Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Roxar    26/04/2016    2 recensioni
1. 1976 o Dove Remus si sente una quattordicenne.
2. 1977 o Dove Remus ride perché non può farne a meno.
3. 1978 o Dove Remus scopre di non avere senso dell'umorismo.
+1. 1979 o Dove Sirius decide di restare.
[Wolfstar]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'Wolfstar'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
1

Crew&Ship: Remus Lupin, Sirius Black | Remus/Sirius
Warnings: Slash
Note: In fondo al mar, in fondo al maaar~ No, volevo dire: in fondo alla pagina.

 

 

1. 1976
o
Dove Remus si sente una quattordicenne

 

Quando termina l'ultima rampa di scale e imbocca il corridoio, Remus pensa che ha solo voglia di crollare sulla panca della Sala Grande, riempirsi la pancia e poi filare dritto a letto, senza fermarsi in Sala Comune per le chiacchiere serali con i suoi compari. Riesce a malapena a tenere gli occhi aperti, non riuscirebbe ad apportare un contributo alla conversazione neanche volendo. Sbuffa di stanchezza, si sistema meglio la tracolla e solo a quel punto, quando riporta gli occhi davanti a sé, nota la figura snella di Sirius che gli si fa vicino. Anche da quella distanza, Remus vede perfettamente quanto sia contento di vederlo dopo un'intera giornata trascorsa senza mai incrociarsi, neanche per sbaglio, nonostante abbia la sua aria disinvolta e stia facendo di tutto per nasconderlo.

"Remus," lo saluta quando è abbastanza vicino, fermandosi quindi proprio nel mezzo del corridoio e fronteggiandolo, così da potergli piantare entrambe le mani sulle spalle. Remus deglutisce e aggrotta la fronte, incerto se Sirius stia per lasciarsi andare ad una delle sue solite pagliacciate o se invece stia per dirgli qualcosa di importante. I suoi occhi sono seri, veramente seri, seri come mai prima d'ora gli ha visti – non rivolti a lui, comunque. Remus scopre ora che c'è un sottilissimo anello azzurro all'estremità dell'iride e si chiede quante persone lo sappiano. La parte più egoista e svenevole di sé desidera che la risposta sia nessuna, perché quella è la distanza che anticipa un bacio e, ora come ora, non è che sia particolarmente bravo a sopportare l'immagine di Sirius che bacia qualcun altro, non senza rattristarsi o arrabbiarsi o ingelosirsi, comunque.

Si lecca le labbra e un po' si odia per queste sue emozioni da quattordicenne innamorata. Si suppone che a diciassette anni appena compiuti uno debba essere più maturo e coerente di così. Si suppone che lui debba essere più maturo e coerente di così.

"Starti lontano anche solo per un minuto," mormora, poggiando la fronte contro la sua – una posizione allarmante e compromettente, ma chi se ne frega, pensa la quattordicenne che è in lui, che proprio non si preoccupa di quel che tutta la scuola potrebbe dire se qualcuno li sorprendesse così – e facendo battere il suo cuore più forte, "è come starti lontano per sessanta secondi," conclude con enfasi, spingendo la testa contro la sua come per sottolineare le sue parole.

Il sorriso che non sapeva di avere sulle labbra si appiattisce non appena Remus processa il senso delle sue parole. Allora si tira indietro e lo fissa con tutta l'esasperazione offesa di cui è capace. Si odia per quella punta di delusione che, ne è sicuro, deve essere perfettamente visibile nella ruga tra gli occhi, o nella piega dei muscoli contratti della bocca. Ma dopotutto, pensa, è Sirius. Che altro può pretendere?

"Questo romanticismo quasi mi spezza il cuore tanto è potente."

Sirius calza un sorriso tanto dolce quanto falso. "Lo so," dice pianissimo (Che attore! Che talento!, pensa Remus un po' risentito) e si sporge per baciargli la fronte, come se fosse sul punto di morire, come se entrambi fossero sul ciglio di una catastrofe. Remus sospira e leva, per un attimo, gli occhi al cielo. Sirius e il suo inesauribile melodramma. Sirius e le sue stravaganti maniere di dimostrare a qualcuno che gli è mancato.

Bah.

"Sappi che esiste un posto speciale per te," lo avverte, e lo fa con un tono di voce che dovrebbe lasciare intendere il più profondo e oscuro girone dell'inferno, ma Sirius vanifica ogni suo sforzo quando annuisce con aria grave e preme la punta dell'indice sul suo maglioncino, proprio sul cuore.

"Sì, qui."

Non può fare a meno di ridere. Che forse è la cosa sbagliata da fare, perché Sirius mette su un'aria offesa che non è del tutto posticcia. Allora Remus allunga il braccio – tutto il braccio, perché Sirius è cresciuto di almeno una spanna nell'ultimo anno, bastardo fortunato – e affonda le dita tra i suoi capelli, spettinandoli ad arte e rendendolo un po' più simile a James. "Su," lo consola (sempre ridacchiando, perché non sta riuscendo veramente a darsi un freno, e questo lo fa sentire una quattordicenne più d'ogni altra cosa) ma quando fa per ritrarre la mano Sirius chiude le dita sul suo polso – che è ancora sottile come quello di un bambino – e lo guarda, lo guarda e basta, mordicchiandosi il labbro superiore e finendo quindi per assumere un'espressione buffa. Lo vede che cerca di prepararsi a dire qualcosa e allora il sorriso si attenua, prende una piega meno evidente, meno divertita. Più incoraggiante. Quando Sirius apre la bocca per parlare, Remus sente che il cuore inizia a battergli più forte.

"Ma tu non hai fame?"

Se avesse il coraggio necessario, Remus probabilmente lo appenderebbe a testa in giù e lo lascerebbe lì, alla mercè di tutti, lui e le sue mutande.

"Sto morendo," gli risponde invece, togliendosi la tracolla per scaricargliela sulla spalla. Lo vede sbilanciarsi un po' a destra e reprimere un'esclamazione di infastidita sorpresa. Però non dice nulla e si offre di portargli la borsa fino in Sala Grande.

Un modo come un altro, capisce Remus, per esprimere quello che la voce non ha saputo dire.

 

 

2. 1977
o
Dove Remus ride perché non può farne a meno

 

Non ha idea del perché Sirius abbia insistito tanto per accompagnarlo.

"Perché, ti dà fastidio?" chiede e anche piuttosto piccato. Remus sbuffa, fa un verso di rassegnazione e gli spiega che no, non gli dà fastidio, ma semplicemente non capisce perché debba scortarlo passo passo – si tratta solo del Parco, buon Dio. Però poi ci arriva e pensa che è stato stupido a non capirlo prima.

"Hai litigato con James e adesso hai paura di restare solo perché sai che ti affatturerà, in un modo o nell'altro."

"No!" sbotta offeso, ma all'occhiata intrnasigente di Remus non si scappa. "Sì," ammette scontroso, guardandosi le spalle e stringendo la mano sulla bacchetta. Remus decide immediatamente di ignorarlo, perché sa che se commetterà l'errore di dargli spago, Sirius inizierà a lamentarsi sul perché e sul percome James abbia inevitabilmente sbagliato (nelle loro scaramucce, James è sempre quello che ha torto) e non la smetterà fino all'ora di cena. E lui vuole solo godersi quanto resta del giorno, sedendo sotto il loro albero preferito e terminando la lettura del romanzo babbano che sua madre gli ha spedito con l'ultimo gufo.

"The Man in the High Castle. Che roba è?" chiede Sirius, sbirciando la copertina, dimenticando momentaneamente la sua amarezza e la sua invettiva contro James.

"Te lo spiegherei, ma dovrei fare una premessa enorme e conoscendoti non mi basterebbero nemmeno due giorni."

"Be', caspita, grazie."

"Figurati," ribatte, ma si sente in colpa per la bruschezza nella propria voce, quindi corregge il tiro. "È la storia di come il mondo sarebbe stato se la Germania avesse vinto la seconda guerra mondiale," tenta, ma dall'espressione vacua di Sirius sa che non ha mai sentito parlare di quanto accadde nel mondo dei babbani qualche decennio prima. Di buona lena e con tanta pazienza, Remus inizia a spiegargli, per sommi capi, eventi e protagonisti dello scenario bellico. Stranamente, Sirius non fa domande (come suo solito; è impossibile spiegargli qualcosa senza che lui semini punti di domanda qua e là, finendo per triplicare i tempi della spiegazione) e accetta le informazioni sommarie che Remus gli concede. Sembra interessato, ma anche distante. Ad un certo punto, Remus esaurisce l'argomento e indugia un po'; nello stesso frangente, Sirius strappa una margherita selvatica e, lentamente, inizia a sfogliarla, un petalo alla volta. Remus è incantato dal movimento delle sue dita.

"Mi ama," dice, sorridendo, e indirizzandogli uno sguardo in tralice pieno di allusioni e sottintesi che vogliono essere scherzosi e irriverenti, ma che portano Remus ad arrossire vagamente, "non mi ama," continua e mette su un broncio fasullo, simulando un'espressione triste da cane abbandonato. Continua così per un po', finché anche l'ultimo petalo non viene strappato via.

"Non mi ama. Lo sapevo che per te era solo sesso!" esclama con un tale tono drammatico che Remus cerca davvero di trattenere la risata, ma proprio non ce la fa. E ride anche più forte quando Sirius raccoglie i petali bianchi e glieli infila a forza nel colletto della camicia (e a quel punto, quando li sente aderire alla schiena, bene, a quel punto Remus non ride più tanto).

"Basta!" protesta Remus, strappando una manciata d'erba per tirargliela addosso, in faccia, sui capelli, ovunque. Sirius rincara la dose e sradica via almeno tre mani d'erba, una alla volta, e un po' gliela getta addosso, un po' cerca di infilargliela oltre la cintura dei pantaloni. Ma a quel punto Sirius si irrigidisce bruscamente e porta le mani alla gola, come se stesse soffocando. L'espressione sul suo viso è così allarmata che Remus smette immediatamente di ridere e si raddrizza, sedendo sulle ginocchia e afferrandolo per le spalle.

"Sirius? Sirius, che c'è?"

"Sì, Sirius," rincara una voce, "che c'è? Hai perso le parole?"

Remus soffia uno "Pff!" infastidito e torna a rilassarsi contro il tronco dell'albero. Sirius sta sbraitando in silenzio le peggiori imprecazioni che conosce, ma questo lo porta a distrarsi ancora di più e in un amen James, che gli sta davanti, ritto e trionfante, lo Disarma e stringe la sua bacchetta nel pugno con piglio vittorioso. Sirius è livido e solo un ennesimo incantesimo gli impedisce di balzare alla gola di James. Eccolo che giace nell'erba, adesso, immobilizzato e silenziato.

"Sentiamo," lo provoca, sovrastandolo, "chi è l'idiota che non riesce ad allacciarsi le scarpe, adesso? Dai, dillo."

E questo, pensa Remus, spiega perché i lacci delle sue scarpe siano spariti (un favore di Sirius, senza ombra di dubbio), ma anche da dove abbia originato la loro scaramuccia.

"Un po' è vero, però," ribatte Remus senza staccare gli occhi dal suo libro. Riesce a sentirla l'occhiata di fuoco di James. "Osa farmi qualcosa e non avrai più i miei appunti di Storia per il resto del nostro soggiorno a Hogwarts," aggiunge quando sente il fruscio di un braccio che si tende. James sbuffa, ma rinfodera la bacchetta e comunica che è ora di pranzo – informazione superflua dal momento che l'enorme orologio sta rintoccando il mezzogiorno.

"Che ne facciamo di lui?" domanda James prima di voltarsi, annuendo in direzione di Sirius. Remus ci pensa un po', scuote la testa e poi decide. Lo libera dell'Incantesimo della Pastoia, ma non da quello che, misericordiosamente, lo rende momentaneamente muto. "Sai che lo preferisco così?"

Sirius indirizza ad entrambi un'occhiata che promette vendetta, dopodichè passa nello spazio stretto tra di loro, premurandosi di urtare bruscamente le spalle di entrambi, e si incammina verso il castello. James gli è subito alle calcagna per infierire ancora un po'; Remus indugia. Fissa il profilo dritto della schiena e l'eleganza involontaria del suo passo che tradisce una provenienza nobile, nonostante lui si sforzi disperatamente di discostarsene. Fissa la curva sinuosa delle sue spalle e ripensa a tutte le volte che, nude e bollenti, le ha strette tra le dita mentre la mano di Sirius soddisfaceva entrambi. O quando le ha sentite contro le labbra, ugualmente nude e calde, e ci ha impresso dei piccoli morsi che duravano per lo spazio di un amplesso. Fissa, infine, i capelli neri e lucidi raccolti da un nastro nero in una coda approssimativa e decisamente spettinata; anche quelli, moltissime volte, li ha sentiti contro i palmi e sulle nocche, mentre scivolavano nello spazio tondo tra un dito e l'altro. Riflette su tutte queste cose e pensa che è a tanto così dall'innamorarsi di Sirius.

E poi, come se l'avesse interpellato, Sirius si volta e non c'è più alcuna finzione sul suo viso, ma solo una muta domanda.

Il cuore di Remus batte un po' più forte e gli suggerisce che forse, e solo forse, non resta più alcuna distanza tra Sirius e tutto quello che prova per lui.

 

 

3. 1978
o
Dove Remus scopre di non avere senso dell'umorismo

 

Questa è l'ultima volta che percorreranno le vie di Hogsmeade da studenti di Hogwarts.

Dalla settimana prossima inizieranno i loro MAGO e dopo un'altra ancora saranno ufficialmente diplomati e pronti a costruirsi una vita al di fuori dalla scuola.

Però, a dirla tutta, non è che Remus si senta poi così pronto. Forse è perché non crede di avere delle buone prospettive, o forse è perché dovrà tornare a casa e fare i conti, ad ogni plenilunio, con la faccia colpevole di suo padre.

Magari è perché non avrà più la possibilità di stare così a stretto e costante contatto con i suoi amici.

Con Sirius.

Si sono già fatti diverse promesse, tra cui quella di vedersi almeno tre volte a settimana e trascorrere almeno il weekend l'uno a casa dell'altro e viceversa, pur sapendo perfettamente che non saranno in grado di onorarle. Non per scarsa determinazione, né per pigrizia, quanto per tutto quello che è sospeso sulle loro teste, pronto ad abbattersi come una mannaia. Dumbledore ha voluto vedere Remus non più tardi di due giorni fa e ha lasciato intendere che, nella guerra che il mondo magico si prepara a combattere, ci sia un posto anche per lui. Ha peccato di reticenza – come al solito, d'altro canto – e ha rifiutato di concedere più di quanto Remus avesse bisogno di sapere, ma lui sente che c'è qualcosa di importante, qualcosa di serio che il vecchio non ha ritenuto opportuno riferirgli in quella sede e in quel momento. Ne ha parlato con Sirius e si è riscoperto quanto mai sorpreso quando lui gli ha confessato di aver avuto una conversazione simile col vecchio Preside.

"Cosa pensi stia succedendo?" ha chiesto Remus, mordendosi una guancia. Sirius è il più intuitivo tra di loro, quello con l'istinto più spiccato. Doveva almeno essersi fatto un'idea, ma non ha ritenuto conveniente condividerla con lui, perché si è semplicemente stretto nelle spalle e ha risposto: "Chi lo sa? È Dumbledore, sai come è fatto."

Da quel momento, Remus non ha più tirato fuori il discorso e Sirius altrettanto. Come di tacito e comune accordo, hanno deciso di accantonare la vicenda e godersi quanto restava dei giorni di scuola come studenti qualsiasi. Ragion per cui sono qui, adesso, nello spiazzo erboso antistante la Stamberga Strillante – anche quella, per paradossale che sia, gli mancherà. Camminano fianco a fianco, così vicini che il dorso delle loro mani, ogni tanto, s'incontra e sfrega piano. Non se ne preoccupano; non hanno più timore di quello che gli altri potrebbero dire se li scoprissero, perché da quando hanno confessato la loro storia a James e Peter non gli importa più dei giudizi e delle malelingue: i loro migliori amici l'hanno accettato – certo, ci hanno messo un po' a mandar giù la sorpresa, ma chi non l'avrebbe fatto, al posto loro? – e tanto basta. Il resto non conta.

Di punto in bianco, Sirius stringe le dita sulle sue e lo invita a fermarsi.

Remus si volta, un piglio interrogativo ad aggrottargli la fronte. Sirius non dice niente; semplicemente, scende lentamente su un ginocchio, tenendo la mano ancora nella sua. Remus schiude la bocca in una piccola O piena di sorpresa e, vergognandosi, sente la pelle del viso accaldarsi e arrossarsi. Non può essere quello che pensa. Sirius non è così romantico o sdolcinato, e anche fosse, anche fosse, quella proposta sarebbe così assurda, stupida e insensata che... Eppure il suo cuore sta già battendo più forte, molto più forte, fortissimo, al punto che quasi gli indolenzisce il petto.

"Remus," lo chiama e sorride. I suoi occhi hanno assunto una tonalità stupefacente qui, nello spazio aperte, tra il verde intenso dell'erba e la luce abbacinante del sole. Il cerchio azzurro è più vivido che mai e il grigio ha delle sfumature quasi argentate che lo spingono a pensare che––– deve darci un taglio, immediatamente, e piantarla con quei pensieri da ragazzina alla prima cotta.

"Sirius?" Oh, buon Dio. Senti che voce. Senti come trema. Sei proprio un imbecille, Remus Lupin.

"Remus..." fa una pausa strategica, volontaria e fin troppo lunga – che individuo cavilloso! pensa, ripescando per caso quella parola che non credeva neppure di conoscere – in cui distoglie perfino lo sguardo, abbassandolo fin sulle sue scarpe, un sorriso enigmatico sulla bocca – e Remus vorrebbe davvero toccare la virgola ombrosa di quella fossetta sulla guancia destra – e poi, veloce come è andato via, eccolo ancora su di lui. "...devo allacciarmi la scarpa, aspetta un attimo," conclude con la stessa serietà, con la stessa emozione trattenuta che Remus strappa via la mano dalla sua e gli comunica, sena troppi giri di parole, che ha dei problemi che dovrebbe evidentemente risolvere.

Sirius ride mentre torna se stesso e si piega sulla scarpa destra, annodandone i lacci.

"Non hai il minimo senso dell'umorismo, Moony," lo rimprovera una volta rimessosi in piedi, continuando la loro passeggiata verso la Stamberga. Si fermano proprio davanti alla vecchia staccionata che la separa dal villaggio. Remus vi preme su i gomiti e alza un po' il viso per sentire il vento soffiargli addosso. Si rende conto solo ora di avere la fronte sudata e i capelli umidi. La camminata non è stata particolarmente lunga o sfiancante, ma l'aria sta iniziando a farsi decisamente troppo calda e umida.

"Perché dovrei? Tu ne hai in abbondanza per entrambi," risponde, sbottonando i polsini della camicia e ripiegando le maniche fin sui gomiti. Gli avambracci sono pallidi e magri, scarabocchiati da un intreccio di vene e capillari sotto la pelle sottile. Su uno di essi, proprio nella piega del gomito, spicca il segno rosso vivo di un taglio recente. Lo sfrega inconsciamente, come se volesse cancellarlo.

"Sai che un po' mi mancherà?" chiede Sirius e annuisce in direzione della Stamberga, riservandole perfino un sorriso affettuoso.

"A me mancherà tutto, penso. Tranne averti come compagno di stanza," tenta di sdrammatizzare, ma Sirius ha ragione: non ha alcun senso dell'umorismo e il tentativo si rivela così fiacco che Sirius gli riserva un'occhiata senza speranza che, in qualche modo, lo fa ridere.

"Figurati," lo contraddice. "Non appena avrò un posto tutto mio tornerò eccome ad essere il tuo compagno di stanza. Se non altro," aggiunge e Remus lo sente aderire alla propria schiena mentre allunga le braccia e stringe le mani sulla staccionata, proprio accanto alle sue, al punto che le loro dita si sfiorano, "non dovremo più preoccuparci di essere scoperti a fare le nostre cosacce." E senza esitazione preme un bacio sul lato del suo collo. Remus si agita e arrossisce ancora, mormorandogli stizzito di piantarla, che non ci tiene a dare spettacolo.

Sirius ride di lui e dice qualcosa di molto poco carino sul suo riserbo, ma ciononostante si fa da parte e gli si mette accanto, abbracciando con lo sguardo la Stamberga Strillante e il Platano Picchiatore che, da lì, è solo un punto nervoso che si agita in lontananza. Non hanno più niente da dirsi e il loro silenzio non è affatto impacciato o imbarazzato. Decisamente il contrario. Remus pensa che quello è uno dei grandissimi pregi di Sirius: non insiste mai troppo per fare conversazione, soprattutto quando non ce n'è bisogno; si trova bene nei silenzi e non prova mai il bisogno di riempirli. Potrebbero restare per ore intere, in quella maniera, e Remus non proverebbe il benché minimo disagio.

"Sirius?"

"Mh?"

"Non è vero, mi mancherà averti come compagno di stanza. Penso che mi mancherà sopra ogni altra cosa."

"Ovvio che sì, come potrebbe essere altrimenti?"

"Certo, se fai così, potrei anche cambiare idea."

"Ehi, Remus."

"Sì?"

"Mancherà anche a me sopra ogni altra cosa."

 

 

+1. 1979
o
Dove Sirius decide di restare

 

C'è del conforto nell'aprire la porta di casa e indovinare la figura di Sirius mezzo distesa sul divano, con una scarpa sul bracciolo e l'altra ben piantata sul pavimento, con una mano sullo schienale e l'altra intorno ad una birra. Sì, d'accordo, quella scarpa non dovrebbe poggiare sul bracciolo e Sirius dovrebbe veramente smetterla di frugare nel frigorifero quando lui non è in casa, ma la sua sagoma, che la luce del televisore riduce ad un mucchio di ombre dal contorno opalescente, è l'unica cosa che riesce a non rendere questa pessima giornata una davvero pessima giornata.

Appena è vicino a sufficienza, Sirius volta la testa e lo fissa con aria interrogativa. Remus scuote la testa, e basta.

"Stai scherzando?"

"Lo sanno," replica e si sente stanco, stanco da morire. La vita fuori Hogwarts fa schifo il doppio di quanto avesse immaginato: Dumbledore l'ha reclutato nel suo esercito traballante, suo padre è morto da qualche settimana, la casa viene giù un pezzo alla volta e nessuno sembra disposto ad offrire un buon lavoro ad un lupo mannaro.

"Che vuol dire lo sanno?"

Adesso ha tutta la sua attenzione. Il televisore si spegne sfarfallando e Remus accende la lampada accanto al divano con un singolo colpo di bacchetta. Si trascina fino in cucina, perché qualcosa dovrà pur metterla sotto i denti, sebbene non abbia il benché minimo appetito. Ciononostante, deve, perché inizia a sentire i sintomi sgradevoli di un corpo che è rimasto digiuno per troppe ore. Sbocconcella una fetta di pane che inizia a farsi stantia mentre Sirius balza sul bancone e pretende di sapere quanto è successo.

Remus non ha voglia di parlarne. L'umiliazione è troppo fresca per poterne discutere come se non faccia più male.

"Ma tu non dovevi vederti con James, stasera?" chiede di punto in bianco, ricordandosene solo in quel momento. Sirius agita una mano, liquida la faccenda come se non avesse importanza e balza giù dal bancone, ma solo per poggiarsi, a gambe divaricate, contro un angolo di tavolo. Un modo come un altro per impedirgli di far cadere la discussione nel dimenticatoio. Lo fissa pieno di attesa e alla fine, pur di toglierselo davanti, Remus confessa quel poco che sa: il posto al Ministero gli è stato negato, con profondo imbarazzo, per via del suo status, come l'impiegato lo ha misericordiosamente definito. Ha chiesto come fossero entrati in possesso di quell'informazione, ma non ha ottenuto altro che riserbo. Alla fine ha gettato la spugna: ha raccolto il suo mantello e i suoi documenti, ha salutato con educazione ed è andato via.

"Davvero, non c'è bisogno che resti qui. Ora come ora sono una pessima compagnia," dice e c'è così tanto sconforto nella sua voce e nella sua mano che getta quanto resta della sua fetta di pane sul tavolo che Sirius schiude la bocca in un'espressione rattristata. Quando Remus spinge rumorosamente via la sedia e si alza, la mano di Sirius si chiude immediatamente intorno al suo polso. Così, in quella posizione, Remus lo supera di una spanna abbondante ed è strano guardarlo in questo modo invertito, dal basso all'alto. Remus sospira, chiude un poco gli occhi e quando li riapre sembra ancora più triste e distrutto di prima. Quello che gli sta accadendo, pensa Sirius, è profondamente ingiusto. Nessuno merita più successo e fortuna di Remus, anche solo per ripagare una vita di dolore e privazioni.

"Io voglio restare," si sente mormorare e la voce gli trema appena, perché Sirius ha un sacco di problemi a venire a patti con quello che prova, e perché il cuore gli sta ronzando nelle orecchie, lo sente perfino pulsare nella punta delle dita. Qualcosa in Remus, ne è sicuro, cede e si schianta e si distrugge. C'è una serietà nei suoi occhi che Sirius non ha mai visto prima, ma anche qualcos'altro, qualcosa a cui non è certo di voler dare un nome. E allora fa l'unica cosa che può fare senza inoltrarsi in territori troppo ostili: chiude gli occhi e strattona Remus dritto sulle sue labbra. Remus che sospira e preme le mani sulle sue spalle, come se fosse incerto se allontanarlo o tenerlo vicino – tipico di Remus, sempre in bilico tra una scelta e l'altra, senza mai un momento di requie, di riposo, di tregua, di mente piatta e bianca. Poi, di punto in bianco, lo vede fare un passo indietro e fissarlo dritto negli occhi.

"Davvero vuoi restare?" ma ciò che sta chiedendo è altro, Sirius non è stupido. Ha questo momento, questo singolo momento per tirarsi indietro, per dargli una risposta letterale che prescinda dal sottotesto, ma perché dovrebbe farlo, poi? Lui vuole restare.

"Sì."

Remus sorride in una maniera che gli fa distogliere lo sguardo.

"Allora resta," dice e poi, poi si china su di lui e, in verità, non resta più molto altro da dire.

 

___

 

Note: Il potere dei social network è tale da distogliermi dalla preparazione della tesi (coff) e farmi buttare giù chilometri di roba ironica e vagamente fluff su questi due – a quanto pare riesco a scrivere solo su di loro, ultimamente. Dico questo perché le idee di fondo del primo e del terzo momento non sono mie. I credit del primo vanno a 9GAG e ai suoi meravigliosi articoli, in particolar modo a questo; quelli del secondo a questo post di Tumblr che, sul serio, come potevo non ricamarci su? Il secondo momento è frutto di un lungo e complesso ragionamento. No, okay, non è vero. In realtà mi è venuto in mente mentre portavo il mio cane a spasso, lottando contro margherite più alte di me (non che ci voglia troppo, ma insomma) che il mio Comune non ritiene necessario sradicare e quindi ce le lascia come gentile abbellimento urbano.
L'ultimo momento, ebbene, originariamente doveva essere la mia classica mannaia piena d'angst ed essere ambientato immediatamente dopo la sepoltura dei Potter, ma poi ho pensato che, al diavolo!, per una volta potevo anche risparmiarmelo.
Bon, penso di non avere altro da dire. Qualsiasi feedback sarà il benvenuto!
Grazie per aver letto!

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Roxar