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Autore: PuccaChan_Traduce    19/04/2016    0 recensioni
Toudou smette di telefonare a Makishima; la cosa non va proprio a buon fine.
Disclaimer: questa fanfiction è una TRADUZIONE che viene effettuata con il permesso del legittimo autore; tutti i personaggi citati appartengono ai rispettivi autori.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jinpachi Toudou, Team HakoGaku, Yuusuke Makishima
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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AUTORE: softintelligence
FANDOM: Yowamushi Pedal
Coppia: Toudou/Makishima

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Toudou stava per chiamare Makishima, durante l’allenamento, quando Arakita lo raggiunse con la propria bici e quasi gli fece volare via il telefono con una manata. “La prendi sul serio questa cosa oppure no, Toudou?! Piantala di fare chiamate col cellulare durante gli allenamenti!”
Toudou sbuffò. Che ne sapeva Arakita? Lui doveva assicurarsi che Maki-chan non stesse morendo, che seguisse un’alimentazione adeguata! Dovevano prepararsi per la loro ultima gara all’Inter-High. Toudou riconosceva le abilità di Arakita come ciclista, ma francamente non sapeva nulla del mondo.
“Tsk, tsk, tsk, Arakita,” rispose. “Volevo semplicemente controllare il mio amato Maki-chan!”
Arakita gli lanciò un’occhiata storta. “Sono proprio felice di non essere Makishima,” ribattè. “Sarebbe una rottura di palle ricevere cinque telefonate al giorno da uno come te.” Cambiò marcia e pedalò via.
Toudou roteò gli occhi. Non aveva importanza. Lui e Maki-chan si erano fatti una promessa. Si sarebbero affrontati all’Inter-High, e lui aveva il dovere di controllarlo. Probabilmente Arakita non era mai stato innamorato in vita sua e dunque non poteva sapere cosa bisognava fare per mantenere in piedi una relazione, soprattutto una tra rivali.

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Nello spogliatoio, Shinkai gli chiese: “Come sta Maki-chan?”
Toudou ghignò. Shinkai era il tipo che capiva l’amore. “Maki-chan è nella sua condizione migliore!” dichiarò. Solo a dirlo ad alta voce sentì che il cuore gli batteva più forte. L’Inter-High era sempre più vicino e lui si stava allenando più duramente che mai.
“Hm,” fece Shinkai.
Strano. Toudou si girò verso di lui. “Cosa c’è?”
“Niente. Stavo solo pensando che gli telefoni un sacco.”
Toudou si adombrò. “Non dirmi che ti stai abbassando al livello di Arakita. Io telefono a Maki-chan il numero sufficiente di volte per accertarmi che si nutra in maniera adeguata e che non batta la fiacca! Questa sarà la nostra ultima gara in tre anni! È una cosa seria, Shinkai!”
“Immagino che per ciascuno sia diverso,” rispose Shinkai guardando Arakita, che stava discutendo con Fukutomi riguardo un certo regime di allenamento; poi tornò a guardare Toudou. “Lo sai. Ad Arakita non piace essere chiamato troppo spesso.”
“Questo perchè Arakita non ha alcuna attitudine sociale,” fece Toudou, soddisfatto della propria risposta, ma Shinkai continuò a guardarlo in modo un pò strano.
Una volta finito di cambiarsi, Toudou controllò il cellulare. Aveva fatto a Makishima quattro telefonate: la prima di mattina, per dargli la sveglia; poi all’ora di pranzo, per sapere cosa stesse mangiando; durante l’allenamento, per fare un paragone tra i rispettivi regimi; e infine dopo, per accertarsi che si stesse riposando. Era proprio così fastidioso? Makishima non aveva detto molto durante nessuna chiamata, ma in fondo non ce n’era bisogno. E poi Makishima sapeva a malapena sorridere (anche se a Toudou era sempre piaciuto il suo sorriso, per dire). E comunque ogni volta gli aveva confermato di essere al massimo della forma.
Toudou compose il suo numero. “Maki-chaaan! Stai tornando a casa?”
“Jinpachi,” disse Makishima. “Veramente stavo andando a cena con Tadokorocchi e Kinjou. Vogliamo stilare un altro programma di allenamento per i primini.”
“Ah,” fece Toudou, improvvisamente incerto su cosa rispondere. Ma che ne sapevano Arakita e Shinkai? Non c’era proprio niente di cui sentirsi incerti!
All’altro capo della linea si udirono rumori di sottofondo. “Devo andare,” disse in fretta Makishima, e prima che Toudou potesse salutarlo, aveva riagganciato.
Non era la conversazione più breve che avessero mai avuto. Makishima gli aveva già richiuso il telefono in faccia una volta, quando Toudou l’aveva chiamato troppo tardi una notte: erano tipo le quattro del mattino e Makishima era sembrato a dir poco sorpreso. Ma Toudou poteva capirlo. Forse le quattro del mattino non era l’ora più adatta per telefonare a qualcuno.
Però, anche se Makishima poteva essere infastidito, non aveva mai rifiutato le sue chiamate. Aveva sempre risposto, sempre detto qualcosa.
Toudou sentì un’ansia improvvisa serrargli il cuore, la stessa che l’aveva svegliato una volta, in piena notte, dopo un incubo assurdo su Makishima che si faceva male giusto prima dell’Inter-High e non poteva più gareggiare. Una cosa del genere. Strinse più forte il cellulare.

~
 
L’unica persona a cui poteva chiedere consiglio era Fukutomi. Il capitano della squadra non era attraente in senso fisico, ma era un ciclista eccezionale. Un bellissimo multi-tasker. Doveva solo lavorare di più sulle sopracciglia.
Durante l’allenamento successivo, Toudou lo raggiunse dopo un paio di curve. “Oi, Fukutomi,” bisbigliò. Fukutomi gli lanciò un’occhiata laterale.
“Toudou,” disse.
“Quanto spesso ti chiama Arakita?” chiese Toudou. Immaginava che Arakita dovesse telefonare a Fukutomi tutto il tempo. Beh, c’era da dire che stavano nello stesso dormitorio, ma Arakita era pigro. Toudou avrebbe potuto superarlo persino in pianura senza sforzo. Probabilmente Arakita telefonava sempre a Fukutomi per farsi aiutare con i compiti.
“Mai,” rispose Fukutomi. “Non gli piace usare il cellulare.”
Toudou sospirò. Il capitano non gli sarebbe stato di nessun aiuto. E non esisteva proprio che si rivolgesse a Manami. Quel ragazzino era sempre in ritardo e lui riusciva a malapena a star dietro alle proprie cose, figuriamoci farsi carico anche di quelle degli altri.
“Grazie lo stesso,” gli rispose.
“Shinkai ha detto...” riprese Fukutomi dopo un momento, “...che fai troppe chiamate a Makishima.” Fece spallucce. “Ma non dovrebbero esserci problemi. Non distrarti. Resta concentrato sull’obiettivo.” E così dicendo, Fukutomi pedalò via.
Concentrarsi sull’obiettivo. Certo che lui era concentrato sull’obiettivo! Era Fukutomi che lo era troppo, semmai. Non c’era da stupirsi che avesse sempre quell’espressione di pietra; ‘Faccia di pietra’, così lo chiamava Arakita. Proprio non aveva un briciolo di creatività.
Cos’altro aspettarsi da qualcuno che aveva chiamato la loro tartaruga ‘Tartaruga’, del resto?

~
 
Toudou giunse alla conclusione che non era un problema se chiamava spesso Makishima, però... forse poteva chiamarlo un pò meno spesso. Magari una sola volta al giorno. Questo avrebbe reso le cose più semplici, soprattutto perchè adesso gli allenamenti si sarebbero fatti ancora più duri. Entrambi dovevano mettercela tutta.
All’inizio fu difficile. Doveva costringersi a mettere giù il cellulare. Sarebbe andato a fare una pedalata, invece, avrebbe scalato le colline di Hakone finchè le gambe non gli avrebbero fatto male. Ben presto divenne una specie di riflesso pavloviano: prendeva il cellulare e, invece di fare la telefonata, lo metteva giù e saltava in sella alla sua bici. E così le telefonate scemarono completamente.
Senza più quella distrazione a occupare il suo tempo, Toudou cominciò a sentire una specie di fuoco nel cuore, una sete insaziabile per l’Inter-High. Arakita si lamentava che si allenasse troppo duramente. Shinkai gli diceva di andarci piano, che gli avrebbe soffiato il soprannome di ‘Demone’ se continuava così. E Fukutomi gli disse che non sarebbe servito a nulla se stramazzava per lo sforzo.
Ma più Toudou faticava e si sentiva stanco, più si avvicinava l’Inter-High. Più si avvicinava il momento in cui avrebbe rivisto Makishima, in cui avrebbero potuto onorare la loro promessa.
Il silenzio radio durò due settimane e poi una sera, all’improvviso, il suo telefono squillò. Probabilmente era Arakita che gli chiedeva gli appunti, ma quando lo prese vide che si trattava di un messaggio da Makishima.
Non ci sentiamo da un pò. Sei morto?
Toudou aveva la salivazione azzerata. Gli rispose: Sto bene, mi sto allenando un sacco.
La replica fu immediata: Com’è la tua condizione?
La migliore. Quasi certamente era così, però lui non lo sentiva fino in fondo. Il suo ritmo era buono, glielo diceva il ciclometro. Eppure mancava qualcosa.
Sono fuori dal tuo dormitorio.
Toudou si mise a sedere. Cosa? Che stava facendo?! Ci volevano quasi due ore e mezza ad arrivare lì con la Shinkansen... Decise di chiamarlo, scendendo dal letto e infilandosi un paio di pantaloni e una giacca.
Makishima rispose al primo squillo. “Sono qua fuori,” disse. “Sbrigati. Fa freddo.”
Toudou chiuse la comunicazione e si lanciò giù per le scale, all’esterno del dormitorio. Makishima era lì, con una giacca leggera e i jeans consumati, e con la bicicletta tra le mani. Non aveva l’aria di aver pedalato, ma... sembrava pronto a farlo adesso.
“È fastidioso quando mi chiami tutto il tempo, ma lo è ancora di più quando non lo fai,” disse Makishima. Si passò una mano tra i capelli. “Accidenti,” sospirò. Toudou non riusciva a smettere di fissarlo. Il cuore gli batteva così forte alla sola vista del suo rivale che era come se stesse scalando una montagna. “Senti, non sono bravo in queste... cose da amici. Andiamo a fare una pedalata.”
“Maki-chan,” disse Toudou. “Sei venuto fin qui perchè volevi fare una pedalata?”
Makishima si strinse nelle spalle. Si tolse i jeans, rivelando i calzoncini da ciclismo, e la giacca, sotto cui portava la maglia del Sohoku. “Volevo controllare la tua condizione,” disse.
Toudou aprì la bocca, poi la richiuse. “È la migliore di sempre!”
Makishima sbattè i pugni contro il manubrio della sua bici. “E allora perchè non mi hai più chiamato?” La sua voce era la più alta che Toudou avesse mai sentito. “Salta in sella e andiamo!”
“Cos–?!”
Ma Makishima si era già avviato, spingendo forte sui pedali.
Toudou non poteva lasciarlo andare così. Doveva seguirlo. Corse più velocemente che potè fino alla rimessa del club e prese la bici.
Makishima era arrivato ai piedi della pendenza più elevata quando finalmente lo raggiunse. Il suo rivale si era fermato del tutto, con un piede sul terreno e la bici inclinata. Respirava affannosamente e, quando si girò a guardare Toudou, nei suoi occhi brillò come un lampo di rabbia. “Jinpachi,” disse, quasi sputando il suo nome; poi si girò, le spalle curve. “Io volevo gareggiare contro di te. Per vedere se la prendevi sul serio.”
“Maki-chan,” disse Toudou con voce tremante. “Certo che la prendo sul serio! È solo...” Per una volta, le parole non volevano uscirgli di bocca. E pensare che aveva sempre una gran parlantina, lui era il Grande Toudou, la Bellezza Dormiente. “Maki-chan,” ripetè. Makishima sembrava più magro del solito, le sue mani stringevano il manubrio della bici con più forza di quanta gli avesse mai visto usare.
“Che c’è?” disse Makishima. Cambiò marcia e rimise il piede sul pedale. “Sfidiamoci su per la montagna, Jinpachi!”
Toudou accelerò in avanti, bloccandolo. “Aspetta!” esclamò, puntandogli un dito contro. “Maki-chan! Ti stai strapazzando troppo! Cos’hai mangiato stasera? Stai mettendo su muscoli oppure hai di nuovo perso peso? Ma cosa sei, al primo anno?!” Aveva un milione di domande che gli uscivano di bocca tutte insieme. Cos’aveva fatto Makishima in quelle ultime due settimane? Cos’aveva mangiato a colazione, pranzo e cena? E voleva decidersi a tagliarsi quei capelli assurdi? Lo avrebbero soltanto impacciato durante la gara! Ma la prendeva sul serio, almeno? Eh? Eh??
Makishima smontò dalla bici. Venne verso Toudou e gli si fermò di fronte, strabuzzando gli occhi. “Jinpachi,” disse.
“Noi ci sfideremo all’Inter-High,” disse Toudou, ormai a corto di fiato. “È questo che ci siamo ripromessi. Tutto il resto è solo una distrazione. Non ti ho chiamato perchè tutti dicevano che probabilmente ti stavo infastidendo, e volevo dimostrarti che prendevo la nostra competizione sul serio!”
Makishima lo fissò. Si scostò i capelli dal viso. “Ho pensato che fosse successo qualcosa del genere,” disse. Poi gli sorrise, un sorriso sbilenco e inquietante come sempre, che però Toudou gli restituì. Già, Makishima non era cambiato.
“Non c’è motivo di gareggiare oggi,” disse Toudou. “Non siamo ancora nella condizione ottimale!”
“Sarà meglio che lo sarai quando inizierà l’Inter-High,” rispose Makishima. Poi, senza preavviso, lo abbracciò e se lo tirò più vicino; Toudou, il naso contro il suo collo, avvertì l’odore delle gomme della sua bici e dei vestiti puliti.
“Maki-chan,” mormorò.
Makishima si scostò, rosso in viso. “Beh,” disse con un colpo di tosse, “ci vediamo.” Si girò, si fermò, e si girò di nuovo. “Jinpachi,” riprese. “Le tue chiamate... sono ancora fastidiose. Tu parli troppo.”
Toudou ghignò. “Ma tu aspetti le mie chiamate, non è così, Maki-chan? Non fai che guardare il telefono, sperando che ti chiami!” Gli si lanciò addosso, e per una frazione di secondo pensò che Makishima si sarebbe spostato facendolo cadere faccia a terra, ma invece Makishima spalancò le braccia e lo strinse di nuovo.
“Non è così,” disse Makishima con un tono molto poco convincente.
Toudou premette il naso contro il suo. “Maki-chan,” sussurrò. “Dopo l’Inter-High... usciamo insieme.”
Makishima diventò rosso come un pomodoro, dal mento fino alla fronte. Persino i nei che aveva sul viso parvero cambiare colore. Lo respinse e saltò sulla bici. “A presto. Probabilmente l’ultimo treno partirà a momenti,” disse. “Ah, e... ti prendo in parola.” Iniziò a pedalare, allontanandosi e agitando un braccio senza più voltarsi; Toudou rimase a guardarlo. Si portò una mano sul cuore. Ah, mio bellissimo Maki-chan. Ovviamente, in qualità di Dio della Montagna, si meritava solo il meglio... e Maki-chan certamente lo era.
Non appena tornò in camera, gli telefonò.
“Ne è passato di tempo, no? Ti è mancata la mia voce?”
“Ci siamo appena visti,” sospirò Makishima. “Fà la persona seria, Jinpachi.”
“Io sono sempre serio, Maki-chan!” esclamò Toudou. “Sono serio riguardo la nostra gara, il ciclismo e, cosa ancor più importante, sono serio riguardo te!”
Makishima restò in silenzio tanto a lungo che Toudou pensò dovesse aver riagganciato; ma guardando il display del cellulare, vide che la chiamata era ancora attiva.
“Jinpachi,” disse Makishima, e Toudou pensò che doveva stare sorridendo; avrebbe tanto voluto essere con lui per vedere il suo sorriso. “Anch’io sono serio.”
~
 
Il giorno seguente, Toudou chiamò Makishima tre volte durante l’allenamento. Arakita aveva l’aria di fargli volar via il telefono di mano da un momento all’altro con una sberla. Che peccato, pensò Toudou: Arakita era soltanto geloso. E ad essere sincero, non si fosse trattato di sè stesso, lo sarebbe stato anche lui.
Dopotutto Toudou vedeva chiaro il proprio futuro con Makishima, dipinto a colori iridescenti quasi come quelli dei suoi capelli, e sapeva che sarebbe stato colmo di telefonate, più lunghe e più corte, e dei reciproci sentimenti.
“Faccio sul serio,” rise Toudou rivolto ad Arakita. “Assolutamente sul serio, e vuoi sapere un’altra cosa, Arakita? Non sarò solo il Dio della Montagna, ben presto sarò anche il Dio del cuore di Maki-chan! Wahahaha!!”
Arakita borbottò qualcosa di irrispettoso in risposta, ma Toudou non poteva sentirlo; aveva in cuore solo la voce di Maki-chan, e in tutta onestà non gli importava di nient’altro.
  
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