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Autore: Snow_Elk    16/04/2016    3 recensioni
Che cosa hanno in comune un mercenario di Reilly e una predatrice ribelle? Niente, probabilmente si sparerebbero a vicenda ancor prima di chiedere "Ehi, hai una sigaretta??". Ma non è il caso di Jeff e Dave che, catturati dall'Enclave, si ritroveranno ad affrontare un viaggio lungo che li costringerà ad attraversare tutta la zona contaminata di DC. Tra incontri fuori dal comune, scontri all'ultimo sangue e disavventure di ogni genere i due scopriranno che la zona contaminata non è semplicemente una distesa in rovina, un monumento ai peccati dell'uomo, bensì un luogo che ha una vita propria e secondo alcuni...anche una coscienza.
NOTA BENE: questa è una storia scritta a 4 mani in cui io sarò il mercenario"Jeff" mentre madame_red_, l'altra scrittrice, interpreterà la predatrice "Dave". Qui potrete trovare il suo profilo: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=141224
Speriamo che questo nostro esperimento vi piaccia.
Enjoy and stay close!
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Odissey in the Wasteland



Capitolo I- L'Enclave non fa prigionieri, dicevano.
 


Jeff Callaghan
 
Rovine di Washington , Seward Square                                              3 Settembre 2275  
                                          
 
- Perché uno non era abbastanza, due troppo poco, e allora eccomi qua, Treeeee Cani! Sì, sono io ragazzi, e vi parlo direttamente dal mio bunker fortificato nel centro dell’inferno di DC. Non è meravigliosa la vita? -
- Puoi giurarci! Queste cazzo di rovine non so mai state tanto belle, ah! - rispose Jeff, pur sapendo che lo speaker non avrebbe mai potuto sentire la sua risposta, ma amava “parlare” con lui, soprattutto quando gli toccava stare da solo.
-Prima del nostro classico incontro con le notizie di quest’oggi, ecco un po’ di musica per voi - le note malinconiche di “I don’t want to set the world on fire” iniziarono ben presto a diffondersi nell’ambiente circostante, tra le macerie silenziose della vecchia capitale.
Aspirò ancora una volta dalla sigaretta ormai consumata per poi lanciarla oltre il bordo del parapetto impolverato. Era su quel tetto da nemmeno dieci minuti ed era già la terza sigaretta che finiva a marcire tra i detriti di Seward Square.
Si guardò intorno, abbandonandosi contro lo schienale di una sedia che aveva visto tempi migliori, e sospirò: devastazione, il Campidoglio,distruzione, Il Washington Monument e ancora devastazione.
Ormai era abituato al panorama che DC offriva ai suoi “abitanti” ogni singolo giorno, ma c’erano alcuni momenti, brevi e intensi, durante i quali una sensazione di vuoto e di disprezzo verso quel teatro degli orrori si insinuava dentro di lui come un veleno.
“E’ il ricordo di aver distrutto il nostro stesso mondo che ci spinge a provare tutto ciò” gli aveva detto un giorno Reilly mentre affrontavano una discussione a metà tra il filosofico e le cazzate più disparate “Ce lo portiamo dietro tutti, nessuno escluso, anche se siamo nati dopo l’olocausto nucleare. Non lo puoi eliminare, impari a conviverci, fai del tuo meglio per ridare un po’ di speranza a questa terra bruciata e se proprio non ce la fai… beh, c’è sempre il whiskey, no?” aveva poi proseguito, ironizzando parecchio sulla sua “piccola” assuefazione al suddetto alcolico.
Scosse la testa, sorridendo beffardo, afferrò la fischietta argentata col logo dei mercenari e svitò con estrema tranquillità il tappo per poi sorseggiarne con gusto il contenuto:
- E se proprio non ce la fai… beh, c’è sempre il whiskey, no? Brindo a te Reilly e alle tue perle di saggezza! - esclamò, alzando la fischietta al cielo plumbeo.
Ripose  il suo  prezioso “elisir della felicità” nella tasca laterale dell’armatura da mercenario e tornò a fissare i dintorni, ricordandosi che nonostante la musica e il whiskey era pur sempre in missione, ma soprattutto si trovava in una zona che “di tranquillo non aveva un cazzo”, citando Brick.
Effettuare una seconda mappatura di Seward Square per possibili incongruenze con i file precedentemente raccolti: era questa la missione che gli era stata affidata dalla Signora in persona, la quale si era soffermata sul fatto che non potevano permettersi di avere dei dati falsi su una zona tanto vicina al loro QG,  che andava effettuata anche una ricognizione di routine e che, parte che aveva odiato più delle altre,  sarebbe dovuto andare da solo poiché Bob era bloccato in infermeria con una pallottola nella spalla e delle schegge nella gamba.
“ Missione del cazzo” pensò, spegnendo la radio poco prima che iniziasse “Anything goes”. C’era troppo silenzio per i suoi gusti e per qualche minuto la radio l’aveva distratto da quella stranezza.
Seward Square, come qualsiasi altro dannato luogo di DC, era infestato dai supermutanti e dai loro cani da guardia, “centauri” come li chiamavano i pignoli di turno, o perlomeno da qualche pattuglia che andava a caccia di umani, ma quel giorno non c’era anima viva: nemmeno un ghoul solitario che se ne andava urlando a destra e manca, alla ricerca di qualche ratto da sgranocchiare o del senso della vita.
Non era un particolare da sottovalutare e tornato serio dopo la “pausa sigaretta”  impugnò il suo fidato fucile d’assalto e si assicurò che fosse carico e pronto a riversare piombo su qualsiasi ospite indesiderato.
Ripose il modulo geo-mapper nello zaino, insieme al resto dell’attrezzatura, e stava per abbandonare il tetto di quell’edificio diroccato quando qualcosa attirò la sua attenzione. Afferrò il binocolo sul tavolo e guardò in quel punto: oltre il ponte crollato in mezzo alla piazza si intravedevano i segni visibili di uno scontro a fuoco e anche qualcosa simile ad un cadavere verde. Forse era un supermutante, o peggio, ma qualunque cosa fosse doveva scoprirlo e riferire a Reilly. Aveva già “cazzeggiato abbastanza”, era il momento di tornare a fare quello che gli riusciva meglio: essere un mercenario.
Scese in fretta le scale piene di calcinacci e prima di uscire  si fermò un attimo a riflettere: non sapeva cosa lo attendeva là fuori e nel tempo trascorso in cima all’edificio, nonostante la musica, non aveva sentito alcun rumore che si potesse ricollegare ad una battaglia. I supermutanti facevano rumore, sempre.
Ripose il fucile dietro la schiena e impugnò la 44 magnum: era da solo e  muoversi velocemente gli avrebbe concesso un vantaggio in qualunque situazione.
Uscì con circospezione e i suoi occhi color cenere saettarono da una parte all’altra alla ricerca di un qualsiasi movimento, anche il più impercettibile, ma niente, il nulla più totale.
Diede un’occhiata anche al contatore geiger per sicurezza e proseguì verso il punto dello scontro, sfruttando tutte le coperture possibili e continuando a tenere  gli occhi aperti e l’udito ben teso. Ancora nulla, solo silenzio.
Si accovacciò dietro la carcassa di un tir ribaltato e guardandosi intorno per l’ennesima volta, tutta quella pace lo stava facendo innervosire, sfilò la ricetrasmittente che gli aveva dato Donovan:
- Mr Whiskey a Base Hope. Mi ricevete? - nessuna risposta, proprio come sul tetto non c’era segnale e questa era un’altra stranezza da aggiungere alla lista.
- Mr Whiskey a Base Hope. Mi ricevete? C’è qualcosa che non va qui a Seward Square - ritentò, ottenendo lo stesso risultato di prima. “Fanculo, mi tocca sempre fare tutto da solo” sentenziò nella propria testa e proseguì verso la sua meta, evitando con cura i luoghi più scoperti.
Lo spettacolo che si presentò ai suoi occhi lo stupì: nel vicolo accanto al cadavere del supermutante e dietro alcune macerie nei dintorni c’erano i corpi senza vita di altri cinque bestioni verdi, crivellati dai laser. Nessun’altro cadavere, né umano, né mutante, niente di niente, solo macchie di sangue e segni di trascinamento.
- Che cazzo è successo? -chiese, pur sapendo che non avrebbe ottenuto alcuna risposta. I morti non parlano, specie se hanno più buchi di una groviera svizzera.
Osservò con attenzione quel massacro: sembrava quasi che i supermutanti fossero stati colti di sorpresa, il terreno era disseminato di bossoli ma non c’era traccia dei proiettili. Inoltre le bruciature da laser erano troppo numerose  sia sui corpi che a terra e questo poteva significare solo una cosa: gatling, laser gatling.
Non sopportava i supermutanti, ma non avrebbe augurato quella morte nemmeno a loro.
La faccenda era più complicata di quanto avesse immaginato, ma qualcos’altro attirò la sua attenzione più di quei cadaveri alti due metri: delle voci.
Si mosse con cautela verso il punto da cui provenivano e sporgendosi da dietro un muretto da giardino sgranò gli occhi: nella zona più esterna di Seward Square c’era un vertibird  e a causa delle rovine del ponte e di alcuni palazzi crollati non era riuscito a vederlo prima. Accanto al velivolo c’erano uomini dell’Enclave che stavano invitando “gentilmente” alcuni senzatetto a salire sul vertibird puntandogli i fucili al plasma contro.
- Santi cazzi - sibilò Jeff, cercando di restare nascosto il più possibile. L’Enclave non si era mai spinta tanto lontana da Raven Rock e ancor peggio non aveva mai fatto prigionieri.
“La questione puzza più della merda di bramino” osservò, pensando al da farsi: doveva assolutamente riferire a Reilly dell’evento, ma non poteva nemmeno lasciare quei poveracci nelle mani dell’enclave, che equivale ad una fine peggiore dei supermutanti di prima.
- Vi prego, stavamo solo cercando qualcosa da mangiare, non abbiamo fatto nulla di sbagliato, vi prego… - stava tentando di giustificarsi il più anziano dei senzatetto, anche perché gli altri erano rimasti in silenzio a fissare l’alone di luce verde generato dai fucili. Erano terrorizzati, glielo poteva leggere negl’occhi.
-Sta zitto!- esclamò l’ufficiale, colpendo l’uomo in pieno viso con il calcio dell’arma - Questo vecchiaccio non ci serve, caricate gli altri immediatamente e fatelo fuori - ordinò senza giri di parole.
Jeff si morse le labbra fino a sentire il sapore del sangue: era da solo contro un’intera pattuglia dell’Enclave armata di tutto punto, ma non poteva abbandonare quegli innocenti, andava contro la morale dei mercenari, andava contro la sua morale.
Non poteva farli fuori tutti, ma poteva distrarli con un diversivo e permettere a quei disgraziati di mettersi in salvo. Era rischioso, ma non aveva il tempo di rifletterci, doveva agire.
Sfilò un fumogeno dalla cintura dell’armatura e lo innescò poco prima di affacciarsi dal suo nascondiglio:
- Ehi, scatolette di metallo ambulanti, ho un regalino per voi! - urlò, lanciando il fumogeno quasi fosse una granata e i soldati, vedendo quell’oggetto roteare verso di loro, si rifugiarono velocemente dietro il velivolo.
- Ehi! - questa volta si rivolse ai senzatetto - che cosa state aspettando? Fuggite, maledizione, fuggite! - i prigionieri annuirono confusi e corsero via, disperdendosi tra le rovine e nello stesso istante il fumogeno toccò terra  iniziando a sprigionare la nube grigiastra. Li aveva salvati, per il momento, ma ora doveva pensare a salvare sé stesso: prese a correre a perdifiato sentendo le imprecazioni dell’ufficiale e i colpi al plasma che sibilavano riscaldando l’aria.
Scoperto il trucco del fumogeno i soldati erano furiosi e stavano sparando alla cieca. Udì le urla disperate di alcuni dei prigionieri, probabilmente colpiti durante la fuga,  e senza pensarci due volte si infilò in un vicolo per far perdere le sue tracce: non poteva combattere, lo avrebbero fatto fuori senza troppi complimenti.
Stava per superare la carcassa di un’auto bruciata quando si ritrovò davanti uno dei soldati e il suo fucile laser che lo puntava dritto in mezzo agli occhi.
- Fai un altro passo e sei un uomo morto, bastardo - lo avvisò il soldato raggiunto poco dopo dai suoi compagni. Era circondato.
- Merda… - aveva osato troppo e ora era nei guai fino al collo.
- Getta le armi a terra, tutte! - lo intimò un altro dell’Enclave  e seppur controvoglia obbedì: lasciò scivolare  a terra il fucile, il coltello da combattimento e infine posò il revolver, alzando le mani in segno di resa.
- Contenti? -
L’ufficiale  si avvicinò alle sue spalle  e lo colpì con un manganello elettrificato. Jeff urlò di dolore, scosso dagli spasmi e cadde a terra con un tonfo sordo. Non aveva perso i sensi, ma non riusciva più muoversi.
- Sei stato molto coraggioso, ragazzo, o molto stupido. Mi piace la tua tenacia, sai? Ora verrai a farti un giretto con noi - gli disse l’ufficiale, sorridendo beffardo.
- Sai dove puoi ficcartelo quel sorriso? - e la risposta dell’uomo fu un’altra scossa elettrica. Dolore, ancora dolore, buio.
 

Dave Campbell                                                                                                  3 settembre 2275

Rovine di Washington, Seward Square

 

Dave era appostata da qualche ora tra le rovine di Seward Square, l’accampamento dove viveva con altri predoni stava vivendo giorni di magra, così aveva deciso di allontanarsi alla ricerca di qualsiasi cosa le sarebbe potuto essere comodo: tappi, cibo, armi, munizioni e non avrebbe disdegnato neanche qualche droga.

Nessuno aveva voluto seguirla:”é una missione suicida” le avevano detto, ma cosa si aspettavano? Che le risorse cadessero dal cielo? Bisognava agire, se avrebbero continuato così sarebbero finiti a cercare di sopravvivere come i ghoul, attaccando disordinatamente perfino i ratti talpa morti pur di avere qualcosa da mangiare.

 

Dei rumori non molto lontano risvegliarono   la sua mente intorpidita dal suo fantasticare, provó ad aguzzare la vista e cercò di fare silenzio  per guardare con più attenzione, oggi era da sola, non poteva permettersi di attaccare selvaggiamente e alla cieca come faceva di solito quando era con il resto del branco, perché solo così si poteva definire.

Lentamente si avvicinò scavalcando ora un muretto, ora uno di quei disgustosi centauri: “ammassi di carne putrescenti” li aveva sentiti definire in passato, ed effettivamente nessuna descrizione cascava più a pennello di quella.

Quando fu abbastanza vicina ai rumori si nascose dietro un pezzo di muro crollato e guardò al di là, c’era un mercenario di Reilly che parlava ad una ricetrasmittente, non si capiva cosa stesse dicendo ma si capiva che era abbastanza nervoso.

-Strano- pensò -i mercenari non girano mai da soli- aspettó ancora qualche minuto trattenendo il respiro dalla paura, se l’avesse beccata l’avrebbe resa l’equivalente di uno scolapasta.

-La painspike non ha mai salvato il culo a nessuno- disse tra sé e sé autocommiserandosi per gli scarsi mezzi di cui disponeva.

 

Il mercenario continuava a parlare a vuoto alla ricetrasmittente ma nessuno sembrava giungere nella sua direzione.

-É perfetto- pensó -se riesco a coglierlo si sorpresa c’é una buona probabilità che riesca ad ucciderlo e raccattare qualcosa-.

Decisa a farlo Dave scattó in avanti, avrebbe giocato tutto in quell’unico momento, aveva un paio di centinaia di metri da percorrere, se prestava attenzione poteva percepire il sangue scorrergli nelle vene e il ritmo del respiro aumentare, le scarpe toccavano rapidamente il cemento al di sotto quasi sfiorandolo, tiró fuori l’arma: una 10mm anche piuttosto rovinata.

Ormai era a una cinquantina di metri dall’obbiettivo quando sentí un rumore più forte del solito.

 

-Cosa cazzo é quello!?-Alzó lo sguardo verso il cielo e...-porcatroiaunvertibird!!!-eh no quello di certo non poteva abbatterlo andando in giro armata alla bell’e meglio, così si fermò di colpo.

Non si rese neanche conto del gigante cadavere verde che aveva davanti, ci inciampò sopra cadendo rovinosamente a terra e sbucciandosi pure un gomito.

 

-Come cazzo mi é venuto di uscire da sola? Non riesco neanche a reggermi in piedi- disse abbastanza scocciata tra sè e sè.

-Se mi hanno beccata sono fottuta, cosa faccio? Mi fingo morta? No se mi alzo mi vedono sicuro-Nell’indecisione restó sdraiata per terra, tra l’altro il ciuffo di capelli neri le andava anche davanti gli occhi per cui vedeva un po’ si è un po’ no.

 

Il mercenario ora stava difendendo un povero vecchio da quelli che sembravano gli uomini scesi dal vertibird.

-Ma perché proteggere un vecchio? Fottigli tutto quello che ha, no?-Certa gente proprio non la capiva.

Ora si era messo a discutere con quelli dell’Enclave: -scappa ,cazzo!- pensò sempre più allibita dai suoi comportamenti.

Il soldato dell’Enclave lo colpì facendolo cadere a terra, dopodiché di peso lo caricó sul vertibird e si allontanó in volo sollevando una nube di polvere fine di calcinacci che la investì come una raffica di vento in una brutta giornata.

 

Se n’erano andati-finalmente-.

La prima cosa che fece fu tirarsi a sedere tirando un respiro di sollievo, poi nel silenzio del nulla tirò fuori un pacchetto di sigarette consunto e si accese una sigaretta e i pensieri l’assalirono.

-Non posso tornare dagli altri senza nulla in mano, no? Che figura ci faccio? Avevo una preda così facile e non ho combinato proprio niente...- fece un tiro parecchio lungo e sbuffò -ma che poi cosa ci faceva l’Enclave così lontano da Raven Rock? Cercavano proprio lui? O era un’incursione a caso tanto per spaventare dei senzatetto? No, no ci doveva essere una motivazione-

 E l’avrebbe trovata: sapeva dove era Raven Rock e sapeva che se si fosse messa d’impegno in un paio di giorni di cammino spedito ci sarebbe arrivata.

 

Con cautela si alzò e si diresse verso dove aveva visto partire il vertibird.

I senzatetto erano ancora lì con il volto cinereo a guardarsi attorno, quando la videro arrivare furono ancora più spaventati.

Dave decise così di approfittare della situazione, tiró fuori la 10mm e la puntó in fonte ad uno di questi:”Dimmi cosa volevano e ti lascerò in pace” intimò con voce decisa.

Il senzatetto la guardò con gli occhi sgranati “I-io davvero non lo so”.

Tossì e ripetè la domanda con più lentezza: “Dimmi...cosa...volevano”.

Gli altri scapparono, lui li guardò con gli occhi sgranati mentre si allontanarono inesorabilmente e con la voce impastata rispose nuovamente:”N-non lo so”.

“Inutile vecchio...” Mormoró piantandogli una pallottola nel centro della fronte.

 

Il senzatetto si accasciò su se stesso e Dave iniziò a saccheggiare il suo cadavere, prese tutto ciò che possedeva seguendo la sua logica: fottiti tutto ciò che non é inchiodato e poi pure i chiodi.

Ma ciò che trovò fu dell’acqua sporca e una scatoletta di carne in scatola.

“Meglio di niente” disse mentre le buttó alla rinfusa in una piccola sacca logora che portava sulle spalle.

 

Si mise così in cammino verso Raven Rock canticchiando tra sè e sè.


 
   
 
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