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Autore: L_Lizzy    22/04/2016    1 recensioni
Un'intera famiglia che si trova a vivere un cambiamento inaspettato.
Dal testo:
“Ian, Ian Gallagher, siamo vicini” ed esortato dallo sguardo menefreghista che sembrava invogliarlo a motivare quel disturbo poco gradito aggiunse “piacere e benvenuto nel quartiere.”
“Sono Mickey.”
E l’uscio si chiuse sbattendo sul suo naso.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le cose nel quartiere filavano lisce da un paio di mesi. Frank non si faceva vedere se non quando si trovava casualmente in zona e, sempre casualmente, con le tasche vuote. Lip frequentava un college che distava circa un quarto d’ora di treno da casa, frequentava una ragazza splendida, per quanto ne sapeva la famiglia in realtà poteva anche essere un troll ma lui ne decantava le doti nemmeno si fosse svegliato compositore ed Ian non smetteva di prenderlo in giro nemmeno un minuto per questo motivo. Carl aveva di nuovo dato fuoco ai capelli di una compagna di classe, Debbie accennava ad estenuanti crisi di ribellione adolescenziali e Liam passava più tempo a casa di Sheila che nella propria; di questo però Fiona non si lamentava troppo essendo occupata per la maggior parte del tempo a correre dietro ai suoi fratelli, cercando di far quadrare i conti.
Quando Tony si vide assegnato a tempo determinato, ovvero per i restanti anni di servizio, ad un altro distretto prese la decisione di mettere in vendita la casa che aveva tanto faticosamente conquistato durante uno dei suo deliranti progetti di maritarsi felicemente con Fiona. Visto che la ragazza non era interessata a lui ne prima ne tantomeno dopo la mossa tattica del poliziotto, lui riteneva fosse ormai inutile restare a vivere in quella casa che costituiva per il giovane un tentativo fallito di accasarsi con la sua cotta adolescenziale. La riprova l’aveva ottenuta quando era andato a parlarne con la suddetta, non che si aspettava una scena di addio da film ma sperava in un “teniamoci in contatto”, ed invece nulla. Non trovando alcuna valida motivazione per protrarre il proprio affitto decise di metterla in vendita il giorno dopo essere venuto a conoscenza della buona novella da parte del suo Capitano. Non che gli sarebbe mancata l’atmosfera del posto ad ogni modo, erano più le volte che il suo tostapane si trovava da Veronica che a casa propria: inconcepibile per lui che non era abituato alla legge di condivisione sugli elettrodomestici che vigeva nel quartiere.
In due giorni Debbie vide Tony preparare le valigie ed imballare gli scatoloni per poi scorgerlo sparire alla guida della sua volante la sera successiva; con lui partiva, fortunatamente, la sveglia che, ogni sacrosanta mattina, tirava giù dal letto i suoi fratelli costringendoli ad una prima dose di bestemmie masticate a mezza voce. A prova dell’effettiva durata del periodo che li vide come vicini di casa rimase solo lo scaccia sogni che lui il Natale precedente aveva del tutto arbitrariamente appeso sulla veranda dei Gallagher prima di imbucarsi al cenone a base di alette di pollo piccanti e salsa barbecue. Nessuno si era tutt’ora scomodato per toglierlo e quello stava lì a ondeggiare indisturbato al vento.
Per quanto Debbie si sforzasse di tentare di non assillare Fiona con domande sfiancanti che giravano sempre intorno alla questione dei nuovi vicini la curiosità della bambina stentava a diminuire e fu anche per questo motivo che quando una sera le luci nella casa accanto si accesero l’arzilla adolescente scattò giù dal letto per attaccarsi col naso al vetro della propria camera cercando di carpire qualche informazione sui proprietari. Quando però il suo sguardo si scontrò su delle tende scure completamente tirate si vide sconfitta ed impossibilitata a compiere le dovute ricerche sulla loro affidabilità. La mattina successiva fu Lip a comunicare di essersi fermato a leggere il nuovo nome che, scritto con grafia frettolosa su di un pezzo di scotch, sostava attaccato alla cassetta postale: M. Milkovich.
Un nome che ai più pareva non aver mai sentito e per questo motivo il nuovo arrivato, o arrivata, fu considerata da subito una scoppiettante novità.
 
“Com’è possibile che nessuno si degni di buttare questa spazzatura?” Lip esortava una presa di posizione più salda da parte della famiglia perché non era possibile trovarsi Frank, una mattina sì ed una no, a dormire sullo zerbino d’ingresso. Insisteva sul fatto che dovessero convincerlo a non tornare, che dovessero fare qualcosa di talmente estremo da fargli entrare in quel testone che lì non doveva più farsi vedere. Carl fu più che felice di accontentare il fratellone ed impugnato l’accendino propose di dar fuoco alla maglietta che indossava mentre in sottofondo Debbie si lamentava che non lo si poteva fare nel modo più assoluto, perché quella maglietta Frank l’aveva rubata dal suo armadio e risaliva al suo saggio delle scuole primarie. Fiona quella mattina era già uscita per il lavoro alla caffetteria e quindi il compito di tenere le redini delle paradossali situazioni che si venivano a creare a casa Gallagher toccava ad Ian. Versata dell’acqua sul capo dell’uomo lo costrinse a reggersi in piedi prendendolo dalle ascelle e accompagnandolo tramite spinte e spintoni al cancelletto che delimitava il loro cortile anteriore. A nulla valsero i lamenti del vecchio ubriacone, irremovibile Ian si premurò di lasciarlo raggiungere qualsiasi meta intendesse raggiungere zoppicando assestandogli un calcio sullo stinco. Fu sulle imprecazioni del padre che si rivolse per tornare in casa e poco prima di oltrepassare la soglia riuscì a incrociare lo sguardo di una figura vestita di nero che, in tutta calma, si prendeva il proprio tempo per scrutarlo dalla veranda accanto alla loro. Ian fece finta di nulla e, diretto a sedare la lotta in corso tra Lip e Carl, non si accorse di come gli angoli della bocca dello sconosciuto si fossero piagati in una smorfia d’amara ironia.
 
Lo sconosciuto rimase tale per i successivi tre giorni almeno finchè Debbie non tornò arrabbiata come mai l’avevano vista. Tra parole smozzicate e minacce di morte Lip riuscì ad interpretare quello che le era successo. Quel maleducato del vicino non solo si era rifiutato di aiutarla con i sacchetti della spesa come lei le aveva chiesto ma aveva osato chiamarla ragazzina. Ragazzina, a lei!
Mentre Ian si chiedeva come quel mistico individuo avesse fatto a sapere esattamente dove colpire per indispettirla -perché era più che certo che non si trattasse di un caso- Carl aveva già impugnato la mazza da baseball e, attraversati i cortili che li dividevano, si accingeva a fare uscire di casa quel pezzente. Per quanto Ian trovasse coraggioso e altamente cavalleresco questo affrontare ad arma tratta un nemico sconosciuto per difendere la sorellina dovette costringersi ad alzare le natiche dal divano per andare a recuperare il fratello prima che facesse qualcosa di avventato.
“Carl, torna in casa” accorgendosi di non essere stato neppure in minima parte calcolato aggiunse “prima di subito altrimenti ti appendo a testa in giù fuori dal balcone!”
Consegnata l’arma impropria nelle mani di Ian fece retrofront scavalcando con un salto la bassa recinzione che divideva le due proprietà, il tutto ovviamente borbottando a gran voce.
“E tu saresti?”
Concentrato sui modi ribelli di Carl non si era reso conto della porta che si schiudeva e, nel modo più naturale possibile, passò la mazza nella mano sinistra -sperò riuscendo a far passare il tutto inosservato- tendendo l’altra verso il ragazzo che doveva essersi svegliato da poco data la condizione in cui versavano i suoi capelli neri.
“Ian, Ian Gallagher, siamo vicini” ed esortato dallo sguardo menefreghista che sembrava invogliarlo a motivare quel disturbo poco gradito aggiunse “piacere e benvenuto nel quartiere.”
“Sono Mickey.”
E l’uscio si chiuse sbattendo sul suo naso.
Dell’intera faccenda non riferì a Fiona quando, tornata dal lavoro, chiese quale catastrofe avesse dovuto affrontare oggi con quelle tre pesti in casa.
Quella notte a letto però, incontrando difficoltà a prender sonno, pensò a come Mickey fosse un nome fin troppo ordinario per un tipo che, a prima vista, gli era parso cazzuto all’ennesima potenza. Visualizzò nuovamente i tratti che era riuscito a cogliere del suo viso, gli occhi scuri, la barba sfatta e il naso che doveva essersi rotto almeno in tre occasioni diverse. A Ian in nuovo vicino dava l’impressione d’essere un randagio, un ragazzo solitario abituato a muoversi facendo conto delle sue sole capacità.
Inevitabilmente fu attratto da questo suo aspetto.

“Quindi anche tu qui” Ian cercò di risultare il più disinvolto possibile come se non avesse aspettato di vederlo uscire di casa per poi seguirlo come un ladro.
“Oh, Cristo.” Aveva detto Mickey rendendosi conto del sorrisone che il neo-vicino di casa gli stava rivolgendo.
Le luci al neon lampeggianti del negozio d’alimentari nel quale si trovavano illuminavano i volti dei due giovani solo parzialmente, motivo per cui Ian non poté godere appieno dell’espressione seccata dell’altro: quale peccato capitale. Dato il fatto che lì vi fossero solo loro due e il cassiere che al momento stava schiacciando un pisolino permise ai due di percorrere le corsie completamente sgombre. Per il rosso stava diventando soffocante il silenzio che in quel posto regnava alle quattro di notte -o di mattina, a dir si voglia- ma Mickey sembrava assolutamente a proprio agio. Muoversi nella silenziosa oscurità fece immaginare a Ian una versione del bad boy sotto forma di felino guardingo. Il fatto che si aggirasse con passo felpato per le corsie non aiutava certo la sua sanità mentale. Quando per caso urtò una scatola di cereali facendola cadere a terra Mickey si girò con lo sguardo di uno che sapeva di essere stato colto sul fatto; lo sbuffo infastidito che ne seguì e il fatto che lui lo stesse calcolando meno di un moscerino scoraggiò Gallagher fino a farlo restare più indietro dell’altro. Fermo nel mezzo della corsia ed attorniato da shampoo e balsamo in gran quantità lo fece sentire uno stupido.
Finora non si era ancora fermato a riflettere su quello che stava facendo.  
Quando però vide che Mickey, una volta sorpassata la cassa con le tasche piene e senza aver accennato minimamente a voler pagar per quello che aveva preso, gli fece segno di sbrigarsi lui tutto agitato si riscosse e allungato il passo si sbrigò per raggiungerlo all’uscita.
“Non prendi niente quindi.” Non si trattava di una domanda. Ian non avrebbe saputo dire che razza di espressione dovesse avere stampata in faccia in quel momento ma di sicuro doveva essere diventato rosso come un pomodoro. Dannazione, colto sul fatto. Nemmeno fosse un novellino che si fa beccare al suo primo inseguimento.
Nonostante le luci al neon che a tratti, imperterrite, continuavano ad andare e venire Ian riuscì a distinguere l’ombra di un sorriso velato sulle labbra di Mickey prontamente sostituita dalla solita smorfia coi contro coglioni che, dedusse il rosso, di solito teneva alla larga i più.

Ian imparò a non seguirlo più la notte anche perché il giorno che seguì l’episodio del supermercato finì per addormentarsi in aula, accorgersi di non essere passato a prendere Liam e, per concludere in bellezza, riuscì a far incassare a Lip un cazzotto bello potente sul proprio zigomo sinistro perché, in modo del tutto casuale, qualcuno aveva fatto la spia a Fiona dicendole che il maggiore mancava alle lezioni del college da un paio di giorni.
Sovrappensiero finì per perdere la fermata di metro cui doveva scendere e decise di andare a far un giro per la parte meno malfamata della città, ovvero quella in cui, pur facendo parte della periferia della metropoli, non tentavano di accoltellarti per passatempo. Si trovò in un parchetto dove dei bambini stavano a rincorrersi senza un apparente motivo preciso mentre le madri, previdenti, seguivano tutte le loro mosse dalle panchine su cui erano sedute. Stufo di stare ad osservare quegli scoppi di grida e risate si diresse fuori dal parco e fu un vero colpo riconoscere la targa della volante di Tony qualche strada più in là. Fu sorpresa quello che lo colse mentre riusciva a distinguere al posto dei sedili posteriori la sagoma del suo vicino di casa. Mickey era seduto scompostamente con le gambe allargate, le braccia appoggiate alle ginocchia e la testa contro il poggiatesta davanti a sé. Tony era qualche metro più avanti intento a dare una multa, a quanto pareva aver preso un delinquente lo rendeva abbastanza sicuro da lasciarlo incustodito. Passò di soppiatto accanto al finestrino dalla parte di Mickey e posandoci il palmo della mano sopra fece in modo da essere visto dall’altro che, tirata su di scatto la testa, gli fece intendere di aver capito le sue intenzioni.
Così però era troppo facile.
Superò di qualche metro Tony per poi mettersi a urlare il nome di Fiona ai quattro venti attirando inevitabilmente l’attenzione del pollo in divisa. Dopo le domande di sorta che il poliziotto gli sottopose -ovvero perché gridasse, perché proprio il nome di Fiona e se lei fosse nei guai- e di cui, palesemente, Ian inventò le risposte di sana pianta passarono ai convenevoli.
In dieci minuti riuscì a liberarsi dell’uomo e presa coscienza dell’auto rimasta vuota decise di tornare sulla strada di casa perché si era fatto tardi e lui aveva decisamente troppe cose ancora da fare. Passò da Scheila a salutare Liam, a scuola per prendere Debbie e Carl e, incontrata Veronica, si fermarono a parlare della festa che avevano intenzione di organizzare a Fiona per il suo prossimo compleanno, che mancassero ancora quattro mesi poco importava. Affidati a lei i ragazzi -visto che stava tornando al quartiere capitava a pennello- si diresse direttamente verso l’Alibi portando i saluti della moglie a Kevin guadagnandosi due snack da sgranocchiare mentre prestava servizio non essendo riuscito a passare da casa per pranzare avendo deviato verso tutt’altro percorso.
Erano le due inoltrate quando riuscì a scollarsi Frank di dosso convincendolo che proseguendo verso la porta dei bagni del locale avrebbe trovato il Paradiso Terrestre, completamente a pezzi e sudato data la temperatura nel bar si ravvivò i capelli prima di uscire in strada diretto a casa. Legata la felpa in vita e assicuratosi di aver preso il misero stipendio che Kevin a stento poteva permettersi di dargli mensilmente si trascinò per le strade con il cervello completamente scollegato.
“Gallagher.”
Non aveva la forza di inciampare in nuove rogne quindi tirò dritto in modalità zombie non facendo nemmeno lo sforzo di cercare di capire chi lo stesse chiamando.
“Gallagher!” Di nuovo, questa volta la voce veniva dalla sua sinistra ma lui imperterrito non voleva che andare a stendersi e rilasciare la tensione che aveva accumulato durante la lunga giornata.
La carica di un fendente mosse l’aria attorno ad Ian e fu solo per i suoi riflessi allenati che riuscì ad evitare che un pugno si infrangesse contro il suo costato. Ora la sua mano ed i suoi occhi erano saldamente fermi sul pugno chiuso sulle cui nocche era tatuato “Fuck U-Up”. Alzò lo sguardo fino ad incrociare quello di Mickey rendendosi conto persino di essere arrivato all’ingresso del proprio cortile senza nemmeno rendersene conto.
“Milkovich?”
“Non ti aspetterai certo dei ringraziamenti.”
Ah ecco.
“Figurati, è stato un vero piacere salvarti il culo.”
“Com’è che ci tieni tanto al mio culo?”
“Com’è che cerchi la mia attenzione?” gli fece il verso Ian.
“Fottiti Gallagher.”
“Lo farò Mickey, contaci.”
Si separarono andando ognuno verso la propria porta di casa.
“E Milkovich… Vaffanculo!”
“Fanculo tu, stronzo.”
Varcarono entrambi la porta di casa con gli angoli della bocca piegati all’in su non sapendo che l’espressione di uno era lo specchio dell’altra.






Pagoda sperduta sulle Ande d'autrice (autrice, davvero?):
In caso qualcuno fosse giunto fin qua lo ringrazio profondamente per aver sprecato impiegato il suo tempo in una causa persa lettura di questo genere. E' la prima volta che scrivo in questo fandom e spero di non aver fatto troppi danni, non linciatemi vi prego e vogliatemi bene nel bene e nel male (?) Ottimo, quidi... pace e alla prossima, forse.
Liz.
Ps: attendo i vostri pareri beautiful creatures <3
  
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