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Autore: murdershewrote    19/04/2016    1 recensioni
Dieci persone bloccate in una villa splendida, maestosa. Il loro mausoleo. Si, perchè oltre la pittoresca facciata, tra i sinistri corridoi è nascosta un'inquietante realtà che li condurrà inevitabilmente alla morte, uno dopo l'altro. Erano dieci...e poi non ne rimase nessuno.
Genere: Avventura, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Sette poveri negretti
legna andarono a spaccar,
un di loro s’infranse a mezzo
e sei soli ne restar.



“Questa magione è immensa!”

Queste erano state le parole del Capitano Wesker non appena erano entrati nella villa e da allora Barry non aveva fatto altro che ripetersele mentalmente ogni qualvolta svoltava un angolo e si trovava davanti all’ennesimo lungo corridoio, camera da letto, balcone o ripostiglio.
Andando sempre più avanti, però, si era accorto che c’era qualcosa che non andava in quella casa, qualcosa di sbagliato. Era una struttura di gran lusso in condizioni quasi perfette, segno che non doveva essere del tutto abbandonata. Eppure gli unici inquilini che aveva sporadicamente incrociato tra quelle mura erano stati degli uomini dall’aspetto trasandato con seri problemi di deambulazione, affetti da una qualche strana forma di cannibalismo dato che avevano tentato più volte di morderlo.
Sebbene l’uomo amasse le armi, non gli piaceva usarle per uccidere. Essendo un militare professionista aveva dovuto accettare il fatto di dover, talvolta, stroncare la vita di altri esseri umani ma si trattava sempre di casi estremi, quando in gioco c’era la salvaguardia della sicurezza pubblica. Come in quel caso, appunto.
Ma mai si era sentito tanto in colpa come quella sera. Quei tizi avevano sì qualche problema... ma gli sembravano così inermi di fronte alla potenza delle sue armi.
Per questo motivo, dopo aver fatto a botte con la parte più moralista di sé, decise di approfittare di qualche momento di raccoglimento e perdersi tra i fumi del suo sigaro. Lo estrasse da una delle tasche sul petto e lo passò sotto le narici per catturarne l’aroma. Tastò poi le tasche dei calzoni alla ricerca dell’accendino, prendendo il sigaro tra le labbra in modo da avere entrambe le mani libere.
“Ma dove l’ho messo?” si chiese pensoso.
Stava quasi per rinunciarvi quando sentì, attraverso la stoffa dei pantaloni, la familiare forma rettangolare dello zippo. Prese l’oggetto tra le mani e lo ammirò quasi fosse una pietra preziosa. Soddisfatto accese il sigaro e ne aspirò un lungo tiro assaporandone il gusto. Sapeva di liquirizia. Personalmente non badava molto agli aromi che venivano aggiunti al tabacco ma quello era l’unico che sua moglie gli permetteva di fumare in casa. Sorrise a quel pensiero, immaginando l’espressione imbronciata che assumeva quando si preoccupava per la sua salute, quasi più di quando andava in missione per lavoro. Scosse la testa bonariamente ma il flusso di quei pensieri fu interrotto da un improvviso rumore.
Uno strano, stridulo raschiare.
Espirò lentamente il fumo dalla bocca e si avvicinò alla porta in fondo al corridoio che aveva precedentemente imboccato. Raggiunse la porta di metallo e, cautamente, vi accostò un orecchio. Non sentiva più nulla, se non degli spifferi freddi sulla pelle e il pungente odore di muffa e della ruggine che incrostava gli infissi. Ci fu un fruscio dall’altra parte, poi il rumore si arrestò del tutto.
Non poteva essere una coincidenza, no?
Intuendo il pericolo, Barry indietreggiò di un passo e fece scorrere la mano sulla fondina, pronto ad ogni evenienza.
Poi qualcosa andò a sbattere con violenza contro la porta.
Barry liberò la magnum dalla custodia, ne fece scattare la sicura e la puntò davanti a sé con mano ferma.
Seguì un altro colpo e poi un altro e un altro ancora.
Beh, qualunque cosa ci fosse la fuori era decisa ad entrare e ci sarebbe riuscita, viste le condizioni critiche in cui versavano i cardini.
Contrariamente ad ogni aspettativa anche quei colpi cessarono, facendo calare un pesante silenzio carico di tensione. Poi, senza che l’uomo potesse fare niente, la maniglia si mosse lentamente verso il basso con un cigolio sinistro.
Avreste dovuto sentirlo... Il suono dell’inevitabile!
Barry strinse il sigaro tra i denti mentre continuava a puntare l’arma contro la porta che piano si aprì.
E una mano fece capolino dall’anta appena schiusa.
L’uomo corrugò le sopracciglia notando che, in realtà, non si trattava propriamente di una mano. Era più una zampa con quelli che dovevano essere artigli, eccessivamente lunghi per qualunque animale di cui conosceva l’esistenza. Poteva forse essere un orso ma, quando l’altro scostò ancora un poco l’anta e fece scorrere l’intero arto all’interno, vide che non c’era traccia di pelliccia e che, invece, era ricoperto da squame verdastre. La curiosità di Barry sparì all’istante e l’agente decise che era meglio non indagare oltre. Era tempo di agire!
Diede una poderosa spinta alla porta bloccandovi l’arto in mezzo per poi allontanarsi correndo lungo il corridoio dal quale era venuto, seguito dalle urla animalesche di quella... cosa.
Corse a lungo poi, stremato, si fermò finché il respiro non gli tornò regolare, sputando a terra il sigaro che ancora teneva tra le labbra.
“E no, non ci siamo proprio!” esclamò. Non poteva mica scappare per sempre.
Fece per raccogliere il sigaro ma un’ombra si allungò su di lui minacciosa. Barry si levò per vedere finalmente lo strano animale che lo aveva inseguito e che adesso si avvicinava a lui lentamente, come un gatto che punta il topo solo per spaventarlo prima di eliminarlo per puro divertimento.
Ma Barry, che di certo non aveva l’indole di un roditore, dopo aver calciato il sigaro di lato per non calpestarlo, puntò l’arma davanti e osservò attentamente la creatura.
Appariva molto robusta, muscolosa e interamente coperta di scaglie, come un grosso alligatore. Doveva essere piuttosto alta anche se camminava leggermente curva in avanti stando in equilibrio sulle zampe posteriori. Queste, come l’arto che aveva visto poco prima, erano provviste di lunghi artigli affilati col risultato che l’andatura dell’animale era accompagnata da un sonoro ticchettio. Anche la bocca comunque non era particolarmente rassicurante, munita com’era di denti acuminati. Da essa, poi, usciva copiosa della bava densa e presumibilmente appiccicosa.
“Eww! Senza offesa, amico, sei disgustoso!” disse Barry storcendo il naso.
La creatura per tutta risposta ringhiò ferocemente fendendo l’aria con una zampata. L’agente non si fece intimidire da quell’approccio e fece fuoco senza indugiare oltre. La colpì al torace ma quella non sembrò risentire affatto del colpo, continuando ad avvicinarsi. Barry sparò di nuovo, colpendola quasi nello stesso punto. La creatura barcollò un po’, indietreggiando di qualche passo, ma chiaramente non aveva intenzione di lasciarsi sfuggire la preda. Nemmeno Barry comunque pareva arrendersi facilmente, così fece un respiro profondo, prese bene la mira e premette il grilletto una terza volta.
Non si sentì un lamento.
Solo un tonfo dopo che l’animale cadde sul pavimento in una pozza di sangue, cervella e un nauseante liquido verdognolo.
“Eri proprio una brutta bestia, eh?” osservò Barry colpendo il corpo con la punta di un anfibio per verificarne il decesso.
Come per sfidarlo, una delle zampe superiori scattò di lato arrivando a toccargli una gamba per poi ricadere al suolo. L’agente d’istinto puntò subito la magnum contro la creatura: ormai si aspettava di tutto. Invece quella rimase immobile, facendogli capire che era stato solo un riflesso muscolare involontario, come quando una lucertola perde la coda e quella continua a muoversi anche separata dal corpo. Verificato, quindi, che non vi era più alcun pericolo Barry recuperò il sigaro, ormai spento, e se lo mise in bocca. Scavalcò il corpo ai suoi piedi e si appoggiò ad una parete, cercando nuovamente l’accendino. Fece per prenderlo quando un rumore, appena divenuto familiare, catturò la sua attenzione.
Un regolare, sonoro, sinistro ticchettio sulle assi di legno del pavimento.
Barry sospirò, sapendo già cosa lo avrebbe raggiunto a breve.
Cacciò definitivamente il sigaro in una tasca, impugnò la magnum e camminò silenzioso fino alla fine del corridoio poi, cautamente, si sporse un poco dall’angolo e lo vide. Un altro mostro, come quello che aveva appena fatto fuori.
Anzi no. Stavolta erano due.
Barry si ritrasse prontamente per pensare ad un piano. Se avesse mirato subito alla testa avrebbe evitato di consumare invano preziose munizioni che, presumibilmente, gli sarebbero servite in futuro. Quindi inspirò profondamente e uscì allo scoperto facendo fuoco.
La fretta però lo tradì e lo sparo colpì la prima creatura solo di striscio ad una spalla, cosicché la pallottola andò oltre e finì col conficcarsi sul petto della seconda, rallentandola. Sparò di nuovo e stavolta prese l’animale dritto in mezzo agli occhi. La seconda creatura, ancora stordita dal precedente colpo, pareva soffrire per lo squarcio che aveva nel petto ma sembrava anche decisa a raggiungerlo in ogni caso. Barry si concentrò e pregò che l’ultimo colpo che aveva in canna non andasse sprecato. E così fu: beccò l’animale in testa facendogliela così esplodere e macchiare l’elegante tappezzeria delle pareti. Era abbastanza sicuro che nessuno si sarebbe lamentato.
Ma sfortunatamente per lui la partita non era ancora finita.
Si lasciò i due corpi esanimi alle spalle e varcò l’ennesima soglia, percorse un breve tratto di corridoio e si bloccò. L’uomo non ebbe tempo di rilassare i muscoli ancora tesi che quel maledetto ticchettio giunse nuovamente alle sue orecchie. Quella volta però era decisamente irregolare, sconnesso, il che gli fece intuire che non si trattava di una sola creatura. E nemmeno di due.
Era fermo all’incrocio tra due corridoi. Alle sue spalle c’era la porta chiusa dalla quale era giunto. Alla sua sinistra contò subito due creature e un’altra alla sua destra. Di fronte a sé, proprio in fondo al corridoio, ce n’era una quarta che lo fissava agitando un po’ le zampe, come per fargli capire che non sarebbe andato da nessuna parte.
Barry mandò giù a fatica il groppo che aveva in gola. Tentare la fuga, ammesso che le uniche vie disponibili non fossero già state bloccate, non sarebbe servito a nulla. Per un momento pensò di farla finita. Passò distrattamente una mano sul giubbotto e allora ricordò di avere ancora una carta da giocare. Sorrise amaramente mentre si lasciava scivolare a terra con le spalle contro la porta e poggiò la magnum accanto a sé. Era stata la sua fedele alleata fino a quel momento. Ma la superiorità, in quanto a potenza di fuoco, di una granata era fuori discussione!
L’estrasse da una tasca e quando le creature furono abbastanza vicine ne tirò la spoletta.
“Beh, se proprio dobbiamo finirla facciamolo in bellezza, dannate bestiacce!” disse con veemenza.
Un’esplosione risuonò potente nella villa maledetta.
Dell’agente Burton rimase solo una foto bruciacchiata ritraente due bambine, le quali avrebbero aspettato inutilmente il rientro del padre dal lavoro.








Note dell'autrice:

Mi scuso con voi che leggete e seguite questa storia per l'enorme lasso di tempo che ho impiegato per aggiornare ma voglio assicurarvi che non è mia intenzione abbandonarla e lasciarla incompiuta. So che la curiosità e la voglia di sapere come andrà a finire può essere tanta ma vi prego solo di avere tanta pazienza con me e con le mie altalenanti pubblicazioni. Le idee ci sono tutte, belle e pronte. Ciò che mi rallenta tremendamente è la mancanza di tempo (sono attiva anche in altri fandom e, al di fuori di efp, lo studio universitario mi debilita molto) e la difficoltà di mettere tutta questa storia su carta. Spero che almeno anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento.
Ci si sente al prossimo! (spero non tra troppi anni ^^')



   
   
 
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