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Autore: Feynman    18/04/2016    1 recensioni
Una stanza in nessun luogo, quattro pareti anonime, un uomo e una donna senza volto e tanto sangue.
Quattro parole per far finire una vita.
Genere: Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E allora fottiti.

E lo sai perché, ovvio che non lo sai, altrimenti non avresti fatto quello che non hai fatto, pezzo di coglione che non sei altro. E allora concedimi di essere violenta, almeno quando posso permettermelo, almeno quando sono da sola. Se tu volevi la cazzo di Biancaneve potevi scoparti lei, invece di venire a rompere le palle all’orco della foresta, alla teppista del quartiere, allo scaricatore di porto, alla mia anima da Alex DeLarge e Walter Sobchak perché allora te le sei cercate tutte quante violentemente.

E allora, adesso, con una pistola puntata alle palle e un’altra alla tempia non chiedermi la cazzo di pietà perché potrei comunque riempirti di piombo e io riderei e mi sporcherei il viso con il tuo sangue di coglione e ti strapperei il cuore dalla cassa toracica ancora pompante e vivo.

Perché non ti ammazzerei, figlio di troia.

Ovvio che non ti ammazzerei; prima devo divertirmi io, come hai fatto con me, come ti sei permesso di fare con me.

La senti questa musica che niente c’entra con questo momento? La senti la nona di Beethoven? Questa te la dedico, amico mio.

Te lo leggo negli occhi che hai paura, ma come gli squali sentono l’odore del sangue e ne sono attirati, la mia droga è la tua paura, le tue pupille sgranate nemmeno fossi sotto effetto del più potente degli acidi.

Cazzo, guardami e continua a balbettare.

Sento l’odore del piscio che si è formato sotto le suole delle scarpe, sento il ferro del sangue e lo lecco via dalle labbra solo per assaporarlo meglio; il sale del tuo sudore sulla pelle che cola veloce lungo la guancia e ne seguo il percorso con gli occhi, lì dove ho lasciato quel profondo solco rosso e sanguinante.

Sei stanco. I tuoi occhi si chiudono per lo sfinimento fisico e mentale, per le urla che adesso non hai nemmeno la forza di emettere e pensare che io continuerei all’infinito con solo questa musica a sostenermi inframmezzata dai tuoi lamenti di cane.

«Quando mi ucciderai» riesci a chiedermi prendendo fiato dopo ogni sillaba.

«Quando mi sarò stancata».

«Ci vuole ancora molto?».

Quella dannata vena comica non te l’ha tolta neanche la tortura, le ferite superficiali per impedirti di morire e per permettermi di divertirmi.

«Non mi stancherò mai di te, honey».

 

 

 

 

 

Ciao.

Sì, lo so che dovrei proseguire “Termini – Flaminio”, ma questo è un periodo alquanto particolare per me e quindi mi vedrete solo postare queste c****** di tanto in tanto.

Perdoname madre por mi vida loca.

   
 
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