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Autore: NiagaraFalls    12/04/2016    2 recensioni
- Che c'è che non va? - domandò Edgar, senza alzare lo sguardo dai fumetti.
- I miei genitori pensano che io sia fuori di testa.
- Sempre per il fatto che non mi vedono?
- Più che altro per il fatto che solo io ti vedo.
- Però io sono vero! - esclamò soddisfatto lui, alzandosi.
Capendo le sue intenzioni, Lilian cominciò ad indietreggiare.
- No, Edgar, non farlo! Ti giuro, lo so che sei vero!
Lui continuò ad avvicinarsi con un ghigno. Si divertiva troppo a vederla in difficoltà. Appena Lilian non ebbe più vie di fuga, le afferrò il braccio e le diede un pizzicotto.
- Ahia!
- Non c'è niente più vero del dolore, Lily-chan!
Lily fece una smorfia e massaggiò la parte lesa. - Odio l'immaginazione.
*
Un diverso tipo di amore.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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amico imm giusto
AMICO IMMAGINARIO





Lilian ricevette la prima di una lunga serie di occhiate stranite e perplesse quando aveva sei anni.
Fu il vicino a lanciargliela, mentre sbirciava quella bambina dai capelli biondi correre e ridere e poi inciampare nel giardino di casa. La piccola Lilian guardò fissa davanti a sé ed urlò: - Smettila Edgar!
Il vicino, un quarantenne pignolo e calvo da quando aveva venti anni, inclinò il capo e allungò il collo oltre la staccionata per controllare con chi stesse parlando la bambina. Ma la piccola aveva cominciato a lanciare erba e sassi al vuoto e spostarsi come se l'aria potesse vendicarsi.
L'uomo di disse che due genitori come i suoi non potevano aver dato vita a nient'altro se non qualcuno di altrettanto pazzo.

A sette anni, Lilian preoccupò la madre giocando a nascondino da sola. Una sera, mentre la signora Miller preparava la cena, la figlia le strattonò il grembiule per mostrarle un foglio. Questo foglio illustrava un bambino con i capelli ricci e castani e gli occhi verdi. - Mamma, l'hai visto? - fu la domanda di Lily. - Si è nascosto due ore fa, penso sia nel forno!
Ovviamente, la signora Miller ignorò quella domanda e rise, per poi tornare alla sua occupazione. Lilian passò altri quaranta minuti a vagare per casa.

A dodici anni, Lilian scandalizzò Edgar, mentre lui era stravaccato sul letto di lei.
Un urlo provenne dal bagno. Edgar alzò la testa curioso.
- Edgar! - esclamò Lilian.
Era abituato alla teatralità di Lilian, perciò aspettò che lei uscisse dal bagno prima di preoccuparsi troppo.
Lilian cacciò un altro grido. Edgar si accomodò meglio sul materasso.
- C'è sangue!
A questo punto, il ragazzino pensò bene di alzarsi.
- Edgar, sto morendo!
Lilian uscì dal bagno a rotta di collo e si catapultò su Edgar, incontrandolo sulla soglia della sua camera. Si appolippò a lui come se le rimanessero pochi minuti di vita e scoppiò a piangere.
- Lily, che è successo? - chiese lui confuso. Strofinò la mano sulla schiena di lei, ricambiando l'abbraccio, per farla calmare.
- Sto morendo! Esce sangue da... da... - e ricominciò a singhiozzare più forte.
Edgar la prese per le spalle e la guardò negli occhi.
- Cosa? Lily, non stai morendo! Tu vivrai una vita lunga, ti sposerai e avrai dei figli e anche dei nipoti...
Stava per riabbracciarla ma la madre di lei apparve sulla porta. Quando vide la figlia impaurita, disperata, sola e in lacrime nella sua stanza per poco non le venne un colpo. Un quarto d'ora dopo Lilian se ne stava seduta sul water con le idee più chiare, mentre Edgar era sparito dopo i primi minuti di spiegazione.

A tredici anni, Lilian origliò i suoi genitori parlare preoccupati di lei.
- Pensavo sarebbe passato col tempo, ma non fa che peggiorare... Ti avevo detto di farla smettere anni fa! - diceva innervosito il padre.
- Non ha molti amici a scuola. Il pomeriggio passa tutto il tempo sola, a parlare e giocare con lui...
- Dobbiamo fare qualcosa.
- Richard, ho davvero paura che lei pensi sia reale. Non l'hai vista l'altro giorno, quando le ho detto che partiremo un mese in vacanza. Mi ha detto che Harry sarebbe rimasto solo troppo a lungo.
'Si chiama Edgar', pensò Lilian offesa.
Ritornò silenziosa nella sua camera, dove Harry l'aspettava, come sempre sdraiato sul letto.
Richiuse la porta delicatamente.
- Che c'è che non va? - domandò Edgar, senza alzare lo sguardo dai fumetti.
- I miei genitori pensano che io sia fuori di testa.
- Sempre per il fatto che non mi vedono?
- Più che altro per il fatto che solo io ti vedo.
- Però io sono vero! - esclamò soddisfatto lui, alzandosi.
Capendo le sue intenzioni, Lilian cominciò ad indietreggiare.
- No, Edgar, non farlo! Ti giuro, lo so che sei vero!
Lui continuò ad avvicinarsi con un ghigno. Si divertiva troppo a vederla in difficoltà. Appena Lilian non ebbe più vie di fuga, le afferrò il braccio e le diede un pizzicotto.
- Ahia!
- Non c'è niente più vero del dolore, Lily-chan!
Lily fece una smorfia e massaggiò la parte lesa. - Odio l'immaginazione.

A quindici anni, Lilian se ne stava seduta con le gambe accavallate nell'ufficio del preside, per aver lanciato una gomma alla sua professoressa di inglese.
Edgar, accanto a lei, se la rideva di gusto.
- Perché hai tirato un oggetto alla tua insegnante? - domandò paziente il preside.
- Colpa mia - ghignò Edgar.
Lilian lo fulminò con un'occhiataccia. Era davvero arrabbiata. Il preside alzò le sopracciglia e cercò di ricatturare lo sguardo della ragazza.
'Oh, mi scusi. Era per colpa di Edgar. Sa, il mio amico immaginario. Non la smetteva di fare battute sconce sulle ragazze e dirmi che il mio apparecchio fa schifo. Quindi, sono dovuta passare alla violenza.'
- Mi dispiace, signore. Avevo visto una vespa.
- A febbraio?
Lilian sospirò e accettò silenziosamente le ore di punizione.

A sedici anni, Lilian venne svegliata nel bel mezzo della notte da un riccio rompi scatole.
Edgar le pungolava ritmicamente il fianco.
Lilian sotterrò la testa sotto il cuscino e si lamentò.
- Basta, Edgar. - Lily soffocò un grido di frustrazione sulle lenzuola.
- Non riesco a dormire, Lily-chan.
- Cos'hai sognato stavolta? Un altro incubo?
- No, semplicemente non riesco a dormire. Allora ti ho svegliata. Fammi compagnia. Guardiamo un film.
- Io non so come faccio a sopportarti. Dovrebbero farmi santa.
- Ehi, guarda che alle ragazze piaccio.
- Sì, lo so che voi amici immaginari fate certe cose.
- L'amica immaginaria della tua compagna di classe ha apprezzato.
- Cosa... L'amica di Maria?
Edgar annuì incurante.
- Voi persone immaginarie siete strane.
Un pizzicotto molto forte sul braccio la fece mugolare di dolore.
 
A diciassette anni, Lilian sbocciò. Tolse l'apparecchio e cominciò ad appassionarsi ad un'infinità di romanzi, specialmente russi.
- Edgar, che fai? - chiese, mettendosi le mani sulla bocca e cominciando a ridere.
Edgar si era tolto la maglietta. - Voglio farmi un tatuaggio qui - disse, indicandosi il petto.
Lilian aprì la bocca per ribattere e socchiuse gli occhi, confusa.
- Come fate... - cominciò, poi scosse la testa e sorrise. - Non entrerò nella logica di questa cosa. Hai letto il libro che ti ho consigliato due settimane fa?
Edgar scosse la testa, fece spallucce e si infilò l'indumento. Lily alzò gli occhi al cielo.
- Stai diventando altissimo, Edgar! - esclamò. - Saresti anche carino, se leggessi di più - ammise, mentre sfogliava, per l'ennesima volta, Delitto e Castigo di Fëdor Dostoevskij, in cerca di citazioni da sottolineare.
- Io sono sempre stato carino - rispose lui, facendo apparire un'adorabile fossetta sulla guancia sinistra. - C'è qualcosa che non mi dici? Sei raggiante, Lily!
- C'è un nuovo ragazzo nella mia classe. Forse mi piace.
- Come si chiama?
- Marco.
- Ha un'amica immaginaria da presentarmi?
- Sei sempre il solito.

A diciotto anni, Lilian si ubriacò per la prima volta. Niente feste sfrenate, niente discoteca. Si ubriacò a casa sua, un pomeriggio invernale, con Edgar.
Accesero lo stereo, cominciarono a ballare e bere un po' di alcolici trovati del nascondiglio dei suoi genitori. Edgar teneva Lilian per una mano, facendole fare delle giravolte. Lilian rideva di gusto e danzava contenta e un po' brilla. Correvano per il soggiorno, saltavano sul divano e gettavano delle cose a terra. Si divertì, ma pensò che quella sarebbe stata la prima e l'ultima volta che avrebbe bevuto. O, se l'avesse ancora fatto, l'avrebbe fatto solo con Edgar.

A diciannove anni, Lilian se ne stava seduta altezzosa e meno solare nello studio di una psichiatra.
Non rispose ad alcuna domanda e tornò a casa sbuffando. Un Edgar alto e finalmente tatuato se ne stava sdraiato sul letto ad aspettarla, giocando con il cellulare. Lilian sbatté la porta della camera.
- Com'è andata, Lily-chan?
- Male. È la prima seduta e già la odio.
- Che ti ha detto?
Lilian sventolò una mano e alzò gli occhi al cielo. - Che non sei reale, solo frutto della mia fantasia e bla bla bla... Cioè, non l'ha proprio detto, ma lo pensava - sbuffò.
Cercò di riacquistare il sorriso, perché sapeva di non dovere pensare troppo a ciò che la turbava, per sentirsi bene. Al contrario di ciò che si stava ripromettendo, si perse nei suoi pensieri e non notò Edgar che si era alzato e si avvicinava malizioso.
Capì dove aveva sbagliato e spalancò gli occhi, nascondendo le braccia dietro la schiena e indietreggiando.
- No, no, no, ti prego!
Edgar alzò le sopracciglia e sorrise predatore. Lilian si scontrò con la porta della stanza. Cercò di scappare, ma Edgar si trovava di fronte a lei e le precludeva qualsiasi possibilità di salvarsi.
- Domani è la tua prima uscita con Marco? - domandò Edgar.
- Sì... - rispose Lilian sospettosa.
- Chissà, forse darai finalmente il tuo primo bacio - la stuzzicò Edgar.
Lily si indignò e gli tirò un pugno sul petto, in seguito al quale Edgar le afferrò prontamente il braccio riservandole un pizzicotto ben assestato.
- Ahia... - mugolò Lilian, massaggiandosi la parte lesa. - Sei proprio uno stronzo.
Harry rise e la tirò a sé, in un abbraccio fraterno di cui la ragazza aveva un assoluto bisogno.
- A volte l'uomo è straordinariamente, appasionatamente innamorato della sofferenza... - citò Edgar, con voce austera.
Lily allontanò la testa dal suo petto per guardare il suo amico bene in faccia. Positivamente sorpresa, sorrise. - Non ci credo... hai letto Dostoevskij?!
Edgar fece spallucce, senza sciogliere l'abbraccio. - Non farti strane idee... ho letto solo ciò che hai evidenziato.
- Dopo anni, era ora.
- Mi sembravi molto triste ultimamente... e allora... pensavo ti avrebbe fatto piacere...
Lilian sentì un piacevole calore scaldarle il petto e abbracciò ancora più forte Edgar, il volto premuto contro il suo corpo. - Grazie.

A venti anni, Lilian correva per casa piangendo. Piangeva come non aveva mai pianto in tutta la sua vita. Piangeva disperata, con le lacrime che le offuscavano la vista e che la facevano inciampare. Piangeva urlando come se ne andasse della sua sopravvivenza.
- Edgar! - urlò, aprendo la porta della cucina.
- Edgar, Edgar! - gridò, visitando altre stanze.
Andava dalla psichiatra da almeno un anno e dopo ogni seduta la presenza di Edgar si affievoliva sempre più. Da un mese a quella parte lui non si era fatto più vedere. Lilian non dormiva più. Saltò tutte le altre visite. Forse i suoi genitori erano riusciti nel loro intento. Lui non c'era più. La prima e l'ultima stanza che rovistò da cima a fondo fu, ovviamente, la sua camera. Si gettò sul letto e strinse forte il cuscino, sperando di sentire il suo odore.
- Dove sei, Edgar? - domandò nei singhiozzi.
E pensò che il suo migliore amico aveva proprio ragione, non c'è niente, niente, più vero del dolore.

A ventiquattro anni, Lilian perse il padre a causa di un incidente sul lavoro.
Al funerale del signor Miller, Lilian vide tanti amici di famiglia. Vide anche il suo ex ragazzo (e anche l'unico che avesse mai avuto): Marco. Vide le amiche che si era fatta all'università piangere e consolarla. Vide sua madre distrutta dal dolore che cercava di non cadere a pezzi.
Una volta a casa, la signora Miller se ne andò dai nonni di Lilian.
Lilian aveva pianto poco durante la cerimonia. Voleva essere forte per la madre. Finalmente sola, si tolse le scomode scarpe nere e salì nella sua camera. Quando aprì la porta, vide l'unica persona che voleva vedere.
Edgar era lì, in piedi, uguale a come l'aveva visto l'ultima volta, quattro anni prima. Lilian strinse la maniglia con tutta la forza che aveva in corpo e lo guardò con freddezza.
- Ciao - disse Edgar. Lo disse con così tanta semplicità che Lilian sentì il cuore spezzarsi e ricomporsi allo stesso tempo.
- Vai via.
Edgar si avvicinò.
- Non toccarmi, non ti azzardare - lo minacciò Lilian, sull'orlo delle lacrime.
Edgar continuò a camminare e si fermò di fronte a lei.
- Mi dispiace davvero per tuo padre, Lily-chan.
Quando sentì quelle parole, la barriera di Lilian si frantumò e la ragazza lasciò tutte le lacrime che aveva trattenuto uscire liberatorie e dolorose. Si aggrappò a Edgar e lo strinse forte. Lui ricambiò l'abbraccio.
- Ti odio - urlò Lilian.
Ma lui era tutto ciò di cui aveva bisogno.

A venticinque anni, Lilian trovò un biglietto sul comò.
Addio, Lily-chan.

A novantadue anni, Lilian Miller si spense nel suo letto. Poteva dire di essere orgogliosa. Aveva avuto due figli, di nome Jack e Dimitri. Aveva due nipoti, di nome Richard e Liam. E aveva avuto un marito di nome Marco.
Aveva fatto tutto ciò che Edgar le aveva detto di desiderare per lei.
Ma in tutto ciò era sempre mancato lui.


- Ehi, Lily-chan - disse un Edgar sorridente.
Una Lily diciannovenne si guardò intorno. Erano circondati dal bianco. - Dove siamo?
Edgar fece spallucce. Si avvicinò. - Hai vissuto bene?
- Sì.
- Ne sono felice.
- Sei ancora il mio amico immaginario?
- Certo.
- Anche dopo tutti questi anni?
- Ovvio. Invecchio bene, io.
- Sì, ma... Lasciamo stare. Tutto questo è reale?
- Come lo sono sempre stato io.
- Tu non eri... Ahia!
Lily si massaggiò il braccio e sorrise. - Mi sei mancato.
- Anche tu. Devo dire che ti preferisco così. Le rughe non ti donavano.
- Stronzo.
- Guarda che era un complimento.
- Non mi compri così facilmente. Sei un pessimo adulatore.
- Anche una vestale si può sedurre con l'adulazione - disse Edgar, ammiccando soddisfatto.
Lily spalancò la bocca.  -  Hai citato... non ci credo.
- Abbracciami, Lily-chan.
Lily obbedì, senza dire ad Edgar che dopo la sua citazione sì, era riuscito a comprarla.  
- Ti voglio bene.
- Io di più.
  
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