Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: Lilith_Luna    19/04/2016    1 recensioni
Un ragazzo si sveglia e si ritrova su un'isola apparentemente deserta, non sapendo nè dove sia, nè come ci sia finito.
Quest'isola si chiama Memoria ed è il luogo in cui alcune persone vanno a cercare una persona che hanno perso.
Ma Memoria esiste? O è un sogno, un luogo che si trova all'interno della nostra mente?
C'è un prezzo per scoprirlo, e questo prezzo è molto caro.
Caro quanto i nostri ricordi.
*Il primo capitolo di questa short story partecipa ad un contest indetto da Frey-B su Wattpad, in cui datoci un incipit abbiamo dovuto sviluppare una storia*
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Image and video hosting by TinyPic
 

Memoria

 
(Incipit scritto da Frey-B)

 

   Ebbi come l'impressione di sentire un dolce formicolio viaggiare lentamente verso l'estremità dei miei piedi. Passarono solo pochi secondi e la stessa sensazione si estese lungo le mie braccia, solleticandomi in maniera bizzarra la pelle. Cominciai a sentire caldo, a percepire i primi raggi del sole scorrere sopra i miei vestiti. Il suono delle onde si infranse sulla terraferma e mi trasmise una certa quiete armoniosa. Cosa avrei dato per risvegliarmi su un'isola dei Caraibi...
   D'un tratto, il verso dei gabbiani mi fece sussultare. Mi svegliai di soprassalto e aprii gli occhi. Davanti a me un cielo limpido dai colori sfavillanti accecò la mia vista ancora assonnata. Allora distolsi lo sguardo dalla mia destra e una pazzesca visione fece sobbalzare il mio cuore. Sommerso dalle bianche sabbie di un'isola, mi ritrovai circondato dallo splendore delle acque turchesi dell'oceano. La spiaggia era talmente piccola, che dalla mia posizione riuscivo a vedere ogni singolo angolo della terraferma. Mi guardai attorno frastornato, girando ripetutamente su me stesso. L'isola era rivestita da lunghe palme, fiori violacei e uccelli nascosti dietro densi cespugli. Alcuni di loro cantavano a intermittenza, a tempo con il suono delle onde.
   All'improvviso, un leggero vociare si introdusse nella mia mente, un'inquietante melodia, una voce indistinta, tenue e misteriosa. Non riuscivo a definirne la direzione, ma avevo come la sensazione che fosse dentro e intorno a me.
   Poi, un bagliore metallico apparve alto all'orizzonte e un rombo lontano echeggiò nell'aria. I gabbiani dell'isola emisero l'ultimo verso sopra le onde del mare, per poi librarsi in cielo e abbandonare in fretta quel luogo. Tra le nuvole rade e l'azzurro limpido del cielo, l'oggetto luminoso sfrecciò in picchiata in direzione dell'isola e il suo rombo divenne sempre più corposo. Stetti col fiato sospeso, aguzzando lo sguardo nell'intento di stabilire cosa fosse. Passarono un paio di secondi, poi, tra l'incertezza e il terrore, quello che pensavo fosse un oggetto in avvicinamento si mostrò, fugando i miei ultimi dubbi. Un gigantesco aereo scese di quota ad una velocità inaudita e sembrò mirare proprio l'isola. Sarei sicuramente esploso insieme a lui, se fossi rimasto ancora qui a guardarlo. Allora mi girai di spalle e cominciai a correre sulla sabbia il più velocemente possibile in direzione del mare, unica mia salvezza. Il rombo del motore divenne cosi forte e violento che la paura di finire in mezzo alle eliche dell'aereo paralizzò ogni mio arto, lasciandomi inciampare lungo la riva della spiaggia. Prima che potessi girarmi e guardare in faccia la morte, il silenzio scese all'istante, e una folata di vento fece sollevare da terra infiniti granelli di sabbia. Il rombo del motore cessò di esistere e i gabbiani tornarono a librare nell'aria attorno all'isola. Mi girai di scatto, intento a capire cosa fosse accaduto, ma l'aereo era scomparso nel nulla, come se non fosse mai esistito. Una visione, però, mi diede la conferma che non fossi diventato pazzo: l'aereo aveva lasciato una traccia della sua esistenza, un sacco di juta stracolmo di oggetti vari e alimenti di prima necessità. Non capivo dove mi trovassi e cosa ci facesse il mio corpo in quest'isola, ma di sicuro sapevo cosa stesse combinando la mia mente, così impegnata nella ricerca della comprensione.


 

♦♦♦




  Cercai di calmare il mio respiro, che si era fatto affannoso per lo spavento appena preso e decisi di chiudere gli occhi e prendermi un momento per analizzare la situazione. Quando frequentavo il liceo, mio padre mi aveva insegnato a fare uno schema mentale per analizzare le situazioni in cui mi sarei potuto trovare; fu l'unico aiuto che ricevetti da lui all'ennesimo mio ritorno a casa con occhi pesti e soldi rubati.
   Prima domanda: dove sono? Su un'isola. Nessun altro indizio che potesse aiutarmi.
   Seconda domanda: Come ci sono arrivato? Il vuoto. Non sapevo che giorno fosse, se avessi preso un aereo, una nave, un battello, uno pterodattilo. Ma di certo non potevo essermi materializzato lì dal nulla.
   Terza domanda: cosa posso fare adesso? Beh, l'idea di mettermi a giocare all'esploratore non mi allettava affatto, specialmente dopo aver visto la dimensione degli uccelli nascosti tra le piante, ma cos'altro avrei potuto fare? Mangiare una scatoletta di tonno e mettermi a leggere... presi il libro che faceva capolino dal sacco e lo voltai per leggerne il titolo: Peter Pan.
   Lo guardai perplesso e iniziai a sfogliarlo. Era stato letto molte volte, era evidente dalle numerose orecchie fatte alle pagine, dalle sottolineature e da alcune note scritte ai margini. Nel frattempo giocherellavo con la scatoletta facendola rimbalzare nella mano, sentii un rumore metallico provenire dal suo interno , un tintinnio come di monete. Mi accorsi allora che l'oggetto che avevo scambiato per una scatoletta di tonno era in realtà una di quelle scatole in cui ai bambini piace nascondere le cose a cui tengono. Lo aprii con non poca difficoltà, maledicendo le mie unghie cortissime e sporche e quando finalmente il coperchio saltò via, delle biglie colorate si sparsero sulla sabbia fine, scintillando al sole come piccoli globi luminosi.
   Una strana sensazione mi attorcigliò lo stomaco; afferrai il sacco di juta e lo ribaltai facendone rotolare fuori il contenuto: un globo di vetro con la neve, una spada di legno, uno zainetto dei pokémon, un veliero giocattolo, una corda spessa, un martello di gomma, un barattolo di caramelle jelly bean, una grossa felpa dei metallica e un vecchio e logoro peluche a forma di panda.
   Mi passai le mani tra i capelli, confuso. Quel sacco sembrava contenere i ricordi di qualcuno, e di certo non un kit di sopravvivenza per l'isola. Senza neanche pensarci raccolsi tutti gli oggetti – tranne la spada, unica arma a disposizione – e li infilai nello zainetto. Detti un ultimo sguardo alla spiaggia dalla sabbia così bianca da riflettere il sole, al mare calmo e turchese e li posai infine sulla macchia verde nella quale mi sarei inoltrato a breve. Con fare deciso mossi i primi passi verso i cespugli, dai quali si sprigionò un fruscio d'ali, segno che gli uccelli stavano scappando, spaventati. Mi addentrai fra le piante aiutandomi con la spada e, superati i primi cespugli, rimasi a bocca aperta.
   Dalla spiaggia in cui mi trovavo, l'isola sembrava piccola, specialmente la boscaglia, ma una volta dentro pareva di essere in una foresta dagli alberi intricati ed altissimi, molto più di quanto sembrava da fuori. Un fruscio alle mie spalle mi fece voltare di scatto, la spada alzata davanti a me.
    ‹‹Hai intenzione di colpirmi con quel giocattolo?››
   Era la voce di una ragazza.
   ‹‹Chi sei? Fatti vedere.›› Mi guardavo attorno non capendo da dove provenisse la voce.
   ‹‹Solo se prometti di non aggredirmi.››
   ‹‹Non ti farò del male, non sono quel tipo di ragazzo.››
   Una figura si mosse alla mia sinistra e da dietro un grosso albero con le radici sporgenti uscì una ragazza dai lunghi capelli dorati, capelli così lunghi da coprire alla perfezione il seno nudo e... mi girai dall'altro lato, imbarazzato, le punte delle orecchie sicuramente rosse per la vampata di calore salitami al viso. La ragazza era completamente nuda.
   Con la coda dell'occhio la vidi superare elegantemente le radici dell'albero e fermarsi in una pozza di luce che filtrava dalle fronde degli alberi. All'inizio pensai che lo scintillio visto attorno a lei fosse il pulviscolo che si librava nell'aria, ma quando guardai meglio notai che era lei a scintillare, o meglio, un paio d'ali sottili come carta velina e trasparenti come acqua
   ‹‹E che tipo di ragazzo sei?››
   Vedendo che la ragazza non cercava di coprirsi o altro, tornai a guardarla apertamente. Aveva gli occhi grandi, irreali, limpidi; la bocca piccola e le guance piene.
   ‹‹Tu... tu...›› Non riuscivo a dire altro.
   ‹‹E tu?››
   Aggrottai le sopracciglia. Ciò che stava succedendo non aveva senso e io odiavo rimanere spiazzato, non sapere cosa fare. Optai per l'arrendevolezza: se quello era uno scherzo – cosa a cui non avevo ancora pensato ma che a quel punto sembrava plausibile – allora sarei restato al gioco.
   ‹‹Dove sono?››
   La ragazza non rispose, ma si avvicinò a me languidamente, giocando con una ciocca di capelli che le copriva il seno. Senza volerlo lo sguardo mi cadde proprio lì e sbalordito constatai che non aveva i capezzoli. La sua pelle era completamente bianca e liscia.
   ‹‹La domanda più adatta è: sei dove vorresti essere?››
   ‹‹Senti, non capisco cosa stia succedendo, dove sono e cosa ci faccio qui, vorresti per favore aiutarmi a mettere insieme i pezzi?›› Il suo atteggiamento iniziava a snervarmi.
   ‹‹Sei il primo umano che mi capita, pensavo sarebbe stato più divertente. Le altre dicono che siete strani, ma coraggiosi e molto curiosi. Sei quasi una delusione, non riesci neanche a guardarmi.››
   Alzai la spada di legno verso di lei per impedirle di avvicinarsi ulteriormente.
   ‹‹Di che cosa stai parlando?››
   La ragazza mise il broncio, fingendosi offesa. Posò un dito candido sulla punta della mia spada e lentamente la percorse, abbassandola gentilmente.
   ‹‹E' ovvio che tu non sappia perché sei qui. Ci sono io per questo, per aiutarti a recuperare la memoria e ricordarti la tua missione. Lasciamelo fare.›› Posò le mani sul mio petto, era vicinissima al mio viso e io quasi inebriato dal suo profumo di... di... la spinsi via violentemente e lei cadde a terra e iniziò a pestare i pugni e agitare le gambe come una bambina.
   ‹‹Non è giusto! Perché hanno affidato a me il più difficile? Vogliono prendersi gioco di me come sempre! Non è giusto, non è giusto!››
   ‹‹Si può sapere chi diavolo sei e di cosa stai parlando?›› Non ero solito trattare così una ragazza, ma sogno o no quella mi stava dando seriamente sui nervi. Vedendo che non aveva alcuna intenzione di parlarmi, decisi di provare ad essere più gentile. Mi chinai verso di lei usando la spada come appoggio, puntandola nel terreno e le parlai con dolcezza.
   ‹‹Mi sono svegliato qui, non so come ci sono finito o perché e poi mi sono ritrovato davanti una creatura bella come te, ovviamente deve essere un sogno. Aiutami, per favore.››
   Non pensavo veramente quello che stavo dicendo, certo lei era indubbiamente bella, ma non mi sembrava il momento adatto per lasciarsi andare a certe cose, l'unico scopo che avevo era scoprire cosa stava succedendo e come poterne uscire. La mia tattica parve funzionare perché lei riprese a giocare con i capelli e fare gli occhi dolci.
   ‹‹Se sia un sogno o meno io non te lo posso dire, ma sono qui per aiutarti nel tuo viaggio alla ricerca dei ricordi.››
   ‹‹Quali ricordi?››
   ‹‹I tuoi, sciocco.››
   Socchiusi gli occhi infastidito, ma non potevo abbandonare il mio personaggio, per cui mi trattenni dal tirarle i capelli.
   ‹‹I ricordi di come sono arrivato qui?››
   Lei sbuffò alzando gli occhi al cielo. ‹‹Ma no, quello non è rilevante. I ricordi che ti porti dietro nello zaino, quelli che ti porteranno dalla persona che hai perso e che sei venuto qui a cercare.››
   ‹‹Cosa stai dicendo? Queste cose non sono mie.››
   ‹‹Certo che sono tue e ti aiuteranno a ricordarti chi sei! Ogni volta che ne userai uno, recupererai un ricordo, ma sarà un ricordo a cui dovrai rinunciare per tornare da dove sei venuto.››
   Era incredibile la voglia che avevo di scuoterla come una bambola e urlarle "Mi hai rotto il cazzo, piantala di prendermi in giro!", ma invece di farlo mi morsi la mano e mi appiccicai un falso sorriso sulle labbra secche per il caldo.
   ‹‹Io so benissimo chi sono. Ma non so chi sei tu, invece.››
   La ragazza drizzò la schiena e si spostò vanitosamente i capelli biondi dal viso.
   ‹‹Sono Vania e sarò la fata che ti accompagnerà nel viaggio attraverso Memoria.›› E con un sorriso sfacciato aggiunse: ‹‹E tu chi sei?››
   ‹‹Io sono...›› Mi bloccai.
   Non ricordavo più il mio nome.

 

 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Lilith_Luna