direttore del Viper era lo zio di Will. Non avevano problemi per entrare.

Appena arrivarono all’entrata sul retro, la loro attenzione venne catturata da una locandina posta al centro della porta. Raffigurava una band musicale, composta da quattro ragazzi uno più strambo dell’altro.

‹‹Ehi ragazzi, guardate qui.›› Ki Hong indicò la locandina e, interessato, cominciò a leggervi ciò che c’era scritto. ‹‹Heartbeat: band locale emergente di Los Angeles – Dylan O’Brien: cantante; Tyler Posey: Basso; Luke Hemmings: batteria; Patty Walters: chitarra – Viper Room 17 Marzo 2015.››

‹‹Ora sappiamo il motivo di tutta questa gente.›› disse Will aprendo la porta sul retro. Thomas e Ki Hong lo seguirono a ruota. Non appena entrarono, vennero invasi dal frastuono della musica. Un gioco di colori tendenti al viola rendeva il pub ancora più bello. Era diverso dal solito. Avevano montato un piccolo palco dove si sarebbe esibita la band. Molta gente era già posizionata davanti ad esso. Ragazzi e ragazze strambi tanto quanto i componenti della band stessa. Thomas sorrise e scosse il capo accomodandosi assieme ai suoi amici in un posto di lato e quasi vicino al palco.

‹‹Allora, Tommy…›› cominciò Ki Hong, sedendosi sullo sgabello. Thomas lo troncò prima ancora di concludere la domanda.

‹‹No, Ki Hong, non voglio parlare del mio licenziamento e no, non ti dirò il motivo per il quale io sono stato licenziato.››

Il ragazzo rimase scioccato. Lo conosceva fin troppo bene.

‹‹Mi hai stroncato sul nascere.›› scherzò poi, dando una pacca amichevole a Thomas. Sorrise, mettendo i gomiti sul tavolo e poggiando il mento sul dorso della mano. Volse lo sguardo verso il palco.

*

Dylan era in ansia. Il suo cuore batteva così forte che sembrava volesse uscire dal petto. Cominciò a torturarsi il piercing alla lingua e a giocare con il dilatatore dell’orecchio destro.

‹‹Oh Cristo, Dyl. Vuoi piantarla di agitarti in questo modo? Trasmetti ansia anche a me.›› Tyler sbuffò, sistemandosi la cinghia della chitarra sulla spalla e cercò di mantenere i nervi saldi anche lui. Luke era il più tranquillo di tutti quanti.

‹‹Non abbiamo mai fatto un’esibizione senza Pat. È questo che mi terrorizza.›› si alzò dalla sedia e cominciò a girare intorno al backstage torturandosi le unghie.

‹‹…dovevi proprio lasciarlo? Io voglio suonare il mio basso.›› disse poi Tyler toccando un tasto dolente. Patty e Dylan avevano rotto poco più di due settimane prima, dopo una storia durata cinque lunghi anni. Dylan lo fulminò con gli occhi.

 ‹‹Tu cosa diamine avresti fatto se avessi beccato la tua ragazza a fare un pompino ad uno sconosciuto in discoteca?›› Tyler non rispose, storse le labbra e mugugnò qualcosa. ‹‹Ecco bravo. Balbetta pure.››

‹‹Ragazzi, andiamo in scena fra quindici minuti. Possibile che dobbiamo necessariamente litigare?›› intervenne Luke. Era il pacifista del gruppo, sotto alcuni aspetti. Si avvicinò a Dylan e gli avvolse un braccio attorno al collo, scompigliando ancora di più i capelli del ragazzo. Dylan cominciò a divincolarsi fino a quando non invertì la situazione. Iniziò a schiaffeggiare la testa dell’amico e a strapazzargli i capelli.

‹‹Smettila, idiota o mi toglierai tutto il gel.›› riuscì a liberarsi dalla presa ferrea del suo amico. Si guardarono tutti per qualche secondo dopodiché scoppiarono a ridere.

‹‹Questo è lo spirito degli Heartbeat. Se Patty ha fatto il coglione ed ha deciso di andarsene, fatti suoi. Non ci occorre necessariamente anche la chitarra… e Tyler, puoi fare benissimo la seconda voce. Non arrendiamoci proprio ora che stiamo avendo quest’opportunità così importante. Patty può anche andare al diavolo.››

Luke tese il braccio in avanti e chiuse il pugno, guardando i suoi amici e compagni di band. Dylan e Tyler si sorrise e copiarono Luke.

‹‹Qual è il nostro motto?››

‹‹Divide et impera!›› urlarono all’unisono portando i pugni in alto. ‹‹Andiamo a conquistare quel cazzo di palco, ragazzi.›› Dylan tirò un sospiro profondo e sorrise. Avrebbero spaccato di brutto.

*

‹‹Ragazzi, possiamo ordinare anche qualcosa da mangiare? Io non ho mangiato assolutamente nulla.›› Thomas si massaggiò lo stomaco ed afferrò il menù. Non c’era un’ardua scelta. Dovette accontentarsi di una tortilla al kebab. Da bere Thomas ordinò una birra alla spina, Will e Ki Hong una vodka liscia e anche loro le tortillas.

L’ordine arrivò in poco più di dieci minuti. Thomas addentò la tortilla con foga, facendo fuoriuscire la salsa greca e parte del kebab. Ki Hong e Will lo guardarono con aria schifata.

‹‹Cofa fè? Ho fave. Il mio cave non mi fa mangiafe›› Thomas aveva la bocca piena e masticava come se non mangiasse da chissà quanto tempo.

‹‹Amico, certo che fai proprio schifo…›› Ki Hong storse le labbra e rabbrividì. Will lo imitò. Thomas scrollò le spalle e riprese a mangiare come se non ci fosse un domani.

Dopo pochi minuti le luci improvvisamente si abbassarono e la musica cessò. Sul palco cominciarono a salire delle persone e iniziarono a portare gli strumenti. Un notevole gruppo di persone cominciò ad avvicinarsi incuriosito.

‹‹Molto probabilmente deve iniziare a suonare la band.›› affermò Will.

‹‹Sono proprio curioso di sentirli cantare.›› ammise Thomas. Erano davvero strambi, ma essendo stato anche lui in una band, in passato, ascoltare musica dal vivo era una delle sue più grandi passioni. Forse non sarebbe stato proprio il suo genere, ma era pur sempre musica.

Il gioco di luci cominciò a variare. Non erano più tendenti al viola, ma cominciarono ad alternarsi vari colori, rendendo il palco quasi spettacolare. Una leggera musica di sottofondo come intro.

‹‹Secondo me sarà un bello spettacolo.››

*

‹‹Merda, merda, merda. Mi sto divorando lo stomaco.›› il leader del gruppo cominciò ad avere i crampi allo stomaco. Sbirciò da dietro le quinte e notò un gran numero di persone concentrate vicino al palco. Era nascosto dietro una colonna di ferro. ‹‹Cazzo ci saranno un duecento persone circa. Non abbiamo mai suonato per così tanta gente.››

‹‹Pensa quando suoneremo davanti migliaia di persone, Dyl.›› Luke stava pulendo con un panno le sue bacchette e le fece girare sulle dita per scaldarsi un po’. Tyler fece qualche salto e sciolse la cervicale facendo dei movimenti rotatori del collo. Dylan invece era sempre più nervoso.

‹‹E se mi dimenticassi le parole? E se andassi a stonare qualche nota? E se cominciassero a lanciarci addosso delle roba? E se…››

‹‹…e se ti stessi un po’ zitto e muovessi quel culo per uscire? È ora, Dyl. Dobbiamo andare.››

Sentirono un certo tizio fare una specie di presentazione, del tutto inappropriata. I tre amici si guardarono con un’aria stralunata come per dire: ‘ma questo che cazzo sta dicendo?’ Dylan scrollò le spalle e, dopo che il tizio pronunciò il nome della band, fece un profondo respiro ed andò in scena.

*

Un caloroso grido di benvenuto accolse la band. Una ragazza, seduta al tavolo accanto a quello di Thomas, cacciò un urlo così forte tanto da costringerlo a tapparsi le orecchie.

‹‹Ehi, vacci piano. Mi distruggi i timpani così.›› La ragazza lo guardò inorridita e con un cenno delle spalle gli chiese scusa.

Thomas vide uscire tre ragazzi: il primo si sistemò dietro la batteria, il secondo si sistemò sulla sinistra – Thomas riconobbe il basso – e il terzo ed ultimo si sistemò al centro.

‹‹Ma non erano quattro? Io ne conto tre.›› Puntualizzò Will, contando i tre ragazzi.

‹‹Meno male che ce l’hai fatto notare, William, altrimenti non ce ne saremmo mai accorti.›› ironizzò Ki Hong. Thomas rise sotto i baffi. Afferrò il suo boccale di birra e cominciò a berne qualche sorso.

*

Il cuore di Dylan batteva ancora più forte di quanto non avesse mai battuto negli ultimi venti minuti. Gli sembrava tutto così surreale. Non gli sembrava vero. Sapeva di avere un sorriso da ebete stampato sulle labbra, ma non riuscì a trattenersi. Aveva i suoi amici alle spalle e non poté vedere le loro facce, ma sapeva benissimo che l’espressione era tale e quale alla sua. Felice. Afferrò l’asta del microfono e si guardò un po’ intorno, entusiasta del pubblico. Annuì contento.

‹‹BUONASERA VIPEEEER!›› urlò in segno di benvenuto. La folla esultò con un grido in risposta.

‹‹Come potete vedere gli Heartbeat si son persi un componente strada facendo, ma stiamo facendo di tutto per trovare un nuovo chitarrista. Spero ugualmente che le nostre canzoni vi piaceranno. È la prima volta che ci esibiamo davanti ad un pubblico così numeroso.›› mentre parlava, Dylan continuò a guardarsi attorno, scrutando fra il pubblico. Erano quasi tutti concentrati su di loro. Quasi.

Dopo vari sguardi fugaci, la sua attenzione venne letteralmente catturata da un ragazzo seduto a un tavolo piuttosto vicino al lato del palco. Trangugiava un boccale di birra. Era seduto con altri due. Una ragazza sfrenata al suo fianco pensò che stesse guardando lei e cominciò a sbracciarsi.

*

‹‹Oh mio Dio! Mi sta guardando, sta guardando proprio me!›› urlò la ragazza, sbracciandosi. Thomas si scostò leggermente per evitare di ricevere una gomitata nell’occhio. Incuriosito, volse la propria attenzione al palco, e fu lì che si accorse che il cantante non stava guardando la ragazza accanto, ma proprio lui.

Distolse rapidamente lo sguardo, imbarazzato e riprese a bere la propria birra.

*

Dylan sfoggiò un sorriso meraviglioso. La ragazza continuava a dimenarsi e a sbracciarci. Se avesse continuato così, di sicuro Thomas si sarebbe spostato.

‹‹FATE CROLLARE QUESTO POSTOOOOOO!›› un altro urlo da parte della folla. Luke cominciò a battere i primi colpi sul tamburo della batteria e Tyler i primi accordi di basso. Dylan si girò e guardò i suoi compagni. Partì la loro prima cantone: If you think this song is about you.

Dylan intonò la prima nota. La folla cominciò a scatenarsi già ai primi accordi. Dylan era carico come una molla. Cominciò a cantare con tutta la voce che aveva in corpo. Luke e Tyler sprigionavano energia. Si stavano appena scaldando.

So friends, you left me hanging in a room with a noose and a chair.
You told me to stay put and reminded me why I was there.

Dylan si muoveva come se quel palco fosse sempre stato suo. Acquistò sicurezza e l’ansia e la paura si tramutarono in adrenalina pura. Il pubblico era straordinario. Non avrebbe mai pensato che ci fosse tanto scalpore. Avevano fatto diversi eventi in piccoli locali di Los Angels, ma questo era sicuramente il migliore in assoluto.

Mentre cantava, continuava a guardare Thomas con insistenza, scatenando una reazione sempre più evidente della ragazza accanto a lui. Thomas era ancora distratto da quella dannata birra e parecchio infastidito da quella tipa.

*

‹‹Ehi Tommy, sbaglio o il cantante ti sta guardando?›› Gli fece notare Will dandogli una gomitata.

‹‹Sì, Will. Ho notato. Questa scalmanata pensa che stia guardando lei.›› Thomas bevve un sorso di birra e guardò il cantane di sfuggita, sorridendo beffardo.

‹‹Secondo me gli piaci.›› si intromise Ki Hong, dandogli una pacca amichevole. Thomas a volte dimenticava di quanta forza potesse metterci l’amico, anche senza farlo di proposito. Andò leggermente in avanti, versandosi la restante birra sulla camicia. Fortunatamente era poca.

‹‹Ma porco diavolo, Ki Hong.›› urlò Thomas, alzandosi di scatto. La sua voce era ovattata e coperta dal suono della canzone. Afferrò una grossa quantità di fazzolettini e cercherò di tamponare alla meno peggio.

‹‹Adesso puzzerò di birra.›› disse più a sé stesso che ai suoi amici. Gettò il malloppo di fazzolettini nel cestino e si sedette nuovamente. Questa volta però era rivolto con lo sguardo verso il palco. Accavallò le gambe ed incrociò le braccia al petto.

‹‹Dai Tommy, non l’ho fatto di proposito.›› disse Ki Hong avvicinandosi all’amico offeso. Thomas tentò di trattenere una risata, ma senza buoni risultati. Non riusciva proprio ad essere arrabbiato con lui.

‹‹Comunque sì ragazzi, ho notato che continua a guardarmi. Ma non è il mio tipo. Andiamo, è pieno di tatuaggi e piercing.››

‹‹…e cosa vuoi che siano. È una cantante di una band hard-rock.››

Thomas scrollò le spalle più volte. Non nascondeva il fatto che fosse davvero un bel ragazzo, ma non era affatto il genere di ragazzo con cui avrebbe parlato o passato una notte. O almeno, non ci aveva mai pensato.

*

La seconda canzone finì e Dylan annunciò che lui e la sua band avrebbero fatto una piccola pausa. Andarono nel backstage. Avevano ordinato da bere anche loro. Dylan si scolò in un solo sorso un Mojito. Luke e Tylar una Crest.

‹‹Dio, mi si era seccata la gola. Wow! Accidenti che bel pubblico, non trovate?›› fece notare Dylan.

‹‹Sì, mi piace e sono davvero carichi.›› aggiunse Luke.

‹‹Esatto. Così mi piace. Ah, Dylan, la prossima canzone è l’ultima. No control.››

‹‹Io…avevo pensato di cantarne un’altra. Una che non suoniamo da un pezzo.›› disse Dylan sedendosi per terra. Poggiò la schiena contro una colonna di ferro e cominciò a giocare con il piercing alla lingua.

‹‹Ho notato un ragazzo tra il pubblico. Cazzo ragazzi, è un figo da paura. Stavo pensando di cantare Heartbeat.››

‹‹COOOOSA?›› dissero all’unisono Tyler e Luke. Non suonavano quella canzone dai tempi del liceo.

‹‹Sbaglio l’hai dedicata a Patty?››

‹‹Non mi interessa. In questo caso voglio che quel ragazzo capisca che sto cantando per lui.››

Si rimise in piedi e si spolverò il sedere. Tyler e Luke continuarono a guardarsi in cerca di risposte o spiegazioni da parte del loro leader. Dylan mise le mani in avanti ed attese una loro reazione.

‹‹Allora? Che cosa aspettate? Tyler, ti ricordi la doppia voce che faceva Pat?›› l’amico ci mise un po’ a rispondere. Poi annuì senza dire nulla. ‹‹Bene, ti comporterai come hai fatto fino ad ora. Stiamo spaccando ragazzi. Continuiamo così.›› chiuse la mano a pugno e tese il braccio in avanti in attesa che i suoi amici facessero lo stesso.

*

Durante la pausa, Thomas era andato in bagno per tentare di pulirsi quanto meglio poteva. Ki Hong andò con lui.

‹‹Amico, davvero…il cantante ti sta letteralmente mangiando con gli occhi. Ti rendi conto?››

‹‹Sì, Ki Hong, me ne sono accorto.›› proseguì Thomas. Prese una notevole quantità di carta asciugamani e la bagnò con l’acqua. L’avvicinò ai pantaloni e alla camicia.

‹‹Secondo me dovresti stare al suo gioco.››

Thomas sbuffò e volse la propria attenzione al ragazzo poggiato sullo stipite della porta del bagno e lo fissava.

‹‹Sei venuto qui per farmi da consigliere o per aiutarmi a pulire sta merda che mi hai rovesciato addosso? A proposito…puzzo di birra? Senti un po’?››  Thomas si avvicinò all’amico e gli fece annusare gli abiti. Ki Hong storse il naso e capì che la risposta era affermativa.

‹‹…e secondo te devo stare con quest’odore addosso tutta la sera?››

‹‹Siamo in un pub, Tommy. Tutti puzzano di birra.›› cercò di sdrammatizzare il coreano. Thomas fece un’espressione di disgusto.

‹‹Sì, okay, ma io sembro alcolizzato. Vabbè, fa niente.››

Scrollò le spalle e si dette una rapida sistemata prima di tornare al proprio tavolo.

*

Dylan spiò da dietro le quinte del palco. I suoi amici si stavano sciogliendo i muscoli del collo e bevendo un altro drink. Vide Thomas nella stessa posizione di prima, poggiato al bancone del bar a chiedere qualche drink. Lo sguardo rivolto un po’ verso il palco, un po’ verso gli amici. Continuava a bere come se non ci fosse un domani.

‹‹Dyl, dobbiamo andare!›› Tyler gli mise una mano sulla spalla. Dylan si girò verso di lui ed annuì. Avevano già deciso insieme la canzone finale.

‹‹Sicuro quindi della scelta della canzone?›› disse Luke facendo ruotare le bacchette di legno. Dylan non rispose. Annuì sicuro.

‹‹Spacchiamo questo palco, ragazzi.››

Non appena uscirono, vennero accolti calorosamente dalla folla. Erano estasiati. Non avrebbero mai pensato di riscuotere tanto successo. Dylan si avvicinò al microfono e, prima di parlare, attese che l’esultazione scemasse. Ci vollero diversi minuti prima che accadesse. Si strinse timidamente nelle spalle afferrando con entrambe le mani il microfono. Non sapeva ancora cosa dire.

‹‹Non avete idea di quanto ci abbiate reso felici oggi, con la vostra presenza. Non avremmo mai immaginato di riscuotere tutto questo successo. Siamo davvero entusiasti che la nostra musica vi piaccia. Purtroppo devo annunciarvi che questa, sarà l’ultima canzone della serata, ma non preoccupatevi perché, se volete, potete tenervi aggiornati visitando il nostro sito internet heartbeat.com. Questa è una delle prime canzoni che scrivemmo, al liceo. Io e il mio gruppo non la proviamo da diversi anni, ma voglio cogliere l’occasione di cantarla qui…con voi.››

Dylan staccò il microfono dall’asta e, con un cenno del capo, Tyler e Luke cominciarono con i primi accordi.

This is my heartbeat song and I'm gonna play it
Been so long I forgot how to turn it up up up up all night long
Oh up up all night long

Dopo le prime note, la musica vera e proprio cominciò. Dylan si muoveva sicuro di sé sul palco, indicando di tanto in tanto qualcuno fra il pubblico, anche se il suo obiettivo, era bel altro. Alla prima strofa, l’attenzione di Dylan si focalizzò esclusivamente su Thomas.

You, where the hell did you come from?
You were a different, different kind of fun
And still used to feel it now
Now, I got pins and needles on my tongue
Anticipating what's to come
Like a finger on a loaded gun

I can feel it rising
Temperature inside me
Haven't felt for a long time

 

Thomas notò immediatamente lo sguardo su di sé. Dylan si accorse che uno dei suoi amici, gli dette una gomitata sul fianco. Sorrise inconsciamente. Doveva continuare così. Doveva capire che quella canzone era per lui. Per attirare la sua attenzione.

*

‹‹Amico, non mi dire che non ti sei accorto di nulla›› disse Ki Hong facendogli notare in che modo il ragazzo lo stesse guardando. Thomas fece finte di nulla.

‹‹Sì, ma non mi interessa. Non è affatto il mio tipo. Dio, te l’ho già ripetuto un milione di volte.›› mentì Thomas. Obiettivamente, non era affatto il genere di ragazzo che attirava la sua attenzione, ma doveva ammettere che era davvero, davvero attraente. Si sarebbe ricreduto, forse? Ki Hong lo guardò da capo a piedi con uno sguardo sconcertato.

‹‹Secondo me tu sei un finto gay. Cioè Tommy, se io fossi gay, me lo farei senza batter ciglia.›› A quella esclamazione, sia Will che Thomas scoppiarono a ridere. Will si mantenne la pancia con le braccia, Thomas cercò di camuffare le risate bevendo un po’ dell’altro boccale di birra che aveva ordinato.

‹‹In tutti noi c’è un lato gay.›› affermò poi Thomas, poggiando il boccale sul tavolo ed incrociando le gambe. Fece un’occhiataccia all’amico coreano. ‹‹Solo che non a tutti prevale il lato etero.››

‹‹Cosa c’è? Non c’è nulla di male. A me piace, e secondo me anche a te.››

‹‹Lo dirò a tua moglie, allora.›› scherzò Will.

‹‹Siete proprio dei deficienti.››

*

La canzone era quasi giunta al termine. Dylan si avvicinò al microfono di Tyler cantò l’ultima parte assieme a lui, a due voci. La folla era in delirio. Non avrebbero mai e poi mai pensato che, quella canzone, avesse riscosso così tanto successo; tra l’altro, era ancora la canzone che rappresentava la loro band. All’ultimo ritornello, Dylan tornò a proprio posto ed iniziò a portare le mani in alto. Luke e Tyler fecero la stessa cosa e via via tutto il pubblico.

‹‹Su le mani forza!››

 

This is my heartbeat song and I'm gonna play it
Been so long I forgot how to turn it up up up up all night long
Oh up up all night long

Staccò il microfono dall’asta e, prima che concludesse l’ultima frase del ritornello, dette l’ennesima e fugace occhiata a Thomas e, terminata la canzone, lo indicò e strizzò l’occhio. Aveva gettato l’esca, ora doveva soltanto attendere che abboccasse.

*

Thomas si grattò il capo, imbarazzato e guardò da un’altra parte. Cosa diavolo voleva da lui? Inevitabilmente, Ki Hong l’impiccione, non si fece scappare nulla. Rivolse lo sguardo verso di lui e gli fece un sorriso beffardo. Anche Will lo fece.

‹‹Qualcuno stasera tromba!›› scherzò Will, dando una pacca complice a Ki Hong. Thomas roteò gli occhi ed ordinò un’altra birra. A quante era arrivato da quando era lì? Tre? Quattro? Aveva perso il conto.

‹‹Smettetela di fare gli arrapati. Non ho sbatti di fare stronzate, questa sera. Ne ho già fatte abbastanza, oggi.››

‹‹Amico, stai proprio male, fattelo dire.››

‹‹Io resto ancora un po’. Se volete andare via, fate pure. Io prenderò un taxi.›› guardò l’orologio. Era l’una di notte. Ki Hong e Will, l’indomani, sarebbero dovuti andare a lavorare, lui invece? Cosa avrebbe fatto domattina?

Entrambi chiesero se fosse sicuro di restare ancora un po’. Thomas annuì e, una volta salutati, tornò alla sua birra. Stava davvero affogando i dispiaceri nell’alcool? Il problema, è che non era neppure ubriaco. Reggeva davvero troppo l’alcool.

Girò e rigirò il boccale semi vuoto fra le mani, guardando il liquido restante. Sospirò e socchiuse gli occhi, ingurgitando l’ultimo sorso. Poggiò il bicchiere vuoto sul bancone e alzando per l’ennesima volta la mano, ordinò ancora una volta.

‹‹Portamene due.››

Improvvisamente, qualcuno troppo vicino a lui, comparve alle sue spalle e subito dopo si sedette al suo fianco. Thomas restò a bocca aperta e con aria interrogativa strizzò gli occhi. Era il cantante della band.

‹‹Non ti dispiace, vero?›› proseguì poi il ragazzo tatuato, afferrando tra i denti la pallina di metallo che adornava la sua lingua. Thomas rabbrividì al solo pensiero di farsi una cosa del genere.

‹‹A dire la verità un po’.›› rispose secco lui. Il ragazzo accanto strappò una risata e poggiando entrambe le braccia sul bancone, rivolse nuovamente lo sguardo verso Thomas.

Il biondo notò la vastità di tatuaggi sulle sue braccia. Erano davvero tanti. Ne aveva uno grande anche sulla gola e uno piccolo dietro l’orecchio. Poteva vedere attraverso i lobi delle sue orecchie. Aveva dei dilatatori di 20mm, più o meno, ma ciò che fece più senso a Thomas, fu il septum al naso.

‹‹Sapessi quanti altri ne ho sotto i vestiti.›› ironizzò poi, spezzando il silenzio che era calato fra i due.

‹‹Non oso immaginare…››

Nel frattempo, le due birre brune erano arrivate.

‹‹Spero ti sia piaciuto il concerto.››

‹‹Suonate bene. Ma non sei per niente il mio tipo.›› Thomas cercò di troncare lì il discorso. Non aveva alcuna intenzione di fare conversazione con quello lì.

‹‹Ti ho solo chiesto se ti fosse piaciuto il concerto, non se ti piacessi io. Comunque, io sono Dylan.›› Dylan tese la mano destra in avanti e con l’altra iniziò a sorseggiare la birra. Thomas guardò prima la mano, poi lui, poi di nuovo la mano. Notò la scritta ‘FUCK’ sulle nocche. Ci pensò un po’ su prima di stringerla, ma alla fine lo fece.

‹‹Io sono Thomas.››

Dylan sorrise. Thomas notò un altro piercing. Lo smiley. Era posto sul frenulo superiore delle labbra. Gli fece ancora più impressione. Gli si raggelò il sangue e rabbrividì.

‹‹Dio mio, ti faccio tanto schifo!›› ammise Dylan, sarcastico, ma pur sempre un po’ dispiaciuto per quella reazione da parte del ragazzo.

‹‹Non è che mi fai schifo. Sono cose che non concepisco. Cioè…io non sono per niente d’accordo.››

‹‹Non vuol dire che tutti coloro che hanno piercing o tatuaggi siano teppisti o drogati. Sai quanta brava gente c’è in giro così conciata? Semplicemente perché piace. Come me e i miei amici, ad esempio.››

Dylan sorrise e fece l’occhiolino al ragazzo, dandogli successivamente una pacca sulla spalla. Thomas ricambiò il sorriso, seppure in maniera piuttosto impacciata. Quel ragazzo, infondo, non era poi così male. Forse Ki Hong aveva ragione.

‹‹Capisco. Resta comunque il fatto che non li farei mai.›› scherzò poi Thomas, finendo finalmente il suo ultimo boccale di birra. Iniziò a sentirsi leggermente brillo, il che stava a significare che doveva fermarsi.

D’un tratto, mentre stava per alzarsi, si avvicinarono a Dylan gli altri due componenti del gruppo. Se non ricordava male, dovevano chiamarsi Tyler e Luke.

‹‹Ehi, disturbiamo?››

Disse uno di loro, sedendosi tra lui e Dylan.

‹‹Veramente sì, Luke. Stavo parlando con lui.›› Dylan indicò con un cenno del capo il ragazzo e Luke si girò lentamente verso Thomas. Divenne rosso in viso per l’imbarazzo. Dylan non aveva fatto altro che parlare di lui dietro il palco. Tyler, rimasto dietro il cantante, scoppiò a ridere, quanto a Luke, si dileguò chiedendo scusa ad entrambi. Si allontanarono dai due e si sedettero a qualche tavolo più in là.

Dylan tornò a concentrarsi su Thomas e viceversa. Nessuno disse nulla per diversi secondi. Restarono a guardarsi. Dylan lo desiderava, lo desiderava veramente tanto. Si morse inconsapevolmente il labbro inferiore e posò il suo sguardo sulle labbra di Thomas.

‹‹Ehi, guarda che non mi devi scopare con gli occhi.›› cominciò Thomas, dando un pugno sulla spalla del ragazzo. Lui rinvenne, distogliendosi dai propri sporchi pensieri. ‹‹Non è proprio serata, amico. Forse è la peggiore che abbia mai passato in tutta la mia vita.››

Dylan non sapeva se domandargli cosa fosse successo, oppure no. Non voleva sembrare impertinente o invadente. Dopotutto, erano appena dieci minuti che stavano parlando; ma Thomas fece tutto da sé.

‹‹Ho perso il lavoro per una cazzata colossale.›› proseguì poi, girandosi fra le dita il bicchiere ormai vuoto. Dylan annuì ed attese che Thomas proseguisse con il suo racconto.

‹‹Quindi, non ho nessuna intenzione di scopare con uno sconosciuto. Di cazzate ne ho fatte certamente e guarda, sono anche piuttosto sfacciato. Se ci fossimo trovati in un’altra situazione, forse un pensiero l’avrei fatto su di te, sebbene tu non sia il mio tipo. Ma sei carino, e sembra che tu ci sappia fare parecchio.››

In quel momento Dylan cominciò a sentire caldo dappertutto. Deglutì rumorosamente, ma grazie alla confusione e al frastuono della musica, Thomas non lo sentì. Restò a fissarlo qualche secondo, prima di rispondere. Non si sarebbe mai aspettato una sfacciataggine tale da un ragazzo così.

‹‹Spero di non averti turbato ma, come hai detto tu, le apparenze ingannano.›› si girò nuovamente verso di lui e sorrise, facendogli l’occhiolino. Dylan ricambiò il sorriso e poggiò la mano sul ginocchio del ragazzo. Thomas non si spostò. Resse il suo sguardo.

‹‹Mi hai sorpreso, più che turbato. È da quando è iniziato lo show che non ti ho tolto gli occhi di dosso.›› Dylan avvicinò un po’ di più lo sgabello verso Thomas. ‹‹Se vuoi, possiamo far diventare la notte peggiore della tua vita, in una delle migliori di sempre.›› continuò poi, maliziosamente. Thomas ghignò e con nonchalance, tolse la mano dal proprio ginocchio.

‹‹…e cosa ti fa pensare che io voglia fare qualcosa con te? Ti ho appena detto che non sei il mio tipo.››

‹‹Si, ma hai appena detto che sembro uno che ci sa fare parecchio. Fidati. Non rimarrai deluso.›› disse quella frase con un tono sarcastico e al contempo, malizioso. Thomas sorrise e abbassò il capo.

‹‹Mi fa piacere.›› aggiunse poi, riportando la sua attenzione al ragazzo.

‹‹Quindi, cosa hai deciso? Vuoi dimenticarti il problema per cui tu sia stato licenziato, oppure vuoi continuare a parlare senza concludere nulla?›› Dylan sogghignò e si morse nuovamente il labbro inferiore. Aveva dei modi di fare piuttosto eccitanti, pensò Thomas. Non era mai stato con un tipo così. Gli aveva sempre evitati, ma Dylan… Cazzo, lui gli faceva venire i brividi persino dietro le orecchie.

‹‹Hai la macchina? Io sono in taxi.››

Dylan imprecò. Non aveva la macchina, o meglio, non la sua. Quella di Tyler. Non si fece prendere dal panico. Sorrise in maniera beffarda.

‹‹Torno subito.››

Si alzò velocemente dallo sgabello e si allontanò da lui. Thomas sorrise e scosse il capo, continuando a giocherellare con il bicchiere vuoto. Le avventure gli erano sempre piaciute.

*

Dylan corse per i tavoli in cerca dei suoi amici. Dopo pochi istanti li trovò seduti a chiacchierare con due ragazzi.

‹‹Dammi immediatamente le chiavi della tua auto. Senza domande.›› batté le mani sul tavolo, facendo sobbalzare tutti. Tyler lo fissò con aria terrorizzata ed interrogativa.

‹‹C-cosa vuoi?››

‹‹Tyler, le chiavi dell’auto. Ora.›› porse la mano destra con il palmo rivolto verso l’alto, in direzione del suo amico. Luke gli diede una gomitata e gli fece l’occhiolino. Tyler capì.

‹‹Ma perché proprio la mia auto, Dyl.›› sbuffò Tyler, ma Dylan non demorse. Restò con la mano tesa verso l’amico fin quando non gli porse le chiavi.

‹‹Prometto che cercherò di non demolire la tua amata gip.›› aggiunse poi, svanendo nel nulla. Non diede nemmeno il tempo a Tyler di rispondere. I due amici si guardarono.

‹‹Cos’è che cercherà di non demolire?››

Luke scosse le spalle e riprese a mangiare i suoi salatini.

*

Dylan sperò che Thomas non se ne fosse andato e, per fortuna, era ancora li.

‹‹Ecco le chiavi.›› disse poi, tenendole con il pollice e l’indice per mostrarle al ragazzo. Thomas mostrò il pollice in segno di consenso e si alzò.

‹‹Bene, ti seguo.›› si stirò le pieghe dei pantaloni sulle cosce e mise le braccia sui fianchi, attendendo una riposta da parte di Dylan. Quest’ultimo restò in silenzio per pochi secondi. Continuava a guardarlo dalla testa ai piedi.

‹‹Perché continui a mangiarmi con gli occhi? Insomma, ne avrai avuti di ragazzi. Dubito fortemente che siano stati tutti così come me.››

Dylan, dopo quell’esternazione, scoppiò a ridere e dette una pacca sulla spalla del ragazzo.

‹‹Mio caro Thomas, come ti ho detto prima, non tutti i tipi tatuati sono uguali. Io non sono uno di quelli. Ho avuto solo due storie serie in tutta la mia vita. Una dai quindici ai diciotto anni, e l’ultima dai diciannove ai ventiquattro. Si è conclusa da poco. Quindi, come vedi…›› lasciò la frase in sospeso. Thomas scosse la testa e, inaspettatamente, scattò in avanti verso Dylan e, afferrandolo dal collo, lo baciò con forza. Il cantante rimase sconcertato. I suoi occhi erano spalancati. Il cuore perse un battito e lo stomaco si contorse.

‹‹Portami in macchina. Ora.›› sussurrò il ragazzo afferrando un lembo della t-shirt di Dylan. Lui deglutì di nuovo. Il cavallo dei pantaloni cominciò a calzargli stretto. Thomas abbassò lo sguardo e notò il rigonfiamento. Sorrise compiaciuto.

‹‹Sai cos’è una groupie?››

Dylan annuì e sorrise.

‹‹Vuoi essere la mia groupie?›› continuò poi, mordendosi le labbra. Thomas lo squadrò da capo e piedi e, senza che nessuno se ne accorgesse, gli posò una mano proprio là dove Dylan divenne alquanto sensibile.

‹‹Sarò più di una groupie, mio caro.›› Gli afferrò la mano e lo condusse fuori dal locale.

Dylan si guardò attorno per qualche minuto. Poi ricordò che Tyler aveva parcheggiato la macchina a qualche isolato da lì. Iniziò a camminare a passo svelto, trascinandosi dietro la sua conquista. Qualche minuto dopo, si ritrovarono davanti la gip.

Erano circa le due e mezza di notte. Per strada non c’era nessuno. L’auto era anche parcheggiata in una via poco illuminata e distante dalla strada. Non occorreva nemmeno spostarsi. Dylan aprì l’auto ed entrò sul retro, seguito da Thomas. Si chiusero dentro. Nessuno dei due perse molto tempo. Questa volta fu Dylan a saltargli letteralmente addosso, costringendolo a stendersi sui sedili posteriori. Dylan finì per trovarsi tra le gambe del ragazzo. Iniziò a baciarlo con forza e decisione, a mordergli ed a lambire ogni centimetro della sottile pelle del collo.

Thomas inarcò la schiena ed emise un leggero sussulto. Tremò sotto il peso del ragazzo.

‹‹Qualcosa non va? Ti faccio male?›› disse improvvisamente Dylan, puntando le braccia con i sedili dimodoché non fosse più disteso su di lui. Non tenne molto quella posizione perché Thomas lo afferrò con forza per la maglietta e lo strattonò nuovamente a sé.

‹‹Nessuno ha detto questo. Adesso continua a baciarmi.›› Dylan sorrise e riprese a farlo.

‹‹Dimmi cosa ti piace fare…››

‹‹Tutto.›› aggiunse poi Thomas e Dylan ebbe come una vibrazione che gli partì dalla schiena fino a raggiungere il basso ventre. Cominciò a cercare il contatto contro di lui per poter trovare sollievo. La situazione cominciò a riscaldarsi sempre di più. I vetri presero ad appannarsi e, involontariamente, la mano di Dylan si andò a posare proprio sul finestrino, lasciando un’impronta netta.

‹‹Ce l’hai?›› disse Thomas fra un sospiro e l’altro.

‹‹C’ho cosa?›› continuò Dylan.

‹‹Il preservativo, idiota. Ce l’hai?››

‹‹Non ho nessuna malattia. Sono sano come un pesce. Deduco quindi che tu…sia un passivo…non me l’avresti chiesto, altrimenti. Immaginavo…›› ansimò poi tra un bacio e l’altro.

D’un tratto però, Thomas si bloccò.

‹‹Non dirmi che per te è un problema…›› gli occhi di Dylan si spalancarono e il suo cuore stava esplodendo. Se si fosse lasciato scappare quell’occasione per uno stupido preservativo, si sarebbe fatto castrare. Ci furono diversi secondi di silenzio assoluto, ma poi Thomas sogghignò e lo tirò nuovamente a sé.

‹‹No che non lo è.››

 

Dylan si accasciò su di lui. Aveva il fiatone. Fuori dall’auto non si vedeva nulla per quanta condensa si fosse formata all’interno. Il suo cellulare squillò diverse volte e dedusse fosse Tyler. Non rispose, ovviamente.

Baciò la fronte sudata del ragazzo e gli scostò delle ciocche appiccicatevi per via del sudore. Thomas sorrise.

‹‹Non dovresti rispondere al tuo amico, ora?››

‹‹Tyler e Luke possono anche aspettare tutta la notte fuori.››

‹‹L’auto non è la tua, Dyl.››

‹‹E che importa…ci sto io, adesso. Sapessi quante volte gli ho prestato la mia.››

Entrambi scoppiarono a ridere e, inevitabilmente, dopo pochi secondi, squillò il cellulare. Rispose al secondo squillo.

‹‹Ehi!››

‘Ehi un paio di palle, Dyl. Quando cazzo ti decidi ad uscire dall’auto. Siamo qui fuori da non so quanto.’

‹‹Datti una calmata, Tyler. Il tempo di vestirci.››

‘Sei disgustoso!’

‹‹Dobbiamo accompagnare Thomas a casa.››

‘E chi è Thomas?’

 

Un anno dopo.

‹‹Me la sto facendo sotto. Me la sto facendo sotto. Me la sto facendo sotto, cazzo!›› Tyler si poggiò contro il muro e batté leggermente la testa. Luke prese a girare intorno alla stanza del backstage e a giocare con le bacchette della batteria. Dylan invece era seduto sulla poltrona a gambe divaricate. Le gambe gli tremavano e prese a divorarsi le unghie.

‹‹Dio non riesco a calmarmi. Dove diavolo è quella testa di cazzo del mio ragazzo!›› sbottò poi Dylan, alzandosi di scatto dalla sedia. Iniziò a copiare Luke.

‹‹Hai bisogno di una scopata prima di andare in scena?›› scherzò Tyler, rompendo la tensione che c’era. Luke e Dylan si bloccarono e fissarono l’amico. Entrambi scoppiarono a ridere.

‹‹Magari me ne bastasse solo una, Tyler. Abbiamo già dato abbondantemente, qualche ora fa. Ha solo detto che doveva andare a controllare delle pratiche delle fatture, non ho capito bene cosa. Poi boh, lui è il commercialista, io non capisco nulla di conti. So solo che se non è qui entro dieci secondi, credo di avere un attacco di panico.››

‹‹Non c’è bisogno.››

I tre si girarono verso la porta e, fortunatamente, videro Thomas con quattro lattine di RedBull ghiacciate.

‹‹Dio, Tommy, ti amo.›› si diresse verso il fidanzato e, afferrandogli il viso con entrambe le mani, lo baciò. ‹‹Sei il nostro angelo.››

‹‹Sì, sì, certo. Non fate i ruffiani adesso.››

Ci fu un momento di pausa. I tre ragazzi presero la loro bibita e la bevvero tutta d’un fiato. Anche Thomas lo fece, ma con più calma.

‹‹Non per mettervi ansia, ma c’è il bordello lì fuori. È sold-out, ragazzi. Abbiamo venduto circa quindicimila biglietti.››

Dylan deglutì a fatica l’ultimo sorso di RedBull e sospirò rumorosamente.

‹‹Non credo di farcela, Tommy. È così diverso, ora. Ricordo la prima volta che suonammo dal vivo. Il giorno in cui ci siamo conosciuti. Cioè, erano un centinaio di persone…ora ce ne sono quindicimila.››

Si accasciò nuovamente sulla poltrona di pelle nera e trascinò Thomas con sé. Il ragazzo si sedette sopra le sue ginocchia e lo baciò dolcemente.

‹‹Siete dei grandi, Heartbeat. Sono il vostro ammiratore numero uno.›› scherzò Thomas, tirando un pugno sulla spalla del ragazzo.

‹‹Emh…piccioncini? Non vorrei disturbarvi ma…dobbiamo entrare in scena.›› Dylan annuì e prendendo un ultimo grande respiro, fece alzare Thomas, lo baciò di nuovo e si diresse verso i compagni. Erano finalmente pronti per il loro primo vero concerto a New York. La prima di una lunga serie di date del loro tour mondiale.

-   Fine -

   
 
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