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Autore: Alex995    08/04/2016    12 recensioni
-Scusate, Tommy e Laurel non vi hanno mai parlato della tutela legale di Sophie?-
-No.- diciamo all'uniscono Oliver ed io.
-Beh.... stilando il loro testamento, chiesi chi si sarebbe dovuto occupare di Sophie nell'ipotesi di un loro prematuro decesso e loro alla fine... nominarono voi. Voi due.-
Oliver e Felicity sono migliori amici: lui è il CEO dell'azienda di famiglia, lei è la sua fidata assistente. Sin dal loro primo incontro, Oliver è rimasto affascinato dalla giovane informatica, invitandola ripetutamente a cena ricevendo però sempre la solita risposta: NO.
Quando le cose sembrano andare per il verso giusto, Felicity viene a conoscenza di una verità che non riesce a tollerare e si allontana da lui.
Dopo ripetuti tentativi a riavvicinarli, è il decesso prematuro di Laurel e Tommy Merlyn, che lasciano la piccola Sophie di solo un anno, orfana di entrambi i genitori.
E nel giro di poco tempo, Oliver e Felicity si ritrovano a crescere una figlia, che fino ad allora avevano considerato solo una nipote.
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Sono tornataaaaaa!
Spero di avervi incuriosito. La storia si ispira al film "Life as we know it" cui regista è il nostro produttore preferito: Greg Berlanti.
E' una fanfiction AU. Spero vi piaccia ;)
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dinah 'Laurel' Lance, Felicity Smoak, Oliver Queen, Tommy Merlyn, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Premesse:
Se non avete visto il film "Tre all'improvviso" .. fatelo. E' davvero divertente e poi riguarda indirettamente la serie di Arrow visto che il suo regista è il nostro produttore esecutivo preferito ovvero Greg Berlanti! 
Inoltre vorrei anticiparvi, che la storia avrà una piega diversa rispetto al film... qui Oliver e Felicity sono migliori amici, nel film i due protagonisti si odiano. Mi sembrava carino esplorare questo tipo di relazione tra i due ma chi mi conosce sa che  i problemi sono dietro l'angolo! Prometto però di essere buona e spero di farvi appassionare anche a quest'altro lavoro. 
Non vi voglio rivelare niente quindi vi lascio al capitolo.
Buona lettura :D





                                                                                               Capitolo 1

Gennaio 2011
-Sei in ritardo.-
Anche questa mattina non ho sentito la sveglia.
 Ieri , nonostante fosse giovedi sera, dopo una lunga settimana  trascorsa a leggere e firmare non so quanti contratti,  mi sono concesso un’uscita con i miei amici, trascorrendo un po’ di tempo al Verdant. In realtà sono tornato a casa all’una passata, leggermente brillo visto tutte le birre che ci siamo scolati ma questo evito di dirlo. Era da tempo che non uscivano come ai vecchi tempi: io sono stra-impegnato con l’azienda di famiglia viste le pressioni di mio padre che vuole farmi lavorare da solo per andare in pensione in anticipo;  Tommy dedica anima e corpo al lavoro e alla sua nuova bellissima moglie avendo convolato a nozze pochi mesi fa; Barry lavora nel dipartimento scientifico di polizia della città risolvendo casi su casi,  mentre Ray sta lavorando come un matto per stipulare un contratto con una nota azienda londinese a nord della capitale britannica.
-Lo so.- rispondo secco controllando di sfuggita l’orario sull’orologio che ho sul polso.
Cazzo, mi ucciderà.
-Sai anche che Felicity si arrabbierà a morte, vero?-
John questa mattina  è davvero perspicace. Forse anche troppo.
-Per questo motivo ho una guardia del corpo.- puntualizzo guardando negli occhi il mio amico tramite lo specchietto retrovisore.
-Ah, no… hai sbagliato persona.- dice John retorico. –Non ho intenzione di proteggerti da lei.-
-Sul serio?- chiedo divertito vedendolo cosi serio.
-L’ultima volta che avete litigato non  vi siete parlati per tre giorni, amico. Non parliamo di una biondina qualunque.. –
Ha dannatamente ragione. Felicity non è una bionda qualunque. Non è come le altre donne. Lei è spiritosa, diligente, seria,  divertente… dannatamente sexy anche se odia essere definita cosi. Ha certi occhi azzurri e certi capelli biondi che la rendono dannatamente irresistibile. Per non parlare delle sue labbra, carnose e colorate ogni giorno con un rossetto diverso.
-Tre giorni?- chiedo confuso.
-Per scusarti le comprasti i suoi cioccolatini preferiti… ricordo che erano impossibili da trovare.- dice rinfrescandomi la memoria.
Ha ragione. Ricordo bene quel giorno perché fu la nostra prima vera litigata. E’ successo l’anno scorso, erano da poco passate le feste natalizie, ed io ero nervoso per l’arrivo di un socio italiano che voleva entrare in affari con noi. Non so cosa le dissi, lei mi rispose di rimando e io la invitai a stare zitta dicendoglielo però in malo modo. Ricordo anche i suoi occhi. Erano increduli, spenti e perché no anche furiosi.
Se non le avessi chiesto scusa io, forse a quest’ora non sarebbe neanche più la mia assistente. E io ho bisogno di lei. Non solo perché riesce a conciliare tutti i miei appuntamenti, ma perché è la mia partner.
E’ l’unica donna della mia vita che mi fa filare. L’unica che mi fa ragionare, che mi da  l’energia necessaria ad andare avanti.
E’ anche l’unica donna che mi ha respinto.
Prima che diventasse la mia assistente, quand’era solo una dipendente della Queen Consolidated nel reparto informatico, le chiesi di uscire con me per una birra.
Ricordo quel giorno come se fosse ieri. Sono passati già due anni, ma la sconfitta mi brucia ancora dentro. Volevo provarci con lei, ma lei in tutta risposta mi diede un bel palo, che ancora oggi mi fa bruciare di rabbia. Forse per questo motivo mi sono convinto dell’idea che non dovevo lasciarla andare.
Promettendole che avrei tenuto le mani a posto, le ho chiesto di uscire insieme e dopo qualche mese siamo diventati migliori amici.
Lei sa tutto di me e io so tutto di lei.
Beh non tutto tutto, visto che ancora non so quanto porta di reggiseno e se fa sesso con il profilattico, ma in generale so molte cose. Ci ho messo un po’ a conquistare la sua fiducia, ma alla fine ne è valsa la pena.
Quando Bethany (la mia vecchia assistente) mi avvisò che aspettava il suo primo figlio, non ci pensai due volte a dare a Felicity una promozione, convertendola cosi nella mia segretaria.
Una segretaria che non mi porta il caffè, precisiamo.
Lei all’inizio era furiosa, per via della voci che giravano su di noi in azienda, ma poi si è calmata pian piano dimenticando la faccenda nonostante le voci continuino ad esistere.
Sono passati due anni  da quando ha iniziato a lavorare per me, e non ho mai rinunciato ad uscire con belle ragazze per svagare la mente. Ma non posso nascondere che, nel mio cuore  c’è sempre lei.
Non so come spiegarlo ma… è come se sapessi di essere destinato a lei. Tutte le altre, per quanto possano essere belle e intelligenti, vengono subito poste a confronto con lei e perdono importanza.
Lei vince su tutto.
-Fermiamoci alla sua caffetteria preferita.- dico risoluto sapendo quanto Felicity ami il caffè.
-Pensi che questo la calmerà?- domanda John divertito.
-La conosco meglio di chiunque altro… credimi mi perdonerà senza battere ciglio.-

 
                                                                                                                  *********************************

 
E’ in ritardo. Di nuovo. Sarà la ventesima volta che accade in questi mesi. La riunione sta per cominciare e lui non c’è.
Avrà fatto tardi ieri sera? Avrà visto qualcuno? Conosciuto qualche ragazza nuova?
Ma cosa me ne importa? In fin dei conti la mia opportunità l’ho avuta. E’ vero mi sono pentita di avergli detto di no due anni fa, ma sono più contenta di essere diventata sua amica. Di essere diventata sua assistente.
Con lo stipendio che mi da, sono riuscita nel giro di due anni a mettere insieme una bella somma di denaro per comprarmi finalmente un appartamento in centro (anche grazie ai risparmi messi da parte per il college) lasciando cosi il trilocale che occupo da 4 anni.
L’affitto è arrivato alle stelle, odio il quartiere per non parlare dei vicini che sono sempre sgarbati. L’unica persona che mi dispiacerà lasciare sarà la signora Ryan, che poverina da quando le è morto il marito, non fa altro che trascorrere le sue giornate a casa a fare l’uncinetto in compagnia del suo amato gatto.
Sono nella sala riunioni, mettendo a punto gli ultimi preparativi per la riunione (come attivare il proiettore e disporre le cartelline con i conti inerenti all’ultimo mese) quando sento la sua voce e sono costretta a girarmi verso di lei fingendo un sorrisetto tirato.
-Felicity.-
Odio la sua voce. Odio lei.
Non sono mai stata una persona cattiva ma con lei.. credo davvero che potrei metterle dell’acido nel caffè se solo ne avessi la possibilità.
-Signorina Rochev.- dico avanzando verso di lei. –Posso aiut….-
-Dov’è Oliver?- chiede acida interrompendomi.
Perché devo sopportarla cosi? Lei non è il mio capo. Lei non è nessuno per me.
-Sta arrivando. C’è traffico.- dico rifilandole la solita scusa banale.
-Perché lei è già qui allora?- chiede fingendosi perplessa.
Lei è la stronza che ha messo in giro le voci su di me e Oliver. Lei ha fatto credere all’intero consiglio, ai dipendenti e perché no anche alla ditta delle pulizie che Oliver ed io c’è la spassiamo sotto le coperte come due conigli.
Ad aumentare ancora di più queste voci, è la condotta di Oliver che da due anni a questa parte è cambiata da cosi a cosi. Di raro finisce sulle riviste scandalistiche, non si fa più vedere in giro con prostitute o modelle di night club… è diventato un CEO modello.
Evito di risponderle, nel momento in cui anche gli altri membri del consiglio ci raggiungono e prendono posto bevendo il proprio caffè in attesa che la riunione inizi. Sbuffo leggermente, entrando nell’ufficio di Oliver solo per raggiungere l’ingresso del 17° piano dove c’è la mia scrivania. Prendo il cellulare e vado nelle ultime chiamate, con l’intento di chiamare il ritardatario e capire dove diavolo si sia cacciato, quando sento il campanello dell’ascensore suonare avvisandomi cosi dell’arrivo della cabina. Quando lo vedo uscire, vestito in uno dei suoi soliti completi grigi, tiro un sospiro di sollievo e gli vado incontro.
-Mi dispiace sono in rit….-
-Hai la minima idea di che ora sia? Ti avevo espressamente chiesto di arrivare puntale stamattina!- sbotto furiosa per questo suo comportamento infantile, puntandogli un dito sul torace. –Sai quanto sia odiosa la tua socia in affari, sai quanto le piaccia mettermi in difficoltà e tu che fai? La aiut……-
Quando mi alza un sacchetto di cartone davanti agli occhi (sacchetto che aveva nella mano sinistra e che io non ho letteralmente visto) , mi zittisco di colpo leggendo il logo della caffetteria che tanto adoro.
-Ti sei fermato da CCOJITTERS?- domando incredula.
-Caffè con panna, una manciata di cannella e due bustine di zucchero.- dice porgendomi il pacchettino. –In più….-
Evita di continuare la frase, suscitando cosi la mia curiosità invitandomi ad aprire la bustina.
-Muffin ai mirtilli.- sussurro accennando un sorrisetto. –Quindi …..hai fatto tardi per prendermi la colazione?-
Conosco già la risposta. Non è la prima volta che mi porta la colazione ma so che in questa circostanza l’ha fatto solo per farsi perdonare.
-In realtà…volevo farmi perdonare.- sussurra dolcemente. –Ieri sera ho fatto tardi con i ragazzi e non ho sentito la sveglia.-
Quando sento queste parole, mi calmo subito. Non mi ero neanche accorta di essere nervosa.
Ero nervosa perché pensavo che fosse uscito con qualcuna?!
-La riunione è iniziata.- dico fredda. - Vai, altrimenti dovrò fare i conti con la serpe.-
Non mi faccio nessun problema a definire Isabel una serpe davanti a lui. In passato, le sue frecciatine mi rendevano nervosa a tal punto da rispondergli male. Lui ovviamente non ne capiva il motivo cosi dopo un po’, ho iniziato a confidarmi con lui circa le voci che giravano sul nostro conto.
Voci che ripeto sono state messe in giro da Isabel.
Sa quanto quella donna può essere odiosa. Un paio di volte ha ascoltato le nostre conversazioni ed è rimasto impressionato dalla sua freddezza.
Prima di andarsene, mi da un bacio veloce sulla guancia  e poi si avvia verso il suo ufficio. Sto per sedermi di nuovo al mio posto, quando sottocchio lo vedo ritornare verso di me.
-Quindi mi hai perdonato?- chiede sporgendosi di poco sulla soglia dell’ingresso del piano dove c’è la mia scrivania.
-Vai.- gli ordino facendo la seria per alcuni secondi. Quando vede che fatico a trattenere un sorriso, esegue gli ordini e va in sala riunioni.
Prendo dalla busta della caffetteria il mio caffè, e inizio a sorseggiarlo con gusto nonostante sia già il terzo che prendo da stamattina. Un paio di minuti più tardi, e dall’ascensore esce anche John Diggle, autista nonché amico di Oliver.
-Hey, Dig.- dico salutandolo sorridente.
-Buongiorno Felicity.- dice avvicinandosi a me per darmi un bacio sulla testa.
E’ come uno zio per me. Ci comportiamo come se fossimo amici più che colleghi. Entrambi lavoriamo per Oliver e siamo sulla sua busta paga, ma …. dedichiamo anima e corpo in ciò che fa. Gli vogliamo bene. Anche se è il nostro capo.
-E’ riuscito ad addolcirti con il caffè, eh?- chiede retorico sedendosi sulla sedia di fronte a me.
-E con un muffin ai mirtilli.- preciso.
-Stai perdendo colpi Smoak.- dice sfottendomi un po’.
-Oh no… ti sbagli di grosso… credimi.- dico facendogli l’occhiolino.
-Conosco quello sguardo.- ammette John divertito. –Cos’hai in mente?-
-Oliver si è magicamente offerto di aiutarmi a fare il trasloco…- dico mentendo spudoratamente.
Non ho ancora trovato un appartamento, ma qualcosa mi dice che…. Oliver Queen sarà più che contento di aiutarmi con gli scatoloni.
-Ah… ora è tutto chiaro.- dice John scuotendo il capo divertito.
 
 
 
-Passo a prenderti alle sette?-
Sono cosi concentrata sullo schermo del mio pc, controllando i vari appuntamenti di Oliver per la settimana prossima, che non mi accorgo neanche della sua presenza. Alzo lo sguardo, trovandolo senza giacca, sulla soglia del suo ufficio con le mani in tasca.
Sono passate da poco le quattro e tra qualche ora potremo finalmente andare a casa. Sono stanca, davvero molto stanca ma evito di ammetterlo a voce alta perché se Oliver mi sentisse mi manderebbe via.
-Come ?- chiedo confusa vista la sua strana domanda.
-Passo a prenderti alle sette?-
-Avevamo un appuntamento?- chiedo titubante. –O una cena di lavoro? Oddio me ne sono dimenticata!-
Non ho un vestito. Non ho fatto la messa in piega ai capelli!
Non è la prima volta che Oliver mi chiede di accompagnarlo a qualche serata. Soprattutto se sono serate di beneficenza. Mi piace fargli da accompagnatrice, perché riesce sempre a farmi sentire speciale. Mi scosta la sedia, mi fa assaggiare i suoi piatti….
Siamo migliori amici. Io non ho mai avuto un rapporto del genere con nessuno e lui la stessa cosa. In realtà credo di essere la sua unica vera amica ma questo è un altro discorso.
-L’hai dimenticato, vero?- chiede Oliver venendo verso di me per appoggiarsi con il bacino al bordo della scrivania.
Controllo velocemente l’agenda sulla scrivania, notando che non ci sono impegni per la serata.
-Non ci sono cene di lavoro…-
-No… nessuna cena. Beh in realtà c’è una cena ma è con ….-
Oh merda. Come ho fatto a dimenticarmene? 
-Tommy e Laurel.- dico interrompendolo ricordando di colpo l’impegno preso con i nostri amici.
Tommy e Oliver sono amici sin da piccoli. Malcom (il papà di Tommy) e Robert (il papà di Oliver), sono perfino in società insieme. A differenza loro, Laurel ed io ci siamo conosciute qualche anno fa, grazie a Sara, sua sorella. Quando arrivai a Starling City dopo la laurea, non conoscevo nessuno. Incontrai Sara al Verdant (all’epoca ci lavorava come barista) mi prese subito in simpatia (in realtà ha ammesso che ci voleva provare con me visto che è lesbica ) e allora mi fece conoscere nuova gente. Tipi strani (ancora oggi non comprendo a pieno la battute di Cisco Ramon), ma che sono davvero simpatici. Barry è un nerd come me che stra vede per la serie House of cards. Caitlin Snow la sua ragazza come me è amante dei computer. Ray Palmer è il tipico miliardario, con la testa sulle spalle, innamorato pazzo della sua fidanzata Kendra, la quale lavora come barista nella mia caffetteria preferita.
-Vogliono mostrarci la casa.. i lavori sono finiti la settimana scorsa.- dico ricordando la telefonata di Laurel della settimana scorsa.
Hanno comprato una villa a due piani non molto lontano da villa Queen. Una casa in una zona residenziale, molto grande con un bel giardino nel quale Tommy ha fatto montare un gazebo in legno per le cene estive. Siamo a gennaio, visto il freddo che fa, ci vorrà ancora un po’ di tempo per organizzare dei pranzi all’aria aperta ma già pregusto il giorno in cui siedero all'aria aperta circondata dalla persone che amo. Riesco perfino ad immaginare i raggi del sole sulla mia pelle. 
-Sei stata tu a dirle di si.. io non ne sapevo nulla.- ammette Oliver come se volesse giustificarsi.
-Tommy evita di chiamare te perché sa che hai la memoria corta.- dico lanciandogli una frecciatina.
-Anche tu stai perdendo colpi, eh.-
-No è solo che…. sono stanca. Stavo già immaginando il momento in cui sarei tornata a casa, avrei indossato il mio pigiama e mi sarei messa a letto mangiando gelato alla menta guardando la serie di House of cards. Sai che sono rimasta indietro di quattro puntate?-
-Mmmm…questo si che è un grosso problema. - dice Oliver costringendomi ad alzare lo sguardo verso di lui. Mi sta osservando un pò troppo attentamente come se la sua mente stesse pensando qualcosa... di poco innocente. 
-Cosa?- chiedo confusa.
-Specifica che tipo di pigiama… quello con i koala o quello di raso corto con le bretelline sottili?-
-Oliver!-sbotto dandogli uno schiaffo sul braccio. –Smettila!-
-Non mi hai risposto.- dice punzecchiandomi. –E’ quello di raso, vero?-
Visto che il Verdant è a pochi isolati da casa mia, quando Oliver esce per ubriacarsi viene a dormire da me. In realtà non si ubriaca da molto tempo, ma viene comunque a stare da me. Viene per cena, vediamo un film e poi ci addormentiamo entrambi sul divano.
Più volte quindi, mi ha visto in pigiama e perché no anche in intimo. Cosi come io ho visto lui, in boxer costatando che ha un fisico scolpito come un dio greco, lui ha visto me.
-In realtà è la tua vecchia maglia del college… quella grigia con le scritte bordeaux.-
Oliver accenna un sorrisetto malizioso, mentre corruccia lo sguardo sorpreso delle mie parole.
-Oh andiamo!- dico vedendolo cosi sorpreso. –Di solito dormi e giri per casa mia a torso nudo …-
-Lo faccio per provocarti!- esclama divertito. –Cosi come tu provochi me quando giri per casa con quella canotta di raso verde.-
-Il verde è il tuo colore preferito.- sussurro dandogli corda.
-Ecco appunto.- dice scuotendo il capo.
-Ma credimi.. non lo faccio per provocarti… forse  giusto un po’ visto che è divertente sentirti parlare con i ragazzi del mio fisico pazzesco..-
Cisco, incapace di credere che tra di noi non ci sia nient’altro che una semplice amicizia, tartassa Oliver di domande. Gli chiede di tutto e di più, anche commenti sulla mia biancheria intima. Oliver gli da delle risposte vaghe, non volendo violare la mia privacy, e questo non fa altro che aumentare i dubbi del nostro amico. Anche Ray, dubita che tra di noi non sia mai successo niente. Nessuno crede nella nostra amicizia, visto il passato di Oliver.
Molte volte mi sono ritrovata ad origliare di nascosto, una conversazione tra i ragazzi, dove tutti facevano apprezzamenti sul mio corpo. E’  imbarazzante, sentirli giudicare le mie gambe, il mio sedere o i miei seni piccoli. Tutti commenti positivi, devo ammetterlo. Tutti commenti che Oliver non  prende bene, infatti cerca sempre di cambiare discorso a tutti i costi, infastidito dalle parole che i nostri amici  visto che si è sempre mostrato geloso nei miei confronti.
Una gelosia direi a dir poco morbosa. Ogni qual volta qualcuno si avvicina a me, e inizia a toccarmi o ad entrare nel mio spazio personale senza permesso, Oliver parte in quarta come un treno attaccando chiunque cerchi di avvicinarsi.
-Perché è cosi… sei sexy.- dice Oliver sporgendosi di poco verso di me osservando il mio corpo e il vestito che mi si attacca addosso.
Se non sapessi com’è fatto, direi che ci stia provando.
-Vieni a prendermi alle sette, allora?- chiedo cambiando discorso fingendomi nervosa dal suo commento.
-Sarò da te alle sette meno cinque.-
-Quando si tratta di non andare a lavoro sei sempre puntuale, eh?- chiedo retorica.
-Quando si tratta di te sono sempre puntuale.- dice mettendomi dietro all’orecchio una ciocca di capelli.
-Torna a lavorare e non distrarmi.- dico girando la sedia girevole invitandolo ad andarsene.


 
                                                                                                            **************************************

 
-Dove stai andando?-
Sono appena arrivato giù alla rampa di scale di casa mia, quando sento la voce di mia sorella alle mie spalle.
-Hey Speedy.- dico mettendomi il cellulare e il portafogli in tasca. –Sto uscendo.-
-Devi vederti con Felicity?- chiede Thea pronunciando il nome della mia amica con un intonazione diversa di voce.
Thea adora Felicity. E lo fa perché Felicity riesce a tenermi testa. Insieme mi hanno perfino organizzato la festa di compleanno per i miei trent’anni. Una festa a sorpresa, di cui non sapevo nulla. A differenza di Thea, mia madre all’inizio odiava Felicity. Credeva che mi avesse soggiogato, e come tutti gli altri dipendenti della Queen Consolidated, pensava che Felicity fosse stata promossa perché veniva a letto con me. Più passava il tempo, più vedeva che questa cosa tra di noi continuava perciò si è convinta a conoscerla capendo finalmente che non era quel tipo di ragazza, ed ha iniziato subito a fidarsi di lei.
Mio padre invece, la adorava anche prima che la conoscessi. E’ stato lui ad assumerla 4 anni fa, nel settore del dipartimento informatico come tecnico. Con la laurea e con i voti che ha avuto alla M.I.T. era normale che mio padre la assumesse.
E’ un genio dei computer.
-No, devo andare da Tommy e Laurel.- dico giocando con le chiavi della macchina.
-Con Felicity…-  sussurra Thea divertita sfottendomi un po’.
-Si… con Felicity.- dico abbassando il capo imbarazzato.
-L’avevo capito dalla quantità di colonia che ti sei spruzzato… e dagli occhietti a cuoricino.-
-Io non ho gli occhietti a cuoricino.- dico interrompendola corrucciando la fronte.
-Sai, dovresti dirglielo.- dice lisciandomi i bordi della giacca blu che ho indossato con la camicia azzurra e i pantaloni blu scuro.
-Cosa, Speedy? Che mi piace da quando la conosco? Non mi crederebbe mai.-
-E’ normale che sia cosi! Sei uscito con non so quante donne in questi anni! Dovresti corteggiarla seriamente e vedere come va…- dice Thea volendomi dare lezioni di vita.
-E’ la mia migliore amica.. la mia assistente. Non voglio rovinare tutto.-
-Ollie lei è interessata a te. Non vedi il modo in cui ti guarda? O come sorride quando l’abbracci?- dice alzandosi sulle punte per darmi un bacio veloce sulla guancia. -Se non ci provi davvero, non lo saprei mai.- 
-Dici che dovrei provarci?-
-Affermativo. Chiamami se hai bisogno di un posto per la proposta di matrimonio.- dice andando via chissà dove.
Alzo gli occhi al cielo, ripensando però alle sue parole.
La paura di perderla è tale, che evito perfino di pensarle certe cose. Ma non posso ignorare ciò che sento. Ciò che provo quando qualcuno ci prova con lei, o quando i nostri amici fanno commenti sul suo corpo allenato.
Tutto sarebbe più facile se sapessi che lei prova la stessa cosa per me. Ma è impossibile che ciò accada, perché lei non si sbilancia. Lei è sempre cosi seria.. cosi professionale. Mi provoca, ma so che lo fa perché anch’io provoco lei.
Che casino.

 
 
                                                                                                      ********************************************            
   
              
 
Sono le sei e trenta del pomeriggio quando sento qualcuno bussare sulla porta di casa. Sono tornata a casa solo  mezz’ora fa,  e subito mi sono infilata sotto alla doccia  per fare uno shampoo veloce per poi prepararmi per la cena  a casa Merlyn.
-Chi è?- chiedo urlando dal corridoio sperando che non sia qualche vicino che rompe le scatole.
-Consegna a domicilio.- dice il mio ospite dall’altro lato della porta.
Accenno un sorriso divertito, andando verso la porta aprendola senza problemi.
Mi ritrovo faccia a faccia con Oliver, che quando si accorge che sono mezza nuda davanti a lui (indosso solo un asciugamanino intorno al corpo) inizia a squadrarmi da capo a piedi concentrando l’attenzione sulle mie gambe ancora bagnate.
-Sei in anticipo.-
-Avrei dovuto chiamare.- dice imbarazzato.
-Mi avrai visto un milione di volte cosi…. dai entra.- dico mollandolo li sulla soglia correndo di nuovo verso il bagno attraverso il corridoio.
-Stavo pensando che potremmo fermarci in quella gelateria che piace tanto a Laurel… sai per non presentarci a mani vuote.-
Lo sento ancora molto distante, infatti mi sporgo sulla soglia della porta del bagno e lo cerco superando con lo sguardo il corridoio, notandolo ancora nell’ingresso.
-E’ successo qualcosa?- chiedo confusa.
-Mmm… ? No, certo che no.- dice rientrando le labbra come fa di solito quando è imbarazzato.
-Ci beviamo una birra? O un po’ di vino?- chiedo volendo smorzare l’imbarazzo che si è creato. –Mi vesto un secondo e poi ti raggiungo.-
Vedo Oliver annuire un po’ titubante, cosi con ancora la porta del bagno aperta, mi asciugo velocemente il corpo indosso l’intimo, le calze , i tacchi e infine un jeans aderente e una camicetta con una giacca.
Ho scelto qualcosa di casual, stanca dei soliti vestiti che indosso di solito al lavoro, volendo indossare qualcosa di più comodo ma allo stesso tempo di elegante.
Mi alzo i capelli con una pinza, e poi ancora struccata raggiungo Oliver in cucina che nel frattempo mi ha preso una birra fresca.
-Allora che succede?- chiedo sedendomi sull’isola della cucina con i piedi a penzoloni.
-Sono solo stanco… - dice mentendomi. Lo guardo, fissando i miei occhi nei suoi, cercando di leggervi qualcosa. Qualche ora fa era cosi pimpante e ora è stanco?
-Mi stai raccontando una balla.- dico bevendo un sorso di birra. –Lo sai tu e lo so io…è successo qualcosa in ufficio dopo che me ne sono andata?- 
-No… te l’ho detto sono solo stanco.-
Scendo dall’isola della cucina, con la birra ancora in mano e mi avvicino a lui.
Subito vengo inebriata dalla sua acqua di colonia, lo stesso profumo che è impregnato sulla sua maglietta quella che indosso come pigiama nell’ultimo periodo.
-Significa che dopo ti fermi qui?- chiedo con un pizzico di speranza cercando di capire cosa gli stia passando per la testa.
-Vuoi che resti?-
-Se tu vuoi… - dico scrollando le spalle. E' la prima volta che gli chiedo se si trattiene per la notte. Di solito succede e basta.  Perché mi sento cosi imbarazzata? 
-Certo che voglio..- sussurra accarezzandomi le braccia dolcemente.
Poso la birra sul ripiano dietro di lui, e gli metto una mano sul viso con l’intento di accarezzarglielo.
-So che c’è qualcosa che non va… ti conosco. Se non ne vuoi parlare non fa niente…-
-Ne voglio parlare. Ma non so come fare.- ammette sincero interrompendomi. –E’ complicato.-
-Provaci… - aggiungo.
Oliver tira un sospiro, come se volesse farsi forza di qualcosa e poi inizia ad osservarmi con un espressione seria.
-Ti andrebbe di uscire con me?- chiede a bruciapelo.
-Usciamo già insieme, Oliver.- dico sincera. 
-Non intendevo questo.- sussurra schietto. 
Mi sta chiedendo di uscire, uscire? Come...una coppia e non come amici? 
Non pensavo che la questione riguardasse me. Cioè noi. E poi che razza di richiesta è la sua? Certo che voglio uscire con lui!
Ma non posso dirglielo. La migliore forma d'attacco è la sorpresa.
-Non voglio leggere molto nelle righe ma… tu mi stai chiedendo un appuntamento? Cioè un vero appuntamento?- 
-So che… siamo amici e che la cosa è alquanto strana ma…-
-Di solito sono io quella che balbetta quand’è nervosa.- dico interrompendolo.
Oliver accenna un sorrisetto sincero, che mi costringe a rientrare le labbra per via dell’imbarazzo.
-Si, un appuntamento.- ammette sincero.
Un appuntamento con Oliver Queen.
Questa si che è bella. Me l’ha chiesto due anni fa, e ora mi ritrovo nella stessa identica situazione. Solo che allora non lo conoscevo, mentre ora… è il mio migliore amico.
-Di qualcosa.- sussurra vedendomi cosi silenziosa.
-Hai già deciso dove portarmi?- domando rivelandogli indirettamente la mia risposta.
Oliver mi piace. Mi piace da sempre. Mi ha inviato dei segnali in questi mesi ma non pensavo facesse sul serio.
Noi ci scherziamo su, qualche volta dormiamo anche insieme abbracciati come se stessimo insieme… siamo migliori amici perché abbiamo escluso l’idea di avere altro. Ma forse ora… ora potrebbe essere il momento giusto.
-Pensavo al ristorante italiano.- dice cercando di trattenere un sorriso.
-Amo il cibo italiano.-
-Lo so.- sussurra conoscendo benissimo i miei gusti.
Quando la tensione inizia ad essere più palpabile, visto anche il silenzio imbarazzante che si sta creando tra di noi, pensando che voglia baciarmi (anch’io vorrei farlo ma non vorrei correre troppo) fuggo da lui con la scusa che devo ancora asciugarmi i capelli.
La serata sarà lunga. Davvero lunga.
 





 
  
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