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Autore: Momo_91    13/04/2016    1 recensioni
Seifer Almasy, un diciassettenne con un carattere forte e gran combina guai, viene spedito in collegio dalla famiglia! Qui si ritroverà a frequentare: da un lato una cerchia ristretta di bulli senza scrupoli, e dall'altro, Squall Leonhart un ragazzo solitario e scontroso dal passato oscuro che gli farà da tutor per recuperare gli studi.
I due ragazzi hanno poco in comune ma si renderanno conto che l'incrociarsi delle loro vite ha significato qualcosa per entrambi.
La storia è in centrata in una Balamb terrena (quindi priva di mostri o elementi magici).
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Seifer Almasy, Squall Leonheart
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Ero entrato nell’ufficio del preside e avevo lasciato a Squall l’ingrato compito di fare da palo. Era solito sbrigare commissioni per il preside e cose così e ho pensato che se qualcuno gli avesse chiesto qualcosa lo avrebbero sicuramente creduto. Ma quando lui mi ha chiesto cosa avesse potuto inventare non seppi fare di meglio che chiudermi nella stanza senza dagli una risposta. Nella stanza c’erano molti liquori e alcolici vari, tutti dietro delle vetrine alcune erano chiuse con una serratura. Non me ne premurai molto presi una bottiglia di vodka alla menta e una liscia, infine presi una bottiglia di vetro con del rum quasi finito. Pensai di fermarmi lì per non dare troppo nell’occhio ma qual posto faceva invidia ai veri e proprio bar.
Così andai verso un armadietto dove supponevo si poggiassero cappotti e indumenti di questo genere. Nelle mie esperienze passate ne avevo capite un po’ di cose di gente benestante, cercai un po’ a testoni e trovai un cassettino che non si vedeva per via della poca luce. Bingo! Dell’assenzio! L’assenza di quella bevanda sarebbe sicuramente stata notata ma non ci pensai troppo su.
Mi sistemai tutte le bottiglie in modo da mantenerle solo con un braccio. Mi sfilai la giacchetta col marchio del garden e cercai di coprire meglio che potevo le bevande.
Con una certa fretta mi avviai alla porta e tirai giù la maniglia, in realtà il mio gesto fu solo un mimo perché la maniglia fu tirata giù da qualcun altro. Mi irrigidii sul posto, la testa di Squall sbucò da dietro la porta
“Allora ti muovi?! Vedo delle persone in lontananza… hai preso solo quelle bottiglie?” Disse mentre mi vedeva sistemarle sotto la giacca, per poco non mi faceva venire un infarto!
“Non hai idea di cosa sia questa roba, vero?” Chiesi sorridendo.
“Non ho mia bevuto nulla!” Rispose con un tono freddo, come se si fosse offeso.
“Da che parte stanno arrivando?” Deviai il discorso, volevo alleviare la tensione tra di noi non crearne dell’altra. Ci avviammo dalla parte opposta sicuri che non ci avessero notato. Erano talmente lontani che li si vedeva appena e doveva essere lo stesso per loro verso di noi.
“Dove andiamo ora?” Mi chiese il moro, pareva che il broncio gli fosse passato.
“In camera tua mi pare ovvio! Nessuno sospetterebbe di te!” Mi affrettai a dire prima che potesse replicare. “E comunque questa è roba molto forte, vacci piano ok?”
“Molto forte cosa?” ci trovammo davanti l’allenatore di tennis. Un brivido mi attraversò la schiena, mi ero distratto parlando a Squall e prima di girare l’angolo ci era sbucato davanti. Restai in silenzio e osservai il mio compagno aspettandomi che fosse lui a tirarci fuori da quella situazione. Ma restava in silenzio con lo sguardo rivolto altrove.
“I miei voti, professore! Sono forte, vado alla grande! Buona serata!” Buttai lì sperando che non si soffermasse o facesse altre domande, intanto Squall al mio fianco sembrava calmissimo ed impassibile.
Il professore mi lanciò uno sguardo veloce augurandomi a sua volta buona serata e proseguimmo per le nostre strade. Tra lui e Squall non c’era stato nemmeno uno scambio di sguardi, beh sicuramente si trattava di un altro casino. Era meglio sbiascicare i nodi uno per volta così non chiesi nulla.
Arrivammo alla rampa di scale e cominciammo a salire i gradini che ogni volta sembravano infiniti.
“Sai Squall, forse ho preso degli alcolici troppo alcolici. Con cosa ti farò cominciare?” Dissi quasi stessi parlando più con me stesso che con lui. Se stavo zitto la mia testa faceva troppo rumore, ero bramoso di sapere ogni minima cosa su Suqall. Le cose che mi aveva detto mi avevano scioccato, non volevo darglielo a vedere, ormai un po’ lo conoscevo e se avessi fatto troppe domande sarebbe partito con il gioco del silenzio.
“Quello che hai detto non significa nulla! Comincerò con la bottiglia più piccola.” La più piccola era quella dell’assenzio non era decisamente una buona idea cominciare con quella.
Le scale erano piene di studenti che stavano rientrando, cercammo di sgusciare senza farci troppo notare. Ovviamente trovammo Jass a fermarci.
“Seifer ma con chi diavolo ti frequenti!” quasi urlò nel tentativo di superare il frastuono degli altri studenti. “Squall, eravamo una bella famigliola stasera.” Concluse sorridendo. Squall, che era stato fino a quel momento in silenzio dietro di me, era partito come un missile pronto a lanciarsi addosso a Jam.
Con la mano libera lo afferrai per il colletto della giacca, lo tirai indietro verso di me.
“Lascia perdere ora è meglio non dare nell’occhio, ok?” Bisbigliai al suo orecchio. “Jass non me ne frega un cazzo di quello che pensi ok?” Senza perdere altro tempo mi avviai su per le scale ancora una volta, sperando che stavolta nessuno ci interrompesse il passaggio.
mi voltai a guardare Squall sembrava piuttosto scioccato dal mio comportamento verso Jass. In verità io e Il quoterback eravamo spesso in disaccordo e usavamo trattarci in questi modi.
Finalmente arrivammo agli ultimi due piani che erano praticamente disabitati. Le camere erano dedicare a ripostigli o cose del genere, quindi a parte trovare qualche inserviente di tanto in tanto non ci avevo mai trovato nessuno.
Arrivammo all’ultimo piano dove c’era l’ampia vetrata e l’unica stanza disponibile. Finalmente entrammo e immediatamente bloccai la serratura della porta con una sedia, nel caso qualcuno fosse entrato.
Posai le bottiglie sul letto e allentai un po’ la presa della camicia sbottonando qualche bottone, proprio non sopportavo le cose strette alla gola.
Il moro era in piedi di fronte a me e sembrava a disagio in quella situazione. La cosa mi divertiva.
“Allora, cominciamo?” Non rispose nulla, continuava a stare sulle sue e a mascherare il suo imbarazzo come faceva con qualsiasi altra emozione.
Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso, come la prima sera che lo vidi con quel vestito quando i miei genitori si presentarono a lui. Per me era praticamente evidente il fatto che volesse scappare via. Quando aveva la giacca aperta si poteva vedere come la camicia gli stesse aderente. Mi passai una mano tra i capelli e scacciai quegli insoliti pensieri.
“Andiamo col più leggero.” Dissi allora, afferrai la bottiglia di vodka alla menta. Era l’unica bottiglia a non essere mai stata aperta, la aprii e feci una lunga bevuta. Era come bere i vecchi tempi, l’impatto dell’alcol sulla mia lingua mi ricordava il sapore di serate passate in giro per la città a far baldoria con persone che un giorno sono tue amiche e l’altro non ricordi nemmeno chi fossero.
Passai la bottiglia a Squall che continuava a stare in piedi titubante.
“Oh insomma amico! Hai bisogno di allentare i nervi!” Gli andai vicino, avvicinai la bottiglia alle sue labbra, quando lui l’afferro non lasciai la presa e accompagnai il gesto fin quando bevve. Cominciò a riversare l’alcol dentro di se e appena ne sentì il sapore lanciò via la bottiglia.
Gli misi la mano sulle labbra e aspettai che avesse ingoiato tutto.
Allentai la presa con un tremolio, riaffiorò nella mia mente il ricordo di quando gli stringevo la bocca durante l’attacco alla gamba. Mi ricomposi in fretta vedendo che a lui non aveva causato alcuna reazione.
“Posso assaggiarne un altro? Questo sa di spirito.” Trattenni una sonora risata, sarebbe andato su di giri altrimenti.
“Se non ti piace quello con gli altri sarà peggio.” Gli lasciai la bottiglia di vodka e presi per me la bottiglia di rum, sembrava passata un’eternità dell’ultima volta.
Presi a bere la mia bevanda ma Squall non contento me la strappò di mano e fece un lungo sorso. Poi cominciò a tossire e ne riversò anche un po’ sul pavimento. Ridere era inevitabile ormai, la cosa sorprendere fu che una volta ripreso anche lui sorrise.
Bevendo alcol cominciava a fare sempre più caldo e ci sistemammo fuori al balconcino della sua stanza. Ci stavamo a stento in due.
L’atmosfera sembrava essersi fatta più tranquilla. Squall non sembrava stare sempre lì pronto per scoppiare alla minima cosa e io potevo allentare la tensione a mia volta.
Ormai sembrava aver preso gusto e la vodka era diventata in poco tempo il suo biberon.
“Perché tuo padre ti ha lasciato per così tanto tempo?” Buttai il discorso lì senza pensare a come formulare la domanda e se fosse realmente il momento giusto.
Stette in silenzio per pochi secondi. Aveva la schiena poggiata alla parete adiacente alla finestra, guardava diritto davanti a se con il suo solito sguardo serio, malinconico. Proprio come la prima sera con i miei genitori. Lui guardava altrove, io non riuscivo a staccare lo sguardo da lui. Il mondo appariva pieno di colori attorno a lui ma era il suo colore che volevo scoprire.
“Successe tanti anni fa…” Cominciò: “Avevo circa 10 anni, da piccolo non potevo mai uscire per via di… alcuni problemi. Vivevo nella villa e non mi era permesso uscire, tranne qualche rara volta. Quel giorno mio padre mi sveglio di buon’ora, mi portò con lui in giro per il centro di Esthar! Ero al quanto euforico sai, mangiammo un cheeseburger e, era la prima volta che ne mangiavo uno. Infine mi portò al campo a vedere un’importante partita di tennis. Al ritorno, in macchina, crollai dormii per tutto il viaggio quando mi svegliai non eravamo casa. Mi lasciò qui. Non l’ho più visto e sentito fino ad oggi.” Non staccai nemmeno un attimo gli occhi da lui e lui fece altrettanto con l’orizzonte che aveva catturato il suo sguardo.
Quello che mi aveva detto, era tutto così assurdo senza senso! Lui riusciva a raccontarlo con una tale calma che sembrava avessi assorbito io tutta la tristezza e l’agitazione per quell’incomprensibile realtà.
“Tua madre?”
“Ha lasciato la famiglia quando ero ancora un bambino. Non ho alcun ricordo di lei.”
Voltò la testa dall’altro lato in modo che io non potessi vederlo.
Smisi di fare domande per un po’, forse era arrivato il momento di passare a qualcosa di più forte. Presi la vodka liscia e cominciai a berla. Ancora una volta bevevo il sapore delle sere passate con gli amici, che tanto amici non erano.
Un paio di bevute e passai la bottiglia a lui.
“Vacci piano con questo.”
Squall avvicinò la bottiglia ne sentì l’odore e ci pensò prima di bere. Preso dall’indecisione bevve veloce tutto d’un fiato. Perché doveva fare sempre l’opposto di quello che gli dicevo?
Cominciò a tossire e l’alcol gli cadde dalla bocca e poi anche dal naso. Scoppiai a ridere fragandomene di chi potesse sentirmi. Ben gli stava, la prossima volta avrebbe fatto meglio ad ascoltarmi. Continuò a tossire e la parte divertente di tutto ciò era che cercava di camuffare il tutto, come se non fosse stato per via dell’alcol!
Più mi sentiva ridere più si arrabbiava. Si tolse la giacca con un gesto veloce e si asciugò il viso con quella, pensai che si stesse lasciando proprio andare.
Si voltò a guardami, aveva le guance rosse e gli occhi umidicci, mi ero preparato a una qualche sfuriata o a un silenzio impenetrabile. Invece riprese la bottiglia e bevve a lungo per dimostrarmi, in quell’assurdo modo, di essere in grado di farcela.
“Adesso basta Squall!” Gli staccai la bottiglia velocemente. “Domattina non ti alzerai dal letto...” bisbigliai.
“Come ti pare.” Furono le sue parole, ero abbastanza sicuro che fosse ubriaco, molto ubriaco. Squall aveva ancora 15 anni e quella era la prima volta che beveva alcolici, era più che normale. Anche io ero abbastanza stonato, sembrava passata una vita che non bevevo più così.
Il moro poggiò a terra i talloni e alzo le punte dei piedi verso l’alto, facendo dondolare le punte da un lato e poi dall’altro. Si, era decisamente andato.
“Non capisco ancora perché odi tanto tuo padre… avrà sbagliato ma forse anche io avrei agito come lui conoscendoti.” Dopo quelle parole avevo una forte voglia di lanciargli un pugno!
“Io non ho scelta. Vivo come dice lui faccio quello che dice lui e anche se mi ribello o cerco di cambiare le cose la mia volontà non conta!” Usai un tono forte senza nemmeno volerlo.
“Nah… io credo che tu cerchi l’approvazione di tuo padre. Vorresti che lui fosse fiero di te! Lo capisco, anche io l’ho fatto in questi 5 anni. Ci sono arrivato solo quando mi avete spezzato la gamba!” Sorrise, come non lo si vedeva mai fare. Era tutto così distorto, riusciva a sorridere solo per le avversità della vita. Più cercavo di capirlo più mi sentivo la copia di un puzzle con i pezzi sbagliati.
Parlava di quell’avvenimento sempre con molta leggerezza, ogni volta che lo faceva era come se la spezzassero a me una gamba.
“Cosa intendi? Anche in passato me lo dicesti, cosa significa? Non si può trarre insegnamento da una cosa del genere!” Mentre parlavo pensai che quella ad Esthar sarebbe stata la sua prima uscita da quell’istituto. “Tu ci tenevi tanto perché volevi uscire di qui…” Dissi più tra me e me mentre sentivo una stretta al petto.
Squall bevve ancora un po’ di vodka liscia “No! Non me ne fregava nulla di uscire di qui! Sai chi è presente alle finali dei campionati?” In quel momento capii tutto.
“Volevi vedere tuo padre! Essendo lui il presidente sarebbe stato certamente presente alla partita.” Squall non disse nulla. Quindi era veramente così, si era impegnato tanto da diventare il numero uno solo per vedere suo padre.
Squall mi osservò e non poteva vedere che compassione sul mio volto.
“Tranquillo, avevo la TV in stanza e vedendo i notiziari il presidente non c’era! Troppi impegni lavorativi.” Parlò con un tono scherzoso come se stesse ridendo ma non c’era espressione sul suo viso.
A quel punto riprendemmo a bere: io il mio rum, lui la sua vodka.
Squall cominciava a sudare un po’ sulla fronte. Ci stavamo andando giù forte.
Si sbottonò quasi tutti i bottoni della camicia che era ancora bagnata della vodka che aveva sputato. E io ero lì in silenzio a fissarlo. Aveva un forte senso del pudore. Anche durante gli allentamenti o negli spogliatoi non si mostrava mai a torso nudo. L’unica volta che lo vidi senza fu quella sera negli spogliatoi ma data la situazione non ci feci tanto caso.
Mi raddrizzai al mio posto e bevvi un altro sorso di rum, dovevo decidermi a smetterla o anche io non mi sarei alzato dal letto il giorno dopo.
Non trattenni la domanda più ovvia che potessi fare “Perché ti odia tanto?”
Si votò di scatto sgranando gli occhi, lo vidi leggermente sbandare si frenò poggiando le mani sul marmo freddo davanti a me. Tornò a fissarmi e questa volta era molto vicino a me. L’odore della vodka, i suoi capelli attaccati al collo per via del sudore, quello sguardo smarrito… tutto quello non mi aiutava a restare lucido.
“E me lo chiedi?!” Incalzò “Chi vorrebbe un foglio come me. Anche tu lo sai, sono uno sfigato, no? Insopportabile e sono il giochino dell’istituto! Vuoi fare a botte? E vai da Squall. Hai voglia di far sentire qualcuno meno di zero? Vai da Suqall! Vuoi spezzare la gamba a qualcuno? Vai…”
“Quello che dici non ha un cazzo di senso lo sai vero? Tuo padre dovrebbe odiarti per dei motivi campati in aria? E poi, ti prego, BASTA CON QUELLA CAZZO DI GAMBA!” Urlai. Ero stufo di sentirmi in colpa. Era palese che Squall non era pienamente cosciente ormai.
“Giusto! Io non sono uno dei tuoi amici con i quali ridere su della cosa.” La rabbia crebbe forse per il pizzico di verità. Quando si era soli col gruppo si finiva spesso a parlare di quella sera e ridere, io me ne stavo in silenzio ma sapevo che non giustificava nulla. Se lì c’era uno sfigato quello ero io.
“Basta ti prego. Ogni volta che prendi a parlare di quell’episodio… io sto male. Quello non sono io! Tu ne parli con tanta leggerezza, come se fosse una cosa normale, io invece mi sento male se penso a quello che ti ho fatto!”
Finalmente lo avevo detto! Avevo confessato il mio peccato con annesso il senso di colpa. Il moro era ancora li a penzoloni sulle mani mi guardava con i capelli arruffati e lo sguardo assente. Infine il mio sguardo cadde sulle sue labbra leggermente aperte il mio cuore cominciò a battere come un treno all’impazzata! Afferrai Squall per le spalle e lo spinsi all’arcata della finestra, dovevo allontanarmi e volevo uscire da quel dannato balcone.
Il moro non era pienamente stabile e si trattenne a stento tra il vetro e il muro per non cadere all’indietro.
“Che diavolo ti prende?! Vuoi fare a pugni?!” Aveva preso la mie reazione come una sfida e subito dopo mi lanciò un pugno, che secondo lui doveva finirmi dritto in faccia, ma bastò un leggero movimento per scansarlo. Aveva perso nuovamente equilibrio e stava cadendo all’inditro, mi usci naturale afferrarlo per le spalle ma cademmo entrombi nell’angusto arco della finestra. Squall era steso per metà fuori e per metà dentro e io lo stesso sopra di lui.
Feci forza sulle braccia sollevandomi a guardarlo: Aveva ancora un’aria di sfida nonostante non riuscisse a fare o a capire nulla. I suoi occhi erano di ghiaccio la sua espressione era sempre così seria, ma ora potevo capirlo un po’ aveva vissuto sempre da solo nel vero senso della parola. Le sue sopracciglia sempre inarcate in un’espressione di provocazione, le labbra serrate… quello era l’unico modo che conosceva per sopravvivere?
Quella sera era una vera e propria giungla di pensieri e di emozioni, molte delle quali senza senso. Potevo sentire le tempie battere velocemente. Fu Squall a smuovere quella situazione si sollevò sui gomiti e mi arrivò vicinissimo al volto, si guardava attorno palesemente intontito dai giramenti di testa.
“Adesso spostati” Sussurrò troppo vicino al mio orecchio. Ebbi un brivido forte, palese, l’aveva sentito anche lui. Poi fu l’alcol, decisamente fu quello! Rimasi una mano a terra per sostenermi e con l’altro afferrai la testa di Squall, lo spinsi verso di me e le nostre labbra si sovrapposero. Una parte di me voleva pensare dare un motivo o una scusa per quella situazione, ma l’altra era solo un istinto irrefrenabile di desiderio e non sapevo porvi fine.
Lui non si ritrasse così lo strinsi ancora di più e il nostro bacio prese forma, il rum e la vodka conobbero un nuovo modo per essere miscelati.
Le sue labbra erano morbide e calde e ogni minimo dettaglio di quella situazione non faceva altro che eccitarmi di più. Lo baciavo avidamente e lui non riusciva a stare al mio passo, più che altro annaspava in cerca di aria, quando anch’io non ne potevo più mi staccai da lui e presi a respirare.
Questa volta mi alzai frastornato e cercai dei pensieri lucidi, cosa cazzo avevo fatto? L’idea di aver baciato un altro ragazzo mi stava facendo impazzire “Squall…” Cercavo delle scuse per quel comportamento solo che lui non era più steso a terra si stava lentamente avvicinando al letto e si stava sedendo con la lentezza di un bradipo, come se tra lui e il letto ci fossero metri di distanza. Il suo tentativo fu vano e cadde in avanti tenendosi sulle ginocchia, risi silenziosamente faceva tenerezza in quelle condizioni.
Andai verso di lui cercando di non pensare a nulla lo aiutati a sollevarsi e lo feci sedere sul letto, i nostri sguardi si incrociarono e nessuno dei due lo distolse. Il mio respiro si fece affannato e solo un pensiero martellava la mia testa –vodka, voglio altra vodka!– spensi il mio cervello e mi protesi verso di lui a baciarlo ancora una volta.
Questa volta il bacio fu meno violento, Squall spinse la lingua nella mia bocca e la faceva guizzare come avrebbe fatto uno che non ha mai baciato. Probabilmente non aveva dato molti baci in passato, staccai le mie labbra da lui e quando ripresi a baciarlo fui io a prendere l’iniziativa con movimenti lenti della lingua. Imitava i miei movimenti e il bacio diveniva sempre più passionale e acceso, ad un tratto mi spinse leggermente via e cadde sul letto scosso da un altro giramento.
La camicia gli era scivolata via e ammirai il suo petto muscoloso e ben definito eppure se lo teneva sempre ben nascosto. Lo vidi alzare la testa e fissarmi, non resistevo più ero eccitato. Salii sul letto mi misi sopra di lui e ripresi a baciarlo non avrei ammesso altre interruzioni, ancora le nostre labbra si toccavano e il mio corpo era scosso da temiti non avevo mai provato nulla di simile. Mi staccai ancora da lui sentendolo mugolare di dissenso andai ad assaggiare il collo –mordi, lecca, bacia– ma questa volta non era una tecnica per far eccitare qualche ragazza, era fame, fame pura e sconosciuta.
Lo sentivo gemere mentre esploravo quel sapore nuovo: il collo era duro diverso da quello di un collo femminile. Forse era quello il motivo per il quale sentivo di dover mordere più forte, per farmi sentire, per trasmettergli quello che stava succedendo a me.
La mano che non sorreggeva il mio peso andò ad esplorare i suoi addominali, lui stava fermo incapace di reagire a tanto piacere. Il mio sesso era diventato duro non sapevo dire da quanto ormai, la mia mano scese sempre più giù arrivai all’attaccatura dei pantaloni, di scatto mi lanciai in avanti ansimante allontanando il contatto dei nostri corpi. Squall era rimasto fermo lì ad ansimare a sua volta.
Quello che stavo toccando e desiderando era un uomo… qualcosa non andava, forse era l’astinenza troppo tempo che non avevo rapporti. Poggiai le mani sul materasso e mi tirai un po’ più su, quella follia doveva finire! Abbassai lo sguardo cercando di non incrociare gli occhi di Squall, non mi ero accorto che questa volta lui stava fissando me col mento all’insù, aveva la bocca leggermente aperta un chiaro invito a baciarlo. Come un bambino davanti a un negozio di caramelle non resistetti! Mi avventai su di lui come un serpente, lo baciavo avidamente con i pensieri che facevano rumore. Allargai le sue gambe e mi sistemai in mezzo, questa volta anche lui reagì stringendomi forte a se. Strusciai il mio sesso contro il suo ed io stesso gemetti nella sua bocca, non sembrava duro come il mio, l’adrenalina che provai quella sera non mi portava ad avere pensieri concreti.
Continuai a strusciarmi contro di lui velocemente questa volta era lui e gemere continuamente. Mi diressi al petto lasciando una scia di baci. Non sentii più la sua presa sulle mie spalle non me ne curai e continuai a baciarlo salendo un po’ per volta per arrivare alle sue labbra morbide. Mi resi conto che non lo sentivo più nemmeno gemere, allora mi staccai per guardarlo, sembrava un angelo e la camicia stropicciata dietro di lui dovevano essere le sue ali. Si era addormentato
“Squall…” Lo scossi leggermente me era caduto in un sonno più forte di lui.
Mi alzai e cercai di sistemarmi la camicia, non ci potevo credere era crollato lasciandomi come un cretino. Ora che Squall non era più presente a farmi perdere la testa con il suo corpo non mi restavano che i pensieri. Ero abbastanza convinto che fosse stato l’alcol ad indurci a quella situazione, era stata pura curiosità… avevamo solo bisogno di sfogarci. Lanciai una rapida occhiata al corpo dormiente del moro, lui era sistemato era talmente ubriaco da aver risolto tutto addormentandosi ma il mio pene non ne voleva sapere di addormentarsi. Un forte senso di vergogna mi strinse lo stomaco, tirai via la sedia che bloccava la porta e senza curarmi che fosse chiusa o meno corsi giù per le scale.
Mi avviai verso gli spogliatoi interni del terzo piano, come immaginavo a quell’ora l’istituto era vuoto. Dopo le 8 di sera non era possibile entrare negli spogliatoi ma ne avevo un bisogno urgente. Le camere disponevano di un bagno ma avevano solo un lavandino e un water. Io avevo bisogno di una doccia fredda! E fu quello che ottenni, mi diressi sotto la prima doccia e feci partire il getto d’acqua. Era gelida, cadeva con una certa velocità sul mio corpo, non mi tolsi nemmeno i vestiti. Lasciai che l’acqua gelida portasse tutto via, la mia erezione, le sensazioni di quella sera e la vergogna che provavo dentro.
Non ero gay! mio padre non l’avrebbe mai… era proprio come diceva Squall, era la sua approvazione che cercavo! Ero talmente sbagliato che non mi avrebbe mai accettato. Restai molto tempo sotto la doccia che pian piano si portò via tutto anche le mie lacrime silenziose. Ma qualcosa rimase, qualcosa che ancora non conoscevo bene che mi portava un brivido di emozioni belle e brutte.

Il mattino seguente fui svegliato da un gallinaccio rumoroso, continuava a chiedermi cosa fosse successo mi sentivo a pezzi e ci misi un po’ per ricompormi era come se avessi dei pesi di 100 kili su tutto il corpo. Mi guardai intorno ero steso sul letto nella mia camera ed era tutto bagnato, io, il letto e i miei vestiti
“Allora cosa è successo?!” Ripeté ancora una volta con la sua insopportabile voce acuta non era capace di parlare senza urlare, quella mattina la sua voce era più fastidiosa del solito. A completare il tutto era arrivato Irvine che mi guardava con gli occhi sgranati mentre finiva di vestirsi.
“Ci sei?!” Continuò Zell, mi si avvicinò afferrò il mento e tirò la mia testa troppo bruscamente verso l’alto, voleva guardami per vedere come stavo. Non fece altro che peggiorare le cose il suo gesto mi provoco un giracapo tremendo che percepì anche il mio stomaco, in un attimo tutto quello che era successo la sera precedente era chiaro e limpido nella mia mente.
“Idiota di un gallinaccio!!” Esclamai mentre correvo al bagno, feci appena in tempo ad aprire la porta e cominciai a vomitare tutto! Si suol dire che il buongiorno si vede dal mattino.

Dopo una doccia e, quello che era stato probabilmente un litro, di caffe arrivai a uno stato quasi umano. Mi premurai di saltare le prime ore nell’aula di letteratura e scienza visto che erano gli stessi corsi che frequentavo con Squall. Partecipai a due lunghissime ed infinite ore di matematica e una di storia moderna, nonostante avessi ingerito poco prima un antinfiammatorio la testa sembrava stesse per scoppiare da un momento all’altro.
La mente tornava sempre a ripescare i ricordi del bacio cercavo di non farmi pesare la cosa. In fono non era successo nulla di grave non eravamo arrivati chissà dove ed eravamo ubriachi fradici. La cosa che mi metteva maggiormente ansia era un probabile faccia a faccia con Squall, non avevo idea in quali condizioni versasse non ero tanto contento  di dover andare da lui quel pomeriggio.
L’infernale ora di storia finì e andai dritto nella sala mensa, Jass e il resto della banda non erano ancora arrivati non arrivavano mai molto presto.
Mi guardai attorno in cerca di qualche viso conosciuto pochi tavoli più avanti vidi Irvine e mi sedetti accanto a lui.
“Il gallinaccio è già in fila per i panini vero?”
“Se lo chiami ancora così penso che ti lancerà giù per le scale. Ovviamente è lì” Indicò la fila al bancone dei panini. Lo guardai, per la prima volta in faccia quel giorno, e aveva una chiazza violacea in faccia.
“Cosa diavolo hai fatto alla faccia?”
“Ah una tipa ieri alla festa degli istituti, le ho chiesto se le ragazze si lavavano a vicenda sotto le docce e lei mi ha lanciato un ceffone talmente forte da far tremare la virilità di un uomo!” Mi spiegò, come se la sua domanda fosse stata più che lecita.
“Sei proprio un cretino! E pensare che se non fossi tanto idiota potresti avere molte ragazze dietro.”
“Vuoi dire che sono un bel ragazzo!” Sorrise facendo un occhiolino “Mi dispiace sono solo per le donne.” Divenni paonazzo, lo afferrai per il colletto
“Cosa vorresti dire eh?” Lo avevo strattonato e il suo viso era molto vicino al mio, avevo perso il controllo. Dopo quello che era successo ero ancora straniato.
“Ohi Seifer che diavolo ti prende? Scherzavo amico!” Rispose lui allontanando la mia mano senza problemi. Non era uno che amava creare liti inutili, non si poteva dire lo stesso di Zell. Si risistemò sulla sedia e stavo per fare lo stesso io, ma qualcuno mi prese con forza il polso e cominciò a tirarmi via
“Chi cazz..”
“Devi aiutarmi, cosa devo fare con questi dolori lancinanti alla testa? Ti pare il modo di andartene?! Mi sono ritrovato Quistis fuori dalla stanza questa mattina è stato un casino nasconderle tutto!” Era Squall, lo avevo volutamente evitato tutto il giorno ed ora eccolo lì. Non sapevo cosa dire, notai che lui mi fissava mi mancò un battito, quelle scene si muovevano a rallentatore nella mia testa.
“Cosa diavolo ti prende?!” Mi scosse vedendo che non avevo reazioni.
“N… nulla. Che hai?” Come diavolo faceva a comportarsi come se nulla fosse? Ero forse io quello strano?
“La testa sta per scoppiare cosa devo fare?” In quel momento misi a fuoco il suo viso, non aveva certamente una bella cera il viso era cereo e aveva due occhiaie nere sotto agli occhi.
“Ti serve un antinfiammatorio.”
“Ho creduto di vomitare le mie stesse interiora.” Ero teso e lui lo vedeva “Cosa ti prende?”
“Nulla, solo che… niente, ho bevuto troppo anche io!” Quando mi guardava negli occhi subito fissavo un altro punto, non riuscivo a sostenere il suo sguardo.
“Sei stato male anche tu? Ma che fine hai fatto ieri?” Chiese confuso.
“Sono… non ricordi nulla?”
“Certo abbiamo bevuto e parlato, poi mi sono addormentato!” concluse senza imbarazzo o aggiungere altro. Non ricordava nulla, lui non ricordava quello che era successo.
Quando pensai che lui non fosse cosciente qualcosa dentro mi fece male, molto male.
Era stato l’alta assunzione di alcol a fargli fare quello che ha fatto, non ero più sicuro di poter dire lo stesso di me.
Senza dire altro mi allontanai da lì, uscii dall’istituto e cominciai a camminare lungo i campetti. Ero confuso, ero deciso a lasciarmi quella vicenda alle spalle, ma sapere che Squall aveva dimenticato tutto avrebbe dovuto rincuorarmi invece mi faceva sentire un tale idiota.
Sapevo dall’inizio che quel cretino mi avrebbe portato solo casini, sorrisi tra me e me. Ah avevo decisamente bisogno di una donna!




Commento dell’autore
E’ passata una marea di tempo chiedo perdono!! Spero che questo capitolo vi piaccia.
Ci terrei a precisare che con certi concetti o avvenimenti non intendo offendere nessuno, vorrei solo far emergere la difficoltà di certi ragazzi nel conoscere se stessi.
Grazie a chi mi legge, lasciate un commentino <3

  
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