Scent
of a
candle
Era stanca,
May Chang.
Stanca
del cerimoniale, stanca delle figure teatrali di
quell'immenso palcoscenico che era il palazzo imperiale, stanca di
quegli
uomini che non l'avevano lasciata in pace se non quando era stato
annunciato il
proprio termine di concepimento.
L'Imperatrice
non era più fertile, il suo ciclo mensile si
era ormai spento come una candela che perde la propria luce, e non
serviva più
a nulla se non per rappresentare il potere divino sulla terra.
Era
difficile da ammettere, specie da una donna combattiva
come lei, ma da ragazza aveva dovuto sacrificare il suo amore per
Alphonse
Elric in nome della perpetuazione del suo clan.
Finché
c'era Ling Yao al suo fianco il suo sogno d'amore
poteva ardere vivo come un incendio, ma dal momento che una grave
epidemia
aveva mietuto la vita del giovanissimo Imperatore, May aveva
rivendicato il
trono facendo fuori i principi concorrenti, solo per salvare il suo
clan,
sull'orlo della rovina.
Scappare
con l'uomo che amava le avrebbe marchiato per
sempre l'anima con la vergogna. Si sarebbe sentita un'egoista, oltre
che una
reietta traditrice del suo popolo.
Aveva
detto addio ad Al, voltando le spalle ai suoi sogni ad
occhi aperti, rinunciando per sempre ad essere la principessa delle
favole per
far fronte al suo dovere di essere una principessa del mondo reale.
Ed
una volta con la corona in testa, era stata portata a
letto da ventidue uomini diversi, alcuni anche più piccoli
di lei: ricordava il
suo senso del pudore violato irrimediabilmente dal primo rappresentante
del
clan Zhen così come era vivida nella sua mente l'immagine di
quel ragazzino
appena diciottenne della tribù Yan, timido e impacciato, che
lei stessa aveva
aiutato a lasciarsi andare con consigli sussurrati nelle orecchie e con
baci
delicati in zone erogene per eccitare i suoi sensi.
Suo
malgrado, aveva dovuto fare appello alla sua esperienza
di amante che aveva ceduto il suo cuore alla pura lussuria, per non
soccombere
al doloroso rammarico che covava dentro di lei ogni volta che si
sfilava la
vestaglia da notte davanti ai ragazzi che si presentavano al cospetto
degli dei:
quello di non aver nemmeno assaggiato le labbra di Alphonse Elric.
Non
c'era mai stato nulla di maturo fra loro, carnalmente
parlando. Figurarsi fare l'amore con lui.
Così,
l'unico modo di sentirsi amata in quegli amplessi
freddi nonostante il forte calore del corpo era immaginare lui. Ma
l'illusione
faceva male, molto più di quanto si aspettasse: bastava
aprire gli occhi dopo
l'orgasmo per accorgersi della verità.
Una
notte cambiò del tutto registro. Cancellò
l'Alphonse
passionale che la sua mente aveva creato, conservando quello innocente
e
protettivo che aveva conosciuto ad Amestris, per dedicarsi
esclusivamente al
suo corpo, ed al piacere che le garantiva il sesso.
L'assurdo
quanto appagante piacere di un momento. Senza
amore, se non quello per se stessa.
Nel
mentre, aveva dato alla luce ventitré vite fra principi
e principesse, e nei loro volti May si affannava nel tentativo di
riconoscere
qualcosa del retaggio ricevuto dal lungo viaggio ad Amestris senza
trovarne
granché. Così ne aveva offerto la propria
conclusione, imponendola come legge:
avrebbe scelto lei il suo successore, così come i suoi
successori dopo di lei.
Niente
lotte intestine, niente spargimenti di sangue per il
potere, niente rivalità tra fratelli.
Questo
era stato chiaro fin dall'inizio della sua nomina.
C’erano troppe vite in ballo, prime fra tutte quelle
innocenti dei sudditi che
venivano spesso coinvolte senza che nessuno rendesse loro giustizia.
Altrimenti
a cosa sarebbero serviti gli insegnamenti
estrapolati da tutte le persone conosciute laggiù, umane e
non? Sarebbero stati
come un componimento poetico scritto con gran cura e poi dato alle
fiamme.
Il
suo ormai maturo senso critico era perfettamente in grado
di decidere da sé, senza l'aiuto di consiglieri che con
falso disinteresse
gettavano ciascuno acqua al proprio mulino per influenzarla sulla
fatidica
scelta. La possibilità di ristabilire la pace e l'ordine,
seppure sempre minata
da cuori induriti da secoli di tradizioni indelebili, era
così radicata nella
sua mente che non esitava a prendere decisioni di sua iniziativa.
Era
divenuta l'Imperatrice Vedova nell'istante in cui il suo
primo sposo era deceduto a causa di una ferita inflitta da un'arma da
taglio
impugnata da un membro del suo stesso clan; finché rimase
vedova una seconda,
una terza volta, e poi un'altra ancora. E stranamente non aveva mai
provato
dolore per quelle perdite: a concepimento avvenuto non rivedeva i suoi
mariti
se non per caso a palazzo per qualche cerimonia annuale. Non si
prendeva
neanche l'ipocrita cortesia di salutarli, come se aleggiasse su di loro
il
rancore di lei per averle dato in dono soltanto ciò per cui
si sentiva viva. E
allo stesso tempo vuota.
Al
contrario aveva molto a cuore i suoi figli. Li incontrava
spesso, raccontando loro della sua dura infanzia, caricata da
aspettative
esaudite solo con il sacrificio, sperando che a loro non ne capitassero
di
troppo gravosi.
E
durante gli anni in cui i suoi figli crescevano ne
osservava attenta i comportamenti, ne soppesava le parole, ne
alimentava il
desiderio di un Impero di Xing diverso. E fra questi, due soltanto
erano come
lei voleva che fossero: una dolce ragazza di nome Xin Ju, e un giovane
forte e
simpatico, Lin Yen, che a May ricordava con tenerezza e forte nostalgia
suo
fratello Ling Yao, l'Imperatore perduto, la cui guardia del corpo May
aveva
strappato al suicidio offrendole l'opportunità di essere la
sua guardia del
corpo, dal momento che May non ne aveva, in barba a tutti i regolamenti
secondo
cui un combattente avrebbe dovuto seguire il suo principe anche nella
morte.
"Stai
bene, Lan Fan?"
Pallida
e stanca, la donna in tenuta da combattimento,
sempre impassibile dietro la maschera, era accanto a lei senza
lasciarla mai
sola, nonostante anche May Chang fosse diventata un guerriera
eccezionale.
Aveva
mantenuto la maschera degli Yao che dopo anni le
calzava a pennello come se fosse rimasta bambina. I colori cerimoniali
dei
Chang non la rappresentavano.
"Come
sempre, Sua Maestà."
Non
aveva avuto nessun uomo, lei, sperando di non averne mai
in tutta la vita. La sua fedeltà a Ling Yao racchiudeva ogni
sfera del suo
essere donna. Non si era sposata, non aveva avuto alcun uomo da cui
avere un
erede che mandasse avanti la tradizione della sua famiglia, restando
sola, ogni
giorno come ogni notte.
Soffriva,
Lan Fan. May sapeva che ogni notte versava lacrime
per Ling, non osando andare a visitare la sua tomba. Gli occhi le si
erano
spenti da quel giorno maledetto; solo in alcune occasioni May aveva
scorto un
barlume di vitalità, ed erano sempre occasioni che le
ricordavano la sua
appartenenza al clan di origine.
"Sembri
stanca. Dovresti andare a riposare. So badare a
me stessa in caso di necessità."
"Non
posso."
Manca
anche a me, sai? Ma a te, chissà come deve pesare la
sua assenza.
Stranamente,
lei era venuta a patti con quella di Alphonse.
Forse perché sapeva che era ancora vivo, da qualche parte ad
Amestris. Forse si
era anche sposato, magari con una bella ragazza incontrata durante i
suoi
viaggi. L'unica cosa di cui May era certa, era che Al non aveva
abbandonato i
suoi studi. Ci teneva troppo per fare una cosa simile.
"Invece
sì!" rispose May Chang tirando un sorriso
apposta per la sua combattente. "Anzi, sai che ti dico?
Verrò anche io a
riposare. Ho troppi pensieri per la testa."
Le
candele aromatiche erano uno dei piccoli piaceri che May
aveva scoperto una volta diventata Imperatrice, e l'unica
serenità che le
impediva di far correre i pensieri verso ricordi poco piacevoli a
vantaggio di
quelli belli.
Spesso
provava ad eliminare anche quelli quando facevano
male, anche se puntualmente falliva.
Una
candela in particolare era diversa da tutte le altre, e
non perché era più sottile delle altre e sfiorava
un acceso colore senape, ma
perché in essa era racchiusa una memoria speciale. Se avesse
potuto dare una
definizione ad un profumo, May l'avrebbe associato a quel ricordo.
Lan
Fan si concesse la libertà di togliersi di dosso la
maschera e l'uniforme scura, restando con una sottile veste di seta
rosso
scuro. May la osservò massaggiarsi i muscoli indolenziti da
ore di immobilità,
notando come fosse rimasta giovane, come in una vana attesa
dell’età perduta.
"Hai
indossato il mio regalo, vedo" disse May
compiaciuta. "Sei bellissima."
Lan
Fan era diventata una donna dalla bellezza senza pari.
Peccato non fosse una principessa: i suoi lineamenti spiccavano su
quelli di tantissime
altre giovani che non potevano competere con lei neanche lontanamente.
Lan
Fan arrossì vistosamente. Era lusingata da quel
complimento, ma il fatto che nessuno gliene aveva mai fatti pesava
molto sulla
sua inclinazione riservata.
"Siediti
con me" disse l'Imperatrice. Le indicò il
suo letto a baldacchino, invitandola a poggiarsi su uno dei cuscini di
raso,
come solevano fare ogni sera.
Sebbene
la combattente conoscesse le stanze della sua
protetta, e che lei la rendesse pienamente partecipe della sua vita
privata,
lontana dalla corte, si sentiva sempre molto a disagio. Non voleva
crearsi vizi
inutili.
Quel
che però le favoriva un completo rilassamento erano le
mani di May che le carezzavano i capelli districandoli dalla sua
abituale e
severa acconciatura.
Da
cosa derivasse questo, non lo sapeva dire neanche lei. A
Lan Fan però piaceva immaginare che da neonata qualcuno
l'avesse amata per
quello che era, al punto da accarezzarle la sua folta chioma con la
stessa
accuratezza di una nobile. Era tutto così confortante, per
quanto triste.
"E
pensare che eravamo sul punto di ammazzarci a vicenda"
disse May ad un tratto, sorridendo stancamente.
Bastò
quella semplice e divertita affermazione per scatenare
un flusso di pensieri incontrollabile nella testa di Lan Fan. La mente
ritornò
al dottor Knox, allo scontro con una May ancora piccola ma pericolosa,
al
principe che aveva cercato di salvarla dall'emorragia, al braccio
reciso e poi
riacquistato con l'ingegneria meccanica.
"Xiao
Mei..." sentì sospirare dall'Imperatrice.
Anche
lei aveva i suoi cari da ricordare, i suoi sogni
infranti da cui riscattarsi. Xiao Mei era l'amica panda che l'aveva
accompagnata durante la sua infanzia, e che era morta qualche tempo
dopo la
scomparsa di Ling Yao in circostanze mai chiarite.
"La
prima cosa che fece qui è stata toccare il fuoco
delle candele per vedere se fosse finto o meno. Non aveva mai visto
candele
così colorate" rise May. "Si portò quella
bruciatura tutta la vita.
Da allora, quell'odore mi ricorda questo."
Era
la prima volta dopo anni che May parlava di Xiao Mei
senza bloccarsi per piangere. La cadenza di voce dell'Imperatrice era
nostalgica, ma era controllata al punto da essere sicuri che non fosse
sul
punto di farlo.
"A
te, cosa ricorda?"
Fu
una domanda a cui Lan Fan non sapeva rispondere così di
getto. Non aveva ricevuto una istruzione raffinata come era toccata a
May una
volta diventata una sovrana, e una semplice curiosità come
questa non sapeva
come soddisfarla.
Stette
per lungo tempo in silenzio, sentendosi una stupida,
ma pensando che May non la reputava tale. L'unico rumore che si sentiva
era il
fruscio delle dita di May che continuavano il loro cammino nei meandri
della
cascata di inchiostro della sua guardia del corpo.
"Questo
odore mi ricorda quello della residenza del
principe nel territorio Yao" cominciò Lan Fan. "C'erano
tanti fiori,
spesso mio nonno non voleva che ne cogliessi qualcuno. Diceva che li
avrei
sciupati."
Il
nome Yao suonava dolce, e indusse Lan Fan a desiderare
Ling Yao accanto a lei ancora una volta; per non parlare di Fu,
nonostante la
sua inflessibilità.
"Non
aveva torto" replicò May. "Ma quando
donano gioia e conforto vorresti portarli dovunque, e questo ad una
bambina
come te si può perdonare."
Finché,
non capendone il perché, e neanche volendolo sapere,
Lan Fan scoppiò a piangere. Si coperse la faccia con le
mani, sentendosi inerme
davanti a May per la prima volta dopo tanto tempo. Non aveva mai pianto
in sua
presenza, ma l'altra non sembrò rimanerne turbata.
Anzi,
percepì le dita dell'Imperatrice lasciarle la testa
per andarsi a posare sulle sue spalle, attirandola piano a
sé con la stessa
amorevolezza di una madre. E la guerriera si lasciò
trasportare verso il suo
petto, provando a dare una definizione a quell'improvviso accesso di
tremante
dolore.
Ma
come poteva riuscirci? C'erano state così tante emozioni
contrastanti nella sua vita, molte delle quali l'avevano spinta fra le
braccia
della solitudine. Ora c'era solo May a farle da ancora di salvezza, il
caso di
avere molta più familiarità con la donna
più importante di Xing rispetto a
quello ricevuto da bambina, quando in altre circostanze sarebbe stata
lei
stessa a mantenere le distanze.
Era
tutto così strano e diverso ormai, come se le cinghie
che tenevano stretto il suo contegno si fossero allentate. Per fortuna
o
purtroppo, non era in grado di dirlo. Ciò che poteva fare
era riversare la sua
rabbia sull'innocente candela, sull'odore dei fiori, sui ricordi
assassini.
May
sentiva che anche lei stava per cedere alle lacrime, ma
solo una scese dalla sua guancia. Immaginava le lacrime della sua amica
come se
fossero le proprie contro la sua veste pregiata, sentendo ogni gemito
della
donna insinuarsi nel suo essere come una pugnalata che bizzarramente
non feriva
senza pietà. Non poteva permetterselo, May Chang. Doveva
essere forte.
"Hai molto per cui
piangere, Lan Fan. Sei
maledettamente stanca, lo sapevo. Proprio come me. Piangi pure, piangi
anche
per me."