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Autore: Amantide    07/04/2016    8 recensioni
Una FF in cui vedremo i sette semidei nella loro quotidianità alle prese con una convivenza forzata e un satiro dal carattere difficile. Vi siete mai immaginati Jason ai fornelli o Percy versione lavapiatti? Beh, io ci ho provato e il risultato è piuttosto divertente. Ovviamente non mancheranno i colpi di scena, gli imprevisti e le storie d'amore.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I sette della Profezia, Jason/Piper, Percy/Annabeth
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolo dell'autrice: Cari lettori, so che alcuni di voi pensavano che non avrebbero mai più visto un aggiornamento di questa storia, ma eccomi qui pronta a smentirvi! :-) So che la mia latitanza si è prorogata per un tempo ingiustificabile ma ammetto di essermi trovata in seria difficoltà con questa FF. Avevo l'ispirazione sotto alle scarpe e gestire la storia non avendo più tutti i personaggi insieme è veramente un casino. In tutto ciò stavo anche scrivendo un'altra storia per la quale al momento avevo molte più idee e quindi ho trascurato questa. Ciononostante ne sono uscita vincitrice... ho avuto qualche idea e grazie a molti di voi che hanno continuato a scrivermi messaggi e recensioni per invitarmi a continuare, oggi pubblico un nuovo capitolo. Forse non è all'altezza di altri che ho scritto, ma dopo tutto questo tempo sono troppo contenta di essermi sbloccata per rammaricarmi di altro. Come sempre il giudizio spetta a voi, so che volevate un po' più di Percabeth ma per ora le cose dovevano andare così. Un'ultima cosa... il titolo del capitolo ha un suo perchè... oltre al drago mi sono risvegliata anche io! Grazie infinite per l'affetto che mi avete dimostrato, se questo capitolo esiste è solo grazie a voi! Fatemi sapere le vostre impressioni! :-)






Il risveglio del drago

 
 
Jason era immerso nella vasca del bagno dei ragazzi con la testa reclinata all’indietro poggiata sulla ceramica gelida e gli occhi chiusi. Stava cercando di rilassarsi, perché l’alternativa era cedere alla rabbia e, visto il suo umore particolarmente nero, temeva che avrebbe potuto inavvertitamente evocare un fulmine in grado di affondare l’intera nave. L’acqua conduce l’elettricità, si disse Jason pensando al guaio che avrebbe potuto combinare se solo avesse cominciato a produrre qualche scintilla mentre era ancora all’interno della vasca. Bastò quel pensiero a convincerlo che l’ora del bagno era finita. Poggiò entrambe le mani sul bordo della vasca e fece forza per alzarsi. Ne uscì con uno slancio sgocciolando, poi afferrò un asciugamano e se lo legò in vita mentre camminava verso lo specchio proprio sopra il lavandino. Sollevò lo sguardo e affrontò la sua immagine riflessa, aveva l’espressione stanca, la bellezza naturale dei suoi occhi azzurri era messa a dura prova da due profonde occhiaie verdastre che li facevano sembrare tristi e spenti. Da quando Leo era stato scagliato chissà dove da Chione, le cose si erano fatte sempre più difficili. La nave era mezza congelata e in ogni caso, anche se fosse stata ancora in grado di navigare, non c’era più nessuno in grado di governarla. Si rivestì controvoglia e salì sul ponte superiore cercando di non farsi sopraffare dai pensieri negativi. Lì trovò Frank che si aggirava sul ponte con l’espressione afflitta e un enorme martello fra le mani. Jason non aveva ancora capito con precisione cosa gli fosse successo a Venezia, ma a quanto pareva suo padre Marte aveva deciso di modellarlo a sua immagine e somiglianza. Adesso era nettamente più alto, aveva spalle large e muscolose e il portamento fiero, degno di un vero comandante, peccato che di quel passo a bordo della Argo II non ci sarebbe stato più nessuno a cui dare ordini.
Quel drastico cambiamento sembrava aver turbato non poco Piper che, di ritorno da Venezia, non aveva fatto altro che ricoprire Frank di complimenti per il suo nuovo aspetto facendo ingelosire Jason. Dal canto suo, il figlio di Zeus non aveva nulla da recriminarsi, aveva accontentato la fidanzata consentendole di visitare la città dell’amore senza fare troppe storie e avevano passato decisamente dei bei momenti negli scorci più suggestivi di Venezia. In più era sempre stato convinto che lei apprezzasse il suo aspetto fisico e non si era mai fatto troppi problemi a riguardo ma, adesso che se lo trovava davanti, anche lui non poteva fare a meno di fissare i bicipiti scolpiti del figlio di Marte e tutte le sue nuove qualità.
All’ora di pranzo Jason entrò in cucina e trovò Piper alle prese con i fornelli, la salutò con un “ciao” piuttosto freddo e cominciò ad apparecchiare la tavola.
“Hai intenzione di fare il sostenuto ancora per molto?” domandò Piper infastidita da quell’atteggiamento che persisteva da qualche giorno.
“Non sto facendo il sostenuto” brontolò Jason imbronciato.
“Ma se è da quando siamo tornati da Venezia che hai il muso!”
“Forse perché è da quando siamo tornati che tu non hai occhi che per Frank?” sbottò Jason posando un bicchiere sul tavolo con tanta forza da romperlo di netto tagliandosi il pollice della mano destra.
“Allora è questo il problema!” Replicò Piper brandendo un cucchiaio di legno mentre alzava gli occhi al cielo, “sei geloso” concluse la figlia di Afrodite.
“Non sono geloso” obiettò Jason più orgoglioso che mai.
“Sai una cosa? Sarebbe tutto più facile se tu lo ammettessi!” Suggerì Piper incrociando le braccia al petto con aria di sfida mentre Jason si tamponava il taglio con un tovagliolo di carta.
“Non fai altro che guardarlo e complimentarti con lui per il suo nuovo aspetto, come mi dovrei sentire?”
Piper sbuffò, perché si era lanciata in quella conversazione con Jason? In quel momento aveva tutto meno che voglia di litigare e, viste le condizioni in cui si trovavano, cedere alla rabbia sembrava la cosa più stupida da fare.
“Già devo convivere con il fatto che la tua bellezza non passa certo inosservata e hai sempre gli occhi di tutto l’universo maschile puntati addosso, ora ti ci metti anche tu dedicando più attenzioni del dovuto a Frank!” continuò Jason che sembrava deciso a continuare a discutere della cosa ancora a lungo.
“Quando hai finito di lamentarti vedi di farmelo sapere” lo freddò Piper cominciando a servire da mangiare.
“Menomale che c’è ancora qualcuno che cucina su questa nave!” Brontolò il Coach entrando nella cucina e sedendosi a tavola con molta poca grazia. “Pensavo che tutte le vostre vicenda amorose vi avessero distratto da quelli che sono i bisogni primari, mangiare per esempio.”
Jason ignorò le provocazioni del satiro e continuò la sua discussione con la fidanzata come se nulla fosse, era sul piede di guerra e non aveva la minima intenzione di dargliela vinta.
“Potresti anche ammettere che il suo corpo ti piace più del mio!” La istigò Jason che era talmente nervoso da non avere nemmeno voglia di mangiare.
“Hai altre scemenze da dire?” domandò lei prendendo posto dall’altra parte del tavolo.
“Ecco brava, evita di rispondere.”
“Stai dicendo una caterva d’idiozie, spero che tu te ne renda conto!” Sbottò lei che cominciava a perdere la pazienza.
“Capirai che novità!” fu il commentò del Coach che non si premurò di avere la bocca vuota prima di parlare.
Jason gli lanciò un’occhiataccia come per intimargli di lasciarli soli ma il satiro sembrava troppo affamato per lasciare la cucina e consentirgli di litigare in sua assenza.
Come se Hedge non fosse già di troppo, anche Hazel e Frank fecero il loro ingresso in cucina e si sedettero a tavola.
“Nico non mangia?” domandò Piper ai nuovi arrivati.
“Mangerà più tardi, in separata sede, sai com’è… non è proprio un tipo di compagnia…” spiegò Frank con semplicità mentre Jason lo guardava male, le braccia conserte e l’espressione seria.
Il resto del pranzo proseguì in silenzio, nessuno sembrava essere particolarmente in vena di fare conversazione, l’unico che sembrava essere completamente a suo agio era Hedge che ruttava sonoramente come al solito e preferiva pulirsi i denti sgranocchiando una lattina di alluminio piuttosto che affidarsi al buon vecchio stuzzicadenti.
Quello stesso pomeriggio, mentre quasi tutti si trovavano sul ponte superiore a tentare di sbrinare la nave, accadde qualcosa che nessuno si aspettava. Nel silenzio più totale cominciarono ad udire dei lievi cigolii. Il primo ad avvertirli fu Jason che li ignorò convinto che la sua testa gli stesse giocando qualche brutto scherzo per via della stanchezza, subito dopo anche Hazel e Piper li sentirono e nel giro di poco tutti si stavano domandando da dove provenisse quel rumore che andava intensificandosi sempre di più.
“Credo che venga da qui!” Gridò Piper andando verso la prua della nave.
“Hai ragione” convenne Hazel raggiungendola, “qui si sente più forte!”
“È Festus!” Esclamò Jason avvicinandosi all’enorme drago-polena ricoperto di ghiaccio.
“Hai ragione!” Esclamò Hazel mentre anche Frank li raggiungeva.
Il drago meccanico continuava ad emettere cigolii sempre più acuti e sembrava anche intenzionato a fare qualche movimento con la testa ma la morsa del ghiaccio lo imprigionava rendendogli impossibile muoversi liberamente.
“Dobbiamo togliere questo strato di ghiaccio!” Gridò Jason mentre Frank si avvicinava con il martello.
“Aspettate” disse Piper che sembrava aver avuto un’idea improvvisa, “ci serve qualcosa che funga da cuneo!”
La figlia di Afrodite corse giù nelle stive della nave e tornò con lungo pezzo di ferro che assomigliava ad un piede di porco.
“Ecco!” gridò posizionandone la punta contro la superficie ghiacciata, “colpisci qui, Frank!” ordinò la ragazza indicando al figlio di Marte l’apice del pezzo di ferro mentre Jason assisteva alla scena infastidito. Frank non se lo fece ripetere due volte, colpì il ferro con tutta la forza che aveva e vide la punta affondare nel ghiaccio spaccandolo brutalmente. Piper gettò via il pezzo di ferro e insieme agli amici cominciò a rimuovere i blocchi di ghiaccio che ricoprivano il drago e l’intera prua della nave. Non appena fu libero Festus emise una serie di stridii e cigolii sempre più frequenti ed acuti, come se volesse ringraziare i ragazzi per il lavoro svolto.
“Ma secondo voi come mai si è attivato?” domandò Frank guardando l’enorme drago con apprensione.
“Io credo di saperlo” disse Hazel tastandosi i capelli con foga, come se cercasse disperatamente qualcosa. “È Leo!”
Tutti si girarono verso Hazel sgranando gli occhi e ripetendo il nome dell’amico ad alta voce, increduli.
“Come può essere Leo?” domandò Jason che sentiva la mancanza del figlio di Efesto più di tutti.
Hazel prese un grosso respiro, sapeva di dover rivelare un paio di cose che a Frank non avrebbero certo fatto piacere.
“Perché aveva ideato un dispositivo in grado di comunicare con la nave tramite Festus.” Spiegò Hazel sapendo che quell’affermazione avrebbe destato non poche domande.
“E tu questo come fai a saperlo?” chiese Frank che non aveva ancora digerito del tutto la faccenda che aveva visto coinvolto Leo e la sua ragazza.
“Perché il giorno che mi sono allontanata con Arion in cerca di provviste, prima che partissi, Leo mi regalò un oggetto che non trovo più…”
“Quale oggetto?” domandò Piper prima che Frank potesse esprimere tutto il suo disappunto per quella faccenda.
“Era un fermaglio per capelli in legno, sono convinta che ce l’abbia lui e che stia comunicando con noi!”
“Questo significa che è vivo!” Esclamò Jason con ritrovato entusiasmo.
“Esatto!”
“Sì, sì, va bene, siamo tutti molto contenti che Leo sia ancora vivo” intervenne Frank che non sembrava aver preso la notizia bene quanto gli altri, “ma questo dispositivo di comunicazione non mi sembra questa gran cosa… voglio dire, nessuno di noi è in grado di capire Festus, quindi, anche se ora sappiamo che Leo è vivo, non abbiamo nessuna indicazione per ritrovarlo.”
“È comunque meglio di niente!” gli fece notare Hazel.
“Sì, forse lo è, ma ora se non ti dispiace vorrei chiarire questa faccenda del regalo…” E così dicendo Frank si allontanò con Hazel dopo aver detto a tutti gli altri: “voi continuate a sbrinare la nave!”
“Da quando è lui che dà gli ordini?” osservò Jason sempre più infastidito senza ottenere nessuna risposta dalla fidanzata.
                                                                                                
Nelle profondità del Tartaro Annabeth e Percy camminavano mano nella mano da ore, o più probabilmente da giorni, facendosi forza a vicenda ricordando i bei momenti trascorsi insieme a New York e al campo mezzosangue. Grazie all’aiuto di Bob, e probabilmente anche degli Dei, Percy si era ripreso. Non era certo in forma e il suo aspetto la diceva comunque lunga sul suo stato di salute, ma se non altro aveva smesso di perdere sangue dalle ferite e aveva la forza sufficiente per alzarsi in piedi e camminare. Sapevano entrambi che per loro l’unica possibilità di salvezza era rappresentata, per assurdo, da un posto chiamato Porte della Morte.
“Un nome, una garanzia, eh?” ironizzò Percy per stemperare un po’ il clima di tensione che sussisteva da troppo tempo.
Annabeth fece un sorriso forzato, sapeva che Percy stava facendo del suo meglio per sdrammatizzare e tirarle su il morale. Anche nel Tartaro era il Percy di sempre, anche nel Tartaro era il Percy di cui si era innamorata e mai come in quel momento apprezzò il suo coraggio nel seguirla in quell’inferno.
Se già era un’impresa disperata riuscire a raggiungere le Porte della Morte vivi e vegeti, farlo nell’esatto momento in cui le avrebbero trovate anche i loro amici sarebbe stato un vero e proprio miracolo.
“Nico guiderà gli altri alle Porte della Morte in tempo!” Dichiarò Percy sforzandosi di controllare il tremolio della sua voce affinché sembrasse realmente convinto di quello che diceva.
“Siamo nelle loro mani” disse Annabeth con un filo di voce, camminavano senza sosta da troppo tempo e lei cominciava a sentire le forze abbandonarla.
“Non ci deluderanno, ne sono convinto.”
Annabeth non rispose e Percy si voltò in cerca del suo sguardo. Proprio mentre si girava la vide accasciarsi a terra e le fu subito accanto.
“Che succede?” domandò preoccupato sorreggendole la testa.
“Sono esausta e ho delle fitte qui” mugugnò lei più sofferente che mai indicandosi il basso ventre con la mano.
Percy cercò di non cedere al panico, l’unica cosa utile che poteva fare era mantenere la calma e cercare di trasmetterle più sicurezza possibile.
“Andrà tutto bene” le disse mentre con la coda dell’occhio vedeva delle strane creature avvicinarsi, “ora appoggiati a me, dobbiamo andarcene da qui.”
“Percy” guaì lei in preda al dolore, “ho paura che qui il tempo possa trascorrere diversamente… e questo potrebbe essere un problema per me.” Disse quelle ultime parole fissandosi la pancia e Percy rabbrividì quando capì a cosa si riferiva.
“Questo non possiamo saperlo, ma dobbiamo muoverci ad andarcene da qui.” E così dicendo si mise il braccio destro di Annabeth intorno alle spalle e l’aiutò ad alzarsi. Dovevano proseguire, se si fermavano erano perduti.
 
  
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