Serie TV > Hawaii Five-0
Ricorda la storia  |      
Autore: _Pulse_    25/04/2016    2 recensioni
«Non devi mai sottovalutarmi. Pensavo l'avessi imparato ormai, detective Williams». Gli scoccò un sorriso vittorioso e Danny non riuscì a ricambiare, colpito dal fatto che non l'avrebbe mai sottovalutato se lo avesse conosciuto davvero come diceva. Forse, invece di domandarsi se fosse un buon padre, doveva iniziare a chiedersi se fosse un buon partner, dato che anche Steve, alla resa dei conti, aveva preferito qualcun altro.
Ancora accanto al bancone, Danny guardò Steve mentre posava i bicchieri sul tavolo e si risedeva al fianco di Catherine, avvolgendole un braccio intorno alle spalle e sorridendole, del tutto ignaro di averlo lasciato indietro.
[McDanno - Post 4x14 - Segue Regrets]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Danny Williams, Grace Williams, Steve McGarrett
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Hidden track'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buongiorno a tutti e ben ritrovati! :)
La storia che vi accingete a leggere non era programmata, nel senso che l'ho scritta recentemente dopo aver visto l'episodio 4x14.
Secondo me è una delle più malinconiche che abbia scritto fin'ora (e ce ne vuole, conoscendomi) perciò vi sono molto legata e spero davvero di aver fatto un buon lavoro.
Se avete due minuti di tempo, spero mi scriviate che cosa ne pensate: mi farebbe molto piacere :)
Grazie e buona lettura!

Vostra,

_Pulse_



______________________________________________________________________________________________




A KIND OF 'OHANA


Gli ultimi giorni erano stati davvero impegnativi, più sul piano emotivo che fisico, e quella serata tra amici, a cui era riuscito persino a portare la sua scimmietta, non lo stava aiutando come sperava.
Il caso che avevano appena chiuso l'aveva molto coinvolto, lasciandogli diverse questioni su cui arrovellarsi. Lui era sempre stato un tipo da bianco o nero, ma in quella particolare situazione aveva dovuto ricredersi - Steve lo aveva costretto a ricredersi quando aveva deciso di seminare la polizia per ottenere giustizia per Roy Parish, incriminato ingiustamente.
Parish aveva passato la maggior parte della vita in prigione, non aveva visto nascere sua figlia né aveva mai trascorso molto tempo con lei, e Danny aveva iniziato a chiedersi se lui fosse un padre migliore, se facesse davvero tutto ciò che era in suo potere per far felice Grace. Era giunto alla conclusione che la sua reazione alla notizia che si fosse guadagnata una settimana di sospensione da scuola per aver picchiato un bullo era stata un po' esagerata, dato che in fondo l'aveva fatto per difendere una sua amica. Per proteggere le persone che amava, lui avrebbe fatto ben di peggio.
Mentre raggiungevano il bar sulla terrazza, Danny si era scusato e le aveva detto che era fiero di lei, ma aveva come la sensazione che non fosse stato abbastanza. E lo Shirley Temple che aveva ordinato per lei non lo avrebbe aiutato a levarsi quel peso dal cuore. Non aveva ancora ben capito perché si sentisse in quel modo: probabilmente la fine di Roy Parish lo aveva colpito più di quanto volesse dare a vedere.
Danny distolse lo sguardo dal tavolo occupato dai suoi colleghi ed amici e si voltò nuovamente verso il bancone, sospirando. Steve lo notò - poteva sentire il suo sguardo bruciargli un lato del viso - e si appoggiò al bancone con un gomito.
«Qualcosa non va?», gli chiese, chinandosi un poco verso di lui.
Il detective aprì la bocca e subito dopo la richiuse, alla ricerca delle parole adatte. Mosse un poco le mani, come se stesse spolverando un pensiero all'interno della sua stessa testa, e alla fine gli pose una domanda: «Credi che io sia un buon padre, Steve?».
Vide il SEAL accigliarsi, aggrottando la fronte in quel modo che solitamente anticipava guai, e poi gettare un'occhiata a Grace, che rideva seduta tra le braccia di Kono.
«Che domande sono?», sbottò alla fine.
«Una domanda come un'altra».
«No che non lo è. Come può esserlo? Implica che tu non sei sicuro di essere un buon padre».
Danny sbuffò spazientito, guardandolo per la prima volta negli occhi. «Scusami, forse non era la domanda giusta per te. Dimenticatene».
«Che cosa stai insinuando? Che non posso risponderti perché ho trascorso metà della mia vita lontano da mio padre?».
«No», rispose con tono arrendevole, scuotendo il capo. «Semplicemente perché non hai figli e non hai idea di cosa voglia dire dubitare di se stessi, pensare che forse meriterebbero di più e... sentirsi impotenti, in un certo senso, perché puoi insegnargli tutto ciò che sai, dirgli cosa è giusto e cosa è sbagliato, ma poi ci sono loro là fuori, per le strade, a compiere le loro scelte».
Steve rimase in silenzio per qualche secondo, fino a quando non gli posò una mano tra le scapole e la fece salire fino alla spalla destra, che strinse. Il detective chiuse gli occhi, beandosi di quel contatto, e le parole uscirono come un fiume in piena.
«Ieri hai detto che sono inarrestabile, testardo, una testa calda, e che Grace mi somiglia. Forse hai ragione e io ho sempre evitato di vedere le cose come stanno, illudendomi che la mela fosse caduta lontana dall'albero. Non voglio che Grace mi somigli, se tutto ciò che ha preso da me sono i miei difetti».
«Ho detto anche che sei estremamente leale», replicò Steve, sorridendo dolcemente. «Ma ciò che ho detto non è tutto quello che sei. Tu sei molto di più, Danny, e sei un padre eccezionale».
Si passò una mano tra i capelli, sgranando un po' gli occhi. «Come fai ad esserne così sicuro?».
«Mi basta guardare Gracie per esserlo. Avanti, guardala».
Danny si voltò e la guardò con un misto di ammirazione e malinconia nello sguardo, mentre nei suoi occhi brillanti non vedeva altro che gioia.
«Forse è vero che non sono la persona adatta con cui parlare di queste questioni: mio padre ha dovuto prendere delle decisioni estreme e la nostra non è mai stata una famiglia normale, ma io non credo di essere mai stato così felice alla sua età. Di chi credi che sia il merito?».
Danny avrebbe guardato sua figlia per ore, sentendo il cuore ricaricarsi di sangue pulito come durante una trasfusione, e l'unica cosa che ruppe l'incantesimo fu la voce della barista alle loro spalle: «I vostri cocktail, signori».
Steve ringraziò e pagò - evento più raro della neve alle Hawaii - e mentre prendevano due bicchieri a testa per portarli al tavolo gli chiese: «Sei convinto, ora?».
Danny si strinse nelle spalle, con quella sua espressione stupita ma sorridente sul volto; un'espressione ben diversa da quella che si era appropriata dei suoi muscoli facciali il pomeriggio precedente, dopo la sparatoria a casa del testimone che aveva incastrato Parish, quando aveva visto una Catherine sollevata correre tra le braccia di Steve senza degnarlo nemmeno di uno sguardo. Quello non avrebbe più dovuto stupirlo, eppure...
«Sai, dopotutto non è stata una follia parlarne con te», esclamò.
«Non devi mai sottovalutarmi. Pensavo l'avessi imparato ormai, detective Williams». Gli scoccò un sorriso vittorioso e Danny non riuscì a ricambiare, colpito dal fatto che non l'avrebbe mai sottovalutato se lo avesse conosciuto davvero come diceva. Forse, invece di domandarsi se fosse un buon padre, doveva iniziare a chiedersi se fosse un buon partner, dato che anche Steve, alla resa dei conti, aveva preferito qualcun altro.
Ancora accanto al bancone, Danny guardò Steve mentre posava i bicchieri sul tavolo e si risedeva al fianco di Catherine, avvolgendole un braccio intorno alle spalle e sorridendole, del tutto ignaro di averlo lasciato indietro.
Il detective avrebbe voluto lasciare lì i cocktail e andarsene, tant'era  forte il dolore alla vista dell'uomo che amava felice grazie a qualcun altro. Non lo aveva fatto.
Dopo aver fatto un respiro profondo, aveva raggiunto gli amici, ignorato le frecciatine che gli rivolsero per la sua lentezza, evitato lo sguardo di Catherine e fatto sedere al suo fianco la sua scimmietta, a cui si era aggrappato come se fosse l'unica boa di salvataggio nell'oceano.
Durante la serata aveva incrociato anche lo sguardo di Steve, il quale sembrava chiedergli perché fosse così silenzioso oppure quale fosse lo stramaledetto problema quella volta, ma Danny l'aveva sempre ignorato, sforzandosi di sorridere e di partecipare di più alla conversazione. Sarebbe venuta la resa dei conti, ne era a conoscenza, ma per ora voleva far trascorrere una bella serata all'unico vero amore della sua vita: sua figlia. 

*

Per qualche strano motivo - o semplice deformazione professionale - aveva già controllato due volte il perimetro esterno della casa di Danny, trovando fastidioso il fatto che il partner, sempre così attento alla sicurezza e alla prudenza, avesse la serratura della porta sul retro difettosa.
Sarebbe potuto entrare per aspettarlo sul divano, davanti alla TV, ma non sarebbe stato giusto nei suoi confronti e a dirla tutta nemmeno nei propri: insomma, perché avrebbe dovuto accomodarsi in una casa che non aveva mai sentito propria, di cui non aveva mai posseduto nemmeno per sbaglio una chiave e in cui non avrebbe fatto altro che sognare una vita che non avrebbe mai avuto? Che motivo aveva di torturarsi in quel modo?
Seduto sugli scalini davanti alla porta d'ingresso, aveva iniziato comunque a pensare allo strano comportamento di Danny e a ciò che gli aveva detto mentre aspettavano i loro cocktail. Una frase in particolare gli era rimasta in testa per tutta la serata, distraendolo di tanto in tanto: "Non hai figli". Una constatazione, la pura e semplice verità. Allora perché faceva così male? Al contrario di sua sorella, il pensiero non l'aveva mai sfiorato - troppo influenzato e in un certo modo spaventato dalla propria complicata esperienza familiare - ma Danny era riuscito ancora una volta a raschiare il fondo della sua anima, portando a galla un desiderio che non aveva mai pensato di avere.
Il problema era che ormai non era più un ragazzino e le possibilità di diventare padre diminuivano dastricamente col passare degli anni, senza ovviamente tenere conto del settore lavorativo in cui si trovava, il quale non aiutava granché in fatto di stabilità. E poi, questione fondamentale: con chi avrebbe potuto mettere su famiglia?
La sua relazione con Catherine si era rivelata inaspettatamente fragile e non avendo mai messo quella carta sul tavolo non aveva la più pallida idea di quale fosse la sua posizione in merito.
Con Danny? Punto primo, biologicamente impossibile; punto secondo, lui aveva già una famiglia. Un po' sfasciata ora, ma il frutto dell'amore con Rachel era e sarebbe sempre stato la sua ragione di vita: Grace.
Non sapeva con esattezza che cosa gli avrebbe detto una volta che l'avrebbe visto, forse l'avrebbe semplicemente abbracciato, consolandosi con la sua presenza e sperando che bastasse a spazzare via i rimpianti di una vita dedicata interamente al servizio del suo Paese.
Il rombo di un motore più che familiare gli fece alzare lo sguardo verso la strada, dove scorse la Camaro nera rallentare prima di svoltare nel vialetto e fermarsi. Temporaneamente accecato dai fari che l'avevano colpito in pieno viso, non vide Danny scendere e fare il giro dell'auto per sedersi al suo fianco, appoggiandosi alla sua spalla con una mano.
«Che ci fai qui?», gli chiese con aria stanca, tirandosi indietro i capelli perfetti.
Steve lo guardò con occhi intrisi di malinconia: che cosa si aspettava, che si gettasse tra le sue braccia e lo invitasse in casa?
Prima che potesse rispondere aggiunse: «Pensavo che Catherine si sarebbe fermata da te, dal modo in cui eravate affiatati questa sera».
Ebbe voglia di picchiarsi, ma si limitò a sospirare di rammarico. Ecco perché Danny si era comportato in quel modo al bar: quella era ancora una ferita aperta e forse non si sarebbe mai rimarginata.
«No, l'ho accompagnata a casa e poi sono venuto subito qui», ammise alla fine, massaggiandosi una tempia. «Volevo... volevo chiederti una cosa».
«Spara. Non con una pistola, è solo un modo di dire».
Steve abbozzò un sorriso, senza rispondere alla frecciatina. «Credi che sarei un buon padre?».
Danny lo fissò a lungo, in religioso silenzio, prima di rispondere con estrema serietà: «Eccezionale».
«Dici davvero?», gli chiese, sorpreso e lusingato oltre che un po' sospettoso: era troppo bello per essere vero.
«Assolutamente. Abbiamo visto tutti come ti sei comportato con Joan – al limite della mamma iperprotettiva – e non è un mistero l'adorazione di Grace per te. Lo sai che tu sei l'unica persona di cui mi chiede constantemente notizie, nonostante sappia benissimo che lavoro con altre tre persone? Non ci vuole molto per farsi voler bene dai bambini, ma fidati di me: i tuoi figli sarebbero fortunati ad averti come padre».
«Se mai ne avrò», mormorò a capo chino, torturandosi le dita.
Per quanto piano avesse pronunciato quelle parole, Danny lo sentì e fece scivolare la propria mano dalla spalla alla base della sua schiena, provocandogli un brivido. Steve lo guardò languido, attirato in maniera irresistibile alle sue labbra: ne scorse gli angoli arricciarsi in un sorriso dolce e fu ipnotizzato dai loro movimenti.
«Per quanto mi riguarda, ti considero il patrigno di Grace tanto quanto Stan, se non di più».
Il SEAL sbatté le palpebre, incredulo, fino a quando non fu lo stesso detective a fare ciò che lui si era trattenuto dal fare fino ad allora: si sporse verso il suo viso e posò le labbra sulle sue in un bacio casto, delicato.
Steve rilassò le spalle ed espirò profondamente dal naso, sentendosi finalmente libero del peso che gli gravava sul cuore. Sollevò una mano e la posò sul profilo del viso del partner, accarezzandogli lo zigomo con il pollice prima che questi si allontanasse per accostare le loro fronti e guardarlo negli occhi.
«Siamo e saremo sempre la tua famiglia», sussurrò, con gli occhi azzurri lucidi di emozione. «Intesi?».
Steve annuì con un cenno del capo, poi lo guardò alzarsi e tirare fuori le chiavi di casa dalla tasca dei pantaloni. Aprì la porta e lo guardò dall'alto, rivolgendogli un sorriso mesto.
«Buonanotte, Steve».
Il comandante rispose automaticamente, troppo scioccato per reagire diversamente. Si ritrovò così seduto da solo davanti alla porta di Danny, di nuovo con quell'enorme peso a schiacciargli il cuore, così dolorosamente da fargli salire persino le lacrime agli occhi. Abbassò quindi le palpebre per non versarne nemmeno una ed abbandonò il capo all'indietro, lasciando che i raggi lunari lo accarezzassero.
Trascorsero i minuti, o forse furono solo secondi, e alla fine Steve trovò la forza di alzarsi e tornare alla Silverado. Respirò profondamente e raccolti tutti i pezzi di sé mise in moto, lasciandosi alle spalle la villetta di Danny e quella parte del proprio cuore che sarebbe sempre stata sua.

*

Danny sentì il rombo di motore del pick-up di Steve e finalmente poté smettere di trattenere i singhiozzi che gli stavano incendiando il petto.
Con la schiena ancora sussultante appoggiata contro la porta d'ingresso, si passò le mani sul volto per asciugarsi un paio di lacrime ostinate e poi tirò fuori il cellulare per chiamare l'unica persona che avrebbe potuto farlo stare meglio.
«Danno?».
«Ehi, scimmietta», la salutò con un mezzo sorriso sulle labbra, tirando su col naso. «Dovresti già essere a letto».
«Va tutto bene?».
Danny respirò profondamente, ricomponendosi alla bell'e meglio. «Ora sì. Ora sto bene».
«Che cos'è successo? Stai piangendo?».
«No, tesoro», mentì, passandosi ancora una volta il dorso di una mano sulla guancia. «Volevo solo darti la buonanotte. Danno ti vuole bene».
«Anche io te ne voglio papà. Buonanotte».
Il detective pose fine alla telefonata e si alzò dal pavimento, chiedendosi se avrebbe mai smesso di amare Steve in quel modo così nocivo per se stesso e allo stesso tempo così indispensabile.
Conosceva la risposta a quella domanda, ma sapeva anche che il partner aveva fatto la sua scelta. L'unica cosa che poteva fare era andare avanti, cercare di vivere la sua vita in base a quella scelta e sognare che un giorno la famiglia che aveva descritto a Steve sarebbe diventata realtà. 


   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Hawaii Five-0 / Vai alla pagina dell'autore: _Pulse_