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Autore: Floralia    14/04/2016    1 recensioni
Una storia con le stesse premesse di sense8, ma con personaggi diversi, OC.
Che cosa succede quando persone di paesi diversi si ritrovano l'uno nella mente dell'altro?
Leggete e scopritelo!
Genere: Azione, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome, Violenza
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Katrine entrò dal bagno del terminal 2 e si diresse agli specchi.
Si sciacquò il viso con abbondante acqua e si asciugò con le salviette di carta.
Il mascara aveva sbavato, formando colature nere sotto gli occhi. La ragazza si raggiustò con un dito.
Si fissò allo specchio per un tempo troppo lungo, chiedendosi che cosa le fosse successo sull’aereo. Il panico intenso e immediato che aveva provato si stava ora lentamente dissolvendo, rimpiazzato dall’inquietudine di non sapere che cosa stesse succedendo.
Spinse la maniglia del bagno per uscire e fu completamente inondata dall’aroma di barbecue. Inspirò a grandi boccate l’odore di salsiccia alla griglia, voltando il capo per individuarne la fonte. Decise che proveniva dal bar poco vicino e si incamminò verso le porte automatiche verso l’esterno, mentre lo stomaco le si contraeva e gorgogliava per la fame.
Si appuntò mentalmente di fare un buon pasto una volta arrivata in albergo, anche se fosse stata ora di andare a letto.
Quando uscì dal terminal, Katrine fu colpita da una forte folata d’aria gelida.
Riconobbe sulla pelle il clima danese e si deliziò nel sentire la sua lingua di nascita parlata dai passanti tutto intorno a lei.
Le fu impossibile trattenere uno dei suoi sorrisi gentili e sensuali allo stesso tempo.
Cercò con lo sguardo un taxi disponibile, mentre si sfregava le braccia con entrambe le mani per scaldarsi.
 
L’interno del taxi era tiepido e Katrine si lasciò andare sul sedile appoggiando il collo sulla testata dello schienale.
Alla radio risuonava un’aria classica che la ragazza, nel torpore della stanchezza che la avvolgeva, riconobbe a stento come Mozart.
Le luci della città apparvero al finestrino del veicolo.
Le vie pedonali erano affollate e gremite dai turisti, così come Tivoli, che risplendeva di luci e risuonava di chiacchiere e canzoni.
Il tassista la lasciò poco lontano da Tivoli, ai piedi di un grande edificio che ospitava uno degli hotel più rinomati di Copenaghen, circondato dalle ambasciate a dalle vie dello shopping.
Katrine effettuò il check-in e raggiunse la sua stanza al secondo piano utilizzando un ascensore foderato di velluto rosso cremisi.
Gettò il bagaglio sul letto e tirò le tende alla finestra.
Si sfilò i vestiti e li lasciò con noncuranza sul pavimento, massaggiandosi il collo con aria sofferente.
Riempì la vasca di ceramica color avorio di acqua bollente, aggiunse il bagnoschiuma sotto il getto di acqua corrente così che creasse una fitta schiuma bianca, come usava fare quando era bambina, e vi si immerse.
Senza più preoccupazioni, la sua mano si levò d’istinto verso la fronte e la ispezionò brevemente.
Alla luce dorata che proveniva dal lampadario sopra la sua testa, Katrine sembrava immersa nel metallo liquido.
Sollevò una gamba e la appoggiò sul bordo della vasca e con grazia l’acqua scivolò via dalla sua pelle per ricadere in una pioggia di goccioline sulla superficie.
La ragazza chiuse gli occhi e fece mentalmente un sommario della giornata appena trascorsa, e si soffermò sui momenti sull’aereo durante i quali non sapeva cosa le stesse succedendo.
Quelle sensazioni estranee l’avevano sorpresa quanto un pacifista convinto si può sorprendere scoprendo se stesso immaginare scene di guerra e provarne piacere.
Disegnò piccoli cerchietti sull’acqua con la punta delle dita affusolate.
Quando si levò in piedi, rimase per qualche secondo immobile al centro della vasca a strizzarsi i capelli e se uno sconosciuto avesse fatto capolino nella stanza in quel momento, sarebbe stato persuaso per qualche istante di star guardando ad una copia della venere di Botticelli.
Si asciugò e si infilò un pigiamo caldo.
Alcune delle regole non scritte riguardanti essere una modella sono che il lavoro non finisce su un set fotografico, ma bisogna sempre e in ogni istante presentarsi al proprio meglio, mantenere un atteggiamento dignitoso e in qualche modo sempre tenere alto il livello di sex appeal.
Anche allo zoo la domenica, oppure al supermercato, o su un aereo di linea, il lavoro continua perché il lavoro della modella non è tanto venire bene in fotografia, quanto essere un essere umano perfetto sempre.
Il pigiamone caldo era riservato alle serate private. In cui il mondo era chiuso fuori da spesse tende.
Una volta nel letto chiamò al cellulare la sua famiglia e chiacchierò con ognuno di loro per almeno tre quarti d’ora prima di sprofondare in un sonno popolato di aerei che si schiantavano al suolo e bagni di sangue.
 
La mattina si presentò presto al lavoro.
Era una giornata di sole intermezzato da nubi, che fluttuavano veloci creando zone d’ombra sulla terraferma.
Il set fotografico si teneva all’interno del Blå Planet, l’acquario di Copenaghen.
Katrine arrivò portando come biglietto da visita uno dei suoi sorrisi più smaglianti e incontrò il fotografo.
Insieme scambiarono alcune battute amichevoli in inglese, poiché l’uomo era brasiliano.
Katrine scoprì che era specializzato in quel tipo di scatti in ambiente scuro e che sapeva come far risaltare i colori e le figure.
“Il mese scorso ho svolto un servizio all’interno di una grotta in Croazia per Vogue. Le modelle stavano congelando, perché avevano addosso lingerie, ma è stato comunque molto interessante.”
Katrine rise per cortesia.
“Nora, la tua stylist, ti preparerà in due minuti.” Aggiunse, indicando una donna che era apparsa con una grande borsa in spalla.
Katrine si accomodò ad una delle postazioni del trucco portatili che erano sorte all’ingresso e mentre attendeva che la stylist avesse il tempo di parlare con lei, conobbe le altre tre ragazze con cui avrebbe condiviso il servizio fotografico.
Discussero di lavoro e di conoscenze in comune e si promisero che si sarebbero incontrate dopo il lavoro per bere qualcosa insieme.
“Indosserai tre vestiti, avrai alcune foto singole e alcune di gruppo” la istruì la stylist con fare materno “il cliente sta per arrivare sul set e vuole che l’atmosfera sia estremamente seria.”
Il truccatore applicò il make up sul viso della ragazza mentre le raccontava una storia divertente che gli era capitata qualche sera prima.
Rese le labbra molto più carnose contornandole e tingendole di rosso corallo. Gli zigomi erano contornati e gli occhi sfumati di nero.
L’hair  stylist le pettinò i capelli con il gel e li lasciò sciolti dietro la schiena, posizionandoli lisci e tirati dietro le orecchie.
Il primo vestito era di Cavalli, di seta arancione e azzurra con uno scollo che proseguiva fino all’ombelico.
“Appogiati al vetro” le diceva il fotografo.
Erano nel tubo, quella parte dell’acquario in cui si attraversa un tunnel completamente di materiale trasparente e si ha la sensazione di essere circondati dall’acqua.
“Guardami, ora” aggiunse mentre era intento a scattare foto e cambiare angolazione. Tutto intorno le luci artificiali creavano un’atmosfera calda e intrigante.
Katrine appoggiò la schiena al vetro curvo e proprio mentre un’enorme razza passava sulla sua testa aprì appena le labbra in un’espressione al contempo incurante ed estatica.
“Brava, così! Abbiamo degli scatti formidabili. Ora cambia posizione.”
Il secondo vestito era un Dior lungo e ampio, di tessuto leggero che si fermava sotto il seno e ricadeva in figure simili a onde del mare. Era contornato di filo dorato.
Katrine posò di fronte all’acquario in cui erano contenuti i pirana.
L’ultimo abito era un Valentino di pizzo con le maniche lunghe e il make up prevedeva rossetto nero. La foto doveva contenere tutte quante le modelle. Posarono appoggiandosi una all’altra, poi in un intreccio fino a quando il fotografo concordò con il cliente che il servizio poteva essere considerato terminato con successo.
Katrine si cambiò e prima di andare via salutò tutti i membri dello staff e le altre modelle.
Mantenne l’acconciatura e il trucco, come era abituata a fare, e si avventurò a piedi verso la metro di Kastrup.
 
Katrine scese le scale in silenzio e attese che la metro arrivasse.
Le poche persone presenti la degnarono di una lunga occhiata inquisitoria.
La ragazza si passò una mano tra i capelli per scollarli e girò il volto. In quel momento si erano aperte le porte di una carrozza della metro alle sue spalle e un fiume di gente si disperdeva in direzione dell’uscita più vicina. Fu un attimo, un battito di ciglia.
Katrine vide di fronte a lei un uomo. Non aveva idea del perché, ma sentì il cuore che le sprofondava nello stomaco. L’uomo non era come tutti gli altri, era fatto di una materia diversa.
Il corpo irrigidito con una mano all’altezza del collo, Katrine continuava a fissare lo sconosciuto negli occhi.
Lui la fissava di rimando con la stessa intensità. Era giovane, sulla trentina, con i capelli castani e le spalle larghe.
Così come era apparso, si dissolse al passaggio di nuovi arrivati provenienti dalla metro appena arrivata.
Katrine si rese conto di non star respirando e di avere la bocca spalancata.
Si ricompose e per un soffio riuscì a entrare nel vagone proprio mentre le porte si chiudevano.
Si sedette e si prese la bocca tra le mani.
Le stava succedendo qualcosa.
Sentiva sensazioni mai provate prima, inadeguate al contesto e non capiva come fare ad evitarlo.
Si portò le mani davanti agli occhi e si accorse di due cose: stava tremando e aveva le mani sporche di nero, quindi anche la sua faccia doveva essere tutta sporca.
 
L’acqua scendeva nera lungo le gambe di Katrine mentre la ragazza era intenta e sfregare il viso vigorosamente utilizzando un bagnoschiuma.
Qualche goccia le finì negli occhi e sibilò tra i denti mentre sentiva un pizzicore acuto diffondersi irrimediabilmente. Imprecò in danese.
Si asciugò e vestì distrattamente, mentre non riusciva a scostare il pensiero dal volto dell’uomo che aveva visto in metropolitana.
Sicuramente esisteva solo nella sua mente.
All’improvviso si bloccò nel mezzo di un’azione, stringendo nella mano destra un maglione che rimase a penzolare a mezz’aria sopra il trolley spalancato.
David.
David aveva versato una droga nel suo bicchiere il giorno prima.
La ragazza cercò di riprendersi dal momentaneo sgomento che la rivelazione aveva portato.
Era stata nell’appartamento di David il pomeriggio prima di partire. L’uomo era un ricco fotografo canadese che lavorava a Barcellona e amava circondarsi di modelle e organizzare festini.
Si ricordava di aver conversato con altre ragazze, essersi rilassata a bordo piscina nel giardino della grande villa barocca in cui abitava il fotografo. Aveva conversato anche con l’uomo, lasciandolo avvicinare tanto da mantenere buoni rapporti ma non abbastanza da dargli un’idea sbagliata.
David aveva capito che non sarebbe riuscito a portarsi a letto la ragazza e l’aveva salutata per poi gettarsi verso un gruppo di giovani modelle polacche.
Katrine aveva ammirato il magnifico panorama che dava sul mare, si era portata alle labbra una dolce bevanda alcolica e ne aveva bevuto qualche sorso. Tenendo il bicchiere in mano, rigirandolo lentamente come si fa con i vini pregiati, aveva percepito l’odore del cocco e della menta.
Un altro sorso, mentre guardava David tirare a sé due giovani modelle bionde impegnate in risolini e cingerle per i fianchi, poi aveva posato il bicchiere e si era incamminata in direzione della macchina che l’avrebbe condotta all’aeroporto.
Nel bicchiere c’era della droga.
Ora che la notizia la colpiva come un’onda in pieno viso, si sentì mancare.
Si sedette, respirò profondamente come aveva imparato durante le lezioni di yoga, poi si alzò e terminò di fare i bagagli.
Giunta alla stazione di Copenaghen ordinò un caffè espresso e lo consumò tutto in un sorso, come uno shot di tequila.
Raggiunse un altro bar e ordinò un caffè americano, che cominciò a sorseggiare mentre si incamminava giù per le scale mobili verso il binario.
Si accomodò sul treno, infilò le cuffiette nelle orecchie e alzò il volume della musica al massimo. Se la droga le avesse causato ancora degli effetti, li avrebbe contrastati ad ogni costo.
Riprese il contegno necessario alla Katrine-modella e tentò di stamparsi in viso un sorriso più o meno falso.
Il paesaggio rurale della Danimarca intanto correva veloce al di là del finestrino.
Un agglomerato di nuvole nere in lontananza preannunciava un forte temporale autunnale e il vento percuoteva gli alberi conferendo loro le sembianze di anime tormentate dell’inferno dantesco.
Una voce registrata ricordava a intervalli regolari che i possessori di carta d’imbarco erano pregati di effettuare il check out appena scesi sul binario.
Il treno si immerse sotto il mare per un tratto e il buio oppresse i vagoni mentre percorreva una lunga galleria.
Quando riemerse, il veicolo percorreva un ponte sopraelevato sull’acqua scura e torbida, sulla quale cominciavano a picchiettare le prime gocce del temporale.
Giunti sullo Jutland il panorama cambiò e si potevano osservare chilometri e chilometri di campi coltivati e fattorie, foreste e immense pianure di prati incolti dove a volte pascolavano le mucche.
Poche città intermezzavano la vasta campagna e sorgevano e scomparivano di pari velocità dai finestrini del treno.
 
  
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