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Autore: blackphotograph    11/04/2016    3 recensioni
Louis lavora nello Starbucks in cui Harry prende il caffè, ma non scrive mai il nome giusto sul suo bicchiere.
Dal testo:
"Comunque credo di non aver capito cosa hai detto. Com'è che ti chiami?" chiese di nuovo, inclinando di poco il viso.
"Harry."
"Come? Henry?" chiese con una finta espressione confusa, con le sopracciglia aggrottate in modo realistico, tradito solo dal solito sorriso a piegargli le labbra.
"Harry! Come il principe ed Harry Potter. Harry. Non mi sembra così complicato"
(Harry/Louis) student!Harry starbucksworker!Louis
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Che la loro storia non sarebbe stata una meteora lo avevano capito tutti dopo due settimane. Non era una relazione destinata a crollare presto, ne era convinto Harry, così come Louis e tutti quelli che stavano loro intorno.
 
Negli ultimi dieci mesi, perché, sì, stavano insieme ormai da dieci mesi, si erano resi conto, ogni giorno di più, di quanto fossero stati fortunati ad incontrarsi. Ogni volta che Louis gli regalava un bacio o una qualsiasi attenzione, Harry ringraziava mentalmente quel suo vecchio professore che per quelle settimane si era dovuto assentare, permettendogli di incontrare quello che sarebbe diventato l'amore della sua vita. Certo, lo sapeva che pensare una cosa del genere forse era un po' esagerato, oltre ad essere estremamente sdolcinato, ma ogni volta in cui provava ad impedirsi di immaginare il resto della sua vita con Louis, puntualmente questo faceva qualcosa di straordinariamente dolce per dimostrargli quanto tenesse a lui.
 
Finalmente, ad Harry era stato concesso di conoscere l'orario di tutti i turni di Louis da Starbucks, in modo da poter andare a prendere il suo cappuccino ed essere sicuro di trovarlo alla cassa, o a preparare caffè, dato che le sue mansioni variavano a seconda dei giorni. Il riccio si era dato dello stupido da solo quando aveva scoperto gli orari del ragazzo, dato che avrebbe potuto tranquillamente indovinarli da solo. Lavorava tutte le mattine alla stessa ora, tranne il martedì e il venerdì, in cui aveva il turno pomeridiano, e il sabato, in cui lavorava la mattina e la sera.
 
Non era una coincidenza che ad Harry venisse voglia di caffè proprio in quelle esatte fasce orarie. Spesso Louis insisteva perché uscisse il sabato sera, ma quasi mai riusciva a convincerlo. Le poche volte durante le quali aveva passato la serata lontano dallo Starbucks erano state quelle in cui i suoi amici lo avevano letteralmente trascinato fuori di lì.
 
Proprio per la sua assidua presenza nel locale, Harry si era ritrovato a bere litri di caffè alla settimana e ad ingurgitare notevoli quantità di zucchero e panna. Per questo, a volte Louis si ritrovava a diminuire di poco le dosi dentro al suo cappuccino, o a utilizzare caffè decaffeinato, senza mai farsi scoprire da nessuno.
 
Ovviamente non erano stati dieci mesi perfetti, ma anche loro avevano avuto i loro scontri e i loro litigi; tutto però si risolveva con qualche scusa prima di andare a dormire, di solito. Se il litigio durava più di una giornata, finiva sempre con Harry che si presentava da Starbucks appena riusciva a mettere da parte il suo orgoglio, e con Louis che scriveva scuse e parole dolci sul retro del suo scontrino.
 
Già, perché quella tradizione non era sfumata in quei mesi, anzi. Louis continuava a scrivere sugli scontrini, e Harry continuava ad arrossire leggendoli. Ormai, dopo così tanti giorni, era piuttosto certo di non poter scrivere un dettaglio su di sé che Harry già non conoscesse, quindi si limitava a scrivere quello che gli passava per la testa. A volte erano battute talmente stupide e talmente brutte da far vergognare Harry per lui, altre volte erano semplici frasi con cui augurava ad Harry una buona giornata. Addirittura non erano mancate occasioni in cui quegli scontrini erano stati testimoni di momenti importanti.
 
Forse qualcuno avrebbe potuto reputarlo poco romantico, non conoscendo la situazione, ma era proprio attraverso uno scontrino che Louis aveva rivelato ad Harry di amarlo. Quel giorno il riccio era rimasto per un attimo pietrificato in mezzo al locale, poi si era messo nuovamente in fila, aspettando di poter essere di nuovo di fronte a Louis. Quando finalmente nulla se non il bancone era rimasto a dividerli, si slanciò verso di lui e gli afferrò il volto con entrambe le mani, baciandolo con trasporto; solo dopo avergli detto che lo amava anche lui, ovviamente. Figuriamoci, Harry era pronto a dirlo da settimane, stava solo aspettando che fosse Louis a fare la prima mossa.
 
Quella non fu l'unica volta in cui un "ti amo" venne scritto su uno scontrino. Da quel giorno in poi era una delle cose che Louis preferiva scrivere, anche solo per ammirare il modo in cui gli occhi verdi di Harry si illuminavano? dopo aver letto quelle due parole.
 
Quel lunedì mattina Harry se la stava prendendo comoda mentre camminava verso lo Starbucks, era il primo giorno delle sue vacanze di primavera, quindi non vedeva l'ora di poter passare un po' di tempo con il suo ragazzo.
 
Con il vento leggero a increspare la maglietta bianca che indossava, si sentiva come se la primavera gli stesse facendo il solletico.  Da dietro i suoi occhiali da sole, osservava ogni piccolo dettaglio di quella strada che ormai aveva percorso centinaia di volte.
 
Giunto dentro lo Starbucks, si rese subito conto che Louis non era lì. Harry affermava di avere una specie di sesto senso per quanto riguardava il ragazzo. Quando gli si avvicinava, si sentiva come un piccolo ago di metallo attratto da un gigantesco campo magnetico.
 
Si accorse anche che alla cassa, al posto di Louis, c'era un viso familiare, che si aprì in un sorriso appena lo vide.
 
"Hey, Harry!" esclamò contento appena il riccio gli fu davanti.
 
"Buongiorno Isaac. Sbaglio o Louis dovrebbe essere al tuo posto? Che scusa ha inventato questa volta per farsi sostituire?"
 
Isaac rise in risposta e scosse la testa divertito. In pochi istanti tirò fuori dalla tasca posteriore dei suoi jeans uno scontrino spiegazzato e glielo porse.
 
"Nessuna scusa, avevamo già deciso da un po' che oggi lo avrei sostituito. Tieni, leggi questo" disse sorridendo, per poi osservare la sua espressione confusa e aggiungere, "buona fortuna."
 
Harry afferrò il piccolo pezzo di carta e ne lesse il retro velocemente.
 
"Per un pasto frugale ti portai
dove per la prima volta con te pasteggiai,
su di un piccolo spazio improvvisato.
Recati là, e il primo indizio avrai trovato."
 
In dieci mesi si era abituato all'imprevedibilità di Louis, ma comunque il ragazzo trovava sempre il modo di stupirlo.
Sorridendo alzò lo sguardo verso Isaac, che lo stava guardando divertito.
 
"Che cosa significa? È una specie di caccia al tesoro? " chiese Harry, alternando uno sguardo al ragazzo e uno alle parole sullo scontrino.
 
"Mi dispiace, non posso rivelarti niente. Da qui in poi te la devi cavare da solo" rispose Isaac con un'alzata di spalle.
 
Il riccio scosse la testa e si ritrovò a sorridere ancora di più.
 
"Voi siete completamente pazzi" disse al ragazzo di fronte a lui, facendolo ridere, prima di voltarsi e uscire dal locale.
 
Se quella specie di poesia era un indizio per una caccia al tesoro, sapeva esattamente dove andare.
 
Per il loro primo appuntamento Louis voleva portarlo a pranzo in un ristorante sulla riva del Tamigi, quando si era reso conto che decisamente non poteva permetterselo. Allora aveva preparato un tavolo con qualche fiore e qualche candela qua e là su uno spiazzo che si affacciava sul fiume, a cinque minuti dall'università di Harry e a dieci dallo Starbucks.
 
Era stato un appuntamento particolare, con tutte le persone che passavano sul marciapiede vicino a loro e li guardavano, e il corso di canottaggio per anziani che si era tenuto a metà del loro pranzo, e che certo non era stato un bello spettacolo.
 
Era uno dei ricordi preferiti di Harry. Avevano passato tutto il tempo a ridere, quello che non avevano speso a baciarsi, s'intende.
 
Arrivato sul posto, in un primo momento Harry non vide nulla, prima di scorgere un piccolo cestino pieno di petali di rose, su cui era adagiato un altro scontrino. Si affrettò a prenderlo e con lo stomaco che gli si contorceva dalla curiosità lesse cosa c'era scritto.
 
"La vita non è sempre come questi fiori
di luci ed ombre sono fatti gli amori.
Vicino ad un binario rimasi smarrito
la prima volta che ti vidi inviperito"
 
Questa volta Harry ci mise qualche secondo in più per capire a cosa si stessero riferendo quelle frasi. Ma scavando un po' nei suoi ricordi, ripensò ad un'altra importante prima volta che avevano vissuto insieme, forse una tappa tanto importante quanto il loro primo bacio.
 
Si diresse velocemente verso la stazione della metropolitana, aspettando il treno che lo avrebbe portato alla fermata di Brixton. Una volta seduto sul sedile della metro ripensava sorridendo a quell'episodio accaduto solo qualche mese prima, ma che sentiva tremendamente lontano.
 
Alla fermata di Brixton avevano avuto il loro primo litigio. 
 
Pur sforzandosi, non riusciva a ricordarsi per quale motivo fossero lì, o per quale motivo avessero discusso. Quello che però risultava limpido nella sua memoria era quanto fosse irritato. Louis lo stava stuzzicando da ore, quando già diverse volte Harry gli aveva detto che non fosse il momento adatto. La piccola discussione che stavano avendo si era trasformata in un vero e proprio litigio mentre erano sulla metro e quando erano arrivati a Brixton si stavano letteralmente urlando addosso.
 
Harry non era molto bravo a litigare, anzi. Odiava discutere, quindi nel bel mezzo di una frase che Louis gli stava sbraitando nelle orecchie, si fiondò nella prima metro disponibile, lasciando il suo ragazzo a guardarlo basito da dietro le porte chiuse del vagone che stava già partendo.
 
Ovviamente, due secondi dopo aver realizzato di aver abbandonato Louis da solo in una stazione della metropolitana, Harry lo aveva chiamato disperato sull'orlo delle lacrime scusandosi a non finire. Inutile dire che Louis lo aveva già perdonato appena aveva visto il suo nome illuminargli lo schermo del telefono.
 
Con la mente piena di quel ricordo che ormai lo faceva solo sorridere, scese alla fermata, trovandosi direttamente davanti ad un palloncino verde con il logo di Starbukcs, a cui era legato un piccolo peso per tenerlo a terra e, ovviamente, uno scontrino.
 
 "Non esistono solo capolavori
 ma la verità viene sempre fuori.
 Un giorno d'ottobre me l'hai fatto capire
anche se avrei preferito restare a dormire
 
Questa volta non fu difficile capire quale fosse il posto nascosto dietro quelle enigmatiche parole. Una domenica mattina Harry aveva tirato giù dal letto Louis per portarlo ad una mostra alla Dulwich Picture Gallery, in cui erano esposti quadri originali e fra di loro era mimetizzato un falso. Mentre si recavano sul posto, sullo stesso treno su cui Harry era in quel momento per raggiungere il suo indizio, Louis si era dovuto sorbire una lezione sulla storia del museo, su come fosse il primo museo pubblico d’Inghilterra o cose simili che ovviamente non aveva ascoltato, desiderando solamente di tornare a casa e mettersi a dormire.
Harry quel giorno aveva capito che Louis aveva qualcosa di speciale, che in pochi avrebbero sacrificato una domenica mattina per accompagnarlo ad una mostra.
Lo scontrino era adagiato sull’erba davanti all’entrata del museo, attaccato ad un altro palloncino, perché fosse visibile. Certo, Harry si stava divertendo, ma ormai era passata quasi un’ora da quando aveva lasciato lo Starbucks e la curiosità lo stava letteralmente uccidendo.
Ormai era chiaro che quando si aspettava qualcosa da Louis otteneva l’opposto. Invece di un piccolo indovinello in rima c’era scritto un semplice indirizzo.
“27 Babington road”
Harry era stato costretto ad usare il navigatore del suo telefono, perché non aveva assolutamente idea di dove fosse quel posto. Alla fine si era rivelata essere una piccola strada residenziale, a circa venti minuti da lì, prendendo la metro alla stazione che era dietro l’angolo rispetto a dove si trovava in quel momento. A quel punto Harry non poté fare a meno di notare che Louis aveva progettato tutto alla perfezione, e sentì qualcosa sciogliersi al centro del petto.
Babington road si trovava in un quartiere tranquillo, e la casa indicata aveva la facciata in mattoni e il tetto spiovente, esattamente come tutte quelle che aveva intorno.
Sul primo scalino dell’entrata si trovava l’ennesimo scontrino, su cui era semplicemente indicato che le chiavi si trovavano nella pianta alla destra della porta. Poi c’era una piccola parentesi, con scritto “secondo piano”.
Harry sentiva il cuore martellargli nel petto e le mani gli tremarono un po’ mentre infilava la chiave nella toppa. Non ci mise molto a salire gli scalini, percorrendone due alla volta.
Prese un respiro profondo e attraversò anche la seconda porta, osservando rapito quello che si trovava all’interno. Una stanza completamente vuota era illuminata solo dalla luce che entrava dalle numerose finestre posizionate sulla parete che si affacciava sulla strada. Completamente vuota se non si considerava il piccolo ragazzo seduto a gambe incrociate sul parquet, a piedi nudi e con la schiena poggiata al muro, accanto ad un piccolo camino. Appena vide entrare Harry si alzò sorridendo e il riccio poté notare il bicchiere che teneva fra le mani.
“Ehm… ti ho preso il caffè, ma non avevo pensato che ci avresti messo un po’ ad arrivare e che si sarebbe freddato… sono stato un po’ stupido” ammise Louis porgendogli il bicchiere.
“Lou, mi spieghi cosa sta succedendo?” chiese Harry andando dritto al punto. Dopo dieci mesi i giri di parole non trovavano più spazio.
Osservò il suo ragazzo prendere un respiro profondo ed iniziare a parlare, contorcendosi le dita, come era solito fare quando era nervoso.
“Qualche settimana fa ho aperto il mio armadio e ci ho trovato dentro più vestiti tuoi che miei. In bagno c’è il tuo spazzolino e so che a casa tua ce n’è uno per me. Ho il frigo pieno di banane, e io odio le banane, le mangi solo tu.” Harry aveva ormai capito dove tutto questo stava andando a parare, ma non era sicuro di volersi illudere, non poteva essere quello che pensava fosse. Decisamente no.
“Non ho scelto a caso i posti in cui ti ho mandato oggi. Le relazioni sono fatte di momenti felici e di momenti tristi, sono fatti di litigi e di compromessi. Io non so se vivere insieme a qualcuno sia facile, perché non l’ho mai fatto. Non so se potrai sopportarmi per più di qualche settimana. So solo che quando mi sveglio vicino a te inizio la giornata con un sorriso, qualsiasi siano le difficoltà che dovrò affrontare. Quando mi sveglio vicino a te, anche se russi e mi rubi le coperte, sono felice. E non volevo fare un discorso pieno di cliché ma evidentemente non ne sono capace. Comunque, quello che volevo dirti è che tu mi rendi felice, ma il tuo appartamento ci sta un po’ stretto addosso, quindi vorrei che tu continuassi a rendermi felice qui.”
A quel punto avrebbe dovuto dire che sapeva che la casa non era comunque delle più grandi, che era in periferia e che distava circa quaranta minuti dall’università. Avrebbe dovuto fargli sapere che aveva scelto una casa senza mobili di proposito affinché potessero arredarla insieme; che prometteva di lavare i piatti e mettere in ordine, ogni tanto; che alcune assi in camera da letto scricchiolavano e una parete del bagno era da ridipingere.
Avrebbe dovuto dire tante cose, ma le labbra di Harry gli impedirono di aggiungere altro.
 
 
Eccoci qui. Devo dire che sono un po’ emozionata mentre scrivo queste note autrice. Ripensare a quando ho pubblicato il primo capitolo è un po’ strano. Sono passati più di otto mesi e sono cambiate tante cose, mentre altre sono rimaste esattamente uguali. Quel giorno ero al telefono con Gemma, mentre pubblicavo, perché non avevo il coraggio di farlo totalmente sola, e sono con lei al telefono anche adesso. Lei, come tutte le altre persone che mi sono più vicine mi hanno sostenuto per tutti questi mesi, per quanto riguarda la storia e tutto il resto.
Passando al capitolo, forse è un po’ lungo per essere un epilogo, ma spero non vi dispiaccia, mi sono affezionata a questa storia e non volevo lasciarla andare ahahaha 
Tutti i posti che Harry visita in questo capitolo sono posti che ho scelto studiando la mappa di Londra. Anche l’università di Harry e lo Starbucks erano già decisi, rispettivamente il Kings College e lo Starbuks al 32 di Fleet Street. Ho anche tutti gli altri indirizzi (lo so non sono normale) ma mi piace lasciare la possibilità ad ognuno di immaginarsi ogni cosa come vuole, alla fine è proprio questo il bello della lettura.
Adesso avrò finalmente più tempo da dedicare all’altra mia storia che è Angelo Mio, che avevo un po’ abbandonato per dedicarmi a questa, e non vedo l’ora di riprendere a scriverla. Veramente non mi sarei mai aspettata di poter raggiungere risultati simili con una storiella così semplice come questa. Quindi in conclusione, grazie di cuore a chiunque abbia deciso di leggere queste pagine, rendendomi felicissima. Domani è il mio compleanno, ma non penso di poter ricevere nulla di più bello dell’apprezzamento per qualcosa che ho fatto da sola e con le mie forze senza preoccuparmi di eventuali critiche. Grazie ad ali che ha corretto questo capitolo, come lo scorso e a Gemma che ha corretto tutti gli altri. Grazie anche a Marghe e Totta che come sempre mi sono di grandissimo sostegno. E grazie soprattutto a te che stai leggendo in questo momento, chiunque e dovunque tu sia!
Grazie, grazie, grazie! Un bacio e alla prossima!
   
 
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