Star-crossed wasteland
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È la vibrazione del motore sotto i sedili a svegliarlo, Scott se ne accorge e gli lancia un’occhiata dallo specchietto.
«Ti sei addormentato. E ti hanno fottuto il borsone».
La casa e sua madre sono svaniti ma la strada è ancora – sempre – quella.
«Ci sono abituato».
Scott ride: «A cosa? A farti fottere?».
Dovrebbe chiedergli di Carmela, perché no ha alzato il culo dalla sedia per venire con loro – con lui – a ballare sulla cassa di Bob, ma l’Idaho è ancora intorno a loro e Mike decide di tacere.
«Dove mi porti?» sbiascica invece.
«Andiamo a casa».
Guarda l’Idaho: il campo, il coniglio stronzo; guarda Scott.
«Ci sono già. A casa intendo».
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Il titolo della storia è preso dall’omonima canzone degli In This Moment.
E già che ci siete ascoltatevi “The Road” che mi ha accompagnato nella stedura della storia e che calza al film come un guanto – calza molto bene anche con Sam e Dean, ma questa è un’altra di storia.
La scena finale del film (dopo quel “Have a nice day” che mi ha quasi capottato dalla sedia) mi ha lasciata con più speranze che dubbi; quindi eccole lì sopra, le mie speranze.
Il tizio che scende dall’auto per raccogliere Mike assomigliava orribilmente a Scott per la mia miope vista e pertanto mi sono rifiutata di indagare su quale fosse l’effettivo finale del film secondo il regista: il mio mi va benissimo così.
Alla fine penso che fosse quello l’Idaho, qualcosa che non dovrebbe esserci ma che c’è comunque, e che va benissimo così.