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Autore: SilviAngel    09/04/2016    4 recensioni
Dal testo
Solo quando Jace e Clary se ne andarono, l’immortale si avvicinò, silenzioso come un gatto, permettendo al cacciatore di avvertire la propria presenza al suo fianco.
Alec si voltò e quasi annegò nel sorriso aperto e innegabilmente felice del nascosto.
MALEC
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Avvertimento!
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Piccola stupidaggine uscita a posteriori dell’episodio “Malec”.
Ci tengo a fare una precisazione, io sto leggendo i libri, ma quanto troverete qui si appoggia sul verse del TV show. Spero di non essere andata troppo OOC, ma sto ancora assimilando e conoscendo i personaggi.
Quindi qualunque possibile puntualizzazione o critica o altro si basi sull’elemento “ma non è così nel libro” trova qui la sua prima e unica spiegazione e risposta.
Buona lettura.
A questa one shot ne seguiranno ancora altre due/tre.
 
FIRST KISS
Alec camminava avanti e indietro per la sala, prendendosela con rabbia eccessiva con i polsini inamidati della camicia bianca che indossava e odiando senza posa quel dannato papillon che gli toglieva il respiro.
 
Lo aveva fatto per davvero.
 
Aveva baciato lo stregone davanti alla sua famiglia, aveva baciato un nascosto davanti ai membri più illustri del Conclave e, fattore non secondario, aveva baciato Magnus davanti a Jace senza che ciò gli importasse minimamente.
Ora, ripensandoci, stava nuovamente sentendo il fiato fuggire dalla sua gola. Volendo essere del tutto sincero, doveva ammettere che, per un istante, dopo aver guardato Magnus negli occhi e aver rivolto gli stessi subito dopo verso Lydia, aveva pensato di essere in procinto di svenire.
Era quasi certo che avrebbe perso i sensi togliendosi, almeno per il momento e in modo assai scenico, dall’impiccio ma così non era stato.
 
E lei, quella giovane donna sbucata dal nulla una manciata di giorni prima e di cui molti diffidavano, lo aveva liberato pronunciando poche parole.
Liberato da un impegno senza senso, liberato da una maschera che si era cucito rigidamente addosso anni prima, liberato da un assoluto e ingombrante senso dell’onore che non gli aveva procurato altro che costrizioni su costrizioni da quando ne aveva memoria.
Lydia gli aveva detto con semplicità disarmante che meritava di essere felice ed era vero.
Entrambi lo meritavano.
La giovane cacciatrice avrebbe trovato ancora l’amore – Alec lo sperava profondamente – e lui doveva avere il coraggio di vivere quello che aveva in quell’esatto istante tra le mani.
A tutto questo e a molto altro riuscì a pensare il primogenito dei Ligthwood mentre lo stregone mostrava sul tavolo nella stanza accanto al quartier generale gli oggetti magici più potenti che aveva trovato a casa di Ragnor Fell e che avrebbero potuto condurli al Libro Bianco.
Solo quando Jace e Clary se ne andarono, l’immortale si avvicinò, silenzioso come un gatto, permettendo al cacciatore di avvertire la propria presenza al suo fianco.
Alec si voltò e quasi annegò nel sorriso aperto e innegabilmente felice del nascosto.
 
Magnus aveva appena iniziato a parlare, ancora piacevolmente frastornato dalla scena madre che avevano interpretato lungo la navata che conduceva all’altare, quando a passo marziale Maryse fece la sua comparsa, seguita da un quanto mai dimesso Robert.
Lo scontro tra madre e figlio fu meno aspro di quanto tutti i presenti si sarebbero aspettati. La donna sibilò, a un passo dall’esplodere, ogni sillaba pronunciata, come se stesse con estrema difficoltà trattenendo la rabbia che sentiva nel petto, per salvaguardare i brandelli di quella dannata apparenza che aveva contraddistinto l’intera sua esistenza, apparenza che il figlio aveva bellamente mandato in frantumi con un unico gesto genuino.
Stupendo se stesso, Alec riuscì a tenerle testa.  
Da quando aveva scoperto il sordido segreto dei suoi genitori – erano stati entrambi membri del Circolo – essi avevano smesso di incutergli timore o di generare in lui quell’immane rispetto che lo aveva spinto a cercare di somigliare loro in tutto e per tutto, ponendoli entrambi su un piedistallo che per anni era parso irraggiungibile.
Ciò che però più di tutto ferì Alec fu il disgusto, più che palese, con cui la madre aveva sputato fuori la sua ultima parola “Nascosto” e infatti il mancato sposo si era trovato a stringere i pugni con forza per evitare di parlare ancora e peggiorare ulteriormente i rapporti.
 
Quando Maryse e Robert lasciarono la stanza, Alec si rituffò con gioia e una buona dose del suo personalissimo e caratterizzante imbarazzo in quell’universo scintillante, allegro e sarcastico che era Magnus Bane.
Bastarono poche parole allo stregone per alleggerire l’atmosfera e il cacciatore avvertì la tensione sciogliersi e lasciare libero il suo petto e i suoi pensieri.
“Stavo riflettendo su una cosa: non abbiamo ancora avuto il nostro primo appuntamento”
“Hai” iniziò Alec, farfugliando come gli accadeva quasi ogni dannata volta in cui si ritrovava a una distanza troppo breve dall’uomo “Hai ragione. Ti va di, che ne so, andare a bere qualcosa una volta o l’altra?”
“Sarebbe perfetto, lo sai che odio bere da solo. Ritengo però che questo non sia il momento migliore. Tra l’assassinio di Ragnor, Valentine sul piede di guerra, il prossimo necessario e quanto mai odiato incontro con Camille, penso che dovremo rimandare il nostro rendez-vous”
“Sono d’accordo” ammise Alec, voltandosi di lato, così da poter di nuovo e ancora – ne avrebbe mai avuto abbastanza? – godere del sorriso irriverente di Magnus.
Senza accorgersene Alec divenne incapace di allontanare i propri occhi dalle labbra dell’altro che erano sfacciatamente socchiuse, i cui angoli impercettibilmente si piegavano verso l’alto e dalle quali piccoli e perfetti denti bianchi facevano capolino.
“Alexander, ti invito dolcemente a smetterla” quasi cantilenò lo stregone mentre a forza faceva un piccolo passo indietro.
“Cosa?” mormorò il moro, senza comprendere la ragione di quelle parole e, di conseguenza, senza spostare la sua attenzione dalla bocca dell’immortale.
“Se non smetti immediatamente di fissarmi le labbra in quel modo, ti posso assicurare che daremo nuovamente spettacolo, esattamente qui, nel bel mezzo dell’Istituto con buona pace di tua madre, del povero Fratello Silente laggiù in fondo e, fidati, farò in modo che il tuo apprezzatissimo atto eroico di poco fa venga etichettato da tutti i presenti come un bacetto da educanda. Sono stato sufficientemente chiaro?” arretrò ancora Magnus.
Le guance di Alec assunsero varie sfumature di rosso prima che riuscisse a collegare muscoli e cervello, distogliendo finalmente il proprio sguardo per poi abbassarlo immediatamente sui propri piedi.
“Perdonami, io… io non”
“Esattamente, tu non” la voce dello stregone pareva avvolta da un morbida e sottile risata “Tu non hai la benché minima idea dell’effetto che può avere ogni tua azione, sguardo o anche minimo movimento, perché non hai la benché minima idea di quanto tu possa essere affascinante e pericolosamente sexy nella tua ingenuità” sussurrò abbassando il tono parola dopo parola, affinché nessuno potesse anche solo lontanamente correre il rischio di udire quanto stava lasciando la sua bocca.
Deglutendo e infilandosi nervoso le mani in tasca, il giovane cacciatore tentò di stemperare la tensione “Penso sia meglio che io vada a levarmi questi di dosso”
A quelle parole, Magnus alzò gli occhi al cielo prima di prendere un profondo respiro e dire con voce fintamente sconsolata, come se stesse parlando a un bambino che non aveva intenzione di imparare la lezione una volta per tutte “Alec, cosa devo fare con te?”
“Perché?”
“Mi hai appena detto che stai andando a spogliarti. Ora dimmi, che devo fare con te?”
“Devi smetterla! Smettila di travisare ogni mia parola. Smettila di confondermi” reagì Alec, alzando le braccia esasperato, probabilmente più dalla propria incapacità di prevedere e prevenire i doppi sensi che Magnus sapeva scovare ovunque piuttosto che dalle ciò a cui aveva alluso l’altro.
“Oh tesoro, sono stato creato per confonderti” e ridendo lo spinse verso le scale “forza ora vai. Il tempo che avrebbe dovuto essere occupato dai festeggiamenti è oramai agli sgoccioli, bisogna tornare ad occuparsi di Valentine”
In silenzio, ma voltandosi indietro per assaporare ancora una volta lo sguardo dello stregone su di sé, Alec lasciò il quartiere operativo dell’Istituto per recarsi, a passo svelto, nell’ala adibita ad alloggi privati.
Chiusasi la porta alle spalle, Alec si lasciò scivolare lungo il legno scuro, sedendosi a terra respirando in modo lento e ritmico, a occhi chiusi, nel tentativo di riprendere il controllo completo e definitivo su emozioni e ragione.
Chissà se ne sarebbe mai più stato capace? Forse i suoi gesti avevano definitamente rotto gli argini e il corso della sua vita non sarebbe mai più stato lo stesso.
 
Erano passati solo pochi istanti da quando aveva conquistato un attimo tutto per sé che un deciso bussare lo riscosse, costringendolo a rimettersi in piedi e ad aprire la porta.
Isabel non gli concesse neppure il tempo di allontanarsi dalla soglia e gli saltò letteralmente al collo e lui, per non perdere l’equilibrio e rovinare dolorosamente a terra, strinse le braccia attorno al suo corpo, riportandola con i piedi per terra.
“Oh, per l’Angelo! Non hai idea di quanto io sia felice e orgogliosa di te. Mi stai dando forza e”
“Io dare forza a te? Izzy ma che stai dicendo?”
“Niente, lascia stare, non è questo il momento. Anzi, dato che sei qui per cambiarti d’abito suppongo, approfittane per gettare nel fuoco quel completo, non ti sta per niente bene. Quando sarà il momento già mi immagino come ti vorrà abbigliato e…” mordendosi la lingua e comprendendo – dall’espressione completamente incuriosita del fratello – di aver osato troppo, cercò di rimediare mutando discorso “ma non siamo qui per questo. Forza indossa qualcosa di comodo e raggiungici nella stanza di Jocelyn, dobbiamo capire come muoverci ora”
Il ragazzo annuì e Isabel lasciò la stanza, continuando a sorridere felice come Alec non la vedeva da tempo.
 
Rimasto nuovamente solo, lo shadowhunter sciolse con meticolosa lentezza i lacci delle scarpe e, dopo averle sfilate, le spinse sotto un piccolo sgabello, avendo cura di allinearle una all’altra, prima di passare alla fastidiosa fascia che lo stringeva a vita. Nel girarsi su se stesso, vide la propria immagine riflessa nel grande specchio inchiodato alla parete per la prima volta da quando si era vestito per il matrimonio.
La sorella aveva ragione.
Quell’abito dalla foggia eccessivamente mondana non gli si addiceva per nulla. Soffermandosi poi su alcuni dettagli, già immaginava le mani di Magnus sfiorare ora in un punto ora in un altro la stoffa, elargendogli mille mirate espressioni di disgusto per l’eccessiva monotonia.
Quasi sentiva la sua voce nella mente.
Avrebbe detto che non lo slanciava, che gli tagliava male il punto vita annullandogli i fianchi e che assolutamente il bianco non era il suo colore. D’un tratto, Alec si scoprì per l’ennesima volta senza fiato, interrompendo in modo brusco quei pensieri che come rapide furiose avevano attraversato la sua mente.
Da quando in qua sapeva quasi esattamente cosa Magnus avrebbe pensato, cosa avrebbe detto – addirittura quale intonazione avrebbe dato alle parole – e quali espressioni avrebbero rivestito il suo viso facendogli assottigliare gli occhi e stringere le labbra?
 
Quando era accaduto tutto ciò?
 
La domanda si ripeteva nella sua testa, ingigantendosi ogni volta, mentre la fascia di stoffa finalmente veniva abbandonata sul letto e, liberato il bottone dall’asola e lasciata scendere la zip, i pantaloni lentamente si raccoglievano a terra.
Sollevando prima un piede e poi l’altro, uscì da essi, gettandoli poi malamente a far compagnia all’indumento tolto in precedenza.
Oramai perso nei propri pensieri, il rampollo dei Lightwood portò le mani al papillon maledicendo chiunque lo avesse considerato un accessorio elegante dato che aveva impiegato un tempo indefinito per creare un fiocco perfetto e, per assurdo, stava impiegando un altrettanto tempo indefinito per scioglierlo e liberarsene.
Dedicò poi le sue attenzioni ai piccoli bottoni di lucida madreperla della camicia permettendo ai lembi di aprirsi poco a poco. Girando ancora una volta su se stesso e guardando fuori dalla finestra, registrò con un pizzico di ritardo il rumore sottile della porta che nuovamente veniva aperta mentre la voce di Magnus già riempiva la stanza.
“Isabel mi ha detto che mi volevi parlare e di affrettarmi prima che tu… oh per tutti i demoni del-”
Lo stregone non poté terminare la frase. Le parole erano rimaste bruscamente incagliate a metà del loro naturale tragitto, mutando in uno strozzato lieve mugolio di fronte alla sfrontata e inconsapevole bellezza di Alec che ora era lì, di fronte a lui, con indosso una camicia bianca quasi completamente slacciata, un paio di aderenti boxer grigi e i calzini – uno dei due calato storto e per metà sul polpaccio – anch’essi dello stesso colore.
“Magnifico, semplicemente magnifico” tirò fuori a fatica Magnus mentre quell’unica frase era riuscita a riscuotere il cacciatore che, con gesto veloce, aveva richiuso la camicia, accorgendosi con imbarazzo che fosse ben più corta di quanto aveva sperato.
“Cosa ci fai qui?” domandò fingendo una sicurezza palesemente inesistente e incrociando le braccia al petto.
“Ho incontrato tua sorella nel corridoio e mi ha detto di averti appena lasciato in camera e che mi volevi parlare. Suppongo che questo sia il mio pagamento per averla difesa nel processo”
“Pagamento?” le braccia del cacciatore si strinsero ancora di più attorno al proprio busto e dato che l’ultima cosa che Magnus desiderava era mettere realmente a disagio il ragazzo, abilmente deviò su questioni più tranquille.
“Lasciamo stare, ti va?” e, ricevuto un cenno di assenso, riprese    “Ci stanno aspettando di sotto, andiamo?”
“Certo, ma prima dovrei vestirmi”
“Se proprio devi…” sospirò affranto lo stregone ritornando al suo atteggiamento giocoso e ironico, appoggiandosi con un fianco al massiccio tavolo di legno che occupava un lato della stanza, senza levare gli occhi di dosso da Alec.
“Potresti uscire, per favore?”
“Sei un guastafeste. Avrei guardato e non toccato” Magnus mosse sorridendo alcuni passi verso la porta, prima di arrestarsi all’improvviso e voltarsi indietro, coprendo la distanza che lo separava dal giovane “Non posso però andarmene senza aver fatto una cosa”
Con più forza fisica di quanta Alec avrebbe pensato l’altro possedesse, l’immortale sciolse l’intreccio delle sue braccia che, pesanti, scivolarono ai lati del suo busto e, agguantati tra le dita i lembi ora nuovamente aperti della camicia, tirò il corpo del cacciatore a sé.
“Mi hai sorpreso Alexander Lightwood. Non succedeva da tempo, da così tanto tempo che tu non ne hai idea”
Senza dare possibilità al cacciatore di muoversi o rispondere, Magnus lo baciò.
Un bacio lento e profondo, possessivo e dolce al punto giusto e fu Alec questa volta a rincorrere le labbra dell’altro nell’attimo in cui queste si allontanarono, scoprendosi ingordo e affamato.
“Non sono solito farmi prendere di sorpresa” soffiò lo stregone sulla sua bocca umida, prima di succhiargli per un attimo ancora il labbro inferiore.
“Nessuno mi aveva mai preteso come hai fatto tu al centro di quella navata, giovane nephilim. Nessuno mi aveva mai reclamato così. Nessuno mi aveva mai fatto sentire così. Nessuno” parlò ancora prima di spingersi in avanti quel poco necessario per andare a prendersi ancora un bacio.
Magnus aveva appena mutato impercettibilmente l’angolazione del proprio viso, riuscendo a invadere in modo ancora più pieno e caldo la bocca di Alec, quando quest’ultimo si scostò, in cerca di aria, ma non solo.
“Andiamo via” per la seconda volta Alec deviò dalla strada ritta e sicura.
“Cosa?”
“Andiamo via di qui. Andiamo a bere qualcosa, a cena, a fare una passeggiata” iniziò a elencare velocemente Alec legando i loro sguardi.
“Non hai idea di quanto mi piacerebbe seguire queste parole, ma non è il momento e se ora ti dessi retta, ce ne pentiremmo entrambi, ma non rattristarti mio giovane cacciatore. Ci sarà tempo e ci prenderemo tutto il nostro tempo, puoi starne certo. Ora uscirò da quella porta e aspetterò che tu abbia indossato i tuoi soliti tristi abiti da battaglia e poi raggiungeremo gli altri”
“I miei soliti tristi abiti?”
“Oh, avremo tempo anche per affrontare quel discorso, tesoro, non preoccuparti”
“So già che me ne pentirò. Vuoi avere l’onore di scegliere i miei vestiti?” disse tutto d’un fiato Alec, per paura di non riuscire a terminare la frase se solo si fosse soffermato un attimo in più a pensarci.
Il viso di Magnus si illuminò come quello di un bambino la mattina di Natale e incredulo chiese “Davvero posso?” congiungendo le mani e portando la punta delle dita sulle proprie labbra, in attesa di una definitiva conferma.
Alec, prese un profondo respiro e aprì le braccia.
 
Le dita dello stregone si esibirono in un articolato movimento sprigionando alcune scintille blu.
“Bellissimo”
Il nephilim si voltò verso lo specchio e dopo un rapido sguardo disse semplicemente “No”
Aveva indosso un paio di jeans chiari con numerosi tagli sulle cosce e sulle ginocchia e una maglietta azzurro cielo talmente aderente da mettere in mostra ogni centimetro del proprio petto e addome.
Se ciò non fosse già stato sufficiente a spiegare la reazione così immediata e decisa avuta, fu il gesto dello shadowhunter a rendere tutto chiaro. Aveva infatti subito portato le mani sul fondoschiena dato che aveva una strana sensazione e fu lì che scoprì ciò che sancì il definitivo no, due profondi tagli mettevano in mostra buona parte delle sue natiche.
 
Per la seconda volta la magia dello stregone venne sprigionata e questa volta il cacciatore pronunciò più di una sillaba “Stai scherzando?”
“Tu non hai idea di quanto tu sia favoloso e sexy vestito così” cercò di difendersi Magnus.
“Canotta a rete e pantaloni di pelle con catene?”
“Stavo scherzando” e prima che Alec potesse continuare a lamentarsi, l’immortale fece ancora una magia.
Gli occhi di Alec corsero ancora una volta allo specchio e la sua espressione si distese.
Alla fine Magnus aveva semplicemente utilizzato i soliti abiti del giovane, forse solo un poco più nuovi e aderenti, in fondo non era di sicuro per il suo gusto nel vestire che si stava innamorando di lui.
“Visto? Non ci voleva poi molto. Jeans scuri e camicia” si compiacque del risultato Alec, e voltandosi, vide lo stregone a una spanna dal proprio viso.
“Permettimi almeno una cosa?” e, senza attendere il permesso, Magnus slacciò il primo bottone, lisciando poi – ben più di quanto fosse necessario, a palmi aperti e molto molto lentamente – il tessuto fresco della camicia prima di terminare di parlare “Sei perfetto, andiamo”
L’eterno aveva oramai oltrepassato la porta avviandosi per il corridoio prima che Alec si convincesse a seguirlo e, mossi un paio di passi, quest’ultimo si rese conto che qualcosa non andava.
Avvertiva una sensazione strana e imbarazzante, totalmente inaspettata e mai provata prima che richiese alcuni secondi e un altro paio di passi per essere assimilata e svelata completamente.
Sgranando gli occhi, Alec gridò visibilmente irritato, per nulla preoccupato che qualcuno potesse udirlo “Magnus, per l’Angelo, perché non indosso le mutande?”
Lo stregone non rispose, limitandosi a riempire il corridoio con una soddisfatta e piena risata che giunse quasi dispettosa alle orecchie del nephilim.
   
 
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