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Autore: RedStar12    06/04/2009    6 recensioni
Salve a tutti! Tra una stesura e l'altra di "The owl. The lily. The vellum." la mia mente contorta ha partorita questa pseudo-fanfic. A voi giudicare, spero che vi piaccia.
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Valentina (Tina per gli amici), in seguito all'incidente in cui hanno perso la vita i genitori e il fratello, è paralizzata dalla vita in giù e costretta sulla sedia a rotelle. Non può muoversi senza aiuto e, a parte le quotidiane visite al caffè sottocasa e le rare gite in centro, è praticamente segregata nel suo piccolo appartamento nella periferia di Trieste, sua città natale.
Cosa potrebbero mai volere da lei quei loschi figuri appostati davanti alla sua porta in attesa che lei esca?
Chi sono quei misteriosi ragazzi che da mesi la vegliano e la proteggono, come degli angeli custodi?
Qual'è il segreto che la sua famiglia, in apparenza così normale, le ha tenuto nascosto per quasi diciotto anni?
Genere: Romantico, Azione, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: Alternate Universe (AU), OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1 - Imperfect Numb

I've become so numb
I can't feel you there
Become so tired
So much more aware
I'm becoming this
All I want to do
Is be more like me
And be less like you
(Linkin Park, Numb)

Capitolo 1: Imperfect


Con un ultimo sforzo delle braccia sottili, Tina riuscì a sollevarsi quel tanto che bastava per portare il suo viso all'altezza della finestra senza sforzare le deboli gambe. Sbirciò timorosamente fuori, immaginandosi che loro fossero sempre lì, ai lati della porta, appoggiati allo stipite, in agguato come falchi pronti a balzare sull'indifeso topolino. Invece niente, neanche l'ombra di quei loschi figuri per tutta l'estensione della stradina asfaltata della periferia. Con un sospiro di sollievo si lasciò ricadere sulla sedia a rotelle, le gambe che, nonostante non funzionassero più da mesi, tremavano come budini, come se percepissero la sua ansia. Tina sbuffò: le succedeva da quando era uscita dall'ospedale, due settimane dopo l'incidente, che le gambe le tremassero sempre dopo ogni sforzo fisico che faceva, anche il semplice appoggiarsi troppo solo alle braccia.
Tina si passò una mano sul viso, sostandosi qualche ciocca castana dagli occhi, di un azzurro straordinario, ma spento, come se fosse opaco o scurito da qualche giocca di nero e grigio. Dopo l'incidente i suoi occhi non avevano più brillato di gioia, mostrando quelle piccole sfumature verde mere che si notavano in quei momenti, nè il suo viso aveva più visto un sorriso. La sua espressione era rimasta mesta, triste, la stessa di una persona a cui hanno tolto i suoi tesori più preziosi.
Spingendo le route della carrozzella, Tina riuscì faticosamente a raggiungere la sua camera da letto nel suo piccolo appartamento nella periferia di Trieste. Mesi prima, quando poteva ancora scorrazzare liberamente per i corridoi piastrellati, la casa le sembrava sempre accogliente e famigliare. Invece, ora che era bloccata su una sedia a rotelle, paralizzata dalla vita in giù, a Tina quei muri sembravano le sbarre di una prigione, una prigione che le impediva di muoversi liberamente e la teneva segregata dentro di sè a causa del suo handicap.
Sulla scrivania di legno attaccata al muro in mezzo alla stanza dalle pareti blu notte, capeggiava una foto che ritraeva delle persone abbracciate, che sorridevano felici. Una donna poco più che quarantenne, abbronzata, con lunghi capelli castano-rossi, mossi, che sembravano fragili come se fossero di cristallo, un viso ovale in mezzo al quale brillavano due grandi occhi azzurro cielo che brillavano di felicità.
Un uomo poco più grande di lei le cingeva la vita sottile con un braccio muscoloso, il sorriso un pò nascosto dalla barba nera, corta e ispida, anche lui felice, l'età che trapelava a malapena dalle piccole rughe attorno agli occhi e ai lati della bocca, dalla gaiezza degli occhi color cioccolato fondente e dai capelli nerissimi, appena attraversati da qualche filo grigio o bianco.
Vicino all'uomo c'era un ragazzo sulla ventina, alto e robusto, ma snello, i lunghi capelli castano scurissimo, tendente al nero, che ricadevano in ciocche ribelli sulle spalle non troppo larghe, e gli occhi azzurrissimi che brillavano in mezzo al viso dai tratti marcati ma delicati, pallido.
Tina sospirò tristemente, asciugandosi con il dito una lacrima che era scivolata dal suo occhio destro. Infine...c'era lei. Lei, Valentina Fiorini, chiamata Tina dagli amici, con i suoi capelli lunghi color castano scuro, la meches bionda sul lato destro, e con i suoi occhi uguali a quelli della donna e del ragazzo: sua madre, Elisabetta Marisi, e suo fratello, Marco Fiorini. L'uomo che stringeva la donna... era suo padre, Stefano Fiorini, quell'uomo che aveva trascurato la moglie e i figli i primi anni e, dopo una separazione di poco più di un anno, era tornato in famiglia e si era finalmente comportato come un padre che si rispetti.
Lei, Tina... era l'ultima persona ancora viva di quelle ritratte in quella foto che traboccava di gioia e felicità. L'ultima, dopo quell'incidente... Tina abbassò lo sguardo sulle proprie gambe, innaturalmente immobili sulla sedia a rotelle, un po' storte... era stato lo scotto da pagare per la sua vita... le sue gambe. A volte si chiedeva come avesse fatto lei a sopravvivere, sotto quel peso che sembrava intenzionato a schiacciarla, e i suoi genitori e suo fratello a morire.
Altre due lacrime sbucarono dalle folte ciglia nere della ragazza, scivolando lungo le guance pallide e paffute, gocciolando poi sulle gambe. Tina neanche se ne accorse... avrebbero potuto trafiggerle con un pugnale o tagliargliele di netto che lei non se ne sarebbe neanche accorta. L'unica cosa che dimostrava che le gambe fossero ancora parte del suo corpo e non delle semplici protesi, era il loro tremito dopo ogni sforzo fisico. Un'infermiera le aveva detto che spesso le persone sentono di più la presenza degli arti solo quando questi vengono loro asportati o smettono di funzionare. Come era successo alle sue gambe.
Il suono del campanello riportò bruscamente la ragazza con i piedi per terra, metaforicamente parlando. Tre suoni vicini, una breve pausa, poi altri due suono ravvicinati. Tina si asciugò le lacrime che le rigavano le guance, e le sue labbra rosee si incurvarono in una specie di mezzo sorriso. Guardò fuori dalla finestra, dove il sole brillava allegro nel cielo azzurro di inizio giugno. Loro, i suoi angeli custodi... avrebbero vegliato su di lei anche quel giorno?


Scrittoio dell'autrice

Ed eccomi qui con questa nuova pseudo-fanfic. Pseudo perchè più che una fic èuna cavolata immane. Insomma, chi l'ha mai vista una ragazza sulla sedia a rotelle nel mondo di Saint Seiya (non includo Seiya nell'Overture Tenkai, perchè per me quel film non esiste!)? Comunque ho voluto comunque tentare di scriverla e pubblicarla, a voi giudicare se devo continuare o se è meglio che la interrompa e la cancelli. Sapete, tra una stesura e l'altra di "The owl. The lily. The vellum." mi capitano dei momenti in cui non so cosa scrivere, così mi concentro su questa fic. La parola alla giuria.
Il titolo della fanfic, Numb, è ispirato all'omonima canzone dei Linkin Park (il cui ritornello apre questo capitolo), e alla condizione in cui versa la protagonista: "numb" significa "paralizzato", come lo è Tina, immobilizzatta sulla sedia a rotelle, ma anche "insensibile", al dolore fisico e a quasi tutte le emozioni.
Un breve scorcio sulla protagonista: Tina è il mio alter ego "imperfetto", ha il mio stesso nome, ricalca parte del mio carattere e il mio aspetto fisico, tranne il fatto che io cammino benissimo e non sono sulla sedia a rotelle, e inoltre, per adattarla meglio alla storia, ho cambiato l'età: io ho 14 anni, mentre la mia alter ego ne avrà quasi diciotto.

  
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