21/04/2016
0 recensioniEhi :)
È da un po' che non mi faccio vedere. Mi ero ripromessa di rimanere attiva, ma la scuola, alfine, mi ha occupato troppo per riuscire a ritagliarmi un po' di tempo per scrivere.
Quindi vi avviso che sarò sicuramente un po' arrugginita visto che l'ultimo volta che ho cercato di comporre una qualche frase era dicembre.
Detto ció vi auguro buona lettura, grazie a chi lascerà un suo parere a questa piccola fanfiction :-)
~Marty
MEA CULPA
– Se muore, sarà come se lo avessi ucciso io.
Ho lasciato morire mio padre
e ora ho ucciso l'unico fratello che abbia mai avuto. –
~Shadowhunters – Città di Ossa
Ho lasciato morire mio padre
e ora ho ucciso l'unico fratello che abbia mai avuto. –
~Shadowhunters – Città di Ossa
Jace amava Alec.
L'amava con tutto se stesso, con ogni singola cellula del suo corpo.
L'amava come avrebbero potuto amarsi due amici; due fratelli.
L'amore philia, lo chiamavano i greci. Desiderare solamente il bene dell'altro, senza quel senso di possesso o di ossessione che sfociava nel morboso. Solo vero e paritario amore fraterno. Libero, senza confini e profondamente intrinseco nelle loro anime.
Era questo il loro legame. Quella catena sottile che li legava indissolubilmente l'uno all'altro al di là del tempo e dello spazio. Perfino al di là della morte.
Eppure, si dice che quando il proprio parabatai muoia se ne rimanga distrutti. Svuotati da tutto quello che si era stati fino ad allora. Forse perché quell'io non era mai esistito, c'era sempre stato solamente un noi. Insieme, per sempre.
E quel "per sempre" Jace aveva creduto fosse eterno. Eterno come il mondo. E non di soli pochi attimi, fugaci come sogni.
Voleva fare ancora così tante cose insieme... vederlo sorridere ancora non una, ma ben mille volte. Voleva pronunciare ancora quel noi mentre parlava di se.
E invece... invece adesso già si affievoliva quel "per sempre" che mai avrebbe pensato cosí breve. Forse perché mai lo aveva messo in dubbio.
Dopotutto chi altri se non che Alec si meritava di vivere una vita lunga e serena, lontana da quell'abisso che è la morte. Mai aveva pensato a come sarebbe diventata la sua vita se Alexander fosse morto, colto da quel cupo e amaro sonno senza fine. E lì, in quel momento, si sentì perire.
– Non è vero... – sussurrò Clary. Come per rassicurarlo.
Aveva Clary dinnanzi a lui e non riusciva a vedere nient'altro che gli occhi celesti del ragazzo morente. Chiusi, spenti. E non accesi e lampeggianti. Niente rabbia o gioia, odio od amore li avrebbe più animati, facendoli risplendere come due stelle del cielo.
Non è morto, si disse, lo sentirei. Me ne accorgerei, no?
Dolore.
Non avvertiva altro.
Perfino il cuore doleva ad ogni battito.
Ho lasciato morire mio padre e ora ho ucciso l'unico fratello che abbia mai avuto, si ripeté una, poi due, poi tre volte, facendolo diventare quasi un mantra.
– Sì – disse. Avvicinò ancora di più il suo viso a quello di Clary e, per un attimo, ebbe l'istinto di sfiorarle le labbra con le punta delle dite, di delinearne i contorni e divorarne poi ogni centimetro.
Voleva attutire tutto quel dolore, ritrovare speranza, un punto fermo. Ma non lo fece. Non gli sembrò giusto. Un bacio così egoista non avrebbe mai fatto dimenticare quella crudele fitta nel petto. – Clary... cosa mi sta succedendo?
Cercò attentamente una risposta negli occhi di lei, nel suo sguardo confuso, un po' angosciato, ma non trovò altro che il suo riflesso.
Forse sono io il problema, pensò.
Ma non lo disse ad alta voce.
Forse troppo codardo per ammetterlo.
L'amava con tutto se stesso, con ogni singola cellula del suo corpo.
L'amava come avrebbero potuto amarsi due amici; due fratelli.
L'amore philia, lo chiamavano i greci. Desiderare solamente il bene dell'altro, senza quel senso di possesso o di ossessione che sfociava nel morboso. Solo vero e paritario amore fraterno. Libero, senza confini e profondamente intrinseco nelle loro anime.
Era questo il loro legame. Quella catena sottile che li legava indissolubilmente l'uno all'altro al di là del tempo e dello spazio. Perfino al di là della morte.
Eppure, si dice che quando il proprio parabatai muoia se ne rimanga distrutti. Svuotati da tutto quello che si era stati fino ad allora. Forse perché quell'io non era mai esistito, c'era sempre stato solamente un noi. Insieme, per sempre.
E quel "per sempre" Jace aveva creduto fosse eterno. Eterno come il mondo. E non di soli pochi attimi, fugaci come sogni.
Voleva fare ancora così tante cose insieme... vederlo sorridere ancora non una, ma ben mille volte. Voleva pronunciare ancora quel noi mentre parlava di se.
E invece... invece adesso già si affievoliva quel "per sempre" che mai avrebbe pensato cosí breve. Forse perché mai lo aveva messo in dubbio.
Dopotutto chi altri se non che Alec si meritava di vivere una vita lunga e serena, lontana da quell'abisso che è la morte. Mai aveva pensato a come sarebbe diventata la sua vita se Alexander fosse morto, colto da quel cupo e amaro sonno senza fine. E lì, in quel momento, si sentì perire.
– Non è vero... – sussurrò Clary. Come per rassicurarlo.
Aveva Clary dinnanzi a lui e non riusciva a vedere nient'altro che gli occhi celesti del ragazzo morente. Chiusi, spenti. E non accesi e lampeggianti. Niente rabbia o gioia, odio od amore li avrebbe più animati, facendoli risplendere come due stelle del cielo.
Non è morto, si disse, lo sentirei. Me ne accorgerei, no?
Dolore.
Non avvertiva altro.
Perfino il cuore doleva ad ogni battito.
Ho lasciato morire mio padre e ora ho ucciso l'unico fratello che abbia mai avuto, si ripeté una, poi due, poi tre volte, facendolo diventare quasi un mantra.
– Sì – disse. Avvicinò ancora di più il suo viso a quello di Clary e, per un attimo, ebbe l'istinto di sfiorarle le labbra con le punta delle dite, di delinearne i contorni e divorarne poi ogni centimetro.
Voleva attutire tutto quel dolore, ritrovare speranza, un punto fermo. Ma non lo fece. Non gli sembrò giusto. Un bacio così egoista non avrebbe mai fatto dimenticare quella crudele fitta nel petto. – Clary... cosa mi sta succedendo?
Cercò attentamente una risposta negli occhi di lei, nel suo sguardo confuso, un po' angosciato, ma non trovò altro che il suo riflesso.
Forse sono io il problema, pensò.
Ma non lo disse ad alta voce.
Forse troppo codardo per ammetterlo.