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Autore: Emotional Fever    09/04/2016    5 recensioni
E se al posto dell'Agente Ethan Thomas ci fosse stata una giovane soldatessa di nome Andrew?
Quali sarebbero state le sue emozioni (ed i suoi sentimenti) nel vivere una cruda esperienza, del Detective della SCU, sulla propria pelle?
Genere: Guerra, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Violenza
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Premessa: Attenzione in questa FanFiction è presente uno SPOILER legato al Videogioco "Condemned 2". Leggetela solo se questo dettaglio potrà essere irrilevante per voi. Grazie dell'attenzione. Buona Lettura.


Il mirino rosso luccicava sotto il fascio di luce, che filtrava dal soffitto in legno. La bocca del fucile era puntata contro di me...Non so dire di preciso in che punto, forse alla fronte. L'uomo che avevo di fronte era un soldato, vestito con tuta imbottina nera, giubbotto antiproiettile, guanti in pelle e maschera in stoffa scura. Io non dissi una parola. Ero, più che altro, sorpresa di trovarmelo davanti.
Indietreggiai, alzando lentamente le mani al livello della faccia. Non avevo armi con me, poiché l'unica cosa metallica che possedevo in mano era il mio anello nuziale. Due erano i metri che ci separavano. Eravamo solo io e il militare, che con molta calma e circospezione avanzava verso di me. Prima un passo, poi l'altro, ancora un altro passo...Fin quando non fu abbastanza vicino da potermi comunicare le sue intenzioni con gli occhi (l'unica parte scoperta del suo viso). Presi un profondo respiro, arrestandomi. Il cuore mi batteva forte, mentre la saliva cominciava a mancarmi in gola. Deglutii, anche se non ne avevo la forza. L'uomo continuava a fissarmi con iridi dalla tonalità limpida. Non avvertivo alcuna minaccia nel suo sguardo o nei suoi movimenti. Stava fermo, ad aspettare che io mi muovessi o lo attaccassi, probabilmente. L'unica cosa che feci fu rilassare le spalle, attendendo la mia presunta fine. Il soldato sbatté le palpebre un paio di volte, evidenziando ancora di più le sue occhiaie. Il mio battito cardiaco rallentò, assieme alla mia preoccupazione. Si dice che gli occhi siano lo specchio dell'Anima...Non ci avevo mai creduto fino ad allora. Quel militare non voleva uccermi, ma solo dirmi di stare ferma; in questo modo non mi sarebbe accaduto nulla. Obbedii, aspettando la sua prossima mossa, poiché non avevo alcun rancore nei suoi confronti. Le sue braccia si abbassarono lentamente e l'uomo sospirò a pieni polmoni. Rilassai le dita delle mie mani, ma quando credevo di essere riuscita ad evadere da quella maledetta situazione di stallo, uno sparo fece capolino dal nulla. Lanciai un grido smorzato, non appena vidi che il soldato di fronte a me era stato colpito alla spalla. Egli cadde a carponi ai miei piedi, tramortito, tamponandosi la parte ferita.
Lo guardai per pochi secondi, terribilmente confusa. Subito dopo alzai lo sguardo in avanti e vidi un altro uomo, questa volta molto più massiccio e minaccioso.
Ebbi solo pochi secondi per squadrarlo per bene, poiché non mi pareva di conoscerlo. Aveva un espressione minacciosa ed un ghigno malizioso che gli percorreva il volto. Poi accadde l'inaspettato. L'uomo misterioso si scagliò contro di me, puntandomi un coltello alla gola. Contrassi i muscoli del collo, spaventata. La lama mi premeva sulla pelle e, per un attimo, mi parve di sentire l'incisione del taglio. L'adrenalina cominciò a scorrermi nelle vene, facendomi sentire le pulsazioni del pericolo nelle orecchie. I miei respiri si trasformarono in affanni brevi ma rapidi. Le lacrime cominciarono a comparire dalle mie palpebre inferiori; mentre la mia vescica sentiva l'irrefrenabile bisogno di svuotarsi. La freddezza della lama seghettata si trasformò in un filo ardente che mi fece sudare freddo, mentre l'espressione cattiva dell'uomo cominciava ad assumere un tono più raccapricciante.
«Beh...Ma guarda guarda, una povera ragazza indifesa che pensa di poter sopravvivere in battaglia»
La presunzione di quell'essere mi fece venire la nausea, oltre la voglia impellente di rispondergli...Peccato che la mia gola era chiusa, per via della pressione metallica. Mi azzardai solo ad assottigliare leggermente le palpebre, che tremavano ad ogni mio respiro sfasato. Cercai di mantenere lo sguardo fisso su di lui, poiché con la coda dell'occhio vidi il soldato di prima alzarsi, dietro di lui. Non immaginavo che mantenere un'espressione immobile potesse fare così male. Addirittura sentii la presenza di un leggero tic sottocutaneo.



Nel mentre di ciò, il militare impugnò il fucile puntandolo contro il nemico. Non ce la facevo più, sentivo il bisogno di muovermi. Anche le gambe stavano cedendo al tremore continuo. Sapevo di dover fare qualcosa, ma non sapevo cosa! Cercai di pensare rapidamente ad una qualche rapida soluzione...Ma non ci riuscii.
Sotto i miei occhi terrorizzati, vidi l'uomo che mi teneva in ostaggio girarsi di scatto, sbilanciando con un sonoro pungo il militare. Io ebbi solo il tempo di riprendere fiato, dopo che la lama si era staccata dal mio collo. L'unica cosa che ricordo di aver visto fu il manico dell'arma bianca venire impugnata da entrambe le mani del suo proprietario, essere stretta forte ed accompagnata contro la testa del soldato.
L'impatto tra carne e metallo fu rapido quando violento. Spalancai le palpebre e la bocca, alla vista di quell'omicidio inaspettato e terribilmente disumano. Il soldato mi dava le spalle e non vidi l'espressione dei suoi occhi, mentre la lama del coltello gli perforava la tempia, trapassandogli il cranio da un estremo all'altro. Ma penso sia stato meglio così...Non penso che avrei potuto reggere ulteriormente il dolore che stavo provando. Il corpo senza vita del soldato si accasciò sotto i miei occhi. Accadde in modo lento ed inimagginabile. Il tonfo di quel nuovo cadavere mi fece gelare il sangue. Le lacrime che velavano i miei occhi cominciarono a scorrere lungo le mie guance. Come se non bastasse il mio cuore cessò di battere, per qualche secondo. Non so se ciò dipendeva dalla mia malattia o dal fatto che il mio stupore era tale da scaturirmi quella reazione. Ricordo solo di aver sentito il bisogno di urlare, per sfogarmi...Ma non ci riuscii.



Non appena fu certo di aver compiuto il suo atto di sana giustizia, l'uomo misterioso mi diede un'ultima occhiata.
«Era solo uno schifoso soldato, pronto ad ammazzarti! Ti ho salvato la vita, quindi ti consiglio di scappare...Prima che ai suoi compagni venga in mente di farti perdere la testa»
Io non risposi. Non mi azzardai nemmeno ad alzare lo sguardo per confermagli il mio ascolto. L'unica cosa che udii, subito dopo, fu lo scalpiccìo dei suoi passi impegnati in una veloce corsa di fuga.
Non appena se ne andò le mie ginocchia cedettero, assieme ai miei sensi di colpa.
Era colpa mia se quel soldato era morto...Se non avevo fatto nulla per salvarlo...

DIO, ti prego perdonami!
Perdonami se non sono riuscita a fare nulla per impedire la sua morte!


Caddi a terra, sentendo un dolore fitto alle ginocchia. Strinsi i denti, trennendo il respiro...
Piansi, in quell'unico momento in cui nessuno poteva vedermi. Con gli occhi imbevuti d'acqua allungai la mano, alla ricerca della testa del uomo. La vista completamente annacquata mi fece tribolare, dando alle mie labbra l'incapacità di stare ferme

...Perché?

Fu l'unica cosa che riuscii a pensare.
Una volta aver raggiunto il capo trapassato del soldato, poggiai il mio palmo contro la sua fronte. Era fredda, nonostante il tessuto della maschera intriso di sangue tiepido. Con una rapida occhiata, scorsi un velo lucido negli occhi della vittima di fronte a me. Erano persi e vuoti, ma le sue iridi erano ancora cariche di quella tonalità limpida che avevo osservato qualche istante prima. La mia mente fece un balzo, trasportando l'immagine del soldato dritta verso la sezione dedicata ai miei ricordi. Lì vidi chiaramente la figura di mio marito. Anche lui, come me, era un soldato...Anche lui protava la maschera. Ebbi l'impressione che quel corpo fosse suo. Cominciai ad avere i brividi, scuotendo lentamente la testa; mentre il mio animo cominciava a supplicare pietà.
Quand'ero partita per la missione ricordo di aver salutato mio marito sulla porta di casa.
Si trovava ancora lì, al sicuro?
Nostro figlio era ancora con lui?
La nostra casa era ancora in piedi? E se fossero stati presi anche loro a mia insaputa?
Ormai erano giorni che non li sentivo. Non avevo ancora avuto la possibilità di chiamarli, nemmeno per 5 minuti.
Mentre pensavo a tutte le disgrazie che mi sarebbero potute capitare, il ricordo di mio marito svanì dalla mia vita facendomi tornare alla realtà. Chiusi gli occhi, ritrovandomi la salma del soldato non appena li riaprii.
Mi domandai se anche lui aveva una famiglia, a casa, che lo aspettava. Sperai vivamente di no, corrugando la fronte con espressione egoista. Non so perché lo pensai...Forse per non far provare a qualcun altro la stessa sofferenza che stavo provando io.

Mi di-spia-ce...
Per-do-na-mi...


Lo dissi con una voce che proprio non voleva arrampicarsi in gola.
Ebbi un attimo d'esistazione, poi però lo feci. Appoggiai le dita sulle sue palpebre, chiudendole. Non pensavo che un giorno avrei avuto la possibilità di farlo...Ma si sà, c'è sempre una prima volta nella vita.
Cercai di raccogliere un profondo respiro, ma una tosse addolorata lo rese impossibile. Mi alzai, voltandomi nella direzione opposta per sfogarmi nuovamente col pianto; l'unica voce che era in grado di consolarmi e che non mi faceva sentire sola. Ma per quanti singhiozzi, per quante lacrime e per quanto dolore sfogai con le mie grida...Niente mi avrebbe convinto che quell'uomo si sarebbe rialzato.
Sentii un paio di conati chiudermi la bocca dello stomaco, mentre un senso di amarezza mi dava la nausea.
Aspettai che tutto passò, riprendendomi. Cercai di farmi coraggio e ripresi il mio cammino.
Volsi un ultimo sguardo alla sua assenza...E non desideravo altro che il suo ritorno.
  
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