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Autore: Dragana    04/04/2009    10 recensioni
Non è vero che la vendetta non serve a nulla. Serve a me.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Rosalie Hale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ALLE SPALLE LA VENDETTA

La villa dei King era dietro alle mie spalle, muta. Tra qualche ora altre grida ne avrebbero scosso le pareti, e sarebbero risuonati tra i suoi alti soffitti i pianti dei suoi abitanti, ma in quel momento non vi era anima viva al suo interno. Non più. Tutto ciò che rimaneva di Royce King, il mio fidanzato, era un corpo senza vita ed il suo sangue scuro a decorare il candore del mio abito nuziale.
Davanti a me, illuminato dalla luna, appollaiato sul grosso ramo di uno degli alberi del grande giardino, Edward.
Sapevo perché era qui. Perché avevo terminato la mia vendetta ed ora lui, da bravo fratello maggiore, era venuto a prendermi per riportarmi in quella che dovevo abituarmi a considerare la mia casa. In un attimo gli fui accanto, seduta di fianco a lui sul ramo. Mi scrutò con i suoi occhi penetranti, quegli assurdi occhi capaci di leggere dentro le persone.
-Allora? E’ da quando ti sei risvegliata alla nuova vita che non pensi ad altro. Come ti senti adesso?- Esordì.
Feci una breve risata. Lo sapeva, come mi sentivo. Voleva solo darmi la possibilità di ordinare i miei pensieri, tramutandoli in parole e lasciandoli gelare nell’aria notturna. -Mi sento… euforica. Soddisfatta. –
Lisciai il mio vestito da sposa sulle ginocchia. Il sangue fresco di quell’essere macchiò ancora di più l’organza bianca.
-Sai Edward… il prete, mia madre, e tutte le gentildonne timorate di Dio mi avrebbero detto che la vendetta non serve a nulla, che dovremmo perdonare chi ci ha fatto del male. Avrei dunque fatto il mio dovere, lasciando quei cinque… no, non uomini, animali… in vita? Avrei salvato la mia anima, sempreché noi ne abbiamo ancora una, lasciando che la prossima bellissima ragazza su cui avrebbero messo gli occhi facesse la mia stessa fine?-
-Vuoi tentare di farmi credere che a spingerti sia stato l’altruismo, Rosalie?-
Scossi la testa di fronte al tono sarcastico del mio fratellastro.
-Voglio solo dire che certo la loro morte non cambierà quello che mi è accaduto. Ma non è vero che la vendetta non serve a nulla. Serve a me.-
Non disse niente. Continuò a scrutarmi, assorto.
-Sai, Edward… sì che lo sai. Io non volevo niente di più di ciò che stavo per avere. Niente. Volevo solo una famiglia mia. Non mi sembra un sogno troppo pretenzioso, non trovi? Neppure tanto impossibile da realizzare. Si avvera più o meno per tutte. Ed invece, per colpa di cinque bestie ubriache, non posso avere più nulla. Il più banale desiderio del mondo ora mi è negato. Pensavate davvero, tu, Carlisle ed Esme che avrei lasciato che uno di loro cinque, anche uno soltanto, potesse in futuro avere ciò che aveva tolto a me?-
Strinsi forte i pugni sulle ginocchia. Fremevo di rabbia. Dilatai le narici, l’odore del sangue sul mio vestito mi riempì la testa, inebriandomi.
Edward appoggiò le sue mani sulle mie, mi sciolse i pugni, con delicatezza.
-Avrei potuto avere ancora tante cose dalla vita… non è come per voi. Tu saresti comunque morto di malattia, Esme aveva deciso di sua volontà di gettarsi dallo scoglio. Per voi due è una seconda possibilità, mentre l’esistenza che avrò io potrà essere soltanto il fantoccio della vita vera che avrei dovuto vivere. Bene, che a loro neanche questo sia concesso, dunque-.
Lui aggrottò le sopracciglia. Mi resi conto che ero stata indelicata nei confronti suoi e di Esme, e mi dispiacque.
-Non importa. Continua pure.-
Era dolce il suo altruismo. Mi piaceva quella qualità, io che di altruistico non avevo quasi nulla.
-Dimmi Edward, ero una sciocca? Avrei dovuto prevedere ciò che mi sarebbe accaduto, acconsentendo di legarmi a quell’uomo?-
-No.-
La risposta di Edward giunse secca. Quasi non mi fece finire la frase. Teneva le labbra strette, la mascella contratta.
-Forse potevi essere sciocca, Rosalie. O meglio, ingenua. Sei giovane, non avevi capito che Royce King non era quello che mostrava di essere. Ma niente di tutto questo sminuisce ciò che ti è stato fatto. Non voglio mai più che ti passi per la testa un pensiero del genere. Sapessi in che stato eri, quando Carlisle ti ha trovata…-
Scosse la testa, come a cacciare via le immagini che aveva percepito attraverso i ricordi di Carlisle. Era un gentiluomo, Edward, non concepiva neppure l’idea che qualcuno facesse del male ad una donna. Mi sentii sciocca al ricordo di quello che avevo pensato di lui all’inizio, quando avevo frainteso le sue intenzioni credendo che liquidasse la mia morte in due parole.
Sorrise. –Ecco, sì, per quello invece hai il permesso di sentirti sciocca. Anzi, gradirei molto che tu lo facessi.-
Lo fulminai con lo sguardo, ma poi mi misi a ridere anch’io.
Lui attese qualche secondo, solo il tempo di capire che, per il momento, non avevo molto altro da dire. Ci avrei pensato a lungo in seguito, a tutto, ma prima dovevo far decantare le emozioni e le riflessioni che questa notte aveva portato.
-Bene, Rosalie. Ora che sei libera cosa vuoi fare?-
Non ci avevo ancora pensato. Avevo avuto in mente solo la mia vendetta, per mesi non avevo provato che rabbia, coltivandola, proteggendola e fomentandola con incrollabile tenacità. Per la prima volta in quel momento, grazie alla domanda di Edward , capii che era come aveva detto lui. Davvero libera. Mi sentii incredibilmente leggera.
-Ricomincerò a suonare il pianoforte. Comprerò abiti nuovi, soprattutto cappelli. Imparerò l’italiano per capire le parole delle arie d’opera. E poi…-
Un sorriso mi si spalancò in volto. C’era una cosa che Rosalie Hale avrebbe sempre voluto fare, ma la sua condizione di signorina di buona famiglia glielo impediva categoricamente. Ma Rosalie Cullen non era una signorina di buona famiglia; era un vampiro, aveva appena ucciso sette persone e se da un lato aveva perso tutto, dall’altro non c’era quasi nulla che non potesse fare, se voleva.
Il mio fratellastro spalancò gli occhi, stupefatto.
-Davvero?- mi disse.
-Perché?- ribattei, sulla difensiva. –Pensi che non vada bene?-
-Non è questo!- rise lui. –Solo che davvero, mi stupisci: non me lo sarei mai aspettato da una come te! Anche se, ora che ci penso, non è che ti conosca troppo bene, sai?-
-Rimedieremo, fratellone-, gli sorrisi.
Lui si alzò in piedi sul ramo, porgendomi cavallerescamente la mano per farmi alzare a mia volta.
-Certo che lo faremo. Anche perché sai, anche a me è venuta voglia di imparare a guidare l’automobile!-
Si girò, e spiccò un balzo. Lo seguii, in direzione di casa.
   
 
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