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Autore: Ehyca    13/04/2016    1 recensioni
Minseok non è davvero bravo in cinese, Luhan è lo studente nuovo con dei segreti, Jongdae dà pessimi consigli, ma Kyungsoo no. Sehun apprezzerebbe davvero tanto se Kim Jongin smettesse di interessarsi a lui, Baekhyun e Chanyeol sono davvero sul confine del più-che-solo-amici, e niente, la loro vita si incasina giusto un po'.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lu Han, Lu Han, Un po' tutti, Xiumin, Xiumin
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Storia originariamente scritta in All Hands On Deck da:
 

 

Se c'era un'assoluta verità che Minseok avrebbe sostenuto fino alla fine dei tempi, era che sebbene avesse i voti più alti nella sua classe di cinese, non significava assolutamente che fosse competente nella lingua. Cinese era una lezione obbligatoria – dovevano farla tutti – e approssimativamente il 100% dei ragazzi a scuola la odiava. Minseok, a quanto pare, era una delle poche persone che cercava di prendere bei voti in quella materia, e, a quanto pare, era bravo a ricordarsi le regole verbali e cose così. Quindi sì, aveva il voto più alto in cinese.
Ma non lo sapeva seriamente parlare.
“Non so perché ti dia così fastidio,” gli disse Jongdae a pranzo durante il terzo giorno di scuola. La pausa pranzo era l'unico momento in cui potevano passare del tempo assieme dato che Jongdae era un anno indietro, e solitamente era lui a parlare ininterrottamente, ma oggi Minseok aveva passato tutta l'ora a lamentarsi invece che mangiare, e generalmente era una cattiva idea. Cominciò a riempirsi velocemente la bocca di cibo, controllando brevemente l'orologio.
“Perché,” disse, ingoiando il riso. “Come dovrei aiutare il ragazzo cinese quando non posso nemmeno comunicare con lui? Il mio cinese è terribile, Jongdae. Terribile.”
“Aspetta, okay, fai un passo indietro. Cosa devi fare esattamente?” chiese Jongdae, cercando di rubare qualcosa dal vassoio ancora pieno di Minseok e venendo colpito col cucchiaio dal ragazzo. Fece una smorfia di dolore.
A quanto pare arriva uno studente che si è trasferito dalla Cina,” spiegò Minseok. “E non sa una parola di Coreano. Quindi ha bisogno di, tipo, un compagno. Come l'ha chiamato Junmyeon... un compagno di adattamento. Per aiutarlo ad ambientarsi ed affrontare la barriera della lingua e non farsi bocciare in tutte le materie o qualcosa del genere. Non lo so, penso di doverlo aiutare a non morire?”
“Non sembra così male,” disse Jongdae, scrollando le spalle.
“Ma io non parlo cinese,” ribadì Minseok. “Mi hai mai sentito cercare di parlare cinese? Probabilmente no, perché non lo so fare. Il nostro insegnante non prova nemmeno più a spiegarci qualcosa perché nessuno sa una parola.”
“Non può essere così male, hyung,” insistette Jongdae, alzando gli occhi al cielo.
“Lo è,” disse solennemente Minseok. “Quel ragazzo riderà di me. E poi piangerà perché non ci sarà nessuno che lo aiuti a salvare i suoi voti.”
“Chi lo dice?” disse Jongdae, cercando di rubare ancora una volta il pranzo di Minseok ma fallendo. “Potresti rimanere sorpreso. Forse imparerai a parlare cinese per la disperazione.”
“Non voglio impararlo,” mormorò Minseok, mangiando l'ultimo chicco di riso della sua ciotola. “Perché finisco sempre immischiato in questo genere di cose?”
Jongdae rise. “Probabilmente perché sei il più grande pollo di sempre, e Junmyeon hyung lo sa benissimo.”
Minseok gli fece una smorfia, ma Jongdae aveva probabilmente ragione (aveva sempre ragione). Però a Minseok non piaceva ammetterlo, quindi disse invece, “Da quando sei così in confidenza con Junmyeon da chiamarlo ‘hyung’?” e questo fece zittire Jongdae.
Era una cosa rara, quindi Minseok se la godette finché poteva.


Minseok venne tirato fuori dalla propria classe il giorno seguente per conoscere ufficialmente il nuovo studente. Fu Junmyeon a venirlo a prendere – era sempre incaricato di cose di questo tipo – e sebbene i due non fossero propriamente in confidenza, si conoscevano abbastanza da chiacchierare durante il tragitto verso l'ufficio principale.
“Sei eccitato?” chiese piacevolmente il presidente del consiglio studentesco.
Minseok si trattenne dal fare una smorfia e invece scrollò le spalle. “Nervoso,” ammise. “Sembra un lavoro piuttosto importante, e non so quanto bene riuscirò a portarlo a termine.”
Junmyeon annuì comprensivo. “Sono sicuro che andrai bene,” disse rassicurante. “Luhan sarà contento di avere qualcuno che lo aiuti a prescindere, onestamente.”
“Luhan?”
Junmyeon annuì mentre cominciavano a scendere le scale. “È il nome dello studente che si trasferisce. Penso che Lu sia il cognome, a dire il vero, ma ci ha detto di chiamarlo così. Penso.” Sorrise leggermente imbarazzato. “Io, um, non capisco il cinese tanto bene.”
Minseok sentì la disperazione montare nel suo petto. Se nemmeno Kim Junmyeon, studente modello, riusciva a capire quel ragazzo, come avrebbe fatto lui?
Raggiunsero l'ufficio un momento dopo, e Minseok si preparò psicologicamente prima di entrare. Dopotutto, avrebbe probabilmente passato molto tempo con questo ragazzo in un prossimo futuro. Se fosse sopravvissuto, si sarebbe dovuto preparare.
“Ah, Minseok ah, sono felice ce l'abbia fatta,” disse il preside non appena Minseok entrò, lasciando fuori Junmyeon. Si inchinò leggermente come forma di saluto. “Ti presento Luhan, il tuo nuovissimo compagno di classe.”
Minseok si voltò a guardare il ragazzo ora in piedi accanto alla sua scrivania, che si inchinò a sua volta tenendo in mano la sua nuova uniforme. Quando si raddrizzò, Minseok sbatté le palpebre per la sorpresa. Era un po' più alto di lui, ma per il resto, sembrava più piccolo in ogni aspetto, dai suoi grandi occhi castani, al nasino piccolo e la pelle liscia, e il modo in cui si mordeva nervosamente il labbro. Luhan sorrise leggermente, timido, e si scostò i morbidi capelli castani da davanti agli occhi. “Ciao,” disse, in uno stentato coreano accentato e troppo formale. “Sono Luhan. Piacere di conoscerti.”
Minseok lo fissò per un momento prima di ritrovare la voce. “Um. Ciao. Io sono Minseok.”
Luhan sbatté le palpebre un paio di volte, e lo sguardo di Minseok rimase incollato alle sue ciglia. “Minseok,” ripeté il ragazzo, piano e a voce alta, come per provare. “Minseok.”
Minseok annuì stupidamente.
“Esatto,” disse il preside. “Allora, sai qual è il tuo lavoro, Minseok ah?”
“Um,” rispose lui, distogliendo lo sguardo da Luhan per guardarlo. “Più o meno? Devo solo aiutarlo ad ambientarsi e cose così, giusto?” Guardò Luhan, che sembrava un po' perso. Si chiese se stessero parlando troppo veloce per lui.
“Beh, speravamo più che altro che potessi essergli amico. Sai, oltre alle altre cose, tipo assicurarti sempre che sappia dove si trova e che capisca le sue lezioni. È abbastanza difficile essere il ragazzo nuovo, ma lo sarà ancora di più per Luhan, dato che non può parlare con gli altri studenti.”
Minseok annuì lentamente. “Sì, signore,” disse, anche se l'idea non è che lo entusiasmasse tanto. Doveva già aiutare il ragazzo con un sacco di cose, ma ora doveva prendersi cura di lui anche fuori dalla classe?
“Fantastico. Grazie mille per aver accettato, Minseok. Sono sicuro che Luhan apprezzerà davvero il tuo aiuto,” disse il preside, sorridendogli calorosamente. Minseok si limitò ad annuire ancora. “D'accordo. Beh, immagino possa tornare in classe ora. Magari puoi fargli fare un giro veloce della scuola durante la pausa.” Un altro cenno. “Potete andare, allora.”
Minseok si morse il labbro e si girò verso il ragazzo, che lo stava guardando con gli occhi spalancati e incerti. Provò a fare un piccolo sorriso, ma la preoccupazione gli attanagliava lo stomaco e probabilmente non sembrò affatto rassicurante. “Andiamo,” disse, con voce leggermente esitante. “Andiamo, Luhan-ssi.”
Luhan annuì silenziosamente, e seguì Minseok fuori dall'ufficio e lungo il corridoio. Minseok voleva dire qualcosa per rompere il silenzio imbarazzante mentre percorrevano i corridoi, ma non riusciva a pensare a niente di cui parlare (e anche se avesse parlato, non era sicuro che Luhan lo avrebbe capito). Si fermò, comunque, quando passarono davanti ad una porta. “Questo è il bagno,” disse, voltandosi verso il ragazzo e indicando la stanza in questione. “Ce n'è un altro al piano di sopra, ti mostrerò anche quello dopo, ma—” Si interruppe quando Luhan sbatté le palpebre, con le sopracciglia aggrottate. “Ti vuoi cambiare?” Indicò l'uniforme tra le sue braccia.
Luhan guardò i vestiti che aveva in mano, poi il bagno. Sembrò finalmente capire. “Ah. Sì,” disse, annuendo.
Minseok annuì stupidamente in risposta. “Uh. Ti aspetto qui.” Fece una pausa per un secondo, scavando nel cervello per trovare una certa parola, e poi ripeté la frase in un Cinese lento e probabilmente sbagliato. Ma non appena le parole lasciarono la sua bocca, il viso di Luhan si illuminò e sorrise contento.
“Ah!” esclamò, sembrando eccitato e ripetendo quello che aveva detto Minseok, prima in cinese, e poi in coreano. “Okay,” disse, annuendo e sorridendo ancora prima di entrare in bagno.
Minseok si ritrovò a fissare la porta per diversi minuti dopo che il ragazzo fu entrato.
Quando Luhan tornò, era vestito con l'uniforme, sembrando in ordine ed elegante, e stava ancora sorridendo leggermente. Lo zaino gli pendeva da una spalla, ora riempito con i vecchi vestiti.
“Hai un armadietto?” chiese lentamente Minseok, assicurandosi di scandire bene le parole. Poteva tradurre frasi semplici come questa in cinese, ma poi come avrebbe imparato Luhan? (O forse, Minseok non voleva semplicemente mettersi in ridicolo.)
Luhan sembrò capire comunque, perché annuì, ripetendo la parola armadietto piano tra sé e sé e tirò fuori un bigliettino dalla tasca. C'era un numero scritto sopra, e Minseok annuì.
“Okay,” disse. “Ti mostro dov'è.” Si diresse alle scale, e Luhan lo seguì come un cagnolino ubbidiente.
Raggiunsero il secondo piano, dove si trovava sia la loro classe che gli armadietti (visto che spesso i due corrispondevano), e Minseok passò le dita sugli armadietti mentre camminavano. “Questo è il mio,” disse, picchiettando sull'armadietto numero 2441. Continuò a camminare, gli occhi sulle targhette numerate, e si fermò qualche metro più avanti. “E questo è il tuo.” Sollevò lo sguardo e vide che Luhan stava ancora guardando l'armadietto di Minseok, concentrandosi sui numeri, come per cercare di memorizzarli. Minseok continuò a fissare il ragazzo cinese fino a che non si voltò e sorrise, raggiungendolo.
“Mio?” chiese, posando una mano sulla porta.
Minseok annuì. “Sì. Hai un lucchetto?” Finse di chiudere un lucchetto nella porta.
“Sì, sì,” rispose Luhan, annuendo e prendendolo dallo zaino. Era ancora nella confezione di plastica, quindi Minseok immaginò glielo avesse dato il preside. Dopo svariati tentativi riuscì a scartarlo e lo girò per vedere l'adesivo con la combinazione sul retro. “24. 53. 16,” mormorò in cinese. Staccando l'adesivo, lo attaccò alla confezione e aprì l'armadietto, togliendosi lo zaino e appendendolo dentro. Guardò Minseok per sicurezza, il quale sorrise leggermente e annuì incoraggiante. Luhan chiuse l'armadietto e armeggiò con il lucchetto per un momento, accigliato.
Quando non riuscì ad aprirlo ai primi due tentativi, il ragazzo emise un piccolo suono disperato e guardò Minseok imbarazzato, con le guance rosse. Minseok non poté fare a meno di ridacchiare piano, prendendo gentilmente il lucchetto e girando la manopola un paio di volte. “Devi ruotarlo più di una volta verso destra,” disse, dimostrandoglielo con dita abili. “I lucchetti sono una merda.” Si interruppe e guardò Luhan, il quale era di nuovo confuso. Giusto, probabilmente usare il gergo non andava bene per il ragazzo. “Um. Brutti. I lucchetti non sono buoni.”
“Ahh,” disse Luhan, annuendo. Un momento dopo, quando Minseok era riuscito finalmente ad aprire il lucchetto, sentì il ragazzo mormorare, “Merda.” Lo fece sorridere.
Qualche minuto dopo, si ritrovarono in piedi di fronte alla loro aula. Luhan era stato aggiunto alla sua classe, per convenienza. “Stiamo qui per la maggior parte della giornata,” spiegò lentamente Minseok. “Diversi professori arrivano in classe per diverse materie. Funziona così anche in Cina?”
Luhan annuì, e Minseok sospirò internamente per il sollievo. Non voleva doversi preoccupare anche della confusione sul sistema scolastico. “D'accordo, entriamo allora.”
Luhan dovette presentarsi alla classe non appena mise piede dentro, e Minseok vide un paio di ragazze ridacchiare e sussurrare mentre il ragazzo si inchinava e mormorava un, “Ciao, sono Luhan”. Trattenne l'istinto di alzare gli occhi al cielo. Quando Luhan finì, però, la professoressa disse, “Puoi sederti vicino a Minseok, per rendere le cose più semplici. Minhyuk, puoi spostarti nel banco vuoto dietro.” Il vecchio compagno di banco di Minseok annuì e prese le proprie cose per cambiare posto, e Minseok indicò il banco ormai vuoto.
“Vieni,” disse piano a Luhan.
Luhan annuì e lo seguì al suo nuovo posto, sedendosi e mordendosi il labbro incerto. “Um,” disse piano, e Minseok lo guardò. “Matita... non ho…uh, già.”
“Ah.” Minseok si schiarì la gola, cercando nel proprio banco per una paio di minuti prima di avvampare e dare al ragazzo la propria matita, rimanendo senza. Poi si rese conto che Luhan non aveva nemmeno niente su cui scrivere, e alzò una mano. “Professoressa,” disse, sentendosi un po' in imbarazzo. “Luhan-ssi non ha alcun libro.”
La donna guardò il nuovo studente, che faceva terribilmente pena, mentre stringeva la matita di Minseok come se la sua vita dipendesse da essa. “Oh, giusto,” disse, e si diresse agli scaffali posti in fondo alla classe, prendendo un paio di quaderni (e Minseok usò quel tempo per scovare la matita in più che sapeva di avere da qualche parte nel suo banco). Luhan li prese con un cenno di ringraziamento, e li mise tutti tranne uno dentro il banco, per poi aprire quello rimasto e guardare la lavagna mentre la professoressa continuava la sua spiegazione sui testi classici.
Minseok cercò di ascoltare cosa stava dicendo, ma venne presto distratto da dei movimenti provenienti dal banco di Luhan, e il suo sguardo si spostò verso destra dove il ragazzo era piegato sul suo foglio, e copiava con attenzione le parole scritte sulla lavagna, con tratti leggermente goffi. Quando finì, Luhan riportò la sua attenzione sulla professoressa, sbattendo le palpebre lentamente, e la sua bocca ebbe un fremito. Minseok cercò di rimettersi al lavoro, ma era difficile spostare lo sguardo quando Luhan sembrava così concentrato, con una luce negli occhi che gli stringeva il petto. Lo vide aggrottare le sopracciglia, pper oi guardare il quaderno e scrivere lentamente Chae Man…sik? Un piccolo sospiro gli uscì dalle labbra.
Il cuore di Minseok perse un battito, e allungò una mano per picchiettare sul banco del ragazzo. Luhan si voltò a guardarlo con gli occhi sgranati, e Minseok rimase temporaneamente senza parole, fino a che non riuscì a sussurrare, “È tutto okay. Ti darò i miei appunti. Non ti preoccupare.”
Luhan sembrò nervoso per un momento, con le sopracciglia aggrottate, quindi Minseok indicò il proprio quaderno e sussurrò, “Ho bisogno che qualcuno mi dica cosa mi sono perso, comunque. Possiamo condividere.”
Finalmente, la fronte del ragazzo si rilassò e in qualche modo, questo fece sentire Minseok un po' meglio. “Andrà tutto bene,” si ritrovò a dire, e per qualche ragione sentiva che lo stava dicendo più a se stesso che a Luhan.


La prima pausa fu dolorosamente imbarazzante, e Minseok si pentì profondamente di aver accettato di fare questa cosa stupida. Quando la campanella suonò, segnalando l'inizio della pausa, circa sei ragazze della classe di Minseok si alzarono in piedi e circondarono il nuovo arrivato, chiedendogli da dove venisse, se Luhan fosse il suo nome completo e cose del genere. Luhan sembrò scioccato all'inizio, e poi molto confuso, cosa che non sorprese Minseok, visto che nemmeno lui riusciva a capire cosa stessero blaterando le ragazze.
Quando Luhan rimase impassibile e in silenzio, Minseok disse, “Um, non penso sappia cosa state dicendo.”
“Davvero? Oh…” disse una delle ragazze, delusa. “Puoi tradurre per noi, allora?”
“Um, no, non proprio,” rispose Minseok, e davvero, stava dicendo la verità, ma più che altro non voleva farlo. Luhan non protestò. “Uh, Luhan-ssi? Posso farti fare un giro, se vuoi.”
Luhan lo guardò, sbattendo lentamente le palpebre, poi annuì.
“Okay. Andiamo.”
Non c'era molto da vedere in realtà. La scuola di Minseok era piuttosto piccola, quindi gli mostrò solo dove stavano la palestra, la mensa, la biblioteca e i bagni, e gli indicò le scale per salire al terrazzo, e l'infermeria e gli uffici di segreteria. E quello era tutto. Minseok mangiò qualcosa mentre camminavano per i corridoi, e si sentì in colpa per Luhan, che non sembrava avere niente da mangiare, ma non poteva esattamente dividere la propria merenda.
La conversazione fu praticamente inesistente, a parte quando Minseok gli diceva il nome di certe cose e Luhan lo ripeteva. Prima di tutto, Minseok non era ancora sicuro di quanto Luhan riuscisse a capire e quanto bene gli avrebbe saputo rispondere, e poi non sapeva nemmeno cosa dire. Solitamente era piuttosto bravo a intrattenere una conversazione, ma per qualche ragione, l'atmosfera lo metteva troppo a disagio, e alla fine della pausa, Minseok ebbe paura per il proprio destino. Ogni volta che pensava a qualcosa da dire a Luhan che non facevesse parte del tour, si voltava e vedeva il ragazzo cinese guardarsi intorno con gli occhi spalancati, mordendosi il labbro, e le parole evaporavano dalla lingua di Minseok, lasciandoli in un silenzio lungo e imbarazzante.
Minseok non era mai stato bravo a parlare con i ragazzi carini.
Le lezioni erano un continuo voler evitare qualsiasi interazione con il nuovo studente per evitare possibili momenti di imbarazzo, e allo stesso tempo sentirsi in colpa per il povero ragazzo, che sembrava così spaesato la maggior parte del tempo, cercando di capire lezioni che non solo non erano nella sua lingua madre, ma anche il continuo di qualcosa che era stato spiegato nei tre giorni precedenti al suo arrivo. Minseok si ritrovò più di una volta ad aprire la bocca, pronto ad assicurargli che lo avrebbe aiutato a recuperare e che gli avrebbe dato i suoi appunti e tutto. E poi invece la richiudeva, perché aveva sin troppe cose in ballo nella sua vita e non poteva promettere a questo ragazzo che lo avrebbe aiutato in tutto. Luhan non era una sua responsabilità. Sì, avrebbe dovuto aiutarlo ad adattarsi al nuovo ambiente, ma questo non significava provvedere ad ogni suo bisogno. Luhan aveva diciassette anni. Poteva cavarsela da solo.
Minseok continuava a ripeterselo, anche mentre, con discrezione, guardava Luhan fissare il proprio libro di scienze con sguardo terrificato. Minseok dovette mordersi la lingua per trattenersi dal promettergli che glielo avrebbe tradotto. (Non conosceva nemmeno tanto cinese.)
Quando la campanella della pausa pranzo suonò, Minseok si irrigidì per un momento, non sapendo cosa fare, prima di voltarsi verso Luhan e dire, “Devo andare in bagno, ci vediamo in mensa?”
Luhan sbatté le palpebre, poi annuì, e Minseok afferrò la propria borsa prima di correre in bagno. Ci andava sempre prima di incontrarsi con Jongdae per il pranzo. Non avrebbe incasinato quella routine per Luhan – non poteva proprio.
Quando raggiunse la mensa qualche minuto dopo, si guardò intorno velocemente in cerca di una testa dai capelli castani, e si sentì sollevato quando non la vide. Minseok pensò di doversi preoccupare probabilmente – chiedersi dove fosse Luhan o qualcosa del genere – ma spinse via il pensiero e cercò Jongdae invece. Trovò l'amico al loro solito tavolo, e scivolò al proprio posto di fronte a lui, già pronto a sfogarsi.
“Non voglio farlo,” annunciò, e Jongdae lo guardò sorpreso. “Tutta questa cosa del compagno di adattamento. È una tortura.”
“Awww, perché?” chiese Jongdae, non sembrando particolarmente comprensivo (come si era aspettato Minseok, ovviamente). “Il ragazzo cinese fa paura?”
“No,” borbottò Minseok, accigliato. “È molto carino. Come una... fata. O qualcosa del genere. Non lo so.”
“Una scusa perfetta per mollare,” concluse Jongdae, e Minseok riusciva quasi ad assaporare il sarcasmo.
“Chiudi il becco,” mormorò. “Non voglio farlo e basta. Sono già abbastanza occupato, con lo stress dell'ultimo anno e la vita e altre cose, e questo ragazzo fa compassione e ha bisogno d'aiuto per tutto e probabilmente mi starà appiccicato e io non ho tempo. Davvero. In più è tipo, super imbarazzante. Non so mai cosa dirgli e sento che sarà decisamente deluso quando capirà che non posso essergli d'aiuto e ugh.” Sospirando, tirò fuori il proprio pranzo dalla borsa e cominciò a mangiare.
“La tua vita è così difficile,” disse Jongdae, senza sentimento, e Minseok si chiese perché avesse scelto lui come miglior amico.
“Già,” grugnì Minseok. “Dico davvero. Perché proprio io? La mia vita è già abbastanza dura come unico ragazzo dichiaratamente gay della scuola.”
Jongdae gli diede una pacca consolatoria sulla spalla (e forse un po' protettiva). “Che mi dici di Chanyeol e Baekhyun?”
Ci volle un momento perché Minseok capisse di cosa stesse parlando. Il suo sguardo si spostò sui due ragazzi in questione, seduti un po' più in là, che dividevano una porzione di patatine. “Um, non penso siano davvero gay, Jongdae.”
L'amico scrollò le spalle, infilando la cannuccia nel proprio succo. “Ci vanno vicini.”
Minseok non si disturbò nemmeno a rispondere. Entrambi i ragazzi erano un anno più piccoli di lui, ma erano buoni amici di Jongdae quindi li conosceva abbastanza bene e... sì, okay, anche se non erano davvero gay, stavano un gradino sotto.
“Sai, penso che Kim Jongin possa essere bi,” aggiunse Jongdae, socchiudendo leggermente gli occhi mentre guardava il ragazzo dall'altra parte della mensa. “Qualcuno mi ha detto che potrebbe essere bi.”
Minseok alzò gli occhi al cielo. “Smettila di spettegolare come un ragazzina adolescente, Kim Jongdae.”
“Hey, sto solo cercando di farti sentire meglio,” disse Jongdae, sorseggiando il proprio succo.
“Beh, voglio dire, se stiamo parlando di persone che sono sull'orlo di essere gay, ci sei sempre tu,” disse Minseok, tanto per infastidire l'amico. “Sai, con la tua piccola cottarella per Kim Junmyeon.”
Jongdae si affogò e tossì, sputando il succo di frutta sul tavolo. “Quella non è una cotta!” protestò con decisione.
Minseok sorrise leggermente, con aria di sfida. “Ne sei sicuro?”
,” disse Jongdae, asciugandosi il mento e guardandolo male. “Semmai, è una... sana ammirazione. Per un altro ragazzo. È una cosa totalmente normale e non gay.”
“Se ti fa sentire meglio pensarla così,” canticchiò Minseok. “Ma comunque, niente di questo cambia le cose, perché mi trovo ancora in una situazione difficile e voglio uscirne. Sono serio, se continua ad essere così imbarazzante e strano, me ne tiro fuori. Lo farò fare a Junmyeon o qualcosa del genere.”
“Aw, andiamo hyung,” disse Jongdae. “Sii carino con il povero ragazzo. Sono sicuro che non sia così male come pensi.”
Minseok aprì la bocca per protestare, per insistere che lo era davvero, ma in quel preciso instante sentì una voce accentata chiamarlo, “Minseok!”
Voltò la testa di scatto, e vide Luhan avvicinarsi titubante, con le mani che giocherellavano con l'orlo della giacca. Quella stupida fitta al petto era tornata. “O-oh. Luhan-ssi. Hey.”
Il piede di Jongdae lo colpì sotto il tavolo, e Minseok sapeva che se avesse guardato l'amico ora, il più piccolo gli avrebbe fatto un cenno di ammiccamento, o qualcosa di ugualmente irritante. Tenne gli occhi su Luhan.
Luhan si fermò di fronte a lui, sembrando poco sicuro, e lo stupido cuore di Minseok cedette. “Vuoi sederti con noi?” chiese, con voce chiara.
Gli occhi di Luhan si illuminarono in un istante – il suo viso era davvero un libro aperto – e annuì grato. “Sì. Grazie.” Si sedette nella sedia vuota accanto a Minseok e guardò Jongdae con curiosità.
“Ciao!” lo salutò il ragazzo, prendendo l'iniziativa. “Io sono Jongdae. Sei nuovo qui, vero?” parlava velocemente, e Minseok voleva rimproverarlo per non aver scandito bene le parole per Luhan, ma il ragazzo cinese si illuminò ed esclamò, “Sì! Vengo dalla Cina.”
La scioltezza delle sue parole sorprese Minseok. Aveva ancora un forte accento, ma sembrava avesse fatto molto esercizio.
Jongdae annuì, sorridendo piacevolmente. “Figo. Ti sei trasferito con la tua famiglia?”
Cavolo. Jongdae era più bravo di lui in questa cosa. Luhan sembrò felice di avere finalmente incontrato qualcuno più piacevole di – beh, di Minseok. “Sì. Io, mia mamma e mio papà. Per lavoro.”
Jongdae annuì, e i suoi occhi si posarono sullo spazio vuoto davanti al ragazzo. “Non hai il pranzo?” chiese, mimando l'azione del mangiare.
Minseok si sgridò mentalmente per non aver nemmeno notato che Luhan era arrivato al tavolo a mani vuote. E non aveva mangiato niente nemmeno durante la pausa. Luhan si accigliò leggermente e poi esitò prima di scuotere la testa e dire, “No, non ce l'ho.” E non disse altro, forse non voleva o non sapeva spiegare altro.
Minseok guardò il proprio pranzo – era praticamente finito, ed era importante che mangiasse il resto. I suoi occhi si spostarono su Jongdae, che lo stava guardando con aspettativa. Fece una smorfia. “Um,” disse. “Vuoi qualcosa da mangiare? Posso comprarti qualcosa... o... già. Se vuoi.”
Luhan sorrise grato, ma scosse la testa. “È tutto okay,” disse. “Sto bene.”
Minseok si accigliò, con le dita ancora chiuse attorno al portafogli. Le ritrasse velocemente. “Sei sicuro?”
Luhan annuì, ancora sorridendo.
“Dovresti mangiare,” insistette Jongdae, scavando nella propria borsa per qualcosa in più da mangiare. Porse al maggiore un pacchetto di biscotti. “Ecco, prendili.”
Luhan annuì e li prese, e Minseok guardò la propria borsa sentendosi in colpa.
“Non disturbarti nemmeno a chiedere del cibo a Minseok hyung,” disse Jongdae, dandogli un piccolo calcio. “Non divide mai nulla. Nemmeno con me.” Minseok fece il broncio, ma prima che potesse protestare, Jongdae urlò. “Chanyeol ah, Baekhyun ah! Avete qualcosa da mangiare per il ragazzo nuovo?”
I due ragazzi sollevarono lo sguardo su di lui, poi su Luhan. Baekhyun fu il primo a sorridere amichevolmente e dire, “Certo! Probabilmente ho qualcosa.” Qualche secondo dopo, i due si avvicinarono e si sedettero accanto a Jongdae, porgendo a Luhan una mela e un muffin ai cereali. Luhan accettò con un sorriso angelico.
Minseok venne per lo più ignorato, e beh, forse non avrebbe dovuto fare poi tanto in fin dei conti.
Ma per qualche ragione, vedere altre persone aiutare il suo protetto metteva Minseok vagamente a disagio.

  
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