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Autore: Gio_Snower    19/04/2016    1 recensioni
Jessica sobbalza, alza il volto e si ritrova a fissare l'uomo che, invece di popolare i suoi incubi, è il suo incubo.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jessica Jones, Kilgrave
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Bicchiere di vetro

Jessica: [indicandosi le tempie] Si, lui è sempre qui.


Jessica fissa il bicchiere che ha fra le mani. È mezzo pieno, un liquido giallo lo riempe... e non è il primo che lei beve.
Lo osserva, ne osserva il delicato bordo macchiato dal suo rossetto rosso, già sbavato per colpa di qualche stronzo che le ha tirato un pugno in faccia, pensa che, se volesse, potrebbe frantumarlo in tanti piccoli pezzetti, fino a farli diventare granelli nelle sue bianche mani dalle dita nodose. È nervosa, arrabbiata, stanca. Ha avuta una giornata schifosa e, come se non bastasse, i ricordi continuano a sopprimere la sua mente, che urla incessante il dolore che prova, ma che non mostrerà mai.
Jessica non sa nemmeno come ha superato quella gran ondata di merda che l'ha assalita. Non sa come è stato possibile, non riesce a capirlo nemmeno lei, non le interessa nemmeno al punto a cui è arrivata.
C'è una sensazione che Jessica odia prepotentemente, oltre a quella di essere e sentirsi impotente... ed è quella che ora sta minacciando il suo già precario equilibrio mentale: vorrebbe piangere. Ma Jessica non ha più lacrime, il suo cuore è troppo rotto, spezzato, la sua mente ha iniziato a vacillare nuovamente, giocandole scherzi affinché lei sia salda.
"Hai bisogno di parlarne con qualcuno, Jessica" le parole di Trish risuonano nella sua testa... Trish, la cara, dolce, buona Trish. È sorprendente quanto sia forte e ingenua allo stesso tempo, ma lei, Jessica, può permettersi davvero di dare dell'ingenua ad altri dopo quello che è successo?
Stringe il bicchiere e sente un piccolo rumore fragile e sordo, il suono di qualcosa che si spezza sotto una forza brutale.
- Cazzo hai fatto?! - urla qualcuno, che lei riconosce come il barista. Gli vorrebbe rivolgere un sorriso sprezzante, ma la sua vista sta iniziando a sfocarsi e sa che è ora di andare. Lascia i soldi sul bancone e si alza dalla piccola sedia di legno su cui era seduta; ogni volta si dice che non tornerà più in una bettola simile, ma poi ci torna sempre. E' come con il suo passato, non può dimenticare, non può perdonare. Appena sembra che lo abbia superato, si ripresenta.
- Stronza! - Urla l'uomo dietro di lei. Jessica si limita a fargli il dito medio, senza voltarsi, imboccando l'uscita.
Una volta fuori, stringe a sé la giacca di pelle e rabbrividisce mentre il vento gelido sfiora il suo viso scarno, pallido come la luna che sbuca fuori dalle nuvole grigie di un cielo sporco.
- Jessica, buonasera - la saluta una voce che conosce bene.
Jessica sobbalza, alza il volto e si ritrova a fissare l'uomo che, invece di popolare i suoi incubi, è il suo incubo. Non pensa nemmeno a quello che fa, con la testa pesante, le palpebre mezze socchiuse e le gambe tremanti, si fionda contro di lui e lo scaglia contro la macchina da cui è uscito. Lo sfiora appena, perché a causa della sua mancanza di lucidità, non ha calcolato bene le distanze.
Un'altra pecca, un altro sbaglio, un'altra volta Kilgrave.
"In realtà, tu sei ancora condizionata da lui."
Un altro ricordo, un'altra voce, una verità che può essere una menzogna o viceversa.
- Tu, brutto sacco di merda! - urla con tutta la sua forza. Non ha niente, ormai. Non ha amici, una casa, un pasto caldo, una notte senza svegliarsi con la preoccupazione che lui la stia guardando, pronto a sussurrargli parole dolci dal sapore di morte.
- Ohw - geme lui, con il tipico accento inglese che segue ogni sua parola. - Non ti facevo così rancorosa, Jessica. D'altronde, siamo pari, no? Mi hai quasi ucciso - dice, con una piccola smorfia che lei non nota. - Più volte - aggiunge.
- Avrei dovuto farlo. Avrei dovuto ucciderti! - gli urla. E' fuori di sé e il suo corpo trema per la rabbia. Si avvicina prepotentemente a lui e lo afferra per il colletto del completo viola che sta indossando. Il viola è il colore preferito di Kilgrave, lei lo sa.
- Non hai paura di avvicinarti così tanto a me, Jessica? - le domanda con un sorriso.
Jessica gli tira un pugno, poi due, tre, quattro. Continua a sentire i suoi gemiti, ma i pugni che sta tirando hanno metà della forza di quando è sobria... non che non facciano male comunque.
Alla fine, quando il fiato le manca e le labbra di Kilgrave sono viola, come il colore che adora, ironicamente, si ferma. Osserva il sangue scivolare dalle labbra dell'uomo, gli occhi scuri accesi dalla rabbia. Quando Jessica vede che lui sta per parlare, gli tira una testata.
- Oh, no, non ti lascerò parlare - gli dice. Lo conosce bene e lei, sotto il suo controllo, non ci vuole stare. E' arrabbiata e brilla, forse ubriaca, non riesce a pensare a cosa fare, non capisce cosa lui voglia da lei, perché non ha ancora usato il suo potere. O forse l'ha usato? Perché non lo sta uccidendo nemmeno ora, nonostante lo voglia con tutta sé stessa.
Uccidilo, distruggilo, fallo soffrire come lui ha fatto soffrire te.
- Non picchiarmi più, Jessica! - urla lui, pieno di rabbia, approfittando della sua distrazione.
Lei sbarra gli occhi, dandosi della sciocca.
- Merda! - mormora digrignando i denti.
- Perché non capisci che ti amo, Jessica? - le domanda Kilgrave, staccandosi da lei e fissandola con i suoi occhi scuri, privi di empatia. Sono come specchi, pieni di un'immagine riflessa che non è la sua.
- No, tu non mi ami... se tu mi avessi amata, non mi avresti fatto... -
- Silenzio! - le impone Kilgrave e la fine della frase muore nella bocca di Jessica. - Rispondi solo a questa domanda: chi pensi che io sia? -
- Un sociopatico - risponde e un sorriso di disprezzo le spunta sulle labbra, mentre l'uomo davanti a lei socchiude gli occhi.
Si china verso di lei e la bacia, ma lei gli morde le labbra, disgustata.
- Jessica - mormora lui, suona a metà come una preghiera e un ammonimento, qualcosa di indecifrabile alle sue orecchie. - Vuoi stare con me? - le chiede.
Lei non può rispondere, glielo ha ordinato lui stesso, così sorride e alza la mano: il dito medio è ben visibile. E' il suo personale vaffanculo.
- Dormi. - Le ordina e tutto si fa scuro per lei.


 
   
 
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